Robert De Niro & Zac Efron in Dirty Grandpa, la storia di un “vecchio” pervertito” purissimo, insomma me stesso di tal (rac)conto nelle vostre “saccocce”
di Stefano Falotico
Mentre, a Venezia, son ore determinanti per i giurati, che decideranno a quale film assegnare il Leone d’oro nella serata di chiusura di domani, è iniziato anche, “coast to coast”, il festival di To(ro)nto, che si tiene, speriamo in forma, ah ah, dall’altra parte dell’oceano.
Pacifico o Atlantico? Domanda (sup)posta a voi, le “riserve” ignorantissime, non controllate sul “mappamondo” dei vostri “giramenti” scervellanti, l’Atlantide è una città mitica “scomparsa” o è la mappa cartografica di Atlante, personaggio della mitologia greca? Boh? Siete degli zero assoluti, ripartite da Zeus.
La risposta, cari (im)be(ci)lli, è a portata di Wikipedia, perché so che non avete un’enciclopedia “libraria” in casa. Altro che Treccani, voi siete dei cagnacci maledetti e io qui v’istruisco, tenendovi al guinzaglio, mentre coccolo una “gattina”. Avete però 2 min(utum) di “time–out” (d)istruttivo, miei m(in)uti allo “sto(r)ico minimo di fe(ga)to da appena nati, per sfogliar la vostra (non) conoscenza, ché pen(s)ate solo alle cos(c)e delle pollastrelle di come , arrosto, (s)fottervi a (vi)cen(d)a dei cretini, dopo di che potrete, miei (im)potenti, recapitarmi in mail la risposta esatta, altrimenti vi cagherò, no, candiderò come super-perdenti a qualche quiz televisivo della nostra Italietta.
Sarete decretati, già crepati di “tronfi” sul pollo, sul “podismo” di me “cavalcandovi” in culo, dal conduttore della vostra vita e non vi sarà nessun Danny Boyle con la sua seconda chance, da The Millionaire, a farvi credere che non avete sbagliato tutto, indovinando, all’“ultimatum”, il fi(l)otto vincente e fitte da afflitti-(s)finiti…
E ricordate: le scommesse sui vostri “cavalli” non vi salveranno dalla “schedina” della vostra mortuaria radiografia.
No, la luce sta lampeggiando sul rosso(re) e siete solo al verde…, pallidissimi.
Comunque, vi salverò dall’obitorio e non obiettate se voglio mettervi una “croce” sopra.
Ah ah! Con me, (a)scenderete in cielo, “obliati”, urlandomi:
– Oh, Cristo Santo, abbiamo visto la Madonna! (A)scendendo, sia lodato, sempre sia lo(r)dato!
E io, di “gratis”, grattandomele con molto “amore”, vi risponderò:
– Non credo in Dio, anche se Dio sono io. Sì, soffro di mancanza di autostima… e non so neanche guardarmi allo specchio. Adesso però, scusate, devo assentarmi per una pisciata in testa a voi, cessi, tanto il confessionale è come un vespasiano, mie mosche appiccicose da bar(i).
Una “scrollatina”, una spruzzatina, (non) stando attento alla goccia “macchiante”.
Ma Vespasiano era un imperatore della Roma più “stronza?”.
Su tale cagata, passiamo a Toronto, miei tonti. Più che da orinatoi, da oratorio.
Ecco, da Toronto, arriva una notiziona:
De Niro, celeberrimo Travis Bickle preso per il culo a sangue nella parodia di Zac Efron di Cattivi vicini, reciterà proprio con Zac nella commedia agro-dolce con aggiunta di “riso” in salsa piccante, Dirty Grandpa.
Il titolo sembra quello di un porno a “stalle” e strisc(iat)e, sì, roba da gamelink.com, tipo da “topone”, My wife loves The Godfather with good milf in cream on american pie with salade del salame che (non) sei, “articolo” dei più “wanted”, dei più (s)venduti, caro il mio puttaniere, “padrino” solo delle patatine al bar ARCI del tuo prosciutto da paninaro sofferente pene… dell’inferno, detto anche cassa-integrato su panza “molle” da pigrissimo materassino… in “noccioline” e scimmia “profumo” di arachidi. Dai, “su”, una racchia anoressica, da (in)salata acida, potrà offrirti comunque un po’ di “besciamella” con tanto di “dolcino” a mo’ di “ciliegina sulla torta” del tuo “gelato” in “scatola”.
Da diarrea sciolta.
Sì, ti “lecca” e bast(ardin)a, detta anche presa per il culo-“mostarda”, formato “Maxibon”, b(u)ona la “vita….it?
IT sta per il Pennywise che non ti aspetti, spu(n)tante dai tuoi panni “puliti?”.
Ah, in quegli spogliatoi “ma(s)chi(li)”, quante porcate… ma c’è sempre un uomo col “papillon”, più Steve McQueen che Dustin Hoffman, col ne(r)o a farti il culetto, caro liceale maniaco da “collegiali” che pigli per il popò pur di “bagnarle” alla “schiuma” della tua “crème” da fig(li)o di papà e “pappate”.
Di mio, sono un “topo” abboccato, sinonimo di bonario, e non abboccherò mai alle tue (ciam)belle che (ri)escono col buc(at)o di bur(r)ino. Sono io il “pasticciere” delle tue schifezze. Tossico, ti tossisco addosso.
Sono un personaggio (stra)fottente alla Sacha Baron Cohen, apparentemente “stolto” ed “effeminato” da Bruno, “ottuso” come Il dittatore, “dritto” da director Dan Mazer, il cambiamento voltafaccia che vi lascia con un palmo di naso da Pinocchio che siete, miei (lu)cign(ol)i…
Ecco il “Bel”-Paese dei “Balocchi”, cocchini…
Come dice il grande Rust Cohle/Matthew McConaughey di True Detective…
Per quanto illusorie siano le nostre identità, modelliamo queste identità formulando giudizi di valore. Tutti giudicano, continuamente. Ora, se hai un problema con questa cosa, stai sbagliando il modo in cui vivi.
Una volta tagliati i fili, si cade… ed è notte…
Allorché, l’irriverenza contro l’ipocrisia diventa un personaggio da De Niro “pervertito”, ex “duro” guardone… i vizi d’una società marcia, che intraprende un viaggio… col suo “ragazzino”. Un ragazzo inesperto, anche sessualmente par(l)ando, che vuole sposare una “brava” ragazza.
Ma De Niro, proprio perché “merda” che sa i “falli” suoi e le fa(r)falle del “bruciato” cam(m)ino, lo dissuaderà dallo sposare una che sembra brava e invece ha già perso, dalla boccuccia, la “bava” della verginità dell’anima. Donnaccia arida, “ardente”, succhiante solo “al dente” lo “spago” di te che, dopo la delusione, t’impiccherai, arso “vivo”, “cotto e mangiato”.
Potrebbe essere un capolavoro.
Sapete perché?
Ora, “buono” e “caro” Zac, abbiamo recitato nello stesso film, Capodanno a New York.
Non andarono bene le recensioni di quel “nostro” film, vero? Giudicato frettolosamente troppo “melenso”, addirittura “volgare” per come (s)fu(mò) esageratamente romantico.
E io e te non abbiamo condiviso nessuna (s)cena. Io non mi son scopato Halle Berry. Tu, invece, hai fatto tanti giri(ni) con Michelle Pfeiffer ma t’è mancato il “fuoco pirotecnico” del new an(n)o, anche se Michelle non è più figa Catwoman, era già una vecchia gallina in Paura d’amare, sempre di Marshall. Però, poteva far buon brodo…?
Vedi, Zac, io sono uno stronzo, lo sono sempre stato ma “quella” non fa per te.
Non aff(r)ettare le cos(c)e con una finta suora come la tua “bimba”… Invero, codesta destissima ha fretta e te lo farà a fett(uccin)e.
Trattandoti poi da femminuccia.
Sai, viviamo in una società che basa tutto sul sesso, e getta in faccia sassi a chi considera un “cesso”.
Ti dirò anche questo. Ho sempre considerato Bon Jovi un “frocio”.
Invece, è un grande.
Questa canzone, da faith with me, è patetica? Sì, fa “venir”… il latte alle ginocchia.
Questa qua, sotto(sopra), però rimane un must.
Al che, Zac interviene e dice:
– “Papà”, è una canzone per tamarri.
– “Figlio”, io sono un tamarro, e voglio esserlo sino alla fine. Indosso giubbotto di pelle e le “palle” dei “duri” sono il mio “giogo” migliore.
– Ah, ti conosco. Non sei il tipo da risse.
– Da (matri)o(s)che “russe” no, fingo di russarmela, ma se uno mi fa incazzare, poi “arrossisce”.
– Cioè?
– Vedi. Ho giocato a Calcio sino alla “maggiore” età. Poi, ho “mollato”. Ma conosco ancora qualche “tecnica balistica”. Se un figlio di puttana scherza sulle “deboli” sessualità altrui, entro “tranquillamente” nel pub(e) ove sta “schizzando” con la sua sciocchina dai bei boccoli e gliele “boccio”. Chiedo di sedermi ai loro “fianchi”, ordino un caffettino “amaro”, lui continua a ridermi in faccia, al che finisco di bere, vado al b(r)ancone e pago…
Poi, torno da lui perché mi son dimenticato di dargli il “resto”.
Lui continua a ridere e io “incasso”. Dopo tre secondi, subisce una “sforbiciata incrociata” di mio “tiro” fendente come se stessi calciando una punizione da quaranta metri ficcante nei suoi “peli” (s)fondati.
Io continuerò a giocare fra gli “amatori”, lui è ora un Pollo Amadori, lo ordino ogni sera con tanto di “impanata”.
Ecco cosa significa “impennarsi”.
Alle “penne” all’arrabbiato/a, comunque, ho sempre preferito la “panna montata”.
Pasolini, recensione e trailer italiano
di Davide Eustachio Stanzione
Il Pasolini di Abel Ferrara è un film fosco, meditativo e assorto nella nube dei suoi stessi pensieri e grovigli d’immagini (dissolvenze incrociate, frammenti di Petrolio e Porno-Teo-Kolossal), incredibilmente catatonico e sommesso. E lo stile di regia che Abel Ferrara ha fatto indiscutibilmente suo negli ultimi anni, distante e quanto più possibile impersonale nonostante i suoi marchi di fabbrica restino comunque marcatissimi (si pensi a Welcome to New York), calza come un guanto alla sua raffigurazione di Pier Paolo Pasolini: un’ombra, o meglio, il sogno di un’ombra, per rubare un’immagine al poeta greco Pindaro. Evanescente, disincarnato, interpretato da Dafoe in modo quasi metafisico, con accento inglese molto forte e un lavoro sull’esilità della voce di PPP che non è stato neanche abbozzato o tentato.
Tutti pregi, tutte illuminate licenze, tutto voluto, come qualcuno si ostina a voler credere? Non proprio. Perché Pasolini, in nove casi su dieci, confonde l’atarassia con l’assenza di spessore: estetico, cinematografico, morale. Che si traduce a sua volta in un torpore privo di interesse, in una placenta uterina dentro la quale Ferrara si muove sonnacchioso e stando attendo ad arretrare, a non rischiare, a scansare magagne, con sonore cadute (Scamarcio e Davoli) e velleità imbarazzanti (gli inserti con le opere sopraccitate e incompiute). In mano ad un Abel Ferrara dei tempi d’oro che fosse realmente ispirato, il film poteva diventare una rilettura di Pasolini davvero vampiresca e non così sbiadita, piena di contrasti e dissidi interni, scandalosa e scomoda come PPP non poteva fare a meno di essere. E invece i passaggi più problematici della figura di Pasolini sono consapevolmente evitati e ciò guasta l’onestà dell’operazione, perché Pasolini non era un santo né il santino che il veltronismo (ma non solo, pare) vorrebbe proporci ancora oggi. E di cose non solo non accomodanti ma anche potenzialmente orrende ne ha dette e scritte pure lui. Si veda a questo proposito il discorso sull’istruzione obbligatoria, eccezionalmente presente nel film.
Un’opera regressiva in tutto e per tutto, dunque, che poteva giocarsi la totalità del suo fascino sull’arco temporale ristretto, nel quale addensare le ombre, il genio e le controversie di PPP. E invece non è nemmeno in grado di rendere giustizia alla dimensione privata e familiare di Pasolini, bozzettistica come non mai. Un fallimento. Per me dolorosissimo.
Ringrazio Robert De Niro & Springsteen per avermi reso un silver linings playbook vivente… molto “ficcante”
di Stefano Falotico
Sì, soffrii di depressione bipolare nel suo ne(r)o e ora mi piace il culo di Jennifer Lawrence, fottendovi di “Mission(aria)”, because the night è meglio di ogni Patti (Smith?) chiari e patta aperta
Dovete sapere che sono in “cura” dall’età di 16 anni ma nessuno psichiatra riesce a diagnosticare la patologia di cui (non) soffro.
Io so in cosa consiste la mia patologia, sono morbidamente, (ir)razionalmente attratto dal lato “oscuro” del Bob De Niro, nessuna cartella clinica riporterà mai la giusta diagnosi.
Eppure, è tutto ne(r)o su bianco del mio identico Bobby Milk…, basterebbe saper leggere la fisiognomica della mia storia personale, poco carnale, miei materialisti, bensì devastante di mimesi “camaleontica”… in fisico pressoché uguale al suo di quando aveva la mia età, proporzionalmente “dritto” di risata beffarda a pigliarvi tutti per il culo, per “addivenire” a come l’avete preso in quel posto da (im)piegati…
Dici a me?
Alcuni della “mutua”, però cinefili, scrissero che trascorsi un’adolescenza “distante”, spesso collocata a mo’ del taxi driver navigante notturno negli strati profondi di un’allucinante “psicosi” immedesimante nel Travis Bickle, potenzialmente sempre “mohicano” sull’orlo della crisi di nervi, orgasmizzante di mie regole e d’un codice personale alla Ronin, destinato (in)evitabilmente a esser-non essere “socialmente pericoloso” da tunnel come il bazooka sparato da Bob nel capolavoro di Frankenheimer. Io so solo una cosa. Se qualche viscido la combina sporca e sconvolge i miei pian(t)i, non avrò nessun rimpianto a lasciar la mia donna, a staccarmene in trenta secondi netti, e “venire” davvero di “heat” nel deretano dello stronzo, freddandolo mentre indossa ancora l’accappatoio, piazzandogli due buchi in fronte da Neil e anche da suo “rivale” Pacino alla Righteous Kill.
Odio la feccia, mi piacciono le femmine alla Cape Fear. Tutto qua. Ma gente ottusa vuole e volle darmi la caccia…, inventandone di cotte e crude(li) al mio (Monte)Cristo… animali su abomini, meglio la “mina vagante”, la ficchi ove il cattivo è “vacante”, semmai quando stava rilassato in vacanza, e boom, che botta!
Con tanto di applausi delle sue puttane che, nel vederglielo saltar per aria, urleranno:
– Finalmente, uno che te l’ha sfondato! Bravo!
Pazze e pazzie, neri pozzi e un altro n(e)o…
Ma credo che (non) sia la verità, soltanto un’altra ipocrisia, dettata forse da psichiatri amanti di De Niro, quanto me, però non sufficientemente onesti nell’ammettere che lui è molto più bravo a recitare le maschere sociali dei tromboni che incarnano.
Dovete sapere che quasi tutti gli psichiatri son dei marci drogati, e ci marciano, marciscono nel “violentare” psicologicamente i puri e, da questo “sniffarli”, intascando i loro soldi, “bianchi” si arricchiscono, pagando le clienti “migliori” affinché possan dar “manforte” alla loro porcella, scusate, par(ti)cella di sedazione in culo, detto anche depot. Eh sì, sono i “depositari” delle sottili, (in)visibili “inculate”.
Nascondono le loro “ispirazioni”, fumando le pip(p)e nel darsi (bon) ton(i) da uomini arrivati grazie alle loro concrete aspirazioni e ogni mo(de)lla pigiano e plagiano nella creta a lor (di)letti.
Io non me li cago, plof e col sottoscritto fanno flop, un falli(men)to!
“Grandi” menti contro ogni “demenza”, avete trovato, esaltati, il “testone” che vi strappa i testicoli, gli basta battere sulla tastiera e “tastarvelo” mentre voi, papponi, altre ne “palpate”, (s)battenti di clap clap leccanti a chiappe (s)fortunate su dar… loro, dietro danari sonanti, il “tocco” della (s)fottuta… dose.
Se voi ve ne sbattete, avete trovato colui che è imbattibile.
Sono un uomo che, nella vita, ha attualmente un culo pazz(esc)o.
Sto frequentando una più bella di Jennifer Lawrence.
D’altra parte, sono più bello di Bradley Cooper e posso permettermi di mettervelo… su ballo (s)fig(at)o da non mi fregate più il cazzo…
E, vi ricordo, di star sempre in guardia.
Insomma, credevano fossi un “limitato” e invece sono Limitless.
E so’ cazzi vostri.
Comunque, ogni (ba)tosta, ha il suo “lato positivo”.
È questo:
A un certo punto, passano nel juke–box i Manic Street Preachers e poi i Pearl Jam.
E io lo “spacco”, facendo saltare i giradischi di questi gruppi per froci…
E ficco… il Boss! Hanno rotto veramente il cazzo questi impotenti, è ora di cambiar musica!
Easy-Man contro ogni supereroe
La mia faccia da schiaffi, indubbiamente bellissima, sconfigge ogni Batman su mio format(o), in formissima, da Daredevil
Chi vincerà al Festival di Venezia? Il giovane favoloso o le nostre mirabolanti avventure da “pessimisti” cosmici, pasoliniani alla Ferrara Abel, miei “improbi”, “prodi”, non provati, provetti o “poveretti” fratelli ca(ud)ini?
di Stefano Falotico
L’ombra del mio (s)concerto emozionalmente afflitto quanto poderosamente rinato, rinnovato, lucidamente avvolto da un’esplosiva detonazione “animistica” d’aderenza mistica al Creato mist(ic)o, (s)lavato d’una nostra (in)frangibile, infante umanità relitta. Sì, fra i “rettili” e i derelitti di tal “reliquia” (dis)umana, ché l’uomo “odierno” è invecchiato sanguignamente dissol(u)to d’una sconvolgente tristezza più allucinatamente vicina alla lorda, fin(t)amente “ero(t)ica”, bavosa (in)certezza tremenda perché vacuamente tetra, “macabra” nel suo grottesco, spaventevole mareggiare in dense, fatue, falsissime (in)felicità goderecce e alla mia chiaroveggente vi(s)ta illuminata così parventi soltanto “scaltrezza” frivola, resto arres(tat)o, pressoché sconvolto, possibilmente sobrio all’ora del tramonto, “rude” eppur romantico se una donna (s)monto dopo che ella, tentando attentante, a “tentoni”, insomma attanagliandomi e forse anche “tagliandomelo” di (n)etto (in)castrato nei “sonagli”, del far l’esaltata radical–chic snobbante ma pur sempre inchiappettandomela sopra e penetrandola dentro secco di “maestrale” nel ventre (ma)estatico d’un suo delta di Venere con le tapparelle semi-chiuse in lei aperta schizzante a vento(sa), “piovigginosa”, lo “inserisco” sc(r)osciante, no, scusate “franante” e anche un po’ fetente-“ferente”, posso asserire che lei si (com)muove ancora nel “Sì LA DO” urlante in me perennemente triste nonostante un’altra “botta” ficcante…
Sì, Silvia rimembri il membro del cazzo della mia malinconia (s)costante. Scostiamo le veneziane, ché puzzano a causa dell’alta marea lor umorale, e scendiamo-“ascendiamolo” in quelle siciliane, con tanto di tal “(in)cassata” formato babà “liquoroso” di mia indole partenopea insanabile per capricci sessuali da zabaione incarnato in superfiga(ta) metafisica come tal poesia immor(t)ale e “gelida”.
Poesia appunto estatica non solare come l’Estate eppur (f)rigida come il freddo invernale “indurente” poco da “assorbenti”, ma emanante una “rottura di palle” da pedanti libri scolastici ché presi a pedate, meglio pigliar le “patate” al largo marino, da “bagnino” sul pedalò nell’“alla(r)garle” d’ano in ottima annata senza “navate” matrimoniali, ché portano solo a tradimenti e corna da scheletri nell’armadio, invece che dedicar liriche a tal Silvia, ché non la diede a Giacomo così come Il vangelo secondo Matteo di Pasolini è un film enorme, cari miei “pisellini” piccolissimi borghesi!
Silvia, rimembri ancora quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e tu, lieta e pensosa, il limitare
di gioventù salivi?
Esegesi falotica della sopravvalutata “scrofa”, no, strofa:
togliamo il primo pezzo ché fa proprio schifo di cagata, d’una banalità raggelante, tanto che ora m’ha intirizzito il “core” e, più “corto”, “raddrizzandomelo”, dovrò scaldarlo “a mano” a(r)mata per “tirarmela” di più, detta anche autostima (o)nanistica da uomo più “gigante” di questo Leopardi ammosciante…, uno dei più grandi “segaioli” della storia, infatti, crepò a 39 anni suonati senza mai “suonar” una (ri)cotta… Come cazzo ha fatto a (r)esistere così a “lungo?”. Gioventù “saliva/i?” Nel senso di bava o di (a)sceso?
Ah, a forza di non “farsele”, eppur “facendo” da sé di suo sesso solipsistico, Leopardi personificò, senza una figa manco a pagarla, “minchia!”, l’emblema del detto… italiani, popolo di poeti, santi e navigatori, “contenuto” in tal ver(s)o della sua (im)potenza “a mollo”.
e il naufragar m’è dolce in questo mare…
Ah, dolcissimo, ma va là, Giacomino. Se mangiavi qualche “tiramisù”, non avresti messo in “frigorifero” il tuo “ghiacciolo”.
Sì, secondo me era un eunuco, e dunque chi meglio dell’asessuato, Algida, no, algido Elio Germano poteva così (im)perfettamente “entrare” nel “corpus” di questo povero Cristo?
Ostia! Litorale di Pasolini o la depressione di Giacomo era da curare con del litio?
Oh, almeno, Giacomo si è risparmiato i litigi con le donne. Comunque, litigava con lo specchio delle sue ansie.
Ora, cosa vorrei “trasmettere” con questa mia stronzata “poeticamente realista?”.
Che i geni “malati” non esistono, è una questione solo di genetica. Il padre di Giacomo soffriva di DNA “negativo”.
Pasolini lo batté di brut(t)o Ninetto Davoli…
Per il resto, comunque erano due ottimi scrittori, Pier Paolo anche un precursore registico e filosofico.
Entrambi non erano felici.
E io sono felice? Non sono cazzi tuoi.
Probabilmente, patriottismo docet, a Venezia vincerà il film di Martone. Un grande, per caritas, ma i suoi film sono un po’ dei mattoni.
Personalmente, tiferò per Birdman, capolavoro immenso sulla depressione.
Il resto è retorica e sofismi di bel stilnovo…
Vi lascerei con “questa”.
Ero nella seconda “classe”, della serie la classe non è acqua perché in seconda devi andar a bere quella del rubinetto del “cesso”, visto che non ti offrono neanche l’H2O, quando, a pochi metri di distanza, noto una signora con le sue due amiche, la quale, ad alta voce, raccontava loro di essere appena reduce da un concerto di Bruce Springsteen, “cantando” estasiata…
“È ancora un fig(li)o della Madonna! Alleluja alleluja!”.
Al che, mi alzo, mi avvicino e chiedo se posso sedermi nell’unico posto disponibile, della serie non c’è tre senza il quarto che te lo ficca nel posteriore, stando però seduto.
E l’apostrofo così:
– Ah, davvero è reduce dal Boss?
– Sì, ragazzo mio. Che figo!
– Posso dire la mia?
– Dica, figliolo.
– Qual è l’album suo preferito di Bruce?
– “Nebraska”.
– Sì, bellissimo, non avevo dubbi, sa?
– Cioè?
– Bellissimo ma piace alle depresse.
– Uè, come si permette? Poi, scusi, se è per lei il miglior album di Springsteen, anche lei allora è un depresso.
– No, non sono depresso. Sono un uomo. Anche lei è un uomo…
– Ma che dice? Guardi, lei è pazzo! Io sarei un uomo!?
– Già, glielo dico io.
– Ah, senta, io sono una donna con du’ palle così!
– E io che ho detto? Guardi, le regalo una foto del Boss, la conservo nel portafogli. La (man)tenga “calda”, no, cara…
Ci si masturbi.
– Ohhh! Io chiamo il controllore!
– Sì, ha bisogno di essere controllata nella pressione. Lei ha sessant’anni, la finisca di far la vamp(ata). Scop(p)i!
Heat – La sfida, recensione
La forsennata condizione umana secondo l’epocale capodopera di Michael Mann
di Stefano Falotico
Scocca l’anno 1995 e, dal cilindro d’una inaudita intuizione, il genio innovativo di Michael Mann concepisce e tira fuori uno spettacolare film d’avanguardia futurista, che si riallaccia alle atmosfere adrenaliniche, veloci, scattanti, nervose e reattive della sua serie Miami Vice, propulsive, imprendibili, acceleranti, emotivamente oltre la sfera del t(u)ono d’un romanticismo estremo, disperato, (in)tangibile, furioso, schizzante, travolgente, fortissimamente urlato nel magma ipnotico di ‘un’opera sto(r)ica, l’immenso Heat, appunto.
Punto e basta, non si discute ma voglio qui ancor più magnificarlo, tesserne lodi infinite per quanto mi può esser concesso dalla sintesi mia recensiva, far sì che deflagri impetuosamente rimembrante come la prima volta che, magnetizzato da tal splendore visivo, già caddi preda della sua brama rapitrice, della sua intelaiatura “metallica”, ruggente ad appannare i film action precedenti, al cui confronto, svanendo sbriciolati, mi parvero già opaca ruggine putrescente!
Sì, insuperabile e già proiettato… in avanti, impressionante “caleidoscopio” dell’incarnar liquidamente, in nuce, lucentemente già tutta la vulcanicità esplosiva del Mann futuro… e illuminante! Cari pseudo-luminari, imparate la vita da questo film e, irraggiandovene, non oscuratevi mai più dietro un falso scibile invero oscurantista!
Ché sarebbero arrivati altri capolavori di Michael ma raramente così profetizzanti la Settima Arte precorritrice d’un Cinema già oggi, in modernità lamp(eggi)ante, incontrovertibile dell’aver polverizzato quel che fu in sé furentemente avveratosi.
A Mann vien la “balzana”, strepitosa idea di “allungare” un suo film per la tv del 1989, Sei solo, agente Vincent (L.A. Takedown) e di “potenziarlo” in un remake particolarissimo e personale al mille per mille “all’ora”…, trasformando il materiale di partenza in un lungometraggio di quasi tre ore incessanti d’emozioni, succhiante vita pura nitrente nel nitrato argenteo del fottuto (a)dorarlo e spaccar tutto, come si direbbe nel gergo attuale a quasi vent’anni di distanza dalla sua uscita.
Eh sì, manca solo un anno al compimento dell’anniversario dei 20 anni dalla sua official release date statunitense. E, il prossimo anno, aspettiamoci un altro Blu-ray da iper-maniacali collezionisti sanissimi di tal cimelio imperdibile, ché repetita juvant a, mai dimenticarcelo, al mai “ammainar” il ricordo, tutt’ora limpidissimo, dell’essercene innamorati per sempre, bensì, “ripetendolo” di nuova edizione deluxe, spumeggiandoci in confezioni “avveniristiche”, ancor “concupirlo”, desiderarlo illanguiditi come De Niro per la sua bella Brenneman, questa donna deliziosa, riccioluta ché, dopo essersene sorseggiato d’amor “vampiristico” da “guerriero della notte” miserabile, De Niro non la risveglia ma le porge un dolce bicchiere morbidamente leccante la sua figa “furba” eccitante sotto le lenzuola profumate ancor di “fresco” sudante, soffice sudario come la delicatezza del suo neo cangevole nel panorama cristallino d’una Los Angeles indimenticabile…
Un film intoccabile, cazzo!
(Di)sfida titanica, assoluta, monumentale fra contendenti a(r)mati sin ai denti su fazioni opposte “sparatutto”, ma non è un videogioco della stronza Playstation, due reggimenti a farsi guerra, un western metropolitano al cardiopalma scoppiettante fra scop(pi)ati, fra maschi incazzati a morte e immo(rta)lati a perduti amori per femmine stupende, con reminiscenze di Peckinpah, di Melville, del noir più devastante, dei migliori polizieschi, un film corale, accorato a solitari cuori senza mai pace, tormentato come Val Kilmer super-sfigato ma amante meglio del suo Jim Morrison di Stone, un “contenzioso” fra due rivali attoriali da Storia non solo cinematografica.
Sì, quando “sfoglio” la parola “genio” nella Treccani, non leggo mai la definizione “enciclopedica” ma chiamo il redattore dell’enciclopedia per segnalargli che s’è dimenticato d’inserire, a mo’ illustrativo, le foto “segnaletiche” di Pacino e di De Niro, esemplari sesquipedali della genialità incarnata negli sguardi immensi. Due redentori, miei irredenti-deficienti-analfabeti!
Che cazzo ridete? Dovete osannarli!
Il resto lo sapete, rivedetelo.
E, se non lo amerete, sarete da me puniti in ginocchio, impietosamente “trivellati”, dopo avervi giudicato “rivedibili”.
Pasolini, il Trailer
di Stefano Falotico
“So chi ha ucciso Pier Paolo Pasolini e ne farò il nome”.
Imperdibile.
Anni fa, gente stupida volle fare la guerra al sottoscritto, una guerra di ricatti, intimidazioni psicologiche, costrizioni (im)morali, dettate dalla loro frivola mentalità ottusa, e io cominciai a scrivere.
Ho controllato il numero dei miei libri, sono circa una trentina e non ho neanche 35 anni.
Avevo ragione io.
Buona serata.
La complessa “misantropia” della “crudeltà” del grande De Niro di Heat, cioè me stesso
di Stefano Falotico
L’altro pomeriggio, ho scritto che James Blunt mi piace. Invero, l’ho sempre sospettato, anche se per tutta la vita ho tentato di camuffare il mio immane romanticismo ma, alla fine, contemplando la striatura del vento nelle sue increspature morbidamente sobrie, tagliandomi, affliggente libertà assoluta e spasmodica, in uno squarcio abissale, la mia anima s’è furiosamente raschiata d’un sentimento spaziale d’infinita estasi, l’odore della vita più profonda, imperscrutabile, ora riemersa com’un ghiacciaio arido d’arsura violentissima, davvero agghiacciante nella sua spaventosa “bruciatura”, (l)ambente ogni mio sospirante, dapprima anestetizzato respiro, m’ha scalfito nei ventricoli sanguigni più profondi a squarciatura d’un leso, indelebile scricchiolio esistenziale dalla calamitica vulcanicità mia celata e credo che, assai presto, compirò non solo trentacinque anni ma mi sto apprestando alla prodezza mia più (mal)destra, vi(b)rando ove molta gente è stata “evirata” dai propri intimi, rinnegati sogni, regalando all’umanità la totale grandezza di me ché, (dist)ruggente nell’ira cremosa rovente, insufflo d’epico afflato gl’impietriti, annichiliti cuori degli “sconfitti”, erto come un cavaliere senz’alcun sonno ma con macchie vere da uomo di ve(t)ro, perché chi è senza peccato, scagli la prima (pi)e(t)ra, un vampiro cospargente la miticità dell’anima umana, da tal società frivola quasi assassinata, io, (non) “morto ammazzato” dall’inevitabile superamento delle limitatezze ché, una volta raggiunte le sponde dell’onda point break, l’oceano delle nostre brame, frangendosi tra i delfini spumosi e magnifici, i cuori ribelli e solitari, evocando la forza della vita riesplosa come Sansone, affatto indebolito da chi usurpò la sua dignità, bensì potenziato dal fulminante essere finalmente sé stesso, e non solo una “maschera” (in)crollabile dalla capigliatura “leonina” e “sbranante”, apparentemente sfiorito nel “bulbo” (s)radicato della sua genealogia “inalberata” d’una irreprimibile, tremenda rabbia, afferrò le colonne dei temp(l)i schiavisti e, stritolando anche il proprio sanguinare suicida, spezzò le inenarrabili cattiverie orrendamente perpetrate ai “fragili” e ai più puri figli di Dio, nella costernazione salvifica dei mostri (im)potenti, rasi al suolo dalla folgore della rinascenza sua e dei suoi eletti creaturali e, in quel gesto stupendamente sacrificale, (ri)sorgente come una nuova Creazione, (s’)incendiò zampillante armonia stellare affinché, gridando, l’umanità fosse migliore, lib(e)rata finalmente dal dolore dell’essere perennemente stata tragicamente smorzata, frenata, paralizzata dai c(u)ori bestiali di coloro che costrinsero alla pazzia Kurtz/Marlon Brando.
Brando che, piangendo soffertamente nel suo spaccarsi dentro, grattandosi il capo…, libero d’ogni gerarchia, elevato come Cristo sulla croce, fu già Dio, senza leggi (im)morali, lontano da ogni guerra grande o piccola, vita fattasi carne metafisica dell’aver ucciso tutte le rivalità che rendono l’uomo schiavo dei propri desideri egoistici, quei desideri che, anche se all’apparenza “innocenti”, feriscono il prossimo, castigandolo nell’opprimente omologazione delle coscienze… “uniformi”…
Allora, perché De Niro di Heat?
– Tu, invece, sei un monaco?
– No, ce l’ho una donna.
– E che le racconti?
– Che faccio il rappresentante…
– Il rappresentante di che?
– Di tutto.
– Senti, Bob, queste due ultime battute te le sei inventate. Non sono presenti nel film.
– Infatti, non ci sono… io sono (di)stante.
De Niro, DiCaprio e Pitt per Scorsese
A quanto pare, a sorpresa, sono già iniziate le riprese del cortometraggio diretto dal grande Scorsese, vertenti su un casinò, come nel suo capolavoro omonimo, che servirà a pubblicizzare la compagnia RatPac, da non confondere col Rat Pack di Sinatra, Dean Martin & company, anche se Scorsese ha sempre un cantiere l’annunciatissimo movie su The Voice…, cortometraggio che vede come protagonisti Robert De Niro, Brad Pitt e Leo DiCaprio.
Il “Daily Mail” ha già catturato, dal set, le prime immagini. Ora, vediamo De Niro e Pitt, ma Leo dov’è? Lo vedremo, prossimamente, statene certi.
Ed ecco qui comunque la riviera francese ricreata in studio, almeno così ci dicono perché in verità vediamo solo Pitt e De Niro vestiti in tiro.