Windtalkers, eyes on war
di Stefano Falotico
“Auscultando” il vento sibillino d’un serafico dolore a cuori di tenebra nella tempesta della guerra…
Pomeriggio assolato, poi assopito rimembrante in vaghe mestizie mie di rinnegato in casa solitaria. Nel selciato dei miei ormoni guerriglieri, eppur svaniti nelle dormienti braccia melliflue del felino Morfeo, ingordo d’ansimo, sbiadente il sonno delle eterne notti, risaltai sella al mio glorioso onore che fu, nella via peritura della prossima mia “cassa” funebre, che stava morendomi in buio dell’aldilà e poi mai più.
Al che, riaprendo velocemente e violentemente gli occhi, travolto dai sensi ridestatisi, anziché vestirmi, essendomi coricato di nudo petto glabro, sentii fischiettar nella mia anima un film che stetti per dimenticare, Windtalkers.
Storia di indiani al fronte a baciarsi d’amicizia virile coi “cacciatori” bianchi di “taglie” e proteggersi dalla tragedia bellica, ascoltandosi nei mormorii dei venti cantanti l’atroce bellezza della Monument Valley.
Un John Woo tornato a onda d’urto laddove all’epoca mi sfuggì e, non stordito, lo placai nel sonnecchiarlo.
Da rivedere, senza sonnifero agli occhi invece da bruciare di corse scroscianti l’aerobica, planante macchina da presa d’un Woo strano ma non commerciale, come prima visione potrebbe indurre erroneamente, cari eroi, a pensare. Così, infatti, mi indusse ma sbaglia.
Meno retorico di quanto credetti.