LA STRANEZZA, recensione

Ebbene, oggi recensiremo un bel film italiano, ahinoi, passato abbastanza inosservato, ovvero La stranezza, firmato dal rinomato e valente regista Roberto Andò (Il manoscritto del principe).

Qui, al suo nono e, aggiungiamo, miglior opus senz’ombra di dubbio. In quanto, così come nelle prossime righe enunceremo, brevemente ma esaustivamente disaminandolo, La stranezza ci è parso un film compatto e sorprendentemente anomalo nel desertico e asfittico panorama cinematografico italiano, quest’ultimo incapace purtroppo, se non da tempo immemorabile, perlomeno da molti anni a questa parte, di proporci, salvo rarissime eccezioni, intriganti vicende originali e sapientemente congegnate con acume registico e leggiadra leggerezza. Film opachi, le cui noiose storie, quasi obbligatoriamente e pedantemente, in forma nauseante, si sposano sempre e spesso sterilmente con trame e intrecci melodrammatici e/o soltanto tragici.

La stranezza, pellicola della godibile durata giammai noiosa di 103 minuti, scritta dallo stesso Andò assieme ad Ugo Chiti & Massimo Gaudioso, è un piacevole e sorprendente, positivamente atipico e genialmente anacronistico dramedy che mescola, con brio ed arguzia, segmenti seriosi ad altri più svagati e perfino esilaranti.

Sintetizzandovene al massimo la vicenda narratavi, al fine di non sciuparvene le sorprese e i sensazionali colpi di scena distillatici, eccovene in pochissime righe la sua sinossi:

Il famoso scrittore e celeberrimo drammaturgo Luigi Pirandello (un ottimo Toni Servillo), residente a Roma, trovandosi poi in quel della Sicilia per un momentaneo soggiorno, incappa nella bislacca eppur proficua e inaspettatamente rivelatoria conoscenza di due simpatici, strepitosi attori dilettanti, vale a dire Sebastiano Vella e Onofrio Principato, incarnati dalla coppia formata da Ficarra e Picone, i quali sono alle prese con le prove del loro nuovo spettacolo. Saranno quindi invitati, in forma specialissima, alla prima pirandelliana, giustappunto, di Sei personaggi in cerca d’autore ad opera del futuro, immediato premio Nobel per la Letteratura?

Ne succederanno delle belle, potete scommettervi.

Servillo, ivi non gigioneggiando troppo e rimanendo invece gustosamente misurato e con la sordina, primeggia e al solito stupisce nella sua immedesimazione del nazionale Pirandello storico, non da meno, anzi, sovente a rubargli scena, è la premiata ditta Ficarra/Picone succitata. Cioè, i veri protagonisti di questa strampalata e al contempo sofisticata commedia dolceamara, sottotitolata in molti punti in dialetto per via della stretta parlata vernacolare, capaci di sorprenderci e spiazzarci fra il serio e il faceto, cimentandosi rispettivamente in performance sia divertite che sentite. Al loro fianco, tutta una lodevole galleria d’altri attori altrettanto efficaci, navigati e di richiamo che cesellano, a loro volta, i personaggi da lor interpretati, con pittoresco istrionismo e bravura impeccabile. Fra cui, sono da menzionare Giulia Andò nei panni di Santina, l’apparizione fulminea della fotogenica Donatella Finocchiaro in quelli di Maria Antonietta, la moglie pazza di Pirandello, Renato Carpentieri, Galatea Ranzi, Aurora Quattrocchi, Filippo Luna, Paolo Briguglia, Fausto Russo Alesi, Rosario Lisma, Brando Improta (accreditato come Ildebrando), Tuccio Musumeci e Luigi Lo Cascio. Cammeo della stupenda Tiziana Lodato dell’indimenticato L’uomo delle stelle.

La stranezza, sia chiaro, non è un capolavoro e forse neppure un film indimenticabile ma funziona alla grande e si lascia vedere con estremo piacere, sbagliando pochissimo.

Da citare, inoltre, la perfetta, suggestiva e assai funzionale fotografia del veterano Maurizio Calvesi che, con questo lavoro, ha firmato il suo film numero centouno in veste di cinematographer di pregio.

Ragioni plausibili per non vederlo, in effetti, non esistono ma comprendiamo che le lunghe parti in dialetto potrebbero renderne la visione ostica.Stranezza film ficarra picone servillo

di Stefano Falotico

 

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