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“Army of Darkness”, Review

Io vi spacco il culo!

 

Dalle ombre darkness, l’eroe precipita in trono reale su zigomi foschi

Ash in Raimi “lynchiante” su asce recidenti Necronomicon rimbalzato dalla tomba ischeletrita delle case demoniache. Ash cavalcante un’epoca caotica e oscura, Ash ch’esorcizza l’esercito a suo battagliero adirarsi fiero, dai Ash, senza varechine di limpidi splash, fulminali con luridezza e asciuga le labbra d’una zuccherosa bionda per rabbonirla in pettorale tuo affamato, invocherà clemenza ma “impietoso” sarai “impietrito” di Cuor romantico, ergendoti in brame notturne dallo spiritico tuo teschio carismatico.
Ash il mito, immortalissimo! Duellante spadaccino fra mostri ballerini, che fan ridere anche i becchini, e arpie con i piedi puzzolenti come tua zia. Energico, Ash stritola il suo sangue, lo plasma a Bruce Campbell più amato e, armante, grida guerra inferocente.
Ash il perdente nato, “matto”, il jolly ripescato da qualche cazzo di storia strampalata d’una fiaba nera come le inquadrature “rustiche”, artigianali e dunque artistiche nel lor parossismo secco, come lama azzannante, come sfere di cristallo frantumate di streghe spappolate dall’universale figlio di puttana irresistibile. Dalla battuta sempre pronta, freddura brillante vivida anche se lercio d’indumenti “slabbrati”, abiti fuori moda d’un Cinema anacronistico sempre a me splendente. Riflessi svegli, cari dormiglioni.
Invadete le tangenziali, rallentando il traffico con la vostra fottuta appunto lentezza a cui offro, con parsimonia “antipatica”, l’enfasi di ralenti acceleranti in frizione su volante dentro le traiettorie tortuose d’una mia steadicam nervosa ad alto volume in stereo spaccacrani, highway isterica, rombante e roventissima, deformo le strade a contromano di “sterzarle” in mia anima galoppante.

Qui Sam Raimi tocca apici “fradici” di medioevale titanismo. Capta il senso dell’esistenza, della lotta nostra da “avviliti”, dei mortificati e li spinge alla rivolta avvincente. Infliggendo la sconfitta ai piccolo borghesi, qui incarnati da quest’orda urticante di bruciati vivi. Catapulte, puttanelle, coltelli, truculenza, splatter che ingoia i nemici e li “arrotola” in gore travolgente, con schizzi eleganti di ferocia maledettamente bella.
Questo Ash che se ne fotte delle regole, che manda quel beccamorto di Enrico il Rosso a farselo dar nel culo, poi se n’allea di “tiramenti” empatici, senza pensarci due volte eccolo che infila la lingua in Bridget prima di sfondarla nella “dissolvenza” a cambio di scena su sorriso stronzo stampato in faccia alle palle mosce.

Arriverà il seguito, non vedo l’ora che Ash, del reparto ferramenta, metta a ferro e a fuoco di nuovo questi zombi.

Ash, un incapace, una motosega. Un genio assoluto.

(Stefano Falotico)

 

Woody Allen o Clint Eastwood? Meglio “Ombre e nebbia del revenant”, fra la neve si vede? Secondo me, si gela. Figurato, sfigato o ramificato? FIFA? No, alle sfere preferisco le fighe

Di come mi trasformai nei più grandi del Cinema, (in)compreso Woody Allen ma non raccolsi neanche un Oscar, però un posto nel carro merci: nessuna prima fila, solo i tramonti… del “Monco

La mia è una lunga storia, miei filibustieri. Comincia da quando nacqui ma, all’epoca, il Mondo non esisteva. Fui io a crearlo, un’invenzione bislacca di cui sinceramente mi pento.
Oltre a badar a me stesso, i problemi sono iniziati col sesso. Da allora, le prime scimmie hanno cominciato a imborghesirsi. Con l’evoluzione, alterati nelle spontanee erezioni, si fan ad affidare ora agli psichiatri mut(u)ati alle diagnosi formato “cazzo di cane”.
Gli uomini hanno perso le emozioni sincere, si son disinfettati con tropp’ovatta.
All’uovo di Colombo preferisco chi tromba sodo.
Sì, io non darei una lira a questi, sedan sol per rabbonirti ma ricevon le porcelle grazie alla tua elargita parcella, così mangian a sbafo le bone, a te non resta neppure il resto. Questa è una beffa, buffoni! Non sbavate! Non me la bevo. Lei te lo beve in un bicchiere.
C’è poco da ridersela sotto i baffi.
Sì, ti scarnificano, previo pagarli per le loro puttane (im)pazienti, quindi rimani pelle e ossa. Oltre allo scavo “archeologico” per farti… risalir la china, previo lavaggi mentali di varechine, t’imbarbariscono di rabbia, mantenendo l’esclusiva della visita “urgente”.
Ah sì, prima ti pungono, poi vengon unti dalle più “piagnucolose”. Vicino alle poltroncine, se lo fan “poltrire” con fazzoletto all’occorrenza. Basta con questi monologhi della vagina! Non vaticiniamo! Basta col Vaticano. Evviva il WC!
Serve a pulire le merde

Di mio, posso dire che sono Zelig, conservo ancora una libertaria visione alla Robert Redford e tendo alla malinconia con picchi scroscianti quando nessuna scoscia per me.
Sono o non sono una zebra? Sì, maculato e non juventino.
Fra l’altro, mi sto (dis)umanizzando in Buster Keaton, sembra che sia catalettico, invece emotivamente fremo. Infatti, mi daran questo danno, l’infermità con tanto di sigaro…
La mia vita è falotica… un Clint. Un clic, uno sparo, clisteri, miei pappagalli me la son fumata. Ingozzatevi. Meglio il gargarozzo che sputa il rospo!
Non è irato, credo tiri per il grilletto… Non è disagio, vi massaggio io!

I più grandi film, firmati Eastwood, sulle ingiustizie: Walt Kowalski qui a me incarnato, infatti si parte da Gran Torino… basta con le stronz(at)e. Cazzo! Tuffiamoci in “fredda” vasca! Basta con Vasco. Contro Rossi, uso la svastica!

Arida è l’umanità quando, testarda, non vuol capire, anzi s’ostina con far da caporale.
La classe privilegiata decreta canoni di “normalità” campati per aria.
Chi s’accontenta, gode? Al limite della saturazione, delle sopportazioni. Poi scoppia.
E, chi scopa con troppa prosopopea, vien travolto dalle rivolte.
Talora, infatti, capita che un “taluno” non sia uno qualsiasi. E proprio non ci sta, che gran “testa di cazzo”, una “capra” incaponita, appunto. Ma, se sopra la panca la capra campa, sotto la panca non tutte le “capre” dormono… sempre. Ribaltano i detti e i dittatori. Alle vacanze a Capri, prediligo che sia tu a crepare! Sono imperatore totoiano. Isolato fra le sottane, senza Sole, impietrito e nel culo solidific(c)ato. Miei asini, non ho molto da spartire col vostro Bacco anale. Sono sabbatico, ballo la samba tra la fauna. Ho propensione al lento. Un (i)solista. Quasi surfista. Talvolta, eh già, si (ri)svegliano. E “sbarberanno” chi li “agnellizzò”. Il “bambino” ha sviluppato… lo stesso infrangibile, irto pelo dei “lupacchiotti” e non è uno scout. Scotenna. Che Odissea!
Dio, dove sei? Ulisse che fesso! Tutto per quella penna baciata di rima e telaio?
Si scatenerà il finimondo!
“Svettanti”, codesti bellimbusti martirizzarono, giudicaron di martelletti, martellando sempre sull’additare nella piaga. Inutile infervorarsi per spiegare. Ti piegano alle lor direttive. Non sbraitare, ti sederanno di bavagli. Tacendoti ad altro taglierino. La Legge del Taglione è più loro abusare non prevedendo che, se accoltellasti le anime, un ribelle potrebbe fregarsene del tuo sadismo e “revolverare” d’amplificato boomerang. Sì, soffre di un inguaribile masochismo, quindi non ha nulla da perdere. Anzi, l’aggrada proprio che insistano veementi, che lo “violentino”. Ciò alletta il crimine del (ri)torto. Non vuole sentire ragioni, anche se lo “imprigioneranno”. Preferisce pigiare, anche pigliarlo, piuttosto che farsi addormentare nel “pigiama” di tal osceno costume.
Evviva il nudismo! Che son questi scostumati consumisti col costumino? Siano onesti con noi stessi. Non ci avete steso! Si mostrassero per quel che hanno. Il mio è in tensione!
Perché credo di avere ragione di inutili invenzioni? No, ho ragione, ché è “diverso”. Dunque, sragiono.
E non andavo minato dalla contaminazione. Lui, cioè (D)io, non si fa corrompere, romperà le catene e sveglierà, “lentamente”, le false coscienze dei “paciosi” dormienti. Meglio le vigne, almeno te la svigni.
Non si può addomesticare, ma non mastica risentimento. Non è rancore, è giustizia. Di vino! Basta divinizzarvi! Rizzatelo anche fra i divanetti!
E c’è una profonda “(in)differenza”. Con l’omertà puoi “asso(r)dare” ma la vocina dei colpevoli si sta ingigantendo di colpa torturante. Proporzionata alle angherie dei loro reiterati soprusi, dell’esagerato “spingere”.

Sette film monumentali ove le regole dei bastardi vengono soverchiate titanicamente da chi ha avuto il “pericoloso”, lodabilissimo coraggio di aprire bocca. Ha spalancato le fauci.
E (non) ha tenuto chiuse le pall(ottol)e.
Gli altri registi non c’entrano il bersaglio, molti attori sono io.
Quindi, sono Clint.
E Woody Allen? Vive a Manhattan. Prima o poi verrò alle mani con Woody.
Ma le riceverò.

Gran Torino

“Da manicomio”, da ospizio, un vecchietto rompicazzo, “volgare”, ignorante, della sua fottuta guerra non frega un cazzo ad anima “viva”.
In questo quartiere, sotto la scorza dell’orientale… contemplazione, stanno avvenendo troppe porcate. E questa è una di quelle troppo grosse. Perché non si può perdonare.
Non si deve, è un dovere morale. Il prete prova a dissuadere il nostro “vecchio”.
Non lo fermerà nessuno. A costo d’una missione da kamikaze. Sono cazzi! Miei bulli, al Clint saltan le rotelle!

Debito di sangue

Io potevo sospettare di tutti, tranne di te, sei il mio unico e “migliore” amico…
Adesso, te lo chiedo da signore, potresti cortesemente “voltarti?”.
Mostrami la schiena… mostro.

Mystic River

Ogni parola è superflua.
Una storia talmente incredibile che un libro di Stephen King sembra, a confronto, una barzelletta.

Invictus

Com’è possibile vivere una punizione del genere, protrattasi illimitatamente, e avere una forza sovrumana per reagire e vincere l’impossibile? Nella grandezza, risiede la “generosità” che lascia senza fiato.
Come una meta che si credeva irraggiungibile. Invece, Mandela riscoccante ha scioccato tutti. In questo stupore, il silenzio è d’obbligo.
Non è agiografia o retorica celebrare la stupefacente invincibilità del Cuore.

Million Dollar Baby

Va bene, chiudiamola qui. Mi sembra una straziante sofferenza.
Doveva essere un momento di rinascita. Ringraziamo l’omicida…
Sono Kevorkian, pratico eutanasia. Che Dio ti benedica.

Gli spietati

Torna per ammazzarlo. Non gli sembra il tipo e la provocazione continua.
E chi ha detto al “nostro” che non era… il tipo? Un tizio accanito. Assomiglia molto a mio padre. Se le lega al dito… Poi t’ammazza come un animale. Nel bel mezzo del non te l’aspettavi… pensavi fossi un rincoglionito da tè “inglese?”. I canini! Avete sfregiato una cagna. Non sono una cariatide!

Potere assoluto

Nessuno confesserà. Sei stato l’unico testimone dello scandalo…
E allora lo (in)castrerò. Se non mi credi capace, ti sei sbagliato.
La tua vita, “presidente di che?”, è finita.
Di solito, quando un’ossessione mi fa “male”, la devo curare…
Sai, più passano le stagioni, e più la ferita cresce. Anziché addolcirsi, diventa sempre più forte. E adoro metterti paura. Questa tua paura la voglio.
Mi riconcilia…

 

 

(Stefano Falotico)

 

La legge(nda) di Johnny Depp, gli zingari sono più sexy, “gonzi” e ronzano d’avventurieri…

Johnny Depp Brave

 

Sono più brave…

e rinchiudo nelle bare i bari

Heart in auge delle nostre anime (dis)armate, articolate senz’esibizionismo degli “articoli”, mani in alto teppisti dei cuori, siete inariditi e noi invece scendiam dalle Alpi, sbarchiamo dalle navi per gelarvi nel sepolto già blindarvi ov’ancor più artici tremerete di freddo e fame che scippaste. Eguale è il nostro sdegno, ché avviliste la dignità di noi coraggiosi.

Intrepidità ci scote, di percosse vi (se)viziamo, d’ozio marmoreo non ci diamo la vostra mossa, gustiamo mousse del tiramisù più dolce alla vita, fra donne innamorate da sparger di glassa “rinfrescante” in calorifero ringhiar dentro tende da indiani fumanti caldi scirocchi, e poi sospirar lievi la prateria sconfinata della fantasia.

Il livor vostro nei nostri riguardi non ci concerne.

Ci “congedaste”, confinandoci in riserve ché sper(on)aste, con silenziante sparo, sparimmo senza lasciar tracce… di sangue con cui, “affettati”, recideste e intagliaste i visi pallidi di voi imbellettati dietro una “levigata” maschera.

Invece resistiamo e non desisteremo, siamo l’insistenza pari alla vostra ostinazione.
Alle persecuzioni con cui c’incuneaste nella calma apparente.

Ascoltate come la nostra voce, dall’oltretomba, sobriamente è già prossima a dilaniarvi?
Agguerritevi, incagniti urlateci la rabbia di non averci (de)moralizzato.

Tanto anelaste a diffamarci, ché volete solo voi le fette della torta, ma scordaste la “ciliegina” di noi infarcenti la finta vostra pasticceria di amarognola “cremosità”.

Siam tornati più incattiviti di prima.

Noi siam “marchiati” dalla nascita dall’“onta” dell’alterità.

Siam diversi ma non ci rispettaste. E quindi perché mai dovremmo adattarci al vostro “stile?”. Noi continuiamo a vivere così, che vi piaccia o meno, se no sarà guaio ribaltato, carro armato nostro corazzato e sempre più rinforzato, battagliero e florido nell’imbestialirvi tanto che v’inacidiremo d’identica flora… intestinale.

Noi siam “vegetali” fra la vegetazione, porgiam fiori alle donne nostre che defloriamo con l’incantate poesie melodiose del Cuor maiuscolo. Supreme, si svestono, in fretta ci cavalcano e godono innalzate a “unicorni”. Bianco candore e nessuna vostra volgarità celata dietro l’eleganza di plastiche…

Siamo la chirurgia che le brama e ora siamo noi a sbranarvi. Dalle brine del nostro gelo, s’è inorgoglito il rigoglio del nostro rosso… di sera.

L’asso di scopa, la figa vera a mazzate contro voi, gli ammazzatori.

Le nostre fighe profuman di rosa, sono cerbiatte e non come le vostre lorde ratte.

Le trangugiate in cene baccanali, noi danziamo invece con le ancelle più pure, elevando… a Bacco l’imboccarlo di nudità senza i timori “reverenziali” delle vostre vergogne.

Oh sì, prego… “vossignoria” c’umili d’offese, siete solo intimidatori ai vostri reiterati crimini. Noi ce ne fottiamo.

Saliamo le savie montagne dei di voi peccati, preghiamo il Signore solo della vita, liberi dalle idolatrie, dai pensieri omologanti, dalla “forma mentis” deforme del vostro inappellabile giudizio. Noi leggiamo leggeri la nostra autenticità, ci barderemo di fierezza anche animalesca, e non badiamo oramai più a dar retta alle vostre direttive.

Ci direzioniamo a genio del piacer estemporaneo, dell’esistenza captiamo la librata impudicizia e considerateci pure bidoni d’immondizie.

Sono il pupillo di Tim Burton, il braccio destro di Emir Kusturica, la rettitudine moralissima delle giustezze, dell’indiscutibile Bellezza.

Se non vi aggradiamo, ribadiamolo… digraderemo dalle valle a vostre lagrime.

Ma poi non piangete ché già (es)torceste, non ci sentiste… voi che sentite solo sconcezze e frasi fatte. Siete sol che lo stampino delle merde che pesteremo e non potete calpestarvi.

Avrete pugni in fiacca. Noi battiam… la fiacca. Ce ne freghiamo della “bella” fica.

Indossiamo il papillon, siam fiocchettini di “neve” giammai fiochi ma fuochi, perennemente “fuori”, ai border… della splendida alienazione.

Amiamo Nizza e Bordeaux, vi leghiamo di frizzi e lazzi e vi prendiam per il lazo.
Siam rudi e da rodeo.

Io sono Johnny Depp. Sulla mia faccia leggerai le leggi della mia origine zingara.

Johnny Depp è un coraggioso, io sono bello come il Sole ma vivo nella cupezza a tratti scalciante su scalp(it)o alle (bag)asce!

Sono “fortunato” come Johnny…

La mia sfiga esistenziale si misura da questo: ieri ho effettuato il pagamento tramite PayPal a youcanprint.it per l’acquisizione, leggasi 30 Euro, del codice ISBN d’attribuire a un’altra mia nuova opera di self publishing che pubblicherò, appunto, con loro. Oggi, è scattata l’offerta della promozione gratuita. Insomma, avessi aspettato solo due ore e non avrei speso un cazzo tranne la spedizione.

Tutto vero, fra pochi giorni sarà disponibile, un’opera falotichesca di quasi 350 pagine.
Il correttore di bozze stava impazzendo per colpa dei miei voli “pindarici” ma è rimasto impressionato più di una stampante a colori.
Svelerò il romanzo con calma, a tempo “debito”.
Compreso Petér Farsang, illustratore americano, che m’ha concesso la cover previo “pedaggio”.

Sì, Johnny sta con Amber Heard, io leverò presto le ancore, cantando con gli indiani l’ambra delle aurore.

Su questa stronzata, vi lascio a culo vostro.
Di mio, ce l’ho cronenberghiano.

Anzi no, dobbiamo chiarire la clausola:

ho telefonato per chiedere uno strappo alla regola. Mi han detto che, pur avendo saldato alle 22, due ore prima della Mezzanotte, la fattura non è retroattiva.
Ho risposto che però potrei inserire il “bonifico” in forma lor passiva.
Ha agganciato la cornetta, un cornuto di merda.

Come si suol dire, ho le corna in testa, nei testicoli no.
Johnny Depp invece è Johnny. Non puoi dirgli nulla. Sta con la faccia da mammalucco, ove noi uomini sappiamo, e tutte le donne pilucca.
Sì, abbiamo la stessa “ottica” della vita. Lui basa (il) tutto sugli occhi e ottiene il plauso delle gnocche, io confondo l’albicocca con le poche ciocche di capelli rimastemi, causa stress.

 

La “fine”, di “fino”, this is the end

Mostro… il “mio” a una di Facebook:

– Dal cel non lo vedo.

– Basta che vedi l’uccello vero? Adesso sei (s)collegata sui viali? Ecco il cavo!

– Mi raccomando, fai il bravo…

– Anche tu. Stai a cuccia, mignotta. Stasera non dar(me)la, domani troverai uno di denari. Io uso il “bastone”. Adesso, vado a giocare a briscola.
– Ehi, figlio di puttana!
– Non sono tuo figlio!

 
La picchio e la lascio con lo “smalto”. Le unghie sono mie.

 

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

 

“Per qualche dollaro in più”, recensione

Quando la musica finisce

 

L’età dell’incoscienza, della giovinezza sverginata e stuprata, dell’insanabile torto mai cucito, la vendetta odora d’ocra impolverato ai piedi delle rive sanguigne

Ci sono film che non invecchiano. Anzi, col tramutarsi delle stagioni, respiran il sapore nostalgico d’una poesia incantata, incuneata nervosamente a spettro gelido dei crepuscoli nostri. Quando l’alba tremava per un bacio o impavido scheggiavi la Luna ombrosa in veglie tanto funebri e laconiche quanto diurne in erto, selvaggio accorartene, aggrappato alle melodie del Tempo infinito. Il Tempo maiuscolo era illusoria svenevolezza dell’anima, un ritmo “isterico” della frenesia cardiaca, delle onde oceaniche in tuffi vigorosi ad altri antri divoranti del cielo romantico. E qui vivevi, come il grande Cinema. Vibravi, sì, di vita!
In uno spazio tutto suo e tuo, un ritornello personale che oggi, distratti dalla noia del globo piatto, s’è scor(d)ato, flebile in me invece tambureggia, riscocca languido e appunto sonante risorge. Anzi, lo sorseggio come caldo liquore.
Rammemorando echi dei vivi ardori, d’aridi paesaggi imbruniti nel Sol levante dell’immoto fluirmi, sperduto a cornice dell’amor perpetuo.
Sibillino e poi sibilante fra labbra “stordite” d’una fisarmonica mesta, apparentemente riposata. Avventura che si tranciò, divelto è quel soave dormiveglia.
Dalla “trincea” riemerge piano, prima ancor sonnecchi, sveglio in pieno e miri i bersagli.
E fuggono. Prima “picchiando”, dopo cagandosela. Un tremolio… invertito, d’una orizzontale revenge ché dovevi ucciderlo quando potevi. Ma non ci sei riuscito, ogni losco stratagemma è qui un frontale spaventoso come un atterrito, sudante Volonté appena riparte la musica del duello finale… Lì, comincia davvero ad aver paura, un fantasma lo tormenta, un crimine che (non) si perdona e che vorrebbe tacere con un “freddarlo”. Non si può dimenticare. Da ambo le parti, a singolar tenzone. Adesso che dinanzi a te c’è l’incarnazione del tuo peggiore incubo…

Questa è una storia di vendetta, monumentale, epica al tinteggiante dì del Dio Morricone, una ballata al diapason carillon che inseguirà la preda a costo di rischiare tutto. Di morire due volte…

Due “scapestrati” cacciatori di taglie si mettono sulle tracce di una banda che ruba, ammazza, rapina e semina il panico.
Una “società” che unirà l’utile al dilettevole per far piazza pulita? Non ci sono indiani ma solo visi pallidi. Coriacei, abbronzati, roventi. Al sangue.

Sì, la trama è un pretesto. Perché il capolavoro è dominato da un’irreparabile ossessione che martella le tempie del cattivo e aspira le vene del buono… più “saggio”.

Certo, c’è la “strategia” non solo filmica dell’infiltrato, dei depistaggi, dei sottili equivoci, dei dialoghi tagliati al contagiri come una punizione… da 40 metri perfettamente bilanciata in secca rasoiata, l’umorismo colore “carta vetrata”, l’amarezza sacrosanta di fondo, lo scandirsi narrativo, veloce, calmo, abrasivo, tormentante, dilatato, folgoranti, esasperanti primi piani, l’adorante Clint col sigaro “di traverso” malfamato, onesto e non sa fumarlo eppur devi fumarti un carisma così, il suo ciuffo indimenticabile fra la pettinatura perfetta e il soffio increspante del caldo soffocante, l’arsura d’una forma concentrica di rara sottigliezza, il candore della “violenza”, la metrica “saltellante” di Sergio Leone, il proustiano già c’era una volta, chi bramasti, chi uccidesti e come morirai.

La storia la conoscete.

Le ombre camminano sul carro dei morti ammazzati… nessuna retorica, un leitmotiv che lentamente svanisce.

Nell’assopirsi del rosso tramonto.

Ti dissi che avresti pianto tu. Ma non volesti darmi ascolto.

Indio, tu il gioco lo conosci…

Questa è una recensione o una lirica personale?

No, una litania…

 

Io non cambio mai musica. Non lo sapevi?

 

(Stefano Falotico)

 

 

“Cose nostre – Malavita”, recensione

Malavita De Niro

La strada “criminosa” d’una non molto bianca, sbilenca (im)moralità “immune” con munizioni fucilanti a lancinante De Niro scorsesiano nell’amarcord rimembrante l’antologico goodfella epico

Introduzione virante a plumbeo, “biografico” ne(r)o

Innanzitutto, evidenzio ancora di rinomata stilografica mnemonica il mio sviscerato amore passionalissimo per Bob De Niro.

Di come, nei primi palpiti dell’adolescenza da me “deviata” nell’“anomalia” dostoevskijana d’un sentir diverso, “traviò” rifulgente il mio spettro visivo, incantandolo a cantilene incatenanti d’una briosa, luminescente al plenilunio onirico, (pro)pulsione esistenzialista sulle fratture suadenti di mio Cuore fenomenale, miscelato su incognita che si generò (s)g(retol)elante in misterico ignoto, e non violerò mai il segreto di tal inturgidirmi per sua venerazione adorante.

Dai vicoli “ciechi” di Mean Streets, quel furoreggiante Johnny Boy che saltellava “incosciente”, “maniscalco” d’una manovalanza subito d’“iniziato” da “bravo ragazzo” in erba e piromane dinamitardo dalle luccicanti esuberanze. Vivace, nervoso, adirato in volto, corteggiatore playboy impagabile del fottuto incular la vita, soprattutto la sua anima inappellabilmente condannata al buio eterno. Al “silenziatore” d’una morte annunciata, della tragedia paradisiaca, infernale tant’amata dal primo Martin in poi. “Casinò” acquiescente dell’Icaro aviatore che verrà schiantato dal Fato ineludibile. Un falò di vanità deflagrato ad autodistruzione del masochista raging bull15 minutes di “virtuale” celebrità periferica da re per una notte.

Il vampiro Travis Bickle, specchio dell’alienazione (dis)incarnata, incagnito ma “pacifico” sin a quando esploderà appunto letale. Ira di Dio flagellante a suo stesso angelo “tetro” e ultraterreno perché troppo vivo, magniloquenza dei dolori soffusi ad anime metropolitane inascoltate. Che fremon taciturne, d’occhi febbrili e “malati”, scarna e macilenta auto-radiografia del Paul Schrader “laconico” e ad agoni demoniaci.

Esorcista della propria vita, persistente ago masochista nei ventricoli “soffocanti”, claustrofobia “impaurita” dei tunnel lerci, lacere consunzioni d’una magrezza scolpita in viverla sotterranei, in abissali profondità “veggenti”, mesmerico “fantasma” languido, illuso, utopia romantica che idealizza una Donna dei sogni ma riprecipiterà accigliata per un onanismo strenuo sul Bob ischeletrito, divorato dinanzi alla sbranante, punitrice “realtà” del ver’orrore.

De Niro, genio virtuoso, inquieto camaleonte e quindi “macchina” perfetta “Terminator”.

Come se mai Robert placasse quell’esigenza spirituale, divina del mutar sempre faccia nella “galleria”. Simbiosi con Travis, you talking to me? sparato a suo sbeffeggiarci.

Adoro le sue iridi “corrucciate” e incastonate a pelle “ustionata” del classic neo untouchable, icona mistica del trascendere demoniaco su “buffonesco” e ilar volar sempre alto, se eccessivo è esagerato, se energizzato troppo si dimena gestualmente scalmanato, “prigionia” a doppio taglio mim(etic)o della permanente oscillazione craterica per generare altro attoriale nervo lavico (irre)quieto,  inventivo e stracciante la “voluttà” estatica dell’essere carne d’attore assoluto, se “conciliato” porge il suo clown parodistico nell’ironia “ven(i)ale” fra stronzeggiar su battute strozzate d’eloquente “muto” che china solo la testa, se annuisce in tono Al Capone canzonatorio delle odi personali malinconiche o è mille intonazioni del (ri)flettersi dentro, attorno mille e più personaggi.

Adoro i suoi lineamenti senz’età, “giovanili” anche ora che son “senilmente” aggrottati in un sorriso bifronte al mito ch’è, sì, gli basta un (ac)cenno nell’illuminar le pupille “invecchiate” e squarcia le palpebre cinefile d’orizzonti nostri perdutamente affascinati dai mari schiumosi naviganti la memoria di Robert De Niro. E di chi se non Lui?

De Niro elegante ieri, grezzo, senza Tempo nell’“apnea” borderline di psicotici “brutti” ceff(on)i, pestaggio al suo corpo, di cui abusa per usar le interpretazioni a pelle istintiva.

Spaccata, martoriata, macellazione per (ri)crearsi “mostro” di Frankenstein.

Mai s’è calmato, sulla filmografia impressionante ha impresso colpi taglienti, “erronei”, un attore proprio errante ed ero(t)ico d’inimitabile personalità. Sbandato, traiettoria senza capo né coda, serio poi “comico”, commediante o figlio di puttana a marchetta dello svenduto più insopportabile. Quindi, da scopare. Da idolatrare!

Sghignazza nel motteggiar un mugugno ad angoli di labbra (s)piegate, “accartoccia” la barbetta da duro per “effeminarla” nella dolcezza da buon padre rassicurante, quindi sterza il pel innato, assottogliandolo da lupo irto con immancabile giubbotto, seducente a congenito esser di nuovo Vito Corleone. Malizioso e fascinoso. Non puoi resistergli.

Brandiano, recita spesso con lo Sguardo maiuscolo, istrione dell’espressione che non ha bisogno di parole d’aggiungere perché è tutto (non) detto…

Figlio di un’epoca Elia Kazan, ammodernato negli anni 70 d’avanguardia più avanti del “Cinema” vecchio-odierno. Cinema anestetizzato, “buono”, odioso e da paraculi.

De Niro è nero, è poliziesco, è il noir straordinario Ronin d’una argentata Nizza col poster sventolante del capolavoro di Frankenheimer a Cannes, ove la Costa Azzurra dei “ricchi” vien “impolverata” dalle polveri da sparo di mitragliatrici “spie” che (s)puntano fra inseguimenti automobilistici color BMW.

De Niro di altra carrozzeria, “arrugginito” in giubbotto “sporco”, non è una “figa(ta)” da Mercedes e cazzi falsi. Umorale incide, mira e assassina carismatico, variabilità “atmosferica” del suo impermeabile profumo lungo addio.

Non ha mai interpretato Marlowe? Invece sì, anche quando fa il gangster.

I suoi gangster sono infatti tutti “tristi”, disillusi, indagano “sonnecchianti” nella chimera che uno “score” rischiari l’amarezza. Neil McCauley di Heat è un Conte di Montecristo versione Melville. Credo di sì.

Può prendere l’aereo e “salpare” per un lido non più tormentato, invece è ossessionato dai conti in sospeso, appunto. Si lascia ammazzare apposta da Carlito/Pacino nei rovesci della medaglia.

Perdonate la mia schiettissima franchezza, ché divorai Bob in tempi non sospetti, quando m’affamavo scolpente a ebbrezze “nostre” sospiranti un’epoca forse smarrita per sempre, la mia adolescenza innervata a diamante “fosco” del respirarlo/a…

Ne riparleremo con più oculatezza quando avrò smaltito altro “denirare”, scusate volevo “incider(mi)” a coniar invece il mio delirare. Eh eh.

 

Malavita di Luc Besson, ebbene eccoci qua…

… nel “bel” mezzo del cammin “oscuro”…

Titoli di testa incorniciati già ad “adrenalina” della voce narrante di De Niro.

Arrocchito e malinconico “perso”, nostalgia quasi francese per una veloce torsione nella “dissolvenza” dell’ambientazione, la Normandia, infatti. I fatti son questi. Attenetevi e vi è andata pure grassa.

Ubicata a “magione protezione testimoni” d’una family di mafiosi.

Già indaffarati a disfar ancora i bagagli per trovar la “giusta” sistemazione o meglio collocazione (non) adatta al Mondo. “Relegati” in una villetta spettrale, memore del lor freakeggiar burtoniano, gli Addams devono abitare nella “normalità”. Sotto copertura s’ integreranno i nostri non tanto integerrimi, (cor)rotti eroi?

Una peripezia che scivola ritmata fra esplosioni improvvise, cambi di regia “frastornanti”, una tastiera che batte all’unisono della violenza “soffocata” d’un De Niro “pacioso” pronto nell’attimo fatale a torcerti i capelli e adirar le rughe in ringhio cannibalesco. Per poi farti il sorrisetto.

Infonde amor paterno da padrino (ir)redento, in remissione dei peccati dentro le memorie, mandibolari la sua anima (im)punita, per appunto (non) colpevolizzarsi. Se ne fotte!

E a canini, scusate accaniti, tifiamo per questo doppio Fred Blake/Manzoni appaiato a una splendida Michelle Pfeiffer, allietati da duetti “tagliati con l’accetta” con il grande Tommy Lee Jones, perennemente accondiscendente e “amicone” del gioco “pericoloso” e ficcante, illuminati da Dianna Agron, della quale vi rivelo che m’invaghii ai tempi delle medie.

Era bionda come Dianna e se possibile più figa. Ma non ebbi lo stesso culo di sverginarla come il nostro suo matematico. Lei è infatuata e rischierà il suicidio a(r)mante ma il bastardo prima la cucca, la palpa e sudato di “timidezza” se ne fionda beato pur “beota” per poi vile svignarsela da “separazione amichevole”, date le  inconciliabili “differenze” e le estrazioni dinastiche. Uno stronzo che da me riceverebbe solo un’altra “racchettata” piazzata nei coglioni.

Omaggi spara(n)ti, Besson si rifà al suo stesso Cinema citante e sovreccitato in cambi di rotta “ammortizzati” fra un pianto sincero, momenti d’autentica commozione, suspense “funebre”, campanili gotici, ma la solitudine impera sovrana e non puoi fuggirla. Lenta svanisce per ripartire altrove, come ultima, opacissima inquadratura.

Ti salvi la pelle ancora, nostro Fred “canaglia”, e i “cattivi” son stati stesi e “disonorati” col tuo valore…

Il film di Besson, al solito da pochissimi già compreso, adocchia il genere a modo Luc e solo Besson. Assoldato a se stesso.

Un Cinema che solo Besson sa…

Il resto guardatevelo, godete a più non posso, una delle rare black comedy che non fa ridere ma sogghignar amaro, mette i brividi e vuole, dietro la camuffa della solita (in)utile trama, perturbare, bombardarci per sussurrarci: “Siamo tutti come Henry Hill”.

Chi è Henry Hill? Ma che c’entra Ray Liotta di Quei bravi ragazzi?

Fred/De Niro ricorda… e anche il produttore esecutivo Martin Scorsese.

Il resto è un bel colpo, una meraviglia visiva in Dianna e un De Niro che recita senza recitare. Lui è.

Il mio è un delirio?

E a te cosa frega del mio De Niro?

Allora, dammi Dianna.

 

(Stefano Falotico)

 

 
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