Cinema eyes wide shut
di Stefano Falotico
Il Cinema è sguardo, levigato struggersi per ammirazione sconfinante a mirar le alte vette anche nevralgiche o ipocondriache, i monti e le valli brune, l’orgoglio invaghente…
… in cui ampli la mente, di iodio acquatico spumeggi solforico, congestionato dai valori sibillini dell’acustica emozionale, spadroneggiando nella lindezza assoluta, l’infinita bramosia degli occhi nudi, veleggianti in briose languidezze oggi briose e domani dai colori opachi o nel brillar d’indaco mansueto.
Terrence Malick e il suo essere… incompreso.
Di come “risfoglio” un vecchio VHS del National Geographic, intitolato “La Costa degli Scheletri”, di come Terrence è amore per la natura in donarle intonazioni smaglianti, fra abissi d’immagini si perde fragoroso nei cuori a divorazione dello squarciarci di bellezza. Di come intesse fotogrammi come “relitti di nave” nel Tempo maiuscolo.
Questo è Cinema.
Stanley Kubrick e come volteggia appassionandoci nei mille e più orizzonti delle notti odisseiche, luccicanti o eyes wide shut e c’innerva d’emozioni vere anche quando sempre romanza qualche nuova novella di genial reinventarla.
Questo è Cinema.
Fumacchiare avidamente una sigaretta “permalosa” che ammicca birichina le cosce della barista, sporca non so di “cosa” su grembiulino bianco come la Prima Comunione.
Addentare un trancio dolcificante di pizza croccante, affondare i canini nella mozzarella appena lievitata e calda come le mammelle d’un seno schiumoso, latteo e glorioso, pregustando il dessert di forchetta ficcante.
Anche questo è Cinema.
Perché i sogni sono la vita, senza sogni non c’è neanche la (s)figa.
Così è, così è deciso.
Ora, sparecchiate. Aspetto il caffè.
Cinema è un mesto sparviero che, all’ombra serale del suo ultimo sombrero, fa le somme degli idioti che gironzolano, ribaldi e già macchiati da tante oscure onte, nel mantello del mattino, succhiando i pollici su della scalza “felicità” che a me par oscenità, vivandiera come una nubile ma racchia cameriera, buona a servire i piatti freddi del suo riscaldarsi nel cuscinetto dell’alibi, sognando albe che le sian allietanti, (s)tira a campare, con un Campari offerto in bar di campagna. Ma camp(an)erà? Din don dan, la vedo sempre più trombata, ah, rintronati. Le capre invecchiano, suonan le campa(gnol)e. Chi mi ha rubato la pantofola?
Idiota è un “forestiero” della sua esistenza che disserta d’arte, e qui si (ar)rende minuscolo, distraendosi illuso di farla nel chiacchierare, vestito di tutto punto e intonazioni di virgole e “a capo” finto-intellettuali, in un parco con le oche, sia bipede suo che quadrupede del mai sfogliarla… a quadrifoglio.
Idiota è la coscienza di chi si crede adulto in base alle proprie esperienze ed elargisce quei consigli supponenti, da me tanto odiati, utili soltanto alla sua pancia, alla (sup)posta e all’acquiescenza dell’innovazione delle anime personali.
Cinema è rinnovamento, in quanto cammina, cambia, muta (f)orma, domani è un altro giorno.
Adesso, assumo una pillola, accendo la pila qui al buio, non possiedo neanche una lampada, leggerò un buon libro ché già lessi(co), è ora di andar a letto, si è fatto tardi, non si farà neanche fra cent’anni, la mia stella brilla a Oriente nel mai levante e levar le palle dalla vostre ancore. Oh, forza e “coraggio”, guarda che sorriso mio “raggiante”.
E questa malinconia è criminosa? Tu la giudichi così perché, non combattendo, ai tedi ti sei (s)teso vi(va)ce alla vita pomiciante, io qui balzo triste e pensato come stanco. Ma sempre in piedi. Sono un podista e non amo i primi podi.
Non sono un santo.
Adesso, scopo.
A quali scopi?