Il racconto dei racconti, recensione
TALE OF TALES, di Matteo Garrone by Anton Giulio Onofri
Incanto e stupefazione permanenti per tutte le due ore e passa di durata del nuovo capolavoro (non ha mai fatto altro fin dai suoi primi corti) di Matteo Garrone, immediato candidato serissimo alla massima Palma. Capace di rinnovarsi ad ogni titolo, e in fondo senza mai somigliare al se stesso dei precedenti, quantomeno in superficie, dopo la “novella morale” di Reality, eccolo, il creatore de L’imbalsamatore e Gomorra, affrontare il mondo petroso, muschiato, elementale delle fiabe italiane, ricreandolo in paesaggi pittoricamente bagnati di un’inquietudine straniante e tutt’altro che infrequente, percorrendo strade e campagne, al centro e al sud della nostra penisola nelle violette ore crepuscolari che precedono il buio notturno, o appena prima delle umide albe estive. I costumi rievocano un immaginario e fittizio barocco da fiaba infantile, e distanti dall’edulcorazione disneyana (come le torri merlate di Sermoneta, o la nuda e cruda leggerezza di Castel del Monte), inanellano intorno a re e regine, principini e principesse, sudditi, saltimbanchi, orchi, streghe e tutte le altre creature dell’universo fatato de “Lo Cunto de li cunti” di Basile, un’aura di primigenio mistero, di consapevolezza ineluttabile che il destino è un equilibrista a spasso su una corda di fuoco, e che al tempo nostro, regolato dal pendolo di una Madre Natura capricciosa e suscettibile, non riusciremo mai a sfuggire. La riscoperta, più che un recupero, di un’italianità perduta, ricreata attraverso una lingua straniera (l’inglese), e volti più e meno celebri altrettanto stranieri, come se, col passaggio da un secolo all’altro, la lingua e l’antropologia italica avessero perso, sotto il rullo compressore dell’incultura massificata della televisione, segni e caratteristiche riconoscibili. Un meraviglioso film d’autore che aspira a sedurre un pubblico vasto e disponibile non tanto a tornare bambino, quanto a risondare dentro di sé quello che con la crescita e la maturità fingiamo di aver messo da parte, illudendoci di averlo dimenticato per sempre.
The Intern with De Niro & Anne Hathaway, Trailer from Warner Bros
Pubblicato il 13 mag 2015
From writer and director Nancy Meyers, Robert De Niro and Anne Hathaway star in THE INTERN, in theaters September 25, 2015.
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Academy Award winners Robert De Niro (“Raging Bull,” “Silver Linings Playbook”) and Anne Hathaway (“Les Misérables,” “The Devil Wears Prada”) star together in Warner Bros. Pictures’ “The Intern.” Oscar-nominated and award-winning filmmaker Nancy Meyers (“It’s Complicated,” “Something’s Gotta Give,” “Private Benjamin”) is directing the dramatic comedy from her own screenplay.
In “The Intern,” De Niro stars as Ben Whittaker, a 70-year-old widower who has discovered that retirement isn’t all it’s cracked up to be. Seizing an opportunity to get back in the game, he becomes a senior intern at an online fashion site, founded and run by Jules Ostin (Hathaway).
The film’s multi-generational cast also features Rene Russo (“Thor”), Anders Holm (“Workaholics”), Andrew Rannells (“Girls”), Adam Devine (“Pitch Perfect”), Celia Weston (“No Reservations”), Nat Wolff (“The Fault in Our Stars”), Linda Lavin (“Wanderlust”), Zack Pearlman (“The Inbetweeners”), newcomer Jason Orley, and Christina Scherer (“Living with Uncle Charlie”).
Meyers also produced the film, with Suzanne Farwell. Celia Costas served as executive producer.
Meyers’ behind-the-scenes creative team is headed by Oscar-nominated director of photography Stephen Goldblatt (“The Prince of Tides,” “The Help”), Oscar-nominated production designer Kristi Zea (“Revolutionary Road,” “GoodFellas,” “Tower Heist”), Oscar-nominated film editor Robert Leighton (“A Few Good Men,” “When Harry Met Sally”) and costume designer Jacqueline Demeterio (“The Other Woman,” “The Big C”). The music is by Theodore Shapiro (“The Secret Life of Walter Mitty,” “The Devil Wears Prada”).
Warner Bros. Pictures presents, a Waverly Films Production, a Nancy Meyers Film, “The Intern.” Scheduled for release on September 25, 2015, it will be distributed by Warner Bros. Pictures, a Warner Bros. Entertainment Company.
Liam Neeson, un attore cor(iaceo), coraggioso
È sempre bello sparire e “respirar” fra gli attori.
Non ho mai nutrito, prima, venerazioni, adorazione o particolare idolatria nei riguardi di Liam Neeson, attore che consideravo, però, bolso, “mestierante”, legnoso, perfino antipatico per la sua ostentata fierezza taurina da uomo troppo (ri)posato, calmo, ieratico, adatto a ruoli da “prete” o da gesuita, come dimostrerà il prossimo, “attualmente girato”, Silence del nostro maestro Scorsese.
Uomo invece “mission”, specializzatosi in ruoli d’azione veloce, scattante, ove la propulsione delle sue viscere, apparentemente rilassate, scoppia in fragorosa isteria della violenza acu(i)ta, taciuta, (s)fumata in sigarette dondolanti nelle sue sottili labbra che “tirano” a campar tra un film e l’altro per “pagarsi gli alimenti”, amene, mena Liam, ammirando, nelle poche pause vacanziere, essendo indomito stacanovista indefesso e scafato, le pianure verdeggianti in quel degli “scrosci” temporaleschi delle sue terre natie irlandesi.
Invece, mi sbagliavo. “Borbotta” Liam nel suo nuovo “mentore” Jaume Collet-Serra, dà botte, spara, “espia” quasi sempre una colpa, storie di vendetta o redenzione, ove prende il suo (ex) Taken, e vi troverà…, costi quel ché “costole” spappolate, (s)lanciate da grattacieli “a strapiombo” su asfalti inseguitori, da mozzar il fiato come donne che poc’appaiono in tali robusti film di genere, (s)fatti di cattivi invece vi(ri)li che cattivi (non) sono, d’insonnie, di corri tutta la notte per non farti acchiappare ma afferrandoli per le corna quando si distrarranno.
Non s’annoia Liam, e non più m’annoia, s’è splendidamente riciclato in questo Non-Stop d’interpretazioni “tagliate con l’accetta”, da “boscaiolo” del mirino, da corridore, appunto, della sua bellissima, “balistica” sessantina di primavere ben tenutissime, un “tenente”; un criminale con qualche conto in sospeso, un salvatore nelle sue increspate, stanche, malinconiche rughe “rigose”, perfettamente asimmetriche, “paciose” non tanto, concilianti con l’esplosiva brutalità che riemerge da sopiti (trasc)orsi suoi, molteplice faccia all’apparenza identica in tanti speculari “modus operandi” della variazione sul tema profumo revenge.
Pullulano così, che spettacolo, i ruoli fatti su misura della sua possanza, un duro altissimo, quasi due metri, stando alla carta d’identità, dagli occhi “minuscoli”, muscoloso, un “killer” con l’aplomb dei sicari di Taiwan, con la filosofia recitativa “zen” da Guerre stellari o da versione “americano-cinese” d’uno stile minimalista “ad occhi a mandorla”. Non a caso, da tempo, desiderano che giri un johnwooiano “sparatutto” mixato alla Johnnie To. Neppure sf(i)orato, un attore rinnovatosi, affatto sfiorito.
La nuova front(i)e(ra) di Liam.
di Stefano Falotico
Run All Night – Una notte per sopravvivere, recensione
In questa vita, nessun peccato rimane impunito…
Torment(at)o, dopo lo stato “amniotico”, quando stai per morire, rivedi la tua vita? È solo una stronzata, inventata dal colpo letale di qualche romantico col “vezzo” dei (ri)morsi, dell’impiccagione “fredda” Impavido è il becchino!
15 hours earlier, il prima, l’intermezzo (s)colpito alla tua anima già appesa, “pendule” circostanze, casini “normali”.
Panoramiche “computerizzate”, studio dei personaggi col contagocce della “Calibro” d’ordinanza, un film (dis)ordinato, “grattaceolante”, potente “eloquio” d’immagini tagliate con l’accetta d’una mdp volante, mai ferma, indomita come il suo cavaliere stanco, per niente, Liam/Jimmy Conlon.
Superiamo la notte indenni, ok?
Storia che fa la serpentina fra le “serpi”, fra un onesto (cor)rotto e un boss “pulito” della malavita, a cui il “buono” ammazza, per legittima difesa, del suo di figlio, il figlio! Dell’unico suo “amico”, adesso unico nemico, ma che nemico! Da allora, da quel momento sibillino, sibilante, parte la sfida per sopravvivere, per rimanere vivi, rete di protezione familiare, d’antichi traumi (non) rimossi.
Non ci s’arrende, mai.
di Stefano Falotico
Being Flynn, recensione
Per tutta la vita, mio padre si è manifestato come un’assenza, una non presenza, un nome senza un corpo…
Basato sulla novella “Another bullshit night in suck city” di Nick Flynn, da noi edito dalla Mondadori, sotto il titolo “Un’altra notte di cazzate in questo schifo di città”, in Italia esce con questo Being Flynn, diretto da Paul Weitz.
Che succede se vi siete persi entrambi e vi trovate nello stesso posto ad aspettare?
Una turbolenza continua… te lo riparo lo specchio, appena trovo un lavoro. Scusa. Per cosa? Per la mia inadeguatezza come essere umano?
Polvere, che (si) tracima, trancia le vite “reiette” di due allo stesso mo(n)do emarginati, vinti d’una società “scontrosa” che non permette sconti, non l’integra, non li fa… immettere nei meccanismi del quotidiano vivere “normale”, sempre rimarranno sba(n)dati con grandi sogni e un “Il sicario” nel cassetto, romanzo “epistolare”, sconnesso, farraginoso, con le prime trenta pagine inappuntabili e poi che si perde, “perisce” nella sconclusionatezza raffazzonata d’una vita, sì, importante, ma a ch’importa della lor impronta(ta) nell’errore del sis(te)ma, del terremoto (non) vivente dello star confinati in un limbo, in una non vi(t)a che fa, nonostante tutto, il suo “core”, il suo co(r)so drop–out, fuori da tutto, dentro all’anima, comun(qu)e?
Cal(z)a la notte plumbea, di nevischio “incorporato” nelle cornee stanche di Jonathan, un magnifico De Niro in grazia d’un Dio “morigerato” della recitazione “intravista”, appena accennata di rughe aggrottate e borse sotto agli occhi raggrinzite, “accartocciate” nel trascinarsi, nell’erodersi, nel rosicchiar il sangue delle pulsioni “raffreddate”, e annienta, (s)colorisce, annerisce oppur, miracolosamente, rischiara, la nostra (r)esistenza è quanto mai, quanto “amena”, chiarissima, combatte, piange, si “dimena”, disperata. Nessuna speranza o troppi capitoli “bianchi”, lasciati in sospeso, non hai neppur i sol(i)di, i liquidi per far la spesa. Soppesi tutto, rifletti, mediti, ti arrabbi in silenzio. Sciorini parole, “perle” al vento, all’inutile tuo van(t)o. D’illusioni t’ammanti disilluso. Sempre sull’orlo dei nervi e di bicipiti a nudità dell’uomo battuto, eppur ti batti, la tastiera batte, c’è ancora del taste, un tuo g(i)usto in tal “infermo” infernale, infierente, ferentissimo, tu, il “fetente”, un fe(re)t(r)o…
Veniamo al mondo per aiutare il prossimo…
di Stefano Falotico