True Detective, il sogno di Rust
E finalmente arriviamo a Reginald Ledoux.
Ragazzi… quel posto io… io non ho mai… mi ha ricordato mio padre quando mi parlava del Vietnam. Sì, le storie sulla giungla… sentite, raccontarvi quello che è successo allora non vi servirà a un bel niente, adesso.
Questo, è di questo che sto parlando. È questo che intendo quando parlo del tempo e della morte e della futilità. Ci sono considerazioni più ampie all’opera, principalmente l’idea di quello che ci è dovuto in quanto società per le nostre reciproche illusioni. Durante le nostre quattordici ore filate a guardare corpi morti, questo è quello che pensi. Lo avete mai fatto? Li guardi negli occhi, anche in una foto. Non ha importanza se siano vivi o morti, puoi comunque leggerli, e sai cosa capisci? Che loro l’hanno accolto. Uhm, non subito ma proprio lì, all’ultimo istante. È un sollievo inequivocabile. Certo, erano spaventati e poi hanno visto, hanno visto per la prima volta quanto fosse facile lasciare… lasciarsi andare. Hanno visto in quell’ultimo nanosecondo… hanno visto quello che erano… che noi, ognuno di noi e tutto questo grande dramma non è mai stato altro che un cumulo di presunzione e ottusa volontà. E allora puoi lasciarti andare. Alla fine, non devi aggrapparti così forte. Per capire che tutta la tua vita, tutto il tuo amore, il tuo odio, la tua memoria, il tuo dolore erano la stessa cosa. Erano semplicemente un sogno, un sogno che si è svolto in una stanza sprangata. E grazie al quale hai pensato di essere una persona.
E come in molti sogni c’è un mostro che ti attende alla fine.
Robert De Niro a Roma presenta il suo “Senior”, Rememberig the Artist, io (ri)presente e la mia vita fra mio padre, tanti amici, spero di aver dipinto una poesia p(r)es(s)ante
Ieri, De Niro, al Maxxi di Roma ha presentato tal docu dell’HBO alla presenza di Giovanna Melandri.
È un documentario che io ho già visto, sebbene passerà in “italiano” su Sky Arte nei prossimi giorni.
Sapete la verità? Mi ha commosso/a. Quest’uomo, uno dei più grandi attori della Storia del Cinema che, già nel 1993, dedicò il suo A Bronx Tale alla memoria di suo padre, deceduto poco dopo la fine delle riprese.
Ma qui è scesa qualche lacrima in più, rammemorando suo padre, attraverso queste “pittoriche” immagini, mi son pure io rimembrato emozionalmente non morto, purificato, non defunto bensì rinato, pittorescamente depurato. Nello stupore un po’ di chiunque, tangibile è questa mia rinascenza limpida, l’avventura della mia vita splendida, musicalmente “balzana”, fra tante gioie e dolori, delusioni e altro soffrire, nuovi splendori incantati ad abbagliarmi, qui per voi nel riaccenderci, “pennellando” le nostre giornate in ricordo di chi fummo, di chi siamo, dello “scalpitio” dei nostri c(u)ori. Ti faccio lo scal(p)o!
Vedo Robert, il “duro”, che si scioglie in occhi inteneritisi e magicamente ricorda (al)la memoria di chi l’ha messo al mondo. Di come suo padre combatté per emanciparsi da uno stile di vita borghese e, assieme ad altri artisti suoi (af)fini, mise su un “circolo di belle speranze” per non star più “giù”, di giovani condottieri e inseguitori del loro “delfino”. No, non è Ritorno al futuro, è immaginar ancora il proprio destino, i propri ne(r)i esistenzialistici, scolpito anch’io, sulla carnagione del mio (in)viso a muso duramente (s)colpito, da qualche neo, da sfumate nerezze (in)tangibili della mia anima viaggiante, autunnale e poi estiva, (s)tinta oppure estatico dinanzi al tanto lungo esserci tutt’ora in tana rifugiante e “stagno” spu(n)tante me di (rim)pianti ma le “alla(r)go” e non piang(an)o, “stigmate” della mia epidermide sempre mutevole, un mutante dal passato “mu(l)t(at)o, della mia pelle un po’ milk, già, anch’io possiedo quel colorito pallido e, forse, la somiglianza con Bobby è impressionante. Adoro le mulatte! Soprattutto nelle mie malinconie da Once Upon a Time in America, da tassista del mio “driver”, delle mie insonni notti e della perenne incognita dello specchiarmi in qualche “folle” monologo, rivolgendoti/vi un “Dici a me?” che si staglia a mo’ di poster(iore) gigantesco, “ammiccante” sulla parete della mia camera. Io, che persevero a vivere spensierato, spezz(ett)ato da un fradicio torpore del mio cuore insanguinatosi, rivivificato di rinnovati ardori, dopo tanti adolescenziali “nervi” ed esagerato furore d’apparente calma “stagna”, del cielo in una stanza, dell’apatia canaglia e delle cattive compagnie con quella carogna, quante scalogne ma anche la tua “scaloppina”, al galoppo, dai, dammela, bella donna, dopo il dondol(i)o e l’essermi “raffreddato” non sol di tosse rauca delle mie (in)dolenze “basculanti” fra un’emozione troppo densa per non “rabbrividirmi” del patir “dolce” nell’esasperante, disperata, melanconia “sobria”, disprezzato, e un’elegante “dar di matto”, fra una rabbia a fior(e) d’un “senza palle” che sbraitar seppe solo, che “stronzo”, in “giubbotto” da indiano “rosso” e i ca(va)lli della stanchezza, qualche “sega” per (ri)mandarla a cu(cu)lo e (non) “tirarmela”, non voglio tornar in sella, non ho “sedere” per “starci dentro”, desidero “vecchia-mente” borbottar’ in abbaiata severità, è un “latrato” incarnato di “lupetto”, castano di capelli e corvino d’iridi mansuete talvolta furbine, un “orsetto” emarginato per colpa di “coetanei” che pensaron, in (dis)illusi credersi “volponi”, di seppellirmi nel sapermi un coglione, nulla di me seppero né sa(p)ranno, vollero, ma che vo(g)l(ion)o, “violentar” nel non combaciarti di elettivo senziente, decretarono, (s)cremanti, di veloce sentenza, a mo(de)llarti come morbido, manipolabile cretino, a urlarti “Crepa!” ché l’arroganza è manichea e figlia della peggior, crudele ipocrisia caudina, io, cane, qua solo… al ripen(s)armi di stralunate, (in)alterate angosce in un riesser nel Sole nuovo di tutto “pugno”, punto e a capo, rimandiamo il “cappio”, macché suicidio, spunta una fantastica alba, c’è da “insudiciarsi” a “volontà”, infangarmi, ah ah che alghe, che fighe, mi rendo meno infante, più languido, sempre sol(idissim)o, non ho liquidi, liquidami, ma quali sabbie (im)mobili, giammai sarò infranto eppur (non) si (s)muove, che “frana”, mi pettino la frangia e, “frangendomi”, (in)castro me stes(s)o o te pigliante una botta pazzesca di mio (in)aspett(at)o p(i)azz(at)o, sì, la mia vita (ri)sale e te l’appioppa, basta coi tristi inverni da pioppi, meglio le poppe, questo è di tutti il melodico leitmotiv, il birbante f(l)a(u)to lieto, non va lenta né (al)lieta, ti scoreggio, hai finito di scoraggiarmi, nella vita solfeggio, fischiettate tutti se qualcosa è andato a male, tanti maiali, non ammalarti dei lor mal(ann)i, son maldicenze e torna… sempre a chi l’ha patito, riparte, non affliggerti, divora il tuo “crocefisso” e basta con le fisse. Son (ri)partito!
Anche se, domani, subirai/rò, da ripudiato re(o), una nuova fitta, stai “ritto”, tienilo “bono”, è bona a car((in)a, un’altra stronza f(r)ig(n)a, quanto inutile lamento, lo allievi con la mente, ti (e)levi dal cazzo? Fantasticando di vite (im)possibili, (s)finito o soltanto più raffinatoti. Affinando, un po’ son anche smagrito, son più fine ma continuo a non amare quella sua maglietta fina… No, non sono fin(i)to. Cammino, la mia casa non ha camini, eppur passeggio avanti e, “bruciandomi” al freddo e al gelo come Cristo, non guardo più (di)dietro. Che è successo? Oh, Gesù! Proseguo, mi soffermo, datemi dell’infermo se rifletto assai o letto ho più di tanti che son stati “dileggiati” in tanti “goduti” letti. Per questi, sol/son un laido, (s)porco inferno!
Cattivo di(avol)o!
Lento, poi rapido… per Parigi, non ho i soldi per andarci… a puttane, la mia moralità non me lo consente, Nizza, non rizza, a riccio non me la sento… son(n)o, (ri)sveglio più di tanti (ri)tard(atar)i, quando parte il primo aereo per (t)rombarti?
Andiamo a Vienna?
O il grande Ronin?
Io, nonno? Eh no!
Questo è il mio omaggio.
Non ha senso?
Lo ha.
Lo è.
Beccati questa.
Io sono Travis Bickle!
di Stefano Falotico
Robert Pattinson new look
Agli Hollywood Film Awards, Robert Pattinson ha sfoggiato questa capigliatura a caschetto.
Vedere per (non) credere.
The Family with De Niro
Son cose nostre
Avevo già recensito questo film ma qualche malfattore cancellò il mio account per combinarmi uno scherzaccio ché, a mo’ provocatorio, volle “perentoriamente” farmi incazzar al fin, assai sadico quanto stolto, d’indurre e “indurire” me al “crimine”, ribaltando l’atto criminoso per ottener “protezioni” d’uno Stato “mafioso”.
Cosicché, almeno ciò lui ingenuamente pen(s)ò, pensando di scatenare in me r(e)azioni rabbiose-“pericolose”, potesse attestare, da “uomo” di “testicoli”, che sono una persona senza testina, “aggressiva”, da limitare con qualche provvedimento “disciplinare”… “teso” a scoraggiarmi e “accerchiandomi” in una “diagnosi” frenante, volendomi accusar improbabilmente d’infermità mentale e “probatoria” dimostrazione del suo, non mio, mostro “fermante” da periculum libertatis. Ma la sorte, al suo “furbo” malavitoso, non bene gli sortirà. Insomma, “incoraggiandomi” dopo aver lui, di malalingua calunniosa, delitto, sì, il nostro ignorante derelittismo-(e)rettile non “retto”, non sa neanche che si può dir de(li)tto, fra “parentesi”, participio passato che non necessita sempre dell’introdur(glie)lo col “compi(u)to”, ecco, vorrebbe altresì dar a me uno stop, facendomi il… ditino di “No(tte)”.
Eh no, così non va, costui va arrestato e così sarà anche se lui appartiene a questo delinquenziale Staterello ove i buoni vengon appunto incriminati perché han avuto il coraggio e il prezzo valoroso di ribellarsi ai “be(lat)i” di tal Italietta “bella” quanto (di)sp(r)ezzante.
Lo rivedrò in tribunale prestissimo, non so se per direttissima, di sicuramente nel suo rettone, caro (di)rettore del cazzo, per aver abusato della mia sottile, (im)paziente vendetta elegantissima?
No, non sono Giovanni Manzoni, e non son tutt’ora, sebben ingiustamente pun(i)to, pentito d’essermi ribellato all’epoca dei “falli” di questo “tagliente” impertinente “punito(re)”. Di come, rivoltando i fatti, in maniera rivoltante, poi svoltando dietro l’angolo del voler, da cornuto, salvarsi in corner, fermò me con l’accusa d’esser “infermo” e poi, una volta che la giustizia mi liberò, ancor (in)castrarmi (at)tentò, stando però non attento stavolta alla mia svolta e come presto lui in carcere volerà. Insomma, tanto mi “volle” di male che il mal gli s’è, di (ri)torto, andatogli contro. “Caro” mio “tor(n)o”. Se lui pensa che le cos(c)e sue, andando così, non saranno, si fidasse, per lui, in-fatti oramai appurati di me v(i)olato puro e lui invece (s)covato porco, andran proprio in lui di pene… malissimo andar’.
Ora, questo ha poco a che “ben” vedere con Besson. Ma anche (non) ci sta.
Besson ha creato Léon, forse il suo capolavor’!
Ma anche qui non scherza, affatto.
Ora, il fattaccio è questo. De Niro si pente e vien così messo alle strette, cioè (cost)retto a testimoniare contro Don Lucchese, a cui sputtanò la famiglia, dopo averlo (s)puntato e di sputo in penitenz(i)a(rio) sbattuto. Insomma, De Niro vive ora in Normandia, coperto da Tommy Lee Jones, che gli fa da garante affinché altro non confessi, altrimenti, da fetente-offendente poi offeso, diventerà solo fesso.
Questa è una storia alla Goodfellas. Un po’ alla “buona”, in alcuni punti. Cari da “suture”, cari “duri”.
Insomma, chi più chi meno, siamo tutti “gangster”. C’è solo questa differenza. Alcuni non confessano o non trovan le pall(ottol)e per confessar chi sono/siamo, tutti offesi e fessi in tal buco di culo di mondaccio ipocrita.
Altri, trovan la “dignità” per ficcartelo/a in faccia di merda.
E, se pen(s)i di scoparmi, son io che ti (s)fotto e dove penserai di scappare, adesso?
Non lo s(appiam)o, so soltanto che questa è un’altra triste-dolce-amara-meravigliosa storiella.
Lee Jones mi stringe la mano e mi lascia “scarface” con la Pfeiffer.
Un po’ di ne(r)o, qualche bacino ed evviva sia De Niro che Pacino!
È una mia presa per i fondelli?
Sì, anche questo film.
Infatti, è molto ribelle, dunque bello.
Facciamoci un caffettino.
Ah che buono cauffèèè, anche in carcer’ ù san’ far’…
Evviva ancor De Niro e De André.
Caro stronzetto, l’hai preso nel didietr’.
di Stefano Falotico
Leonardo DiCaprio, i miei primi quarant’anni e il mio perenne “ano”, bravo!
Un attore che merita il suo culo, per voi, invece, solo pene!
Che faccia da sberle!
Buon compleanno, Leo(ne). Anche tu, non mi par vero, hai tagliato il “traguardo vegliardo” degli anta…
Mi sembra incredibile, sì, non me ne capacito. Soprattutto per vi(st)a del fatto che, guardandoti nelle ultime foto, esibisci ancora un aspetto giovanissimo. Sì, certo, il tuo viso non è più efebico e “infantile-adolescenziale-senz’età”, da cherubino biondo come in Titanic, e questa tua barbona, che ti sei fatto crescere per esigenze di copione del “tuo” nuovo film, The Revenant, t’invecchia. Ma solo leggermente.
O meglio… è soltanto un “trucco”, diciamo “posticcio”, fatt’apposta e “apposto” perché nel film dovrai apparire più “vecchio” di come, appunto, appariresti senza peluria. Sei tosto! Allorché, per “incanutirti”, hai fatto sì che i peli del mento e delle guanci(ott)e, “aggrovigliando” il tuo volto liscissimo come seta orientale delicata e vellutatissima, eter(e)o senz’alcune rughe ancora, t’incorniciassero in una parvenza un po’ più da “duro”, da uomo vissuto. Non da “gaio”.
Eppur, a ben veder(ti), con tutto il “male” che uno può volerti, alla facciaccia dei detrattori invidiosissimi che, la scorsa estate, t’han paparazzato nel “beccar” il tuo faccion’ e la tua “panzé” oltre il peso forma in quel d’una caraibica spiaggia “sabbatica” nel torso-“orso”-semi-nudo-“costumone scostumato” che tanto “sguazzava” con la tua nuova modella magrissima, è “asciuttamente” inconfutabile che fai sempre e comunque la tua porca… figura. Non dar retta a chi ancora ti dà del fighetto, la malalingua che, gelosa del tuo s(ucc)esso, ti ricorda crudel-mente dei tuoi esordi da “bamboccio” coi genitori in blue jeans. E non sarà certo per il tuo “criceto” in Critters 3 che ti giudicheremo la nostra peggiore “amica”…
Perché, solo un anno dopo, “ammiccavi” al tuo mentore Bob De Niro. This Boy’s Life, sì, cancelliamo queste tue prime pellicole, con tua abnegazione talentuosa, ecco che, di Voglia di ricominciare, potesti sfoderare un “handicappato” di tutto “rispetto”, da “toccato”, (d)a star is born “intoccabile” e prima strameritata nomination nello stupendo, commovente, intimista e già insuperabile trasformista… Buon compleanno Mr. Grape. E chi s’è visto… va (ri)visto.
Hollywood t’adocchia immediatamente, e come poteva essere altrimenti?
Ma, come spesso accade, t’utilizza in ruoli inizialmente “teenageristici” per sfruttar il tuo visino tanto carino. Sei già una “celebrity” del tuo Romeo–grande Gatsby da Baz Luhrmann. Né carne né pesce, uno “Shakespeare” incarnato nella tragedia iper-romantica di James Cameron. Da quel film, “camionate” di donne ed ecco che, estemporaneamente, vi “ricaschi”. Fai il cascamorto tra una donnetta e l’altra, cresce la panzetta ma ti “affina” il tuo salvatore Scorsese Martin. Regalandoti un Amsterdam in Gangs of New York di prima collaborazione davvero autoriale e coi fiocchi. Infatti, nella prima scena, porti il fiocchettino. Allorché, “sbarchi” a Cinecittà con dei chili di troppo. T’attira il profumino dei bucatini ma devi “scioperar” di fame se vuoi interpretare un ruolo sto(r)ico che ti regalerà vitale linfa attoriale, poche amatriciane se vorrai batter il Butcher di pareggiamenti dei conti alla “romana”. Eppur quella Diaz Cameron è bona e “ladrona”…, vi scappò, fra un ciak e l’altro, una trombatella nella gattina appunto da “gattone” Romeo meio der Colosseo?Eh sì, ti presentasti sul set del kolossal da “grande”, molto “sviluppato” anche, eppur “grosso”, non tanto di fisico da colosso, insomma, eri grasso. Ma colò e la pancia, grazie a una dieta ferrea, calò. Il fisco salì. Questione di da(na)r(i) e calor(i)e. Le tue brache sempre calarono ma non perdesti il “vizio” delle mutande femminili nel “colante” a “scrollartelo”, togliendo un altro collant e st(r)appandotelo da Re Sole. Forse con Cameron le fosti “spada” di “Camelot”, non interpretasti Excalibur ma fosti a Versailles di mask(io) of iron, e quindi volasti ancor Aviator, rischiando di “scottarti” da (I)caro oltre tutti gli avversari. Cari miei, vi (s)fotte! Sfidando le (s)fighe, le fate, qualche tuo “fallo” da troppo caricar acerbo d’istrionismi non del tutto calibrati e in sordina “cal(z)anti”, ma tu urlasti “Prova a prendermi!” e, tra il bene e il male, fra le mele, il quasi montato, un’altra che (s)montasti, ecco The Departed. Alcuni Scorsese di fila posson far partir’ la testa e renderti troppo figo, sempre più donne, con quella fisarmonica, te lo firmano, che fisima, (ti) vogliono e rischiasti la pazzia, da cui Shutter Island e non c’è 3 senza quattro? Facciamo anche 5, moltiplichiamo i “guadagni” da broker d’ogni regola in formissima del lupo di Wall Street.
Lascia(mo) i rimpianti a Sam Mendes. Se uno segue la sua Revolutionary Road, finirà più depresso di J. Edgar.
Clint Eastwood non si discute ma nella vita (non) bisogna avere Nessuna verità. Altrimenti, poi “becchi” il peggior film di Ridley Scott.
No, basta coi sogni, Inception è sopravvalutato.
E Django?
Ah, sta unchained, tu, Leo, stai bene?
Sta(i) da Dio.
Ah ah, e l’H non è muta.
Buon compleanno. Buona torta, tu mangi tutte le femmine, le fett(uccin)e, e vai di (s)cena.
Questa fa schifo? Dobbiamo rifarla? E rifacciamola.
Tanto, tonto/i, con una faccia così, sempre ve/te lo/a fa.
Insomma, Leo è come Falotico.
di Stefano Falotico
Falotico in Woody Allen, tutto ciò che avreste voluto sapere sul sesso e avete osato, donne, renderglielo di “sasso”, sono il “boss”, (Ch)azz’
Lo svilimento della società moderna, sessualmente (in)appagata, di mio non p(l)ag(i)o nessuna e nessuno mi “caga”, meglio, almeno posso pisciarle in santa pace da “duro” mon(a)co per i cazzi miei…
Amico, ce la facciamo questa bevuta? Ti bevi tutto!
È un bel problema aver molti cazzi. Io ne ho molti per la testa, infatti, son “iper-dotato” di mille e più testicoli. Fortunatamente, ho soltanto una coda. Da cavallo? No, davanti a me, c’è una sola coda di macchine, tornerò a casa appena si “sfoltiranno” queste poche autovetture. Di “tuo”, invece, ti fan le fila a miliardi. Si fa dura “così”. Sì, sei un uomo molto (l)ambito, “quella” s’incazzerà. O lo dai solo a lei oppure sarà Attrazione fatale. Povero Michael Douglas, il tuo Basic Instinct ti farà “rischiare”. Meglio l’Adrian Lyne di Nove settimane… Mickey, finiti i quasi dieci mesi, non la ingravida e Kim Basinger non gli rompe più il cazzo. Una faccia da culo come poche quella di Mickey. Infatti, anch’egli cadde in “fallo” della chirurg(i)a plastica. Da cui l’altro Verhoeven, Starship Troopers, la storia di edonisti inetti, molto “manzi” di (r)etto, nell’animo rettili eppur non “rettissimi”, che vengon massacrati nelle palle da insetti fottuti nel ribaltamento dei “gioielli”. “Pura” fanteria dello “spazio”, quella che tua sorella “riempie” sempre con uno che (la) cavalca. Da cui il film Showgirls.
Sì, credo che questo sesso, che v’ossessiona, sia da prender a sassate. È un gran casino. Di mio, mi “arrangio”, “linciandomelo”. Una volta, una mi scagliò Petra, sua amica a cui voleva dar… delle pietre. Sapendo che io, dinanzi a Petra, mi sarei “pietrificato”, volle indurla a farsi suora, cosicché finisse dentro la basilica di San Pietro. Voleva malissimo alla sua amica, perché tutto questo “panegirico” per non “indurirlo” a me e invece ridurla alla pedofilia papale? Che pene…
Donna, vai a far il pane!
Di mio, sono san(t)o. L’altra sera, mi sparai al solito una sega. Una desiderava che la “picchiassi” per pratiche sadomaso che la “eccitano”. Preferii disboscare una sequoia, meglio esser picchiati che far il “picchio” a una da cu(cu)lo. Una “topa” da manicomio, dai. Andasse a (s)fiorirla con uomini più “boscaioli”. Di mio, essendo il “lupo cattivo”, leggo la mia fav(ol)a da Cappuccetto, tolgo il “cappuccio” e non prego nelle false cappelle. Di vostro, state tutti chinati. Di “mio”, non ho bisogno di vostre perversioni, ché poi finite alla salute mentale. Vi vorrà… la varechina. Meglio la “cavalcata” delle valchirie. Sì, basta, Apocalypse Now. Fanculo. Da cui this is the end, la valchiria e Jim “Oliver Stone” Morrison alla Val Kilmer. Val è stato con Sharon? E tu non vai invece a farti uno shampoo? Dai, fatti bello, farai la fine di Warren Beatty. Questo è passato da A letto con Madonna ad Annette Bening. Ce ne rendiamo conto?
Come dire: prima scopava una puttana, che però aveva un suo perché, adesso (non) tromba una racchia che dubito abbia non solo la sua figa ma anche il suo cazzo. E gli ex? Saranno per te dei cazzi?
Pigliati il Viagra, vedrai che ti (s)tirerà lo stesso. Tu, stiratrice, che te la tiri? Guarda che va (s)tirata solo una volta. Poi, la camicia va tolta. Giù la gonna. Che è questo femminismo? Su i pantaloni! Diamine, non spogliatevi. Abbiate/mo pudore!
Chi è che bussa alle doors?
Ah, è Marlon Brando che caga il cazzo. Non era morto? Ah, invece è sopravvissuto il dottor Moreau, uno che ha capito tutto. Uomini, siete solo scimmie. Le scimmie sono meglio di voi.
E l’Isola perduta?
Di “mio”, nessuna isola è perduta. Anche quella non c’è più…
Oggi, infatti, pensi di poter vivere felice se trovi un’isola tua.
Ma quella… dei “famosi” ha contaminato ogni purezza possibile?
Sapete che vi dico?
Molti pensavano che fossi Chazz Palminteri di Pallottole su Broadway. Avevano ragione, di me non avevano capito un cazzo.
Oggi, vedo il mio ex “amico” Cusack. Perché cazzo pen(s)ava di battermi, esponendo la sua “laurea” in “scrittura?”. Dammi retta, John, salutam’ ch’era zoccol’ de mammeta.
Dille che quando vuole una “ripassata”, tornasse ai b(r)anchi di scuola.
Lì, troverà “pen” per i suoi denti. Non mi metto con una squal(lid)a così. Ragazzi, non mettetevi neanche voi. Mettetevi con una meno scema.
Fate presto. Son meno difficile di una così facile. La dà ma poi vuole pur fare la signora! Ma chi la vuole una rompi-balle del genere? Giusto quel gorilla del suo amante. Ma che ama?
Di mio, preferisco “affogarlo” nel calamaio.
Altro che (cala)mare.
Ma quale “amore”.
Sono l’uomo che non (ti) aspetteresti mai, perché non ti posso (dis)piacere, e invece sempre te lo ficco quando meno puoi “amarlo”.
Insomma, sono (jnsopporta)bile.
Eccolo che spu(n)ta.
Insomma, so’ Chazz!
Donna, basta con quella musica del cazzo, datti al jazz.
di Stefano Falotico
Joe, recensione
Joe, nella rudezza d’un grido vendicativo, nel tiepido scricchiolio della propria ombra, uno squillante tuono muscoloso che, dal raggrinzito, abbattuto orso “mortificato”, dal “penitenziario” soprattutto della sua anima “sbilenca”, arrugginita, barbarico… strepiterà per un mondo migliore, afferrando il nemico “invisibile” a cagion accusatoria d’ogni ma(ia)le inflitto, scuoiato, animalescamente “accoltellandolo”, arpionando l’impeto della sua ira turbolenta, nell’an(s)imo gracchiante del suo fantasma lib(e)rante, resusciterà revenant in acuto bagliore del canto del cigno, dalla disillusione vicino alla (non) fine, dalla fune della meditata, più e più volte, impiccagione, contro il nero avvoltoio, d’aquila rinata vi(b)rerà a poetica, mastodontica, funesta rabbia del gelo che lo ossificò, gelando l’omertà col “silenziatore” della ferma potenza delle sue iridi celesti, cangianti a sfumar ancora grandiosa, magniloquente, tonitruante vi(t)a. (Siga)retta piovigginosa che, nel tempo crudele, atmosferico d’umor issato in vol(t)o tenero, dall’indurente prigionia d’un cuor suo lì per strozzarsi, (s)trillante (s)colpirà la revenge principesca che vale un’intera esistenza, il suo (tor)mento ingrigitosi nell’apatia che lo stava (di)struggendo. Nel malinconico risorger furibondo, in un Nic Cage Dio e in stato di recitativa grazia, come non mai. Vetta inoppugnabile d’un Nicolas abissale, eastwoodiano nel suo “Gran Torino” a regia d’un bel Gordon Green che lo “serve e riverisce” per donargli il ruolo of a lifetime da padrone magnifico, da dom(in)atore signore assoluto della (s)cena. Dalla languidezza (in)ferma dei suoi occhi scrutanti il buio, dal “temporale” del suo “strangolarsi” in viscere sbudellate d’una sua (car)cassa da (non) morto, avvisterà la luce innocente d’un ragazzo “asfissiato” da una comunità agghiacciante, più fredda e afflittiva delle gocce lacrimose sulla cittadina “inerme”, silenziosa e assassina… le gocce incarceranti le anime pure, a (ri)batter scalpitanti per una nuova melanconica speranza imbattibile, profumata nella resurrezione catartica dell’incandescenza irosa, poderosa, virtuosa, accecando il buio orrendo della notte paurosa… Forti piogge, robuste (s)palle, languor d’una vi(s)ta stes(s)a sul (di)vano del campare da(i) “mai visti”, eremitici, boscaioli del tempo che spezza, che recide, che gli altrui ancor (in)violabili destini decide, lentamente uccide, spacca, rompe… e la furia irrompe. È franato il silenzio, è stato commesso un abominio, ora non frenerete il flagello di Dio, l’a(g)nello sacrificato della mangiante società infame, carnalmente affamata nel divorarlo, ché immonda lo sbranò, pensando di fuggire, udirà il “vecchio” leone in suo (d)istruttivo, punitor ruggito! Botto, sbotta, altro picchiar(si) duro, barcolla in “trangugiati” tramonti ingurgitanti alcol spappolante. “Bisbigliano” le bugie, ma han le gambe corte e una giovanissima, incolume coscienza incolpevole vollero uccidere… Joe, guardali, abbi il (co)raggio di far tornare la Luce di Dio! Barba incolta, letto di dolore, martoriato nel suo incrinato cuore, disarcionato da troppe delusioni, tu, ch’hai esperito tanto (in)giusto, umile (soprav)vivere, far finta di niente, pensarti un “buono”… a nulla, “randagio vagabondo”, (in)dolente, rannicchiato nella mantellina (im)permeabile che ti protegge innanzitutto dal freddo “martellante” d’un paese cane e bastardo, avvolto(io) nelle fratture (in)visibili che lentamente infligge e riapre (in)delebili cicatrici dolenti che piangono la densità d’una vita a metà. Appesa/o a un filo, già dalla società sentenziante e lapidaria, che non vuol sentire…, così tu soffrendo, tenendo tutto dentro, Joe, nella “flebo” dell’ancora “Credo”, anche se stai per crep(it)are, per (e)ruttare, tossisci, sei la ritornante flebile fiamma backdraft d’un cuore arrochitosi in voce, sì, “torturatasi” da sola, da solitario e roccioso, sì anche prepotente a urto dell’essenza svenente del te ancor (s)van(it)o, perso, (de)relitto fra i rettili, erto in battaglia, “imbavagliato” dentro un corpo grosso ma già (inter)rotto, pulsano le paure, i fantasmi interiori bussan demoni(aci) alla porta dei sanguinanti nervi, grandina, (non) nevica, sbriciola e st(r)appa la morsa. Ermetico come poesia (in)certa, come singhiozzante flusso di coscienza (fant)asmatico. Si “sussurra” nel suo russare, accenna un’altra ruga, ancora rude, ancora (anti)eroe. (In)esistente. Ed è fulmin(ant)e, veloce come un rasoio che taglia le menzogne raccapriccianti, strizza le sue vene, rivive nel bruciar sul chimerico vento. Svela, (s)copre, da incappucciato morde e il mostro muore. Beccato dal “becchino” Nic, trivellato da una vendetta travolgente. Ancora. Acchiappa-fantasmi… un sogno a occhi aperti, un incubo, boato! Sissignore, no, non ti perdere, sissignore… È il mio pastore, sa cos’è il mondo, è l’uomo del monte, inciso a zigomi taglienti, stanco di tutto quanto, sì, è così, no, non è quello Joe. Incerto, cervo di montagna, ruscello fattosi carne “ghiacciata” nell’esser stato creato (mis)credente. Forse, saggio, forse matto, forse macellante… Qui, annegano… le verità, le seppelliscono e vi sarà sangue, un lago di colpe, uno spaventoso, bellissimo battito di ciglia e giù coi detonanti colpi. È bastato un attimo e la tragedia più vile è stata efferatamente messa in atto. Ora, è vendetta! Ora, è vendetta! Ora, non si ferma!
Io non so chi sono? Ma so che ancora sono vivo perché mi controllo, mi salvo dalla galera, m’impedisce di fare del male. Poi, guardo quel ragazzo e vedo qualcuno che non è come me… E non reagisce… sta lì e guarda… Che cosa vuoi? Cosa vuoi, Joe? Niente… dimmi che cosa posso fare… Tu mi piaci. Mi piaci anche tu, ma che senso ha? Fanculo questa vita, fanculo… questa vita. È piena di problemi e, alla fine, ti ritrovi nel cesso. Forse, resterei qui o, forse, no…
Io ho fatto degli sbagli ma loro non me lo fanno mai dimenticare…
Aspetta lì…
Nel “bel” mezzo della notte, colpo di (s)cena, non è Gary la vittima designata…
Ma Dorothy…
Muta…, salvata, è un’altra grande vita di un “mondo perfetto…”.
Un capolavoro.
E Nicolas Cage è da Oscar. E forse io di più. Applauso!