Il fascino di Al Pacino coi mocassini
Uomo di pancetta sexy su chioma (s)tinta, uomo di insuperabile carisma.
Signore e signori, Al Pacino!
Martin Scorsese e i “suoi” 39 film “Da vedere” before you die!
Indiewire.com, alla sua sezione “The Playlist”, ci delizia con questa perla scorsesiana.
Scorsese elenca, in tal video, caricato su Vimeo, i 39 film imperdibili di tutta una vita. Una lista in cui Scorsese inserisce addirittura ben tre film di Fassbinder, due di Wenders e due di Herzog.
Qui, appunto, la lista.
Scorriamola e facciam scorrere le bellissime immagini di tali capolavori senz’età, immortali!
1. Nosferatu (1922) – F.W. Murnau
2. Metropolis (1927)- Fritz Lang
3. Dr. Mabuse, The Gambler (1922) – Fritz Lang
4. Napoleon (1927) – Abel Gance
5. Grand Illusion (1937)– Jean Renoir
6. Rules Of The Game (1939) – Jean Renoir
7. Children Of Paradise (1945) – Marcel Carné
8. Rome, Open City (1945) – Roberto Rossellini
9. Paisà (Paisan) (1946) – Roberto Rossellini
10. La Terra Trema (1948) – Luchino Visconti
11. The Bicycle Thief (1948) – Vittorio De Sica
12. Umberto D. (1952) – Vittorio De Sica
13. Beauty & The Beast (1946) – Jean Cocteau
14. Tokyo Story (1953) – Yasujirō Ozu
15. Ikiru (1952) – Akira Kurosawa
16. Seven Samurai (1954) – Akira Kurosawa
17. Ugetsu (1953) – Kenji Mizoguchi
18. Sansho The Bailiff (1954) – Kenji Mizoguchi
19. High and Low (1963) – Akira Kurosawa
20. Big Deal On Madonna Street (1958) – Mario Monicelli
21. Rocco and His Brothers (1960) – Luchino Visconti
22. The 400 Blows (1959) – François Truffaut
23. Shoot the Piano Player (1960) – François Truffaut
24. Breathless (1960) – Jean-Luc Godard
25. Band of Outsiders (1964) – Jean-Luc Godard
26. Il Sorpasso (1962) – Dino Risi
27. L’avventura (1960) – Michelangelo Antonioni
28. Blow Up (1966) – Michelangelo Antonioni
29. Before the Revolution (1964) – Bernardo Bertolucci
30. Le boucher (1970) – Claude Chabrol
31. Weekend – (1967) Jean-Luc Godard
32. Death by Hanging (1968) – Nagisa Ôshima
33. The Merchant of Four Seasons (1971) – Rainer Werner Fassbinder
34. Ali: Fear Eats The Soul (1974) – Rainer Werner Fassbinder
35. The Marriage of Maria Braun (1979) – Rainer Werner Fassbinder
36. Kings of the Road (1976) – Wim Wenders
37. The American Friend (1970) – Wim Wenders
38. The Enigma of Kaspar Hauser (1974) –Werner Herzog
39. Aguirre, the Wrath of God (1972) –Werner Herzog
Il Cinema “tiepido” de(gl)i (in)felici
di Stefano Falotico
Solo per stomaci forti
Ho sempre magnificato Al Pacino, lo tengo in auge perché i suoi occhi neri, lapidari, incarnano tutta l’ansia del vivere, sia moderno che anticamente ammantato di fascino oscuro appunto retrò e potenza ipnotica. Inoculato a mie orbite visive del vedere il mondo, scarnirlo, solleticarlo di gola roca e, da draculiano oramai (ir)redento, potermi permettere il lusso di giudicarlo dall’alto in basso con un’aridità caldissima da Orson Welles de Il terzo uomo.
Disprezzo l’umanità e in questo son sorrentiniano di grande bellezza…
Totalmente disilluso, con lo sguardo vitreo eppur indagatorio nei miei sempre latenti incubi vivi. Tremendi a “disancorarmi” da Morfeo, quando stavo sognano le limpide maree oceaniche del “Moby Dick” di Melville, sguazzante d’una balena bianca libera in un dolce assaggio dei miei imperscrutabili abissi.
Abissale quando spudoratamente mento, e chi mi conosce, lo sa che sono un bugiardo che sta morendo.
Da anni “profondi”, recito questa parte “simpatica” come il culo…
Uno mi domanda come sto e io “Bene”, aggiungendo un po’ di tosse per evitare che s’accorga d’una smorfia lancinante di dolor orrendo, mascherando il mio volto per coprir lui di (ver)gogna e insindacabile verità delle mie iridi non mentitrici, da grande mietitrice.
Incarno l’essere mortifero, il non morto, il sempre innamorato di tutti tanto da rimaner, come al sol(it)o, emarginato e col “luna park” dei mie pensieri ond(ul)ati delle feste che odio e respingo con calci secchi del mio corpo oramai nottambulo per sempre…, passeggiante nell’eterno imbrunire delle mie angosce.
Quei liceali, tanto convinti che il lor futuro sarà roseo e luminoso, infatti son sufficientemente idioti per illudersi che il mondo sia un (Bene)tton da united colors con Stevie Wonder che, essendo cieco dalla nascita, non avendo mai visto l’orrore d’Apocalypse Now in terra, canta “We Are the World” su “cuffie” degli ovattati che siete, da Maui and Sons stolti e cazzari delle vanaglorie. Ma quale Wonder(ful) world..., è una merda, e lo è sempre stata. Arriva l’estate e dobbiamo sorbirci la bagascia giornalista, ribattezzata “The “Body”, osannata in cor(t)i da una massa di coglioni elevanti i calciatori “Panini” come il “portiere” che si “para” il suo culo. E non cambia nulla.
Sono Homeboy, picchiatore alla Rourke, faccio paura.
Ma voglio il mio buio, mi rende reattivo, scattante, come devo essere…
Un heat quasi IT alla King. Un “mostro”.
E mi piaccio “cattivo” come Al Pacino.
Almeno, fratello, sai che da me riceverai un bacio di Giuda ma non un bacio da troia.
Ho sempre pensato di essere Michael Keaton, preso il biglietto per Birdman e volerò ancora alto da Batman, miei “pipistrelli” pipini…
di Stefano Falotico
Prefazione (auto)ironica, rimembrante il mio “idolo”, cari “membri” sporchi di tal società infame… eppur affamata!
Fest(iv)a(l) di Venezia!
Alloggerò in quel dell’albergo Don Orione, “pensione”-convento-mini-monastero con “fontana zampillante” della mia tetraggine “limpida”, sperando di tirarmi su dopo tanto ammosciarmi. Spero anche che non ci siano mosche fra cosce e zanzare da “Certe Notti” alla Ligabue, ché m’è sempre parso un “buio” a nulla anche come semi-puttaniere di croce tamarra sul petto villico, ma quale cagna(ra), buio inteso come questa stronzata-indovinello-“countdown”…
“Contate”…, infatti, miei fall(ant)i da “panna” sulle “fa(rfa)lle”, 10 buoi, nove buoi, otto buoi, sette buoi e via dicendo, attenti però a (non) prender sonno, di “conta(n)ti” alle “pecorine”…, da cui le prostitute che siete, miei pagan(t)i…
Ripetiamo, ripetenti! 10 buoi, nove buoi, otto buoi fino ad arrivare a 1.
Ah ah, ci siete cascati, asinacci. UN BUO! Vabbe’, buo o buio, l’importante è che tu lo prenda in culo. Non provare ad accendere la “luce” della tua vita cupa, altrimenti potresti anche “bruciarti”, da cui t’ho dato lo “scossone”.
Don Orione… In un’atmosfera d’altri tempi, potete trovare ambienti d’incontro per la cultura e l’ospitalità all’interno di un antico convento ristrutturato ed attrezzato con le più moderne tecnologie.
Che cazzo di albergo (mis)credente è? Preti avveniristici su sa(lm)i di clienti sadomaso con “nodo” in “gola profonda” da moltiplicazione dei “peni” e “di-vino” se chiami la suora più suina, crocefissi lampeggianti, “luci rosse” nelle camere col telecomando “parabolico” su offerti amplessi in “dritto” di lei in “diretta” mondiale da “latte caldo” in capezzoli preganti sotto la tua “cappella” bestemmiante per troppa “elevazione” smadonnante e “imboccati” di (s)coperte con tanto di colazione al “biscotto” sciogliente. Per pranzo, “patate” al forno, per cena, risotti tuoi a un’altra marinara su “pen” gratin del porcel’ rosolato di sughetto da ciucciare con tanto di “risucchio” in lei succinta e suggente, la quale, di tua “quaglia arrosto”, anziché indossare i tacchi a spillo, di taglia lunga ti castrerà corto con “scarpetta” maleducata eppur è “Biancaneve”, apparentemente virginale e invece da “confessionale” con altre (g)nocche rotte su inginocchiate “adoranti” il tuo “in alto” se messe, di messa(line), a novanta su “Gloria” di rosa(rio) per nuove e più bone “grazie”, “gratis et amore”, in un corollario di sudori, pochi pudori e, appunto, moglie e buoi dei paesi tuoi…
Eppur questa struttura mi par una “moschea”. Se Maometto non va alla montagna, la montagna (di sassi o di sesso) “viene” a (Ma)ometto? Mettiglielo e stia zitta! M’auguro “vivamente” che non vi saran preti “attentanti” la mia (non) verginità attestata, speriamo non mi tastino, da cinefilo puro e amante dell’Hamlet di Branagh in versione purista e non spuria. In faccia, ti sputo, in quanto San Francesco del nuovo millennio e, in tal (mio) “riaggiornamento” (post) moderno, disquisisco, non so se squisito, di monologhi allo specchio come il Principe di Shakespeare, parlando (da) solo… al mio uccello lis(ci)o e dalle piume di cristallo.
Spazio information–fornication–svalutation-rivalutatemi”: leggete tal “libretto” d’istruzioni su come acquistare i biglietti online per il Festival di Venezia, miei coglioni…
Avete recepito o devo chiamare la hostess della reception? Sì, è donna che annoterà sul suo taccuino, su andamento degli strizzanti tacchi basculanti il “palloso” che sei molto sul ritardato-andante, di spedirti fuori dal tendone del circo(lo) festivaliero, detto PalaBiennale…
By biennale.org, definizion’: Il PalaBiennale è una tensostruttura temporanea, allestita appositamente per le proiezioni durante la Mostra del Cinema, ed è la sala con la capienza maggiore, 1.700 posti. Si trova in via Sandro Gallo, ed è raggiungibile a piedi a poca distanza dal Palazzo del Cinema. La sala ospita la molto apprezzata doppia proiezione serale per il pubblico, che da qualche anno costituisce un appuntamento fisso per i frequentatori della Mostra. Al PalaBiennale sono inoltre previste altre proiezioni nell’arco della giornata, per il pubblico e per gli accreditati.
Salvo complicazioni, dovute alla mia ansia latente, lattante, da foll(i)a di quei luoghi infestati da spettatori che di Cinema non capiscono un cazzo ma “principeggiano” da intenditori, oppure ammorbato nel fegato da critici marc(escent)i e saputelli, invero insipidi come la salsedine della Laguna più melmosa e non “sa(pida)” quanto tua sorella, che avrà letto solo il manuale delle Giovani Marmotte eppur di “purè” me la spelerei trivellante “peloso” da speleologo, come Paper(in)o sarò al Lido, in forma “splendente”, dimagrito di venti chili ultimamente, a causa dello stress gastrico d’un metabolismo appunto social(fobico) da di nuovo immischiato in tal realtà di matti e mer(de). Ma io, essendo il matto per antonomasia, “in souplesse”, dopo un sofficino Findus spizzicato di striscio, una pizzetta o un panino al prosciutto (s)beccato al chiosco dei più loschi fra le lische del pesce andato a male, fra la massa purulenta, lentissima del Palabiennale, tra un fotogramma e l’altro, piacevolmente sarò scacco(lante), rimproverando quello a fianco perché, a proiezione iniziata, di “touch screen” disturbante, pigerà un sms-(non)etico sul cellulare, spegnendoglielo in testa mentre “tasterò” l’altra vicina, molto adiacente e poco “alla diaccio”, per due poltroncine (congi)unte di toccarle il fianco… a fianco “aprente” alla visione “paradisiaca” entrante e “pen” inaugurante per meglio gustar questo film d’apertura, Birdman, cioè appunto L’uomo “uccello”. La storia, al solito melodrammatica, firmata in “puro-sporco” stile Alejandro González Iñárritu, un regista perfezionista quanto me ché, ogni volta che devo correttamente trascrivere il suo nome, son costretto a fare copia-incolla da IMDb per via dell’accentazione “barocca” e spagnoleggiante-sudamericana di “fonetica” come la Lambada, non presente nella mia tastiera italiana, di a aperte, i lunghe d’un Cinema alla Dostoevskij, che però esige la i normale prima della j di Juventus, un Cinema spesso “parlante” come il Grillo più moralista e retorico di sfighe pazzesche, compresa quella mortacci tua-figona della Naomi Watts, una che resusciterebbe anche un morto vivente da 21 grams, figurarsi se non Penn e Del Toro, due “animali” da set come pochi, miei porcelli.
Un Cinema “biutiful”, bello perché vero anche se con molte aggiunte enfatizzanti, (s)fatto da storie di uomini elefantiaci, infatti, fallati e falliti, fallaci da Oriana e fallici, falotici, (in)castrati, “senza palle”, lamentosi, di cani bastonati e carne metafisica su tramonti (non) saturi dell’eroe, alla “Saturno”, che la manda a puttane con dell’eroina “sniffante” l’ultima “botta” d’una vita della “Madonna”, da via crucis del povero Cristo ch’è, di amores perros, d’inculati a sangue dalla dura giungla sodomitica che è tal “alta” nostra Babel!
Ma, udite udite, signore e signori, ché non lo siete affatto, infatti… lei, signora, la finisca di accavallare e lui la smetta di guardarle le gambe. Solo io, ché sono il “Pastore”, posso pasturarla da vero Michael Keaton, un beetlejuice, un “supereroe” della “minchia”, un idolo come Batman, un freak “allucinante” riemerso dalle tenebre per farvi il culo.
Evviva il grande Michael!
Senza quasi più capelli, sciupato, distrutto, eppur romantico, tornato sulle (s)cene di questa borghesia per (s)fottervi con classe da uomo che s’azzuffa con Edward Norton e poi Ed gli chiede:
– Come ti butta, amico?
– Come vuoi che butti, stronzo?! Di merda.
Ma mi piace complicata, (in)sicura, da uscita di sicurezza di sicuro…, incasinata, mi piace da testa di cazzo.
Sì, sono come Michael.
Non cambio.
E, come ogni an(n)o, mi “ficco” da solo e “sparato”.
Ecco il biglietto. Non ha prezzo, neanche tanto, 21 Euro e 50. Pensavo di più, visto che ho penato un casino per fottermelo.
Invero, questo è un “posto unico” ma c’è anche quello del mio amico.
Per riuscire a prenotare i biglietti, son stati salti mortali, ma ne varrà la pena…?
Guarda, Michael che se il “tuo” film” della “rinascita” si rivelerà una cagata, ti spaccherò la faccia in “diretta”, eh? Senza ciliegine sulla torta.
Non mi fare puttan(at)e!
Che palle!
Il fascino (in)sano di Mickey Rourke, un “cesso” di s(ucc)esso, l’incarnazione della schifezza ma è un grande
di Stefano Falotico
Quando vedo Mickey Rourke così (s)fatto, penso a come sia possibile che sia stato San Francesco per Liliana Cavani.
Mickey, di fatto e di fallo, esemplifica e incarna quanto di più possibilmente (lont)ano sia di un san(t)o.
Fra l’altro, è pure malato di mente. Non scherzo, Mickey “schizza” tanto ancor nelle donne, come tal altissima bionda che da anni, a mo’ di Escort russa, lo “scorta” alle premiere, tanto che sa che Rourke si fa altre alte, nel (contra)basso, di losco-nascosto, quanto proprio parte in “folle” e infatti questa non è “in quinta”, al massimo porterà una seconda a esser (a)b(b)on(d)a(nti).
Eppur Mickey è uomo di “muscolo”, liscio come l’olio d’un parrucchino argenteo d’una carriera andata a puttane eppur mi piace (im)mutabilmente questo fig(li)o di puttana.
Gli an(n)i si fan sentire e indossa quindi gli occhiali per mascherare, nonostante il mascara, le borse con tanto di pantaloni del cazzo…
Notiamo con quale clownesca sfacciataggine, appunto da culo di “plastica”, “scodinzola” mano nella mano da “bestia” con la bella in quanto Marv che deve chiedere sempre, e non mai, perché s’è ridotto in questo modo (im)presentabilissimo.
Uno schifo d’uomo che ha il suo perché. Appunto.
Mickey, un uomo che non necessita di presentazioni. Già, quelli della Millennium Films non vedevan l’ora che entrasse in sala, per non rovinare la “presentazione”. Comunque vada, sarà un s(ucc)esso. Mickey lo sa.
La faccia la dice tutta.
La “freddezza” di un man on fire da mal di mare per gli stronzi
di Stefano Falotico
La società contemporanea… tutto ciò che ho sempre odiato, dalla nascita, s’è materializzato.
Gente “Facebook”, che trascorre le ore a “farsi i pompini a vicenda”, in una Pulp Fiction di morti viventi senza più passione, arte, né core m’ancora si scambiano i “bacini”.
Non molti lo sanno, e ve lo dico io, che Robert De Niro doveva essere il protagonista del Man on Fire di Tony Scott.
Da “Variety”, nel lontano 2002, appresi la notizia. Bob aveva appena terminato di girare quell’opera meravigliosa e “capitale” che è il sottovalutato City by the Sea di Michael Caton-Jones, prima che James Franco diventasse star internazionale.
Un film marino, “edipico”, di rapporti irrisolti però padre-figlio, d’una stantia mai avvenuta “eredità” sanguigna su DNA colpevole d’omicidio. Infatti, il titolo originale era qualcosa come mark of a murderer. Il “segno”, metaforicamente “seme”, dell’assassin(i)o.
Un morbo trasmesso dal nonno al nipote, con intermezzo del pater, appunto, “tutor” legale a complicare l’albero genealogico da “criminale”.
Mark dello sperma di Vincent LaMarca, un De Niro coriaceo, dai capelli scarmigliati, argentati in una recitazione in sordina trattenuta in gola roca e sigarette amare vicino all’oceano d’un abissale errore giudiziario terrificante, da mar moto terremotante emozionalmente i tuoi equilibri psichici. Da scombussolarti e ammazzarti nel respiro tuo “placido”. Il figlio è stato infatti accusato di reato penalissimo, d’aver ucciso un uomo, di essere un mostro che, fuggitivo, scappa dal fatto (non) commesso. Il padre, come in un film di Paul Schrader, si metterà coraggiosamente a indagare, entrando nel sottobosco di Asbury Park ove Bruce Springsteen lo(r)dò i suoi figli più innocenti, amati e “amareggiati” dai duri colpi (in)giusti d’una vita storta ché non avrai ragione a giustificarti ma, mio bello, se ti ribellerai, da “bulletto” ti sbullonerà sol più, senza Sole ma nella nerissima notte (af)fonda(to), di torture brutte assai. A sangue nell’anima scarnificata, deturpata da una “criminal justice” orrenda, di te che, errante, “solfeggerai” con la tua chitarra elettrica ai bordi d’un nubifragio da “sepolto” e sommerso di (ver)gogna!
I am the nothing man…
Ma il ruolo di Tony Scott, che nell’originale fu di Scott Glenn, passò a Denzel Washington.
Man on Fire, film pirotecnico, post-moderno del cazzo, l’ultimo “colpo” di Scott da “boyscout”. Gli stronzi la cagaron storta, la fecero grossa di quasi pedofilia, che merde, che feci, che schifo, e Denzel partò in quinta di mitragliatrice. Tragedia!
Rimane eccessivo, volgare, indifendibile, forse un grande…
Come me, che mi vendicai nel modo più orso e cattivo (im)possibile!
Il lavoro del doppiatore non è male, sì, farò “quello” in base alla mia voce fuori dal cor(p)o
di Stefano Falotico
Da anni “imponderabili”, sono condannato a una maledizione di “estrema unzione”.
Cioè, la gente pensa che io menta. Di mio, posso dirvi di possedere una discreta mente, non mento, eppur me lo reggo. Sì, quando son annoiato, quando ho quasi sonno, metto la mano sotto la parte della faccia, da culo, vicino al labbro inferiore. Semmai, stringendo fra le labbra una sigaretta. Ecco, le sigarette hanno avuto un effetto calmante sul mio diaframma, sia arrostendolo e sia enfiando questa mia voce da “de profundis” che, da un po’, rocamente “fan(t)a(s)tica”, molti sostengono sia ottima, perfino d’intonata, e mai fuori sincrono, dizione quasi perfetta, tranne talvolta alcune (in)curabili inflessioni ch’evocano le mie origini meridionali.
Sì, mai dimenticarsi delle proprie origini. Non sono molto orgoglioso della mia gente di laggiù… alcuni, indubbiamente, sono stimabili, lavoratori (inde)fessi come pochi che, piegandosi ai padroni del Mezzogiorno, son precipitati nella notte appunto più profonda, alleviata soltanto dall’allevar la prole col “mandolino” in mano morta alla moglie affamata. Sì, partorirono cinquemila figli all’“unisono” di lei straziata in un cesareo a causa di dieci gemelli alla volta su marito intanto nella “cappella” non spermatica bensì “ringraziante” ché tutti “uscissero” sani e salvi(ette). Bastava il profilattico, comunque. Quanti pian(t)i (non) regolatori dei conti, una vita non da principi, eppur respirano. Non so ancora per quanto perché il padre non può mantenerli, il piatto proprio piange e ci sarà da rivolgersi agli strozzini. Meglio che in Romagna, ove pullulano gli agriturismi di “strozzapreti”. Quelli son terribili, son pastosi, rimangon sullo stomaco con le lor abbuffanti retoriche domenicali. Indossano il saio e si salvi chi può dal non affogar in quei moralismi, da Forlì a Ravenna, tendenti al mar di mare su stomaco sbudellato da tante omelie ammorbanti che spuntan come funghi velenosi.
Di mio, non ho di questi problemi. Non mangio. Sto dimagrendo. Quindi, non ho bisogno né di soldi né di pastine. Mi troveranno presto pestatissimo da dei ragazzi tamarri bolognesi che, all’urlo mio di “Madonna impestata!”, mi pesteranno appunto, a (s)puntino, in mezzo a tempeste di pugni. Sì, si mantengono topi di fog(n)a e di forma(ggio), alcuni sono dei genovesi emigrati in zona “centro” su Asinelli. Se li cagano questi stronzi o son stitici?
Signora, a quanto viene il pesto? Ah, è sugo che costa. Meglio una semplice pastasciutta ma attenti ai carboidrati. Troppa pastasciutta rende l’uomo grasso come quello di “mortadella” e non “crudo” di fis(i)co (all’) asciutto.
Mah, di mio so che la carbonara fa un po’ ingrassare ma si digerisce più dei carbonari.
Sì, nel 2014, esistono ancora questi musoni massonici le cui ideologie son peggiori di Mussolini. Almeno, quello era un evidente fascista da evirare, questi son da evitare, si fasciano in congreghe “nere” da carbon(ar)i “ardenti” ma io preferisco la mia Befana, con tanto di cioccolatino e torrone del terrone di razz(i)a che sa la racchia tua. Una mezza calzetta, diciamocela.
Ho un naso lungo, proporzionato al “benemerito” uccello. Per le donne, è un “beniamino”, per gli uomini gelosi, è da “accorciare” perché vorrebbero fosse “dritto” come il mio, grande e grosso. E, non potendolo “prendere”, nonostante “lì” lo piglino, desiderano (s)fottermelo.
A parte le battute, miei da battone, (non) mangiando e (de)crescendo, la voce mia rimane immutabile e inimitabile.
Molti l’han paragonata a quella di Giannini, con il punto a mio favore che son più giovane, quindi sembra da “vecchio”.
Ma, miei vecchi, io so che piace ai giovani e agli anziani, e soprattutto entra “dentro” alle donne, carezzante di “urletto” se, da misurato, vado allegro vivo di “grilletto” con bri(vid)o in lei che attizza e scalda il petto florido, urlante, se mi fate incazzare di brut(t)o. Con del burro, vellutatamente va che è un piacere.
Voce che cambia registro, mutevole di (dis)sonanze.
Passa di qua e di LA, con tanto di “DO” alle donne in SOL LE(i) MI FA goder’ talvolta spomp(in)ante tra un Ferruccio Amendola e un Massimo Corvo in quanto gracchiante tra una pausa e un caffè bollente su orgasmo al dente di capezzoli prominenti.
Voce da tenore su contralto di “basso” quando emulo i gerghi romaneschi delle periferie (ba)lorde, squillante di tromba se me le inculo, sfottente di ritmo saltellante su accento un po’ del cazzo ma ci sta. Per niente.
È una bella voce, va detta.
Il resto mio fa schifo?
Farai schifo tu e beccati questo ca(ta)rro!
Ah, più che doppiare, era meglio doparmi. Eh sì, il doping.
Sì, è più fatica leggere un testo da doppiatore che correre nella fi(ac)ca da trombone.
Hi, I am The Wolf of Wall Street!
di Stefano Falotico
Il frenetico, falotico attimo spaventoso e lupesco di travolgente lucidità “agghiacciante”
Ivi, in uno spazio-tempo altrove, celebriamo, fratelli della congrega, uno dei capolavori sorprendenti dell’anno.
Perché io amo Scorsese e lo servo, riverisco con sfacciata adempienza alla mia superbia “umile” di servitù grande quanto lui, se non superiore, essendo (pre)destinato a glorie potenti quanto Martin, nel farmi gioir esultante d’intuizioni esorbitanti, strabiliante mi condusse in tal Paese dei Balocchi, ove scorsi donne “teutoniche” dalla biondezza immane come il luppolo più prelibato della birra sborrante in Margor Robbie, “rifatta” dalla “tetta” ai piedi, eppur lo stesso, a lei (s)teso, la leccherei “(dis)onorandoglielo” di lupus in “fragolina” e ciliegia di me, lupone-volponissimo, che tutta la sua torta si mangia!
Che donna di “fabula”, e io l’affabulerei d’affamato, scodinzolando nella sua cagnolina per poi ulular orgasmico di vitale vulcanicità senza freni inibitori, “espandendolo” e spendendo con altre troie, affinché il mio wolf perda il pelo ma non il vizio d’esser stronzissimo! Altre milf!
Che DiCaprio magnifico/a in tal enorme figa(ta)! Ché da solo “sorregge” un film che talvolta sbanda, si dà lussu(ri)osamente in una fotografia vi(b)rante al giallo-oc(r)a d’un figlio di puttana storico, cioè il ritratto della mia “Gioconda”, della mia birbante “anaconda” e ora la mia vita, qui, in tutta gloria vi racconto.
Di come, educato, dal mio “tutor personale”, nel metter a frutt(et)o il mio (o)nanismo, pensai in “glande”, scopandomele tutte. Di come le “aspirai”…, dapprima rifiutato e quindi, da gran furbo e fiuto, drogandomene di “ano” in cannuccia succhiante il vero “midollo spinale” del sublime piacere più edonista.
Sì, da metafisico puro, a porco “schifoso” ché compresi quanto la vostra ipocrisia può allev(i)ar soltanto mostri a immagine e somiglianza d’un sistema falsamente conforme alle regole create (d)ai privilegi dei ricattatori ricchi.
(Ri)cotte, basta coi ricatti, bolliti, (s)bollitevi (dirim)petto in f(u)ori su mio “bollente!”.
Ardentemente, con ardimentoso fervore e ferocia tremenda, stringiamo i denti e non vi resterà niente!
Allor, levai le ancore e salpai, sì, da “esaltato” saltai, mi montai la testa e, di testicoli da toro, come quello sullo sfondo dell’incipit in “borse”… sotto agli occhi, “montante”, infilai colpi sp(r)ezzanti e infilzanti ogni vostra pecorina… fottendovi col vostro palmo di naso pinocchiesco come quel gran coglione, da du’ coglioni, dell’esattore delle tasse dell’FBI.
E me le spalmai sotto le palme di mie palle, patate e a voi palate!
“Abbronzandomelo” di (l)or(d)o!
Lo avvertii che (non) avrebbe potuto (in)castrarmi, ma non volle darmi retta e, nella sua vitarella, glielo piazzai bellamente nel retto. Sì, m’arrestò ma lui sa che, scontata che io ebbi la pena, ancor “giullare” me ne freg(h)erò di “pene” alla facciaccia sua da uomo “onesto” che, sull’autobus, rimpiangerà… d’avermi voluto sfidare, pigliandolo in culo ben lesto!
Che momenti, miei dementi!
Di quando credettero tutti che avessi mollato, fu una recita pazzesca!
Da “folle” qual sono nato clown della (s)cena. Gnam gnam!
Sì, già, tutti disperati con la lacrimuccia a darmi della femminuccia. Ammetto che ho un aspetto da effeminato ma questo mio uomo, ambiguo e (stra)fottente, è un beffardo efebico fetente che se la (ar)ride sotto i baffetti, nonostante la rasatura “impiegatizia” da piegato a novanta e invece frustante voi, frustati che mi reggete il “giogo”.
Siamo a Sodoma, somari, e McConaughey me lo sussurrò nell’orecchio, da “anoressico” (s)pompato.
Miei imbroglioni che, auto-ingannandovi, pen(s)ando che la ricchezza interiore possa salvarvi, spos(s)ati, dal “porcellino” che, nella vostra coscienza finta al “salvadanaio” e al “profilattico”, paraculi, vi preserverà dallo scannamento, siete soltanto, io vi dico, macell(a)i della fin(zion)e incarnata.
Siete alieni? No, siete (dis)umani e, come tali, non m’ingannate! Vi scanno.
Finitela con le canne! Siate sinceri ed eroi(na)!
Guardatevi allo specchio e scagliate la prima pietra.
A te (mis)credente, già (s)cremato, invero ateo, che ogni domenica vai a messa, preghi da “dimesso” e poi sbirci sotto la gonna del chierichetto, sognando di (o)metterglielo!
Non far l’ometto, sei un guardone pervertito pedofilo, almeno recita il rosario del tuo “Pater Noster!”.
Sii coerente col tuo libera nos a malo. Altrimenti, ti taglio la mano!
E non ti “masturberai” più!
Ecco, cretinetti, cosa succede a non dire la verità!
Succede che io vi/ti punisco!
E sbatto al freddo e in “cella!”.
Forza, mie (an)celle, datemi ancor più “botte”.
Che immane tortura!
Ma mi piace da morire!
Che (ver)gogna!?
Togliti la gonnella! E dondola!
Guarda questo grasso che (de)col(l)a!
Festival di Venezia 2014, parte lo stress
di Stefano Falotico
Da quando (non) mi amai, compresi la natura shakeasperiana del mio (non) essere amletico e, come Al Pacino, gridai in preda a estasi recitative del mio carisma “ipnotico”
Come già ribadito, sarà l’anno dominus del signor Pacino, assoluto dom(in)atore della scena di tal kermesse da settantunesima “mostra” ch’è già mi rende più nevrotico di lui.
Io e un mio amico abbiamo prenotato un albergo gestito da preti, situato in zona “Zattere” in quel di Venezia. Di notte, salvo “coprifuoco” dei preti che potrebbero sbatterci le porte in faccia, in quando troppo “rincasanti” tardi eppur “incassa(n)ti” nella Laguna plumbea del cielo fra le stelle di Hollywood su piogge (s)battenti d’un clima “teso” e terrificante, ecco, io e il mio amico, come Snoopy, seduti su una panchina, nelle calli, a spulciar lui un callo e io a girarmi i pollici “su” dei migliori film del cazzo, scriveremo… era una notte buia e tempestosa. Con le risacche marine, e anche “scrotali” nostre da che du’ palle e “soprattutto” che “freddo”, a “scioglierci” emozionalmente febbricitanti, visto che c’ammaleremo non solo di Cinema ma anche di acquazzoni “(de)pur(ant)i”. Molte stronzate prevedo che al Lido vedremo, forse occorrerà anche uno spurgante per liberarci lo stomaco da troppe schifezze intollerabili, molto da “bile” e chi ce l’ha fatta fare… a “venire?”.
Ma questa sarà la stagione alta di Al. Altolà!
In Manglehorn, sarà un redivivo, vecchio leone spaventapasseri, in The Humbling, un attore come pochi per la (s)porca relazione “tardiva” con una affatto tardona, Greta Gerwig, donna dai capelli rossi come io e il mio amico che, “bolliti” dal clima rigidissimo, “rigidamente” ci “scalderemo” arrossiti, molto pallidi e impal(l)lati, semmai ricordando il suo seno (g)rosso e pimpante.
“Tirandoci” di m(or)ale.
Ah, quelle labbra umidamente sognanti nel “leccalecca”, platinato Barry Levinson, uno che è passato da Piramide di paura a Sesso & potere con (ig)nobile “leggerezza” e mano (in)ferma da regista che non si sa che vuol girare, se dei pamphlet per ogni età e per tutti i poppanti, pellicole d’impegno o solo pallose, oppure stronzate che lui crede intelligenti perché le ammanta d’un retrogusto “antico” come nel “caso giudiziario” di Sleepers, ché parte atmosfericamente alla Scorsese e finisce più amaro del bagnetto di quei bambini nell’Hudson. Già affogati e soffocati dalla nascita.
Con tanto di “predica” d’un De Niro “padre” che salva in corner gl’incornati suoi pupilli, ex bulli, giovanissimi (ri)belli da un’adolescenza tremenda di futura, irredenta, crudele inculata a sangue bruttissima e deturpante per sempre.
Il programma di quest’an(n)o fa indubbiamente schifo al “cazzo” più di quel Kevin Bacon di “merda”, una “classica” porcata.
Ma finché c’è Al, c’è speranza.
Speriamo non siano anche i “suoi” film delle cagate.
Intanto, hanno aperto la biglietteria online su boxol.it.
Film “doppi” da paghi uno e vedi quello a seguire, eh sì, è un “seguito”, c’è anche il terzo tempo più intervallo di 15 minutes di celebrità d’uno spettatore che, a luci accese e “rosse” di lui pa(on)azzo, sovreccitato da un ex (sotto)titolo “sublim(inal)e” alla sua lingua sciolta e alle sue inguini da maniaco dopo linguine allo scoglio mangiate in una bettola, griderà “La vita è una boiata pazzesca!”. “Spinto” dal clima “movimentato” di borghesi annoiati, tanto per dar una mossa di bri(vid)o.
Gettandosi addosso a quella in prima fila, figa per niente, infatti è “ribaltabile” solo di poltrona sua incarnata da racchia paraplegica con tanto di “posteriore” speciale per il matto scatenato su “cupio dissolvi” di due vite da (testa)coda desiderose… di bruciarsi in dissolvenza incrociata con interruzione dei pubi, entrati senza permesso in sala, sulla pubblicità dei pannolini Pampers.
E, in questo casino generale, applaudirò con le gambe accavallate, “sbattendo” le mani su quella accanto, d’affiancare molto in quanto di buoni fianchi e “ficcando” quello davanti a cui dar un calcio in culo nel buio “invisibile” ma senziente d’emozioni “forti”.
Sì, prepariamoci a questo Festival.
Se vi par una cazzata, lo è.
Molto meno di quello che avete appena letto.
Fidatevi.
Poi, non chiedetemi il rimborso dell’abbonamento!
Mica li ho scelti io i film. È stato il direttore!
Dai, “brindiamo” con del vino Barbera!