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Domenica, 17 Agosto 2014, lo spirito dante(sco) dei mor(i)t(ur)i

di Stefano Falotico

Vallanzasca Kim Rossi Stuart

Notte apatica, notte silente, notte riflessiva, notte non tanto ardente.

Brucio dentro e la vita sfila come una superstrada che assomiglia a una modella passerona in passerella, ma non è bella come una (s)volta, è “appassita”, appaion le prime rughe sul “selciato” della sua pelle, troppe “balle” l’han scalfita, è leggermente, non dico imbruttita, ma amareggiata. Così, ancheggia stancamente, mostrandosi un po’ “raggrinzita”. Scivola con indifferenza, mentre la foll(i)a degli astanti (s)f(i)an(cati) osserva ancor i suoi fianchi. Tutti “panchinari” a plaudirle la bellezza, ieri perfetta, impeccabile e con quel velo trasgressivo di lei ch’emanava quasi “ansia” per come, sfuggente, inafferrabile, così apparse a tutti stupenda, come se il suo viso provenisse da Marte e, di avvenenza d’un altro pianeta proveniente, a piacer ludico di bulbi oculari ammiranti, altrove, fugace, stordente orbitasse in zone non solo erogene ma profondamente (dis)umane. Lei, Venere (a)scesa in terra, ch’ebbe molti, troppi amanti per vi(t)a della sua vitalità esplosiva. Alcuni di essi s’ammalaron di mal(att)ìa venerea ma lei rimase (in)viola(ta). Indiavolata e oggi proprio però con qualche “colpo” alle (s)pall(in)e. Che angelo!

Ingobbita, anche se impercettibilmente, dentro un abito che non fa la mon(a)ca, baciante gli spettatori in brodo di giuggiole che l’osannano quando la gonna sventola, muovendo appena il bacino e corrodendo le virilità ormonali dei pagan(t)i maschi, i quali, nel (non) veder(glie)la, d’apnea calorosa, si bagnan… di lacrime in lor occhi morbidi da (s)fatti dinanzi a cotanta gloria dei sen(s)i. Ma la vita non ha senso anche se è bella… almeno, così par(v)e, miei sparvieri. Lei è adesso una moribonda, s’è “fatta” anche mora e invece nacque b(i)on(d)a…

Così come a lei la bellezza naturale scippaste, ai grandi “uccelli” il vol tarpaste e allora “acciuffi” il volante e gridi, guidi “contromano”. Fermandoti vicino all’Euro-Mercato in zona tua “fiera”. Spegni il motore, estrai dal cruscotto un’ultima (siga)retta e socchiudi le palpebre, aspirando la vita che segnato t’ha indelebilmente, sbandata qui ai bordi del “cemento armato” di te un tempo amatissimo e ora induritoti con le vitree iridi come un grattacielo (s)ve(n)trato sull’orlo del terremoto emotivo. Qui, precipitato dopo tanto combattimento contro i mulini a vento(sa), nella voragine d’una bandiera bianca sventolata. Occhi al “tergicristallo”, soffusi, da illanguidito d’una (r)esistenza (s)van(it)a. Ché dei suoi ricordi vaneggi e ancor, dolcemente innocente, l’umido asfalto carezzi del tortuoso tuo essere-non essere. Amletico, incarnazione sei d’una tragedia annunciata, del sospirarla di “filtro” tuo ottico che “tira”… il freno a mano. Shakespeare, tu che creasti Romeo e Giulietta e ambientasti un’altra melodrammatica fatalità tragica nel tuo “Otello” di Mor(t)o dentro.

Vienimi in Pronto Soccorso, così come Scorsese, dal romanzo omonimo in lingua originale di Joe Connelly, salvò i morti nel suo capolavoro, Bringing Out the Dead.

Qua, vi riscrivo l’incipit, miei prodi, ché son ora… e mai più… nell’al di là della vita per colpa dei porci…

Marco Tropea Editore, traduzione di Gioia Guerzoni…

A chi lavora nei meandri della notte…

… Era una mezzanotte d’aprile, e la luna piena illuminava la strada, neanche fosse stata la festa del santo patrono. Mentre mi dirigevo verso il muro di arenaria dipinto di azzurro, con le facce che guardavano dalle finestre, pensai ancora a quanto avrei avuto bisogno di stare a riposo quella notte, a come avevo percorso tutta la strada a piedi per andare al lavoro, con le mani tremanti, pregando per una notte tranquilla, e a come, per tutta risposta, ero stato inviato immediatamente, e senza caffè, a un arresto cardiaco…

Be’, il morto sono io, un dead man walking per un’altra notte in cui ho pensato di farla finita.

Al che, appunto, con le costole incrinate del mio “crepacuore”, infartuato da troppe (d)elusioni d’una mia bellezza opacizzatasi, accosto vicino a un(o) (s)p(i)azzo, ché son sempre io stes(s)o. Levigato di “buche” esistenziali ma nessuna “striscia bianca”. Sì, dopo pochi minuti, neanche il tempo di arrivar a metà della mia (siga)retta da “smarrito”, s’avvicina una gazzella dei carabinieri perché credo ch’avesse pensato che mi trovassi lì per spacci(at)o… No, non sono un drogato né un pusher, un tempo però fui un prodig(i)o “stupefacente…”. Effetti (da) stupefacenti! S(tupe)fatti! Sì, rendevo euforiche le persone di cui m’attorniavo. Io stavo bene con loro e loro con me. Invece, oggi, mi sento un figlio di nessuno, d’un Dio maledetto, sono anche “malato”, pallido, smagrito terribilmente. Di quella magrezza malsana, da (de)perito, pres(t)o nel c(imit)ero. C’ero… non sono ma non ho sonno, soffro pure d’insonnia, come se non bastasse già la stanchezza a indebolirmi, a demolirmi ora dopo ora, a logorarmi, a uccidermi… e ho perso pure la voglia di continuare il viaggio… depongo le armi, chi m’ha amato, per l’eternità m’amerà, chi m’ha odiato, non sarà pun(i)to, l’ho finita… anche con la vendetta. Finiamola, sì. Sono (s)finito…

Buonasera, potrebbe favorire i documenti, per favore? – mi “risveglia” così il carabiniere, “spalancando” la torcia per “vederci” meglio… – Signore, mi sente? Sicuro che non sia un “demente?”. Allora, che fa?

Quanti anni hai…?

Io ho vent’anni…

Allora, mi spiace. Non hai fatto tredici. Non sono Renato Vallanzasca…

– Già… se lei è un criminale, io sono Charles Bronson. Invece, sono un povero calabrese trapiantato a Bologna e il turno di notte è una palla. Ma posso perquisire la macchina? Devo fare dei controlli.

– Va bene, prego.

 

Dopo 10 minuti.

 

– Signor Falotico, qui non c’è nulla.

– E che doveva esserci? Forse, non ci sono neppure io. Non più.

– Spiritoso…

– Spiritato, più che “alt(r)issimo”.

– Ma che fa qui a tarda notte? Mi può togliere questa curiosità? Lei non ha bevuto, patente e libretto sono a postissimo, stava seduto composto su quello anteriore, a motore spento e pure con le cinture. Al massimo, (non) potrei multarla perché l’è caduta la cenere sui pantaloni quando l’ho “rinvenuta” dal torpore.

– La verità?

– Certo, la verità.

– Poche ore fa, sa, fino a mezzanotte, era il 16 Agosto, il giorno dopo quello più “caldo” dell’an(n)o, ferragosto appunto, e la luna è un girarrosto. Adesso è il 17 ma è venerdì o sabato? Comunque, è il compleanno sia di Sean Penn che di Robert De Niro. Invero, è domenica, giorno “san(t)o” come un pesce… (a)scendente nei miei “gemelli” da Vergine poco Toro su (oro)scopo per un cazzo.

– Quindi?

– Torniamo a casa, amico. Guardiamoci Non siamo angeli. Non è un granché come film, ma la vita poteva anche andar peggio. Non ci sarà nessun remake, nonostante siamo ammaccati. Le sto ammiccando, amico.
Occhio(lino)!

Sì, (a)mici e ca(r)n(al)i, la vita è triste. I tuoi genitori invecchiano, tuo padre comincia ad avere acciacchi pesanti e tua madre non riesce più a (s)tirare la carretta, mie mezze calzette…

Qua, bisogna (s)cavarsela…

Ricordate… finché siamo vivi, non siamo vin(ci)t(or)i… di un cazzo, nessun carro, siam tutti nella stessa barca e merda.

Sta affondando? Sta(i) cagato?

Ieri notte, ero depresso.

Ma è ancor presto per farmi… fesso e farmi, eh eh, seppellire vicino ai c(ipr)essi!

 

…And Justice for All, Review

Pacino ...e giustizia per tutti

di Stefano Falotico

Nessuno è AL di sopra della legge di Pacino

Il “mestierante” Norman Jewison, coadiuvato in “cabina” di sceneggiatura da un diligente Barry Levinson, qui al servizio dell’one man show d’un Pacino giustamente candidato all’Oscar per una (non) justice for all, visto che lo perse, sconfitto ai punti…

Sì, secondo il giuramento alla fedeltà, non solo della bandiera americana, quest’interpretazione mondiale è a “stella” del far strisciar tutti a “comand(ament)o” d’un Al ispirato come non mai, sfumato, dal taglio impeccabile di capelli anche quando bacia una donna e, soffusamente, la carezza fra liti di gelosia a spas(i)mo delle sue vitali nevrosi, dell’angoscia d’un viso magrissimo, scarno da metter il bri(vid)o plaudente, come dico io nei confronti di Al stesso, un Dio che recita con occhi languidi, a pelle di un’arte attoriale mostruosamente fenomenale, che (s)balza da uno stato emotivo all’altro nel racchiuder l’emozioni ad anima incarnata in zigomi suoi taglienti.

È un avvocato rinomato di Baltimora che deve difendere il giudice Fleming, accusato di stupro nei confronti di una minorenne. Un avvocato che mai tradirebbe il codice d’onore del codice giurisprudenziale di chi, essendo appunto avvocato, difendere a ogni costo deve proprio il suo ambiguo cliente. Ma vi vedrà con estrema, drastica, radiografica chiarezza mor(t)ale, tanto che tornerà umanamente inappellabile in Corte d’Appello anche se, col suo “estremo” gesto, verrà radiato dall’albo. Sì, pochi alibi, quel giudice è insindacabilmente colpevole di gravissimo reato. Troppe ingiustizie vede, Al, ogni “santo” giorno per non prender coscienza che deve cambiar rotta e che il suo cliente, apparentemente “intoccabile”, è invero un pervertito “guardone” corrotto che troppo abusò di mano “morta” tocca(nte)… la giovane da lui corrotta. Povero stronzo “tocco”. Rintocca il “martello”.

Allor Al lo strucca nel suo monologo finale, con un’arringa che la prende larga e poi arriva al punto letale, infierendo sul suo assistito che, indifendibilmente, offese la purezza d’una innocente per il suo sporco, “puro” piacer carnale.

E crolla la giuria, incriminando l’ora, era ora, acclarato criminale ché tanto “scoprì” le verginità da esser qui stato (s)coperto d’infamia e giusta, sacrale giustizia lapidaria.

Il verdetto è un Al avvocatesco che, bardato di carisma travolgente, (com)muove all’urlo glorioso nel fa saltar tutti gli altarini con tanto di “stato di (in)fermo” suo finalmente vendicativo e punitore.

Perché questo è Al. Un “folle” che tanto vi girerà “attorno” sin a quando tutta la verità fuori salterà.

 

Colpo di (s)cena, mio “judge”, buonanotte…

 

Ci (ri)vediamo in tribunale!

Vai Al!

 

Anche Jack Carter ama il Festival di Venezia, soprattutto quando è come Sly Stallone simil Pacino dell’umile e (in) “umido” a vostra “signor(i)a” di “am(id)o” da “L’umiliazione”

di Stefano Falotico

Carter Stallone

Sta’ calmo! Sei grande e grosso, ma io sono un tipo impegnativo e tu sei fuori forma…

Festival di Venezia 2014, s’annuncia “temporalesco” sotto però la grande stella d’antan d’un Pacino d’annata, forse anche di anale, oh, miei cinefili dannati!

Sì, se n’è parlato con un mio amico su Facebook, stamane, e voi, voi non venite alle mani anche se Caronte, diabolico traghettatore di Alighieri Dante, fu anima infernale che sapeva quanto la speranza (non) va mollata come l’àncora di una vita che non sarà mai più ancóra!

Navigatori di tal vita m(a)est(r)a, il vento è a “poppe” della bell’attricetta avvenente, presto venente in quel della “Laguna”, al Lido di Venezia, “sbarcante” in nostro “Levante” di “potenza” già in lei esser “(s)venuti” e “imbarcati” ch’è donna “alla(r)gante” ogni fantasia nostra più proibita del sognar l’“amaro” di “affogato” dell’immergercene ero(t)ici.

Che (s)figa abissale! Come una piovra che ci rende “provati” in sue “acque” a spirale, noi, che immaginiamo tutto l’an(n)o d’aspirargliela languidamente, e invece l’ammireremo sempre già (tra)montati e non “montanti”, (de)caduti, sì, d’una decadenza senza “denti” a “car(iat)i” squal(lid)i.

E non vi saran ca(u)se probatorie ch’attesteranno quanto nel (pro)fondo volemmo invero, oh Dio mio, “tastarla”. Salir e (a)scender con lei nelle (pala)fitte di tanto suo incarnare il “Canal Grande”. “Enorme”, sempre “bagnata”, miei “bagnini”, vero Nicole Kidman?

Già, Venezia si sta ammalando di “scolo”. Miei topi di fog(n)a, nessun apparato, non soltanto geni(t)ale a mo’ di (s)purgante, ci salverà dal Purgatorio di tal (giro)vita oscillante! Frust(r)ati!

Così come la città sull’acqua per antonomasia, Venezia, appunto, da an(n)i insondabili soffre d’“alla(r)gamenti” a causa di tali gattine tanto in calore da nostri “bruciori” all’effetto ser(r)a ché poi “scivola” nella notte ammal(i)ante, sì, mio a(r)matore, la tua attrice è solo una “passer(ell)a” per tori e fotografi eccitati dal caldo immor(t)ale al profumo “(atmo)sphere” dei nostri o(r)moni…

Avrei da raccontarvene.

Di come un fan, “sfegatato”, “c(r)ol(l)ò” a picco dinanzi a Gwyneth Paltrow.

Al sol apparir di Gwyneth, come Renato Pozzetto, urlò prima “Eh, la Madonna!”, dunque (s)venne e chiamarono l’ambulanza, trovandolo semi-ripreso di convulsioni da mandrillo “salame” sc(i)occato, (in)cosciente per colpa e “colpo” letale dinanzi, e che “davanzale” senza “transenna”, alle… cotante cosce in minigonna “su” basculante salamandra a sangue “freddo”. Respirazione bocca a bocca… (dirim)petto in “f(u)ori!”.

Donna da “toccato” con un “fiore”.

Un “puro” red carpet da (in)tapp(at)i per lo “spumante” fra le mutande dell’ammiratore “spinto(si)” oltre il cardio-De PalmaBlack Dahlia!

A salvarvi da tali fanatismi isterici, ebefrenici, (da) “schizza(n)ti”, ci pen(s)a il Faloticus, “biscia” alla Cobra, insomma, un vero “italian stallion” a cui queste (non) fan… né caldo né “gel(ido)”. Insomma, un uomo alla Marion Cobretti, con occhiali da Sole e anche da “sale” un cazzo. Che per tutta la sua vita di (s)fighe, combatté il crimine, (s)battendo sol la “capricciosa” d’una pizza (in faccia da schiaffi, miei schifosi?) tagliata con le “forbici”, miei “coglioni” maniaci…

Cobra Stallone pizza

Arriverà quel giorno in cui, finalmente mandando donne e “buo(n)i” dei paesi tuoi, mio “basso”, a fanculo, “salirà” in sella con una “bionda” a tutta “birra” come la fu… Brigitte Nielsen, da cent(aur)o e una notte?

Volerà “alto?!”.

Chi lo sa? Chi lo vuole?!

Alzerà… i(l) tacchi(no), da Stallone “elevato” di fisico che (non) fa più “statuario” su “centimetri” sempre sul metro e settanta ma apparentemente più “longilineo” per un “muscolo oliato” servito alla pollastrella arrosto ché, a sua (s)volta, fa più burino e scoperà a novanta di burro, scalzando il tacco di Brigitte su bacio (det)“ergente” al “borotalco?”.

Già, non credo… Anche se credo che, sul termine…, non della notte, ma della birra, voi avete pen(s)ato alla sborra. Pochi cazzi! Così è! Vi conosco, i vostri discorsi van sempre a par(l)ar su “quello”. Scop(pi)ati!

Eccomi, sveglio eppur vegliardo a vegliar su tali ossequiosi, che siete voi, per i cazzi altrui, appunto.

Plaudenti gli attori (im)perfettamente inappuntabili con lo smoking, le attrici più “in gamba” e voi sempre più in “forma(ggio)”.

Ed ecco verso noi venir per nave

un vecchio, bianco per antico pelo,

gridando: “Guai a voi, anime prave! 

Non isperate mai veder lo cielo:

i’ vegno per menarvi a l’altra riva

ne le tenebre etterne, in caldo e ’n gelo


E tu che se’ costì, anima viva,

pàrtiti da cotesti che son morti”.

 

Ma poi che vide ch’io non mi partiva, 

disse: “Per altra via, per altri porti

verrai a piaggia, non qui, per passare:

più lieve legno convien che ti porti…”.

 

Che c’entra Carter?

Di mio, vesto “Armadio”, tu vesti Armani e io gioco a carte, miei “fighetti” da Cartier…

Di mio, sono raro e prezioso. Un uomo che vale più dei vostri “gioielli”…

Pacino?

Greta Gerwig ama l’uomo “umiliato” alla The Humbling!

E non saranno solo “bacini”.

Ora, prendete le bacinelle, mie anime in “pene”. Venezia è in p(i)ena!

Dal 27 Agosto, prevedo, mie donne “alluvionate”, attori “straripanti” e critici sparlanti!

Strappa… applausi!

Eppur non m’intrippano, miei uomini da “Topolino”, da tope, da trippe, da “mili(t)ari” truppe e “pan” bagnato.

Preferisco essere come Sly. Al massimo, la Mostra io registrerò su Sky…, miei monsters (non) sacri! Speriamo che Greta, nel film di Barry Levinson, la “mostri”, dimostrando anche talento. Già è bona, se è pur “b(r)ava” di “purè”, per “prosciugarmelo”, non serviranno altre “pompe”. Anche se mai, come (per) la divina Garbo, “sa(li)rà!”.

Ah ah, la risata alla Pacino ci sta?

Sì, come Stallone, meglio tamarro che ammirar le vite altrui ai bordi delle melanconiche maree…

Ho detto tutto.

Ora, “pigliatelo” in culo! Si chiama stronzo!

Sì, se non ti pulisci dalla merda…, ti (ri)pulisco io.

Succhiamelo!

Pacino Gerwig The Humbling

 

Perché am(iam)o Clint Eastwood, “million” dollar babies? Perché siamo da “Lucky Town” alla Springsteen di “Oh, my baby!”

di Stefano Falotico

Eastwood Oscar Million Dollar Baby

Stasera, voglio raccontarvi “questa”…

S’intitola…

La par(ab)ola del “buon” pastore

L’altra notte, non avendo un cazzo da fare, no, credo che non ci sia oramai “più un cazzo da fare”, che tu vada a “puttane”, sono anche affari miei, ecco, faccio un giro per la città.

Ecco, l’altra notte, scesi in “istrada” e la macchina accesi, mie “macchine”. Sì, vi siete tutti “macchinizzati”. Questo processo “robotico” è stato lento ma “progress(iv)o”. Sì, di quel progresso “ecceziunale veramente” di cui i pasoliniani van fieri. Evviva il magazziniere! Egli “immagazzina” e poi scarica i “pacchi”. Ché c’han du’ palle piene di pen(ar)e…

È stanco come Al Pacino di Carlito’s Way. Poi, se c’aggiungiamo la voce roca e melanconica di Giannini, la “lacrimuccia” va da sé. Che “sedere!”. State seduti!

Mi dispiace, ragazzi. Non basterebbero nemmeno tutti i punti del mondo per ricucirmi. È finita. Mi metteranno nel negozio di pompe funebri di Fernandez sulla 109esima Strada. Ho sempre saputo che prima o poi sarei finito lì, però molto più tardi di quanto pensava un sacco di gente. L’ultimo… dei Mohiricani. Be’, forse non proprio l’ultimo. Gail sarà una brava mamma, di un nuovo e migliore Carlito Brigante. Spero che li userà per andarsene, quei soldi: in questa città non c’è posto per una che ha il cuore grande come il suo. Mi dispiace, amore, ho fatto quello che potevo, davvero. Non ti posso portare con me in questo viaggio… Me ne sto andando, lo sento. Ultimo giro di bevute, il bar sta chiudendo. Il sole se ne va. Dove andiamo per colazione? Non troppo lontano. Che nottata… Sono stanco, amore. Stanco…

Giannini dice proprio “mohiricani”. Non mohicani, miei della tribù degli stronzi. Sì, esiste la tribù degli stronzi. Non so se abiti nell’America del Sud o in qualche “buco di culo”, ficcato chissà dove, ma c’è. Che poi Dio esista, non credo. Tu credi? E, credendo di (dis)illusione, va “lì”. Nel posto e “posteriore” di chi t’ha messo al mondo. A me sembra una puttana, sbaglio? Sì, tuo padre la pagò. Aveva soldi e con “quelli” ebbe “le palle”. Comunque, non (pre)“tendeva” molto come magnone, solo un piatto di “patate”. Ai figli dava palate ma li educava a coltivar la patata. Un “prete” che cacciava dei peti!

Sul resto del suo seme, non mi pronuncio, t’ho già sputato in faccia, scemo.

Tu sputi in “figa?”.

Ah sì? “Che “figo”.

Per questa “mia”, mi sbatteranno in manicomio, ma me ne sbatto…

Almeno, non ciuccerò più, miei “ciuchi”, tutte queste stronz(at)e.

A lavar la testa agli asini, si perde solo acqua e sapone. Alla(r)gate le vostre mule e ridete di me, compatitemi. Sono “patibolare”, tendente alla mascella slogata. E (s)legami.

Al mio mulo, non piace la gente che ride…

In questa freddura disarmante del Clint leoniano, c’è tutta l’opera omnia di Eastwood anche autore cineastico. Un “ginnasta” della vita (im)morale, uno che (de)moralizza di “tristezza” perché il mondo è triste e non bisogna mai scordarlo, è necessario combattere per migliorarlo, miei fighetti da ginnasio. Di mio, gioco ancora a Calcio e mi rinforzo col potassio. Tu respiri anidride carbonica, tossico, e domani mi farò… i capelli ossigenati, sì, devo rinforzare il “bulbo”, respirando nel vento fra i capelli.

Il biondo…

Invero, era castano, ma anch’io sono un “monco” di pelo rosso…

Ador(n)o Clint, un uomo che è appena uscito con Jersey Boys e a Natale con American Sniper. Immarcescibile, un pezzo che non va ma giù a quasi ottanta, miei suonati. Voi, invece, avete trent’anni e mi sembrate più rincoglioniti di mio nonno, che comunque è morto. Voi, a differenza di mio nonno, moriste però dalla nascita. Vecchi da vacche nell’anima per “pura” concezione di una natalità appunto puttanesca, che v’ingravidò di vitalità “allegra” quanto la lapide al cimitero. Che brutte cere…

Io abito sul colle dell’osservanza, essendo un “sorvegliato speciale”. Ed, essendo osservato, osservo. Scusate, volete pure togliermi l’at di osserv-AT-o? Non capisco. Ho già ricevuto molti paletti, miei uomini di panza, basta(rdo) con questo ALT! Non tagliate!

È una presa per il culo? Nooo… è una presa di cosc(i)e(nza)…

Con voi, ci vuol pazienza.

Ora, dunque, concentratevi. Riguardiamo assieme questa clip del Clint che vinse l’Oscar per Million Dollar Baby.

La storia di una “sfiga(ta)” incredibile, bigger than life.

A un certo punto (di sutura?), incontra Frankie Dunn che la incita a non mollare la “prugna”, la spugna… sì, è un “cesso” e pulisce pure i cessi, eppur ha l’anima dolce come una crostata di miele. In giro ci son troppi ma(ia)li… Il male!

E lui l’allena. Avvertendola, mettendola appunto in “guardia” che la vita è sempre dura, non è un’altalena, anche quando pensi di “farcela” in discesa, vero puttaniere? Puoi beccare un colpo “basso”.

Di quelli dettati dall’invidia più abominevole, che “spezza le gambe” e ti spacca le ossa proprio fisicamente.

Nella mia vita, amici, di gente così ne ho vista parecchia. Uomini che lavoravano come messi all’ANSA e, invidiando i giovani più in gamba, volevano “metterglielo”, storpiarli, “stropicciando” le lor bellezze come carta “stampata” del ridurli nella merda, “cestinandoli”.

E, se non bastava (s)troncarli, se provavano a reagire, li accusavano di essere socialmente pericolosi. Cosìcché, le “istituzioni igieniche” avrebbero provveduto a sedarli, in modo tanto (im)potente, da bruciar i lor cervelli, (ar)rendendoli come le “rotelle” di uno della UILDM. Insomma, tarparono i loro liberi “uccelli” in vol(t)o spacc(i)ato! Gli avvoltoi!

Sì, uomini “muscolosi” di cattiveria che invidiarono la forza della giovinezza, per sfiancarla nella “distrofia muscolare” della loro storpia mentalità “adult(er)a”.

Sì, ne ho conosciuti. Basta che a tali maiali tiri e che vadan a ritirar lo stipendio, e tutto “fila liscio”. Non reagite, vi urleranno “Vai a dar via il cul’!”.

Mesi fa, uscii con un mio romanzo, intitolato “Mister Atlantic City”. È la storia di un uomo, Nick Joad, forse il fratello di Tom Joad, sia di “Furore” che di Springsteen, al quale bruciano la vita. Ma lui combatterà per la sua “rivincita” nella città dei “polli” che lo stesso Boss Bruce (de)cantò nell’omonima canzone.

Un personaggio da me creato e plasmato a immagine e somiglianza del wrestler, sia nella vita che nella finzione, Mickey Rourke. Ma che può anche ricordare Maggie Fitzgerald/Hilary Swank del capolavoro di Eastwood. Una da “ultima” ruota del carro. Il carro “tira” i “buo(n)i”. Non sempre, “tira” spesso ai cattivi…, mie pecor(in)e. Oh oh (a) “cavallo!”. Uomini “duri” appena una “accavalla!”.

Un mio amico:

– Stefano, svelami il finale. Si vendicherà e vincerà?

– Guarda, ti mostro le penultime venti righe del mio libro.

– Cazzo, allora perde.

– Forse sì…

– Anche se che se ho detto “penultime”…

– Allora, vince.

– Guarda, questo è il prezzo del libro. “Morto di fame”, compralo e saprai come va a finire.

Torniamo alla clip, da clap clap.

No, no, un attimo. Ferma al secondo 1:09.

Avete visto bene? Già.

Questo è Clint Eastwood. Un duro “tenero”.

– E “Lucky Town” che c’entra?

– “Non c’entra” infatti, tu non hai niente come uomo. Non hai né cuore né culo.

E non riesce a “entrare” nulla in quella testa di cazzo che hai.

 

Il mio libro su De Niro, che parte da Ronin e, di “disgrafia”-licenza poetica, scrive apposta Mont-Martre e non Montmartre, Monte di Marte, Mission to Mars

From Treccani: Montmartre Quartiere di Parigi, il più alto della conurbazione, costruito sopra un rilievo (Butte de M., 110 m). Il nome deriva probabilmente da Mons Mercŭri «monte di Mercurio», più tardi interpretato cristianamente come Mons Marty̆rum.

Ronin De Niro Ronin

 

di Stefano Falotico

Riprendo in mano il mio libro su De Niro, “Robert De Niro, l’intoccabile”, in cui mi son divertito a immaginarmi bibliotecario nel quartiere parigino degli artisti, Montmartre.

Ma, rileggendolo, a me e al mio editor, a pubblicazione già avvenuta in ogni formato, Kindle, cartaceo, eBook e “conversioni” varie, nonostante riletture “al setaccio” di più e più analisi approfondite e indagatorie ogni refuso possibile, al fine di depurar gli “orrori” delle involontarie sviste grammaticali, le distrazioni lessicali, le (im)perfezioni (in)visibili della forma più perfetta (in)immaginabile e della sintassi più corretta e (in)correggibile, ecco, a me e al mio stimatissimo, (in)appuntabile correttore di bozze e, alle volte perfin, per filo e per segno del (dist)ratto appunto “bernoccolo” sfasante qualche f(r)ase di testa mia a cui sfuggì qualche (im)precisione nel testo, ecco, cazzo, è “scappato” questo Mont-Martre scritto “staccato” con tanto di (t)rattino…

S(t)iamo attentissimi ai (re)fusi delle nostre teste e, (con)testualmente, siamo delle grandi, puntigliose, precisissime menti. Io, un’eminenza, lui un egregio letterato pari-menti, appunt(it)o, scrupoloso nel passar al vaglio ogni (dist)razione (im)possibile di me che, nonostante sia egualmente perfezionista, talvolta inevitabilmente (avverbio o “mente” evitabile dell’inevitabilità del re-fuso in-cancellabile “vivente”) s-ragiono e pecco da “asino” che “raglia” qualche sba(di)glio.

Così, oggi, testé pubblicato è Mont-Martre al posto di Montmartre. Qual è la dicitura corretta?

La seconda, ma io-noi ho-abbiamo (o)messo questa, mettendo il trattino e la maiuscola a tal nome compos(i)to. Ai posti delle “virgole” di (com)battimento della tastiera ché le teste geniali usan apposta, apposita-mente, delle licenze poetiche da fuori di “tasto”.

Siamo apposto con le teste?

No, voliamo a Marte, da cui “Montmartre” prende la (de)finizione (finizione=rifinitura), quindi non è errore ma (in)voluto volar alto d’invenzioni dei nomi da vision(ar)i alla Brian De Palma di Mission to Mars.

Fidatevi, scrivere è una missione impossible.(S)fugge sempre qualcosa.

Compresa la traduzione. Che sia lettera(tura) o “finzione”, l’importante è la Passione per il “barocco”, il “gotico” e le storie alla Ronin.

Da cui la Cattedrale di Notre-Dame che Victor Hugo, nel suo celeberrimo romanzo “sto(r)ico”, scrisse Notre Dame, senza trattino ma con lo “spazio”.

Evviva gli uomini scrittori e “spaziali”. A t-ratti sba(di)gliati.

 

Mortdecai, il Trailer with Johnny Depp

Mortdecai Johnny depp

di Stefano Falotico

Mortdecai, il Trailer: perdonatemi, quando vedo Johnny Depp, divento “frocio” e sessualmente anomalo, non “tagliate(mi)”… questo (cap)riccio!

Basta, (t)rivel(l)iamolo, un outing cinematografico di quelli spaventosamente “perversi”.

Ieri, guardo il trailer di Mortdecai, nuova pellicola col Depp. E, più che ammirare le gambe di Gwyneth Paltrow, per cui comunque scattò un’erezione “basculante” di biscia irreprimibile “d(or)ante” la sua bellezza da Beatrice in me già be(l)ato, più che adocchiare le due mega-figone verso la fine del filmato su smottamento lor sculettante di “andamento lento” ammiccante, corro in bagno e me la sparo di “pugno”, perché questo Depp baffuto è sempre piaciuto al “mio” peloso “cinofilo”, no scusate, volevo dire cinefilo “irto”, no er(et)to al “glande” Johnny, al grande Johnny. Perdonatemi, quando vedo Depp, divento “dislessico” e la mia “lingua” farfuglia, “aggrovigliandosi”. E non posso più “nasconderlo”. Sì, come in Donnie Brasco La nona porta, quando Depp “indossa” questi baffetti da sparviero, il mio si “alza” da levriero. Donna baffuta, sempre piaciuta? Ma de che? Donna coi baffi, fa schifo indubbiamente al “cazzo”. Io, invece, sono un cesso, lo so, infatti molte sciacquette, come dico io, mi tiran lo “sciacquone”, dopo essersi deterse nel mio “tirato” che “piove” sul “bagnato”.

Sono una mer(en)da? Lo sono sempre stat’! Madonna dell’impestata, “bestemmio” quando Depp compar’! Anche perché viviamo in uno “Stato” di stronzi, e, cari miei (com)pari, Depp fa la sua porca figura da americano “nazionalizzato” a Montmartre su baci alla francese di labbra ad attizzar le donne, (s)lanciandole per aria come la Torre Eiffel. Sì, le donne, davanti a Depp… soffrono la “marea” come Mont Saint-Michel, sì, questo Depp di Mortdecai è uomo “v(i)olante” di ciuffo “lì” salente-discendente da uccell’ travolgente. Imprendibile! Diabolik!

Allora da me riceverete solo “pene”. Finiamola con questi buonismi da gregge timorato, cari pecoroni. Andate (s)pu(tta)n(a)ti, e a “capo”, da ogni fandonia ipocrita e “innalzati” al vero piacere del Depp! Quest’uomo dalla capigliatura qui ondulata di mèche da cazzone (im)peccabile, passibile di denuncia per come fa occhiolino a ogni femminuccia, compreso sé stesso, in tenuta semi-gay da gallo cedrone “limonante” solo di sguardo acchiappante ogni finto-culone e a sbatterglielo su far… da “(im)prenditore” di “chiappe”. Insomma, una vita da (s)fig(at)o come la società “bene”. Un ladro come pochi, un freak birbante, uno che, in questo sistema, è (in)giusto a evadere il fis(i)co. Però si tiene in forma, “loro” non si tengono “asciutte”. È tutto grasso che cola. E poi il (de)collo!

Depp, ladro gentiluomo che nessuno mette al guinzaglio, bacia i femminili colli, scopa e scappa col malloppo, ficcandotelo poi bella(mente) nel culetto.

Un uomo a cui andrebbe messo il “collare” ma io l’amo come questa Paltrow di collant “colanti”.

 

 

Lauren Bacall se ne va, ma ai baccalà, ché a tempo “debito” non mi “divinizzarono”, do da “Dio” solo oggi un “amaro” Humphrey Bogart di “Beccatelo qua”

Bacall Bogart Monre

di Stefano Falotico

Ieri, è stato il turno di Robin Williams, oggi della divina e grande Lauren Bacall, miei “boccaloni”…

Insomma, i soliti (ig)noti… A te come va la vita? Passi le notti in bianco? Sì? Di mio, preferisco il “riso” con un po’ di formaggio. Una “g(r)att(at)ina” e va giù in un bicchier d’acqua. Amo di più però il “riso” cinese agro-dolce alle risa degl’ipocriti occidentali.

In Oriente, infatti, il tasso di suicidi è parimenti proporzionato al pullulare delle varie filosofie del “cazzo” sulla trascendenza. Almeno, sono onesti col mo(n)do di “vederla”. Mah. Di mio, so che quando sei (a)sceso, è un inferno peggiore di questa vita, non ci sono Jodorowsky che tengano di “montagne sacre”.

Questo è un regista cileno e non cinese, va (am)messo, (tu vai a messa?), ma tanto tutto il mondo è paese, una volta morto, che ti sei buttato giù dall’Everest o dal monte collinare, “verdeggiante” del Machu Picchu, sprofonderai comunque nel tuo “sito” archeologico, detto comunemente e “volgarmente”… (lo)culo ben “piazzato”. Ma dagli abissi, da laggiù, si respira un’aria “paradisiaca” di pace. Anche di pece.

Di mio, ho scalato molte “montagne”, ho raggiunto la “cima” della “piramide”. Azteca, egizia, incas? No, della “minchia”. Molto da croce celtica del guerriero che (non) ce l’ha fatta e, fra l’alt(r)o, non vuol neanche “farsele”. Tutte queste donnacce, da me, riceveran sol che “bo(rra)cce”. Le “annaffiamo” un po’ e quindi se lo “sc(r)ol(l)assero”. Giù un’altra. E un altro dal “balconcino!”.

Io non credo nelle scale gerarchiche. Credo nelle ricadute, dette “cascate”. Sono bellissime. Come si chiama, pure, quel film del cazzo con quella figa della Madonna che fu la Monroe? Niagara! Quei film ove aspetti solo che lei si “bagni”. Film scassa-palle, ove non succede mai nulla se non seguire le vicende di borghesi più annoiati di te, tendenti al “ricco” di pancia e Spagna o Francia basta che magnino! Tanto, la moglie è in vacanza.

Sì, sono depresso. Presto mi seppelliranno, infatti, nel luogo ove ci son i c(ipr)essi. Il cimitero? Crepa tu! Mi riferivo al mio becc(hin)o. Sì, vorrebbero tutti beccarmi e cogliermi in “fallo”. Ah, le donne, gira che “se li rigirano”, amano il “pollice su” di un buon film meglio se guardato sul (di)vano con uno, di “girini”, che “alza il volume” di “mano”. E, guardando-guardando, scopriranno parti “profonde” che a prima vista non colsero. Io invece colsi subito le “collinette”.

Sì, la maggior parte della gente non capisce un cazzo di Cinema. È un passatempo per le “passerine” che intanto se lo (s)passano e per chi se la spassa. Non so se è una passerona, a me sembra una racchia. L’importante, se è racchia, dunque pure cornacchia, è che non metta il “beccaccio” su “tutto” perché desidera che tu la “buchi”. Fidati, amico, è una drogata. Lasciala in quel covo di corvi, è un’arpia, non un’ape dolce, e “fumatela”. Non intossicartene. Se vorrà provarci, fai finta di niente, tanto è una ninfomane pure frigida e già finge di “sua”, svia il (dis)corso e tossisci. Un “colpetto” di tosse e dalle così una botta(na). S’arrabbierà perché le hai dato, pur non dicendole una parola, della zoccola ma, tornando a casa, nella tua topaia, capirai che hai fatto bene a non (inon)darle il tuo topo. Che voleva “quella?”. Che, dalla patta, uscisse penetrante a rallegrare la sua (s)figa da donnetta che non sa riparar nemmeno una toppa? S’accoppiasse con uno che poi la accopperà. Comunque, di coppe stava ben messa, ma è grassa, mangia troppa “coppa”.

E di chiappe? Io penso alle mie, cari lacchè paraculi.

Ora, “veniamo”… a noi. Lauren Bacall era una signora, mica di queste bagasce di oggi. Delle “metronotte”. Eh sì, quelle “misurano” prima di dartela. Non importa che tu ce l’abbia lungo, guardano subito se il conto in banca è “grosso”.

Amico, datti al b(r)anco e bevici sopra. Sputale pure in faccia se tornerà a volerti “ubriacare” di “fin(t)e”.

Sì, sono come Humphrey Bogart, non a “cazzo” il marito di Lauren Bacall.

Humphrey, mie “bocchinare”, era di bocca bona.

E, aspirando una (siga)retta, “tirava” di “brutto”. Sì, era brutto Humphrey. Ma basava tutto sul fascino dell’uomo taciturno che deve “chiedere” solo ammiccando di labbra “umide” su fronte aggrottata da torvo. E di notte amoreggiava d’amarognolo, cari miei mariti che “marinate” le vostre “mogli” soltanto per dar il “maritozzo” a una di “panna montata”. Un’amante che non vale un cazzo. Perderete sia la moglie e sia il sapore.

Invece, Lauren non perse Humphrey. Stettero sposati per molti an(n)i.

Lui, però, prima di lei morì. Sì, un uomo (non) come me. Vado da una, le dico una cazzata e lei: – Me fai mori’…!

Oggi, toccò a lei, miei tocchi. Io mi “tocco” di “toccatine”…

Come diceva Totò nel film di Monicelli, miei da A(r)mate Brancaleone, capita a tutti, prima o poi.

Oggi a te, domani a te, a me no.

E, se vuoi ammazzarmi, totoiano te lo sbatto nel popò.

“Fumandomela” da Bogart.

Ora, con tutto il (ris)petto per Humphrey. Lauren era così così, meglio la Monroe, che comunque era scema e (non) capiva “al volo”.

Ma, comunque “la mettesse…”, lo p(r)endeva.

Finiamo(la)!

Sono stufo della gente che su Facebook fa i memoriali sugli attori morti, non perché non sia giusto commemorarli, anzi. Mi par un gesto di estrema stima e gratitudine nei confronti di persone che ci hanno regalato forti emozioni. Ma questa moda degli R.I.P. mi par più un vanto di gente (in)colta che, citando la sua commozione (cerebrale), finge di (dis)piacersi, così il prossimo lo legge e pensa: che grande uomo, si (dis)piace nel celebrare un morto famoso. Peccato che non sia coerente il nostro grande uomo. Quando muore un suo conoscente, semmai, per evitare che gli faccian domande impertinenti sulla sua scomparsa o sulla sua (di)partita, occulta pure il fatto di averlo conosciuto: chi? Ah, quello. Sì, un mezzo coglione. Evviva la (s)figa, tanto il mondo è sempre andato così.

Bogart Bacall

 

Personalissimo omaggio a Robin Williams (1951-2014)

di Stefano Falotico

Robin Williams

Ebbene, anzi malissimo, purtroppo è morto Robin Williams.

Ma non è morto, appunto, di morte “naturale”. Bensì, sebbene la stampa americana, che ha diffuso stamane la notizia, ancor non possa pronunciarsi ufficialmente, poiché deve aspettare prima l’autopsia, pare che il nostro amatissimo Robin, sì, noi cinefili lo chiamiamo solo per “nome(a)”, si sia suicidato. Probabilmente, si è impiccato, asfissia…

Ecco, quando una persona si suicida, le cause che stanno dietro questo gesto non potranno mai essere individuate con certezza. Sì è suicidato lui, non gli altri. Gli “altri”, al massimo, potranno, come già “doverosamente” han (dis)fatto, allestire tanti “didattici” memoriali funebri, in cui, citando le sue migliori interpretazioni, commemorandolo attraverso la galleria dei suoi indimenticabili personaggi, non faran altro invece, a mio avviso, che indurmi a una tristezza ineludibile, una tristezza sconcertante, glaciale da inaridirmi anche in un “lapidario” prender ancor più coscienza che, agli occhi del prossimo, una volta morti, siam soltanto un R.I.P. banale, in memoria non tanto dei posteri, quanto a “cele(b)rità” dell’articolista più sveglio, “vivo e vegeto”, in grado di scrivere l’articolo più “colto” e “furbo” per agguantare il plauso alla sua panza tronfia da trofei. Insomma, la vita del grande Robin s’è “scremata” d’incenso, e i “giornalisti” pensano a “stamparlo”… nero funereo su bianco cereo, incensando sé stessi, da sciacalli nello sfruttar l’ennesima tragedia altrui a conferma agghiacciante del semplice ma vero proverbio latino mors tua, vita mea.

Ecco, molta gente crede che io sia un sensitivo. Io sono (ir)razionale, e non credo alla veggenza o ai poteri paranormali, a quei prefiguranti eventi futuri che, come in tal “caso”, (im)mor(t)almente si rivelano poi tragicamente reali, come se, appunto, un effetto (ir)ragionevolmente telepatico, di “morte in diretta”, avesse squarciato la tua anima, “illuminandola” di una morte poi così “annunciata”.

Robin Williams soffriva da anni di grave depressione. Eh sì, una “malattia” che vien dall’ignoranza di massa spesso scambiata addirittura per fastidiosa malia. Perché questo “male oscuro”, ch’è la depressione, par sinonimo di stronzaggine agli occhi della gente “comunemente” mortale e (im)morale, è soltanto il condannabile (cap)riccio di un’anima troppo viziata.

Dinanzi a tali oscene mentalità, oramai che abbiam varcato il nuovo millennio da un pezzo, credo che i pezzi di merda siano loro. E da me meritano, a virtuosa, non retorica ma purissima verità, un orgoglioso, personalissimo “cordoglio” senziente davvero (a) Robin Williams. Il resto sarà una “processione”, questa sì, spettrale da morti viventi, d’una sua filmografia “puntigliosa” nel lor elencar i momenti belli da ricordare…

No, io non starò a citarvi la sua biografia. Procedendo indietro nel tempo nel risalir ai suoi esordi, enumerando i suoi attoriali migliori trascorsi. Non “sigillerò”, come von Sydow de Il settimo sigillo, i ruoli per cui ottenne le nomination all’Oscar e di come lo vinse “solo” come Miglior Attore non Protagonista per Will Hunting, nella parte, guarda la fatal assurdità, di uno psicologo che combatte per d(on)ar una visione più ottimista della vita al prossimo.

Se ti chiedessi sull’arte, probabilmente mi citeresti tutti i libri di arte mai scritti… Michelangelo. Sai tante cose su di lui: le sue opere, le aspirazioni politiche, lui e il papa, le sue tendenze sessuali, tutto quanto vero? Ma scommetto che non sai dirmi che odore c’è nella Cappella Sistina. Non sei mai stato lì con la testa rivolta verso quel bellissimo soffitto… mai visto. Se ti chiedessi sulle donne, probabilmente mi faresti un compendio sulle tue preferenze, potrai perfino aver scopato qualche volta… ma non sai dirmi che cosa si prova a risvegliarsi accanto a una donna e sentirsi veramente felici. Sei uno tosto. E se ti chiedessi sulla guerra, probabilmente mi getteresti Shakespeare in faccia, eh? “Ancora una volta sulla breccia, cari amici!”… ma non ne hai mai sfiorata una. Non hai mai tenuto in grembo la testa del tuo migliore amico, vedendolo esalare l’ultimo respiro mentre con lo sguardo chiede aiuto. Se ti chiedessi sull’amore, probabilmente mi diresti un sonetto. Ma, guardando una donna, non sei mai stato del tutto vulnerabile… non ne conosci una che ti risollevi con gli occhi, sentendo che Dio ha mandato un angelo sulla terra solo per te, per salvarti dagli abissi dell’inferno. Non sai cosa si prova a essere il suo angelo, avere tanto amore per lei, vicino a lei per sempre, in ogni circostanza, incluso il cancro. Non sai cosa si prova a dormire su una sedia d’ospedale per due mesi, tenendole la mano, perché i dottori vedano nei tuoi occhi che il termine “orario delle visite” non si applica a te. Non sai cos’è la vera perdita, perché questa si verifica solo quando ami una cosa più di quanto ami te stesso: dubito che tu abbia mai osato amare qualcuno a tal punto. Io ti guardo, e non vedo un uomo intelligente, sicuro di sé, vedo un bulletto che si caga sotto dalla paura. Ma, sei un genio, Will, chi lo nega questo. Nessuno può comprendere ciò che hai nel profondo. Ma tu hai la pretesa di sapere tutto di me perché hai visto un mio dipinto e hai fatto a pezzi la mia vita del cazzo. Sei orfano, giusto? Credi che io riesca a inquadrare quanto sia stata difficile la tua vita, cosa provi, chi sei, perché ho letto “Oliver Twist?”. Basta questo a incasellarti? Personalmente, me ne strafrego di tutto questo, perché sai una cosa, non c’è niente che possa imparare da te che non legga in qualche libro del cazzo. A meno che tu non voglia parlare di te. Di chi sei. Allora la cosa mi affascina. Ci sto. Ma tu non vuoi farlo, vero campione? Sei terrorizzato da quello che diresti. A te la mossa, capo.

È retorica! Ma il film Will Hunting è melodrammatico e comunque funziona…

Molta gente sostiene che io e Will Hunting siamo molto simili, due (ri)belli abbastanza cinici, forse troppo romantici per credere al buonismo, questo sì, invece, deleterio, ipocrita e maligno. Perché fa tabula rasa del prossimo, spersonalizzandolo e trattandolo prima da “grande” se dice a metà la nudità di chi noi siam, e si dà alle cos(c)e giuste, “sane”, che non arrechino (di)sturb(at)o, insomma, la gente ti lecca il culo se sei ruffiano e omologato, se fingi spaventosamente di essere “felice” come tutte le persone “brave”. Ma, se invece sveli il vero tuo profondo, lacrimando di obiettività, anche di durezza spietata, non solo verso il prossimo, bensì rivolto soprattutto al tuo (av)volto(io) che (non) ti piace, confessando le tue fragilità, le tue paure intime più nascoste, insomma, proprio la tua vulnerabile e sacrosanta umanità, la gente… sapete che fa? Ti manda a cagar’! Questa è la triste verità.

Ecco perché sono depresso. Perché questo mondo è sbagliato, è orrendamente “sbadigliato”, anzi. Cioè, appena riveli il tuo “malessere”, ecco che qualcuno ti “porge” uno sbadiglio e anche uno “schiaffo in faccia”, definendoti “sfigato”.

Perché le tue sono chiacchiere, la vita è questa e devi accettarla.

Invece, io non l’accetto. Sono uno “psicotico”, “socialmente pericoloso” e tanto di diagnosi lo “attesta”, “grazie” a teste psichiatriche con le “palle” al posto del cervello, sì, uomini “forti”, che tarpano il volo libero del tuo “uccello”, con la “potenza” abusante di “potere” e di caste non castissime, coi testicoli lor tostissimi, guai a “tastarli”, altrimenti chimicamente ti castrano, sono (in)toccabili…, loro fan e disfano, sì, diagnosi di “schizofrenia e atimia su depressione bipolare”, tendente forse al volo giù dal balcone o al cap(pi)o al collo perché tanto, per come son fatto, lo prenderò sempre in culo, tanto vale che “tagli la corda”. E scappi, perché a questo mondo interessa la tua “anima” solo se sgobbi, lavori “duro” e scopi come un porco, stando zitto e muto. Vai con le mule e io con Dio! Altrimenti, scoperai solo a terra o appeso nell’aldilà… Allora, muoio!

Invece, io non mi arrendo. Non lo dà vinta a questa società di pazzi. Di maniaci sessuali, di adoratori del luogo comune, di piccolo borghesi spaventati da chi la pensa diversa-mente, da chi lotterà sempre per portar avanti le sue idee fortissima-mente!

Io non so però niente. Non sono un veggente. Non so neppure “vivere”.

Stamattina, prim’ancor ch’apprendessi della notizia della morte per suicidio di Robin Williams, ero a un bar. C’erano pochi clienti. Il caffè era al solito amarognolo come il mio cuore, ma basta “zuccherarlo” e il gusto della vita puoi riassaporare più “dolce”. Tristemente addolcito se lo imbottisci… di farmaci e allorché diventa schiumoso di salivazione con “bava alla bocca”. Ma (lo) bevvi tutto… di un fiato! Molto affaticato, fighissimo! Sfincato, pressochè spacc(i)ato, inculato. Ma vaffanculo!

Eh no, non me la date a bere.

Ecco, circa un mese, fui colto da un enorme sconforto. E, a tarda notte, telefonai alla polizia, dichiarando che volevo farla finita ma, prima di ammazzarmi, ed ecco il perché ho telefonato alla polizia e non al Pronto Soccorso, volevo chiarire con “essa”, essendo, come purtroppo credevo, deputata… d’organo istituzionale, presumevo, (in)felicemente “giustiziere”, volevo parlare dell’ingiustizia atroce che m’ha condotto a così intristirmi tanto da voler mollare…

Vengo tenuto “sul filo”… del rasoio perché devon accertarsi che, nel frattempo che potessero arrivar le “alt(r)e forze” all(in)eate, sì, i “rinforzi” che m’avrebbe davvero “rinforzato” di (co)raggio, io non potessi commettere gesti inconsulti. Dopo una quindicina di minuti al telefono, ecco che suonano alla porta. Il poliziotto, dall’altro cavo telefonico, però mi “(co)stringe” alle “(st)rette” di non chiudere la cornetta. Che “cornuto”. Perché deve “appurare” che i suoi colleghi, nel mio appartamento, io faccia “accomodare”. I signori si accomodano e “comoda-mente”, intanto rilassatomi per un cazzo, espongo loro la mia situazione.

Ecco, nel lontano 2008, mi mandarono un ricovero coatto perché ebbi l’intrepidità di ribellarmi a una manica di ma(ia)li. Quindi, andavo “fermato”. E, da allora, è cominciato un calvario, sia giudiziario che ancor più “problematico”.

Sì, con impressionante “freddezza”, esposi ai poliziotti, i quali, tutta la mia storia, a “grandi linee” annotarono sul tacc(uin)o, che sono precipitato in questa “crisi” e ho dovuto patire l’idiozia di gente stupida ché, se alla mia età non andavo alle feste e (t)rombavo scorrazzante “felicità”, afferrando una ragazza per i capelli, sbattendomene…, ero da trattare, appunto, non tanto coi guanti bianchi ma con le pinze… ad annerirmi e spappolarmi.

Bene, ci salutiamo, mi augurano “buonanotte”.

Dopo un mese, avendo loro fatto verbale, vengo contattato di nuovo dal Centro di Salute Mentale, da cui ero stato dimesso perché è tutto “pene” quel che per 5 anni è stato sedato e bombardato, avendo io avuto (e chi ha “dato”, l’ha sol “ricevuto”), questo è il “bello”, ragione da vendere.

Insomma, sono una persona sin troppo “(in)stabile” di mente per non potermi neanche lamentare. Quindi, hanno bisogno di ulteriori “accertamenti”. Certamente…

Ed è per questo che, molto tristissimamente, L’attimo fuggente è un grande film, assolutamente, capitano, mio capitano! Miei cari “cap(oral)i”, che (non) volete capire un cazzo di niente!

 

Ho un segreto da confessarvi, avvicinatevi. Avvicinatevi. Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana, e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento, ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l’amore, sono queste le cose che ci tengono in vita…

 

Peccato che a molta “gente” questo non interessi. Anzi, ne vengono stressate. Interessa solo se stai 8 ore in fabbrica a spaccarti il culo e poi aspettai il sabato sera per rompere altri cu(cu)li… che cazz(on)i. Li pagano con gli interessi, almeno?

 

– Stefano, “sostanzialmente”, tu che fai, “a conti fatti”, nella vita.

– Niente di che… negli ultimi dieci anni, ho scritto quasi una trentina di libri. Non è un’iperbole, sono proprio una trentina. Alcune persone, hanno letto alcuni dei miei libri e mi hanno ringraziato, perché ho salvato loro la vita. Dopo averli letti, sì, hanno compreso ciò per cui davvero vale la pena, e non (il) pene, di vivere.

– Fai “solo” questo?

– No, “faccio”… anche altro. Amo il Cinema, ascolto musica, adoro la bellezza, specie… se femminile, ma mi trovo con 5 an(n)i di vita rubati. Comunque, sto “benissimo”.

– Bene…, con te, comunque, io non voglio uscire. E, se da domani, non ti alzi e ti “adatti” alla scem(enz)a di massa(ie), io ti romperò di nuovo i coglioni…

– E io stavolta ti sbatterò in carcere. E lì, povero stronzo, sarà davvero “rehab”. Così, capirai!

 

Ciao, Robin.

 

Benicio Del Toro è uguale a Brad Pitt versione sudamericana, invero è Pitt identico a Del Toro, perché Benicio è molto più grande di Pitt…

di Stefano Falotico

Benicio+Del+Toro+Guardians+Galaxy+Premieres+VwrRr_F1NvRl Brad+Pitt+Maleficent+Costume+Props+Reception+qza79Y_craNl

C’è un attore che non gira molti film. È accidioso ma, Dio mio, come lo amo. Non ho scritto “adoro”. Leggo sempre questa cazzata, “è un attore che adoro”. Finitela, se vi piace, il piacere fa rima con amore. Non molti lo sanno, infatti, ma io e Benicio fummo amanti segreti prim’ancor che Benicio diventasse famoso e che scopasse Valeria Golino e tutte le altre. Sì, condividevamo una stanza “sudata” in quel del Portorico ove ebbe i natali, prima che si trasferisse negli USA in cerca di poi raggiunta e strameritata fortuna. Sì, io avrò avuto circa quindici anni e lui un po’ di più, essendo Benicio nato il 19 Febbraio del 1967 e io nel ’79. Ora, non vi tornano i “conti?”. Sì, in effetti sto scherzando ma si sarebbe piaciuto che Benicio fosse il mio amante “pedofilo”. Ah ah. Sì, già d’adolescente l’amai nei miei sogni e volevo essere come lui, quindi, perché no, venirne posseduto. Non solo “metafisicamente” di amor platonico da cinefilo di ottimo gusto attoriale ma proprio di (Del) Toro ascendente in Vergine, “(in)teso” sia come me non svezzato carnalmente che come il 13 Settembre, data della mia nascita e dunque di tal “segno” zodiacale che ci sta. Ah ah!

A parte le bischerate, se l’incontrassi, dopo avergli chiesto l’autografo, credo che, da artisti, lui attore, io scrittore, e condividendo dunque lo stesso “gioco d’azzardo”, ci faremmo una briscola in osteria al bar di Clint Steele, personaggio di un mio libro, “Hollywood bianca”, che trovate su ibs.it e vi consiglio, cari conigli, d’acquistare, mentre naturalmente a Benicio glielo firmerei di dedica e un bacio in bocca, non fermandolo se chiedesse altro. Ah ah! Poi, toccheremo di “leccate di culo”, da ruffiani, qualcheduna di “Playboy”, chiedendo a Hugh Hefner di lasciarci “campo libero” nella sua suite più a “cazzo” nostro”.

Ciò per dire che stimo molto Benicio, e gli donerei una notte da “star”.

Credo che questo mio amore viscerale per Benicio, risalga al suo Oscar per Traffic. Un’interpretazione di raffinatezza muscolare, che sa quando azzardare, agir d’impulso, quindi “reprimersi” e star in sordina su carisma inoppugnabile. Un Oscar così non puoi discutere, seduta stante, gli astanti s’alzarono ad applaudirlo e io mi “bagnai”… di lacrime agli occhi, (rim)piangendo la sua grandezza da me in “platea” del mio divano di Bologna.

Quest’anno, dopo molto suo girovagare da pigro fannullone, lo vedremo in molti film.

Ora, il problema è questo. Leggo sempre che Benicio è somaticamente “uguale” a Pitt. Benicio è moro e ha il gozzo di doppio mente mentre Pitt è (all’)“asciutto”, quasi quanto la sua anoressica acciuga della Jolie. Oh, prima Angelina “alzava” attizzantissimo il suo cappero, adesso mangia a stento quello non fig(urat)o di Pitt. Sì, Brad, lo so… oramai ci stai assieme e devi “stirarle” la depressione, quando invece, fino a pochi an(n)i fa, Angelina ti rendeva “ma(s)cellone” a letto, eh sì, tirava quella donna le lenzuola in “brodo di giuggiole” e invece adesso non fa tanto sesso e devi “imboccarla” non del tuo “pappone” da stallone, bensì delle pappine liofilizzate per salvarle il “girovita” sempre meno penetrabile…

Comunque, giudicate voi. E ditemi se Benicio è davvero uguale a Pitt.

Sì, Pitt è uguale a Benicio, e viceversa. E, in questo casino pazzesco, la Jolie diventa sempre più magra, perché sa che Benicio è, oltre che più bravo del Brad, anche più “bo(vi)no”.

Sì, Angelina, un po’ di carne rossa non fa male. Dai, dai, è “grasso” che (de)col(l)a.

 

 
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