David Cronenberg’s “Spider”, review
Who is Spider?
Un uomo mingherlino, rachitico, scheletrico, s’aggira lungo il “tragitto” d’una Londra “endovena” al suo smarrimento, groviglio scarabocchiato di suoi neuroni feriti, rannicchiato nella ragnatela del tendersi all’oblio, inabissarsene per sempre alla radice “intravista” d’una strada amputata. Una recisione piangente, una giovinezza scomparsa che “ammicca” di raschiata “botanica” all’ossigeno non osmotico d’una realtà “clorofilla”. Spaurito, “bambino”, teneramente avvolto nelle fasce “artiche” d’articolazioni mentali lacerate, che si sfiorano invisibilmente fra angoli bui, oscurissimi d’ogni meandro a incubi “daltonici”, distorsione che s’opacizza nel reiterar la morsa del suo “eraserhead”.
Sì, anche uno stroboscopico, non identificato delirio lynchiano, indecifrabile, ignotissimo come un dream di glory days mai stati, mai (e)statici, estasiato d’immobile mutare anche regressivo o perenne aggredirsi d’inconscio psicotico, fulminante cannibale di suo “gioco” vizioso ai circensi circoli dell’apparenza che, tramortita, tremante, (non) c’è.
Fiumi di porpore smaniose nell’ardimento esistenziale infinito.
Inseguimento di sua persecuzione, ossessivo il martello è cicatrice che si sbrana, che urla disperata fra silenti nebbie, macerati castelli di sabbia, polvere “maculata” d’una mente fervidissima, inferma, ristretto spazio d’espansione angosciosissima, gola fratturata, polmoni atarassici, deserti e sprazzi lucidi di miraggio invero invisibile. Si guarda e riflettiamo, s’introflette e (non) pensa nell’irta spirale che mastica lune martiri, luci fosche e tetre, cieli ingrigiti o forse, chissà, ottenebrati solo per requie “moribonda” all’instabilità d’un tremendo “singhiozzo” devastante in un altrove che torna e tortura potentissimo.
Acceca e svia la vista.
Un Ralph Fiennes mimesi totale, memorabile in metacinema altissimo del David Cronenberg paradossal-mente incompreso, colmo di perfezioni intersecate, ombre di altre immagini nitrate, aspirate e iniettate con classe agghiacciante di Bellezza, di McGrath rielaborato “a lutto” del genio canadese, appunto, e di un attore inglese maestoso.
Si staglia, si (di)stacca nell’immensità di un’interpretazione “mostruosamente” ignorata dagli Oscar, forse tanto simbiosi e “sorda”, concisa e finissima da non coincidere coi parametri dell’Academy.
Il film passa a Cannes, silenzio. Ignorato.
Che scandalo!
Poi, per scusarsi, dopo un po’ Cronenberg viene “invitato” a presiedere la Giuria.
Vorrebbe premiare il “bruttissimo” Irréversible ma vengon scelti i più “didattici” impegni dei fratelli Dardenne.
Telepatia ed empatia? Anche lì una storia di orrore, di violenza, di mutazione a suo modo identica.
D’identità rubate. Uno stupro fisico contro quello emotivo.
Cronenberg, infatti, con Spider raggiunge l’apoteosi della sua poetica. La carne è chirurgia dell’anima, prima di A Dangerous Method, psicanalisi all’impossibilità mortifera da Edgar Allan Poe e progenie.
Superstizioni, una madre castratrice, amanti orripilanti, nessun “sangue”, ma l’anima è un mare di plasma “radioattivo”.
Non c’è, liquida in un posto che nessuno saprà mai, neppure Spider.
Il capolavoro più sottile, più radente, più sleeper di Cronenberg.
(Stefano Falotico)