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Rourke, il Tu(r)co che fuma napoletano

Rourke

 

Questo Cook che si “coce” da sé, si cuce di plastica chirurgia ad avvenenza oramai (s)van(it)a, vanitoso giammai, però, perirà, insiste, si “recide”, la pelle incide, “fratricida” della sua ex bellezza da copertina e da coperte di donne da lui scopertissime, di ex mogli prese a sberle delle sue moltiplicate facce da culo. Egli detesta la “normalità”, si recherebbe, se fosse a Bologna, la città degli “Asinelli”, al bar “Il Ristoro” di Casalecchio di Reno, nell’“abit(acol)o” del suo “demente”, mentalmente assorto e non “assol(u)to” a ber un cappuccio del suo look da “incappucciato”, da cappuccino del suo esser stato Francesco. Cavo in viso da immor(t)ale che fu per Liliana Cavani, con tanti “cavi(lli)” nel cervello che parla al suo “uccello”, anima(le) s-colpito, forse colto, mai calvo perché di parrucchino non vuol far la fine e, come dico io, la “fune”, dei borghesi parrucconi, gente che “mieleggia” con amori (b)anali, “sentenziando” il cinema piccolo delle scatol(ogi)e televisive, del preconfezionato, imballato, insacchettato veder la vita come un “video” pornografico (s)fatto di odori di (as)celle, con le lor “ancelline” per pisolini e piselli(ni) dello scoreggiarla in “pece” d’una pace da (s)cene gelose fatte di fagioli, uomini “uova”, strapazzati, loro sì… pazzi, sempre a par(l)ar di fighe e cazzoni. Mickey da & dà cazzotti, si scazza, s’inkazza, schiamazza, tante volte nel core è stato ammazzato, “mazz(i)ato”, corn(ut)o del suo superstite fra gente religiosa della peggior specie, peci…, che c(r)ede alle superstizioni, lui, (es)tinto, a “tono” non bon ton del color (s)fumante “tonno” di (ca)pel(l)i secchi all’imbrunire delle gioie patite, patibolare, sfacciato, sfanculante, sognante.

Maschera, mare, di/a Marte. Da “spiaggia”. Da for(m)aggio di sé e solo a cazzo suo. Fancul’!

di Stefano Falotico

 

La preda perfetta, recensione

La preda perfetta 3

Ulula il tempo temuto, scolpito fra le palpebre d’occhi c(in)erei, cinici, d’oltretomba(li), ballonzolanti nell’atmosfera, tempo usurato, guaito, non guarito, “ossigenato” fra lagrime arrugginite, piangenti la languidezza spettrale d’un polar atemporale. Sotto i temporali, una camminata tormentata, avvolta nell’intemperie, nella basculante stranezza d’un caso (ir)risolto, film solido, “vestito” d’impermeabile sobrio, adrenalinico, d’un duro che “sgranocchia” sigarette marce mentre forti scorrono le emozioni sul selciato dei “ciottolati” dei suoi mille (ri)cor(di), “gracchia”, si spacca, veloce e poi calmo marcia. È Liam Neeson, in un’interpretazione d’antologia, da incorniciare come il parrucchino “ingombrante” della sequenza “sparante” iniziale. D’un incipit meraviglioso, disincantato, sfumato in una fotografia “ocra” del miglior noir contemporaneo, sapor d’antan liscio, vellutato, bang antico, quasi da “antiquari” della Settima Arte più prelibata, raffinata, sulle scale lunghe nella “chiocciola” del guscio e dei segreti di Liam, “(im)mobile” , scattante, nervoso e ieratico, “cimiteriale” fantasma della memoria sua che fa improvviso, lacerante crac. Si rompe, erode, si spezza, si dilania in un’apparenza da cittadino “normale” che, “apatico”, d’aplomb da straniero della vi(t)a, legge sulfureo il giornale dei (mis)fatti. “Bianchi” e nerissimi come il suo pallore che (si) cangia, camuffato dietro un abito da “mon(a)co”, dal Neeson imperscrutabile delle sue performance più nobili(ari). “Mobiliere” di questa/o a walk among the tombstones… Dall’anima(le) di pietra, coriaceo, statuario e “grezzo”, perfettissimo nella calibro calibratissima, maneggiata con la cura dei suoi (det)tagli, soprattutto del suo intimo sangue sgorgante, (s)frenato, allucinato nella detection funereamente torbida, “torvo”, “corvissimo”. Dai capelli brillantemente “sporchi”, corvi(ni)…, “preoccupati”, è “arricciato” nelle incognite (ecto)plasma(tiche) del suo carisma (im)mutabile. Labirintica cera e “cer(v)o” dei dubbi, nella “seta” del suo giubbotto, assetato, mai “in sosta”, uomo “vietato” alla quotidiana tranquillità, bene-o-mal abituato a combattere “con la sordina” della recita(zione)… più elegante. Giungerà la siesta dopo il tormento, dopo il vento di tramontana, dei rossi, accesi, “saturi”, (e)sal(t)anti tramonti lugubri? Dopo il fruscio e il “nevischio” cold della tormenta mnemonica? Altro sparo nel buio, altra spia, espiare, un lungo respiro, i cattivi spirano, un dramma a spirale, narici secche ch’aspirano aria salubre, quindi (mal)sana, piovigginose son le sere non serene. La polizia e un’intermittente, occhieggiante sirena del tuo “claudicare”, passeggiar di toni e tinte fosche, di sopracciglia (so)spese nella (f)utile suspense mansueta, pericolosa, uomo “pericolante”, sull’orlo dei marciapiedi sgretola(n)ti, in c(r)ol(l)o delle paure più tue nascoste, celate, raggelanti, “raffreddore”.

Uno stranuto e la tosse roca, la tua voce rocciosa, Liam, uomo “montagnoso”, non scalfibile, temibile, (s)fortunatamente per te… (in)vincibile. Bile! Il caso è un da(r)do, un gioco del metter le pedine, il tuo p(i)edone “sbirro” a (im)posto(re), e investigatore fra i buchi, le “palle” dei tuoi (at)tributi, la forza d’un ma(s)ch(i)o bellissimo, brutale fra i bru(t)ti. Urla vendetta, latra giustizia, sei ardito, irto, col(pi)to…, divorato. Altre gocce scendon dal cielo, la nebbia dei pensieri, un b(r)anco da scovare.

La preda perfetta

La preda perfetta 2

 
di Stefano Falotico

 

De Niro & Zac Efron, a torsi muscolosi sul set di Dirty Grandpa

Meglio avere i fisici che laurearsi in Fisica.

Complimenti vivissimi a Bob De Niro che, a quasi 72 anni suonati, sfoggia un invidiabile torso in grado quasi di rivaleggiare con quello perfetto, gaio, dello scolpito Zac Efron.282CF88600000578-3062980-image-a-18_1430417447361.282C2F3500000578-3062980-image-a-20_1430418036587 282C2F4900000578-3062980-image-a-19_1430418027334 282C2ED100000578-3062980-image-a-46_1430418592906 282C2CC400000578-3062980-image-a-24_1430418209138 282C2D1900000578-3062980-image-a-25_1430418215975 282C4C8500000578-3062980-image-a-23_1430418140708 282CFA5E00000578-3062980-image-a-39_1430418411511 282CFA5900000578-3062980-image-a-40_1430418463377 282CF51E00000578-3062980-image-m-42_1430418495557 282E426D00000578-3062980-image-a-143_1430431398545 282E419B00000578-3062980-image-a-144_1430431410027 282CF77900000578-3062980-image-m-45_1430418552721 282CF9CF00000578-3062980-image-a-44_1430418539048 282CC8A000000578-3062980-image-a-38_1430418368130 282C2F6600000578-3062980-image-a-27_1430418252902 281E354000000578-3062980-Thumbs_up_De_Niro_was_also_snapped_giving_his_young_co_star_some-a-55_1430418810458

 

 

Stefano Falotico intervista Andrea Rossi

Andrea Rossi

 

Ci scuoiamo nei sogni trangugiati dei nitrati d’argento sobri di “orrorifiche”, giammai orride, visioni.

Ciao Andrea, partiamo con la prima domanda.

Naturalmente, conoscendo la tua passione viscerale per Tobe Hooper, ti domando qual è il suo primo film che hai visto, a che età e cosa ti colpì di esso.

Il primo film hooperiano che ho visto è The Mangler, visto a circa 20 anni, un’opera minore ma vedibile, mi colpì la rappresentazione della condizione operaia e il finale (un finale ciclico dove la storia riparte, tipo di finale che ora detesto perché banale). La condizione operaia è uno dei fulcri di Non aprite quella porta, quindi The Mangler, seppur criticato da tutti, seguiva la scia del capolavoro hooperiano.

Seconda domanda: credi che il Cinema horror sia definitivamente morto o ritieni che ci siano ancora dei registi talentuosi in tal genere, capaci d’infondervi nuova linfa vivifica?

Ho visto molti film validi horror recentissimi, quindi è tutto tranne che morto. Lord of Tears, Frankenstein’s Army… Però son tutte produzioni indipendenti, diciamo che è messo molto male l’horror delle major, vengono sfornate solo pellicole poverissime e per un pubblico di età molto bassa.

Se potessi e dovessi dirigere un film, inizieresti proprio coi film di “orrore”, “de’ paura”, come si dice, oppure privilegeresti un’altra via e/o direzione?

Farei sicuramente un horror demenziale che ho pensato anni fa: Karate zombies vs giant potatoes.

L’ultimo grande film che hai visto e perché ti è piaciuto?

Il miglior ultimo film visto è sicuramente Chappie (Humandroid), lo considero il più bel “remake” di Robocop possibile, è un pozzo di citazioni, da Corto circuito a Metropolis di Fritz Lang, mi è piaciuto soprattutto per il racconto di redenzione molto verosimile del protagonista umano.

Tornando a Hooper, faresti qui, in poche righe e parole, una micro-recensione della sua opera maggiore?

Il capolavoro hooperiano è e resterà per sempre Non aprite quella porta (al secondo posto c’è Poltergeist), che dire? Uno dei film più copiati della storia e mai raggiunto, il racconto delle follia della famiglia disfunzionale, del dramma della disoccupazione, una mattanza di un gruppo di ragazzi tra cui spiccano i due fratelli Hardesty, lei che sarà la final girl e lui che è una rappresentazione della disabilità verosimile senza alcun buonismo. Scena cult: la famiglia di pazzi che crede che il nonno sia ancora in grado di uccidere qualcuno a martellate (con esiti ridicoli), una visione della incapacità di vedere la realtà che esiste in alcune situazioni umane. Ecco, Hooper, a differenza di tutti gli altri, ci mostra l’umanità dei peggiori mostri e anche i lati brutti (e quindi umani) delle povere vittime. Un film umano sulla follia più terrificante.

Se ti dessero in mano un’ascia e una sega elettrica, che tipo di foto effettueresti per cercar di descrivere il terrore?

Appeso a testa in giù, attaccato a un albero coperto di sangue con una motosega in mano e un sorriso tetanico sul viso, che è una citazione di Peter Jackson (il Jackson dei tempi d’oro).

 

 

Grazie mille, Andrea, alla prossima.

 

Non aprite quella porta

 
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