Ridanno Heat su Retequattro, vivo solo per il “calore” di Pacino e De Niro, lo rivedrò senza esser rivedibile, e mi suiciderò di nuovo
di Stefano Falotico
Solo i vampiri sopravvivono, gli amanti “veri” si fottano, di mio (non) vivo ma lo rivedo… succhiandomi il pollice “su e giù” da masturbatorio “freddissimo” per i cazzi suoi… e i tuoi “gioielli” (in)castrati
Cos’è un film di Jarmusch versione “falotica” in zona “underground”, molto “giù”, quasi apatico da semi-autistico down ma anche da cazzone “spastico-impasticcato” alla Paul Morrissey, da non confondere con l’omonimo David, “homo” di Basic Instinct 2? No, è la mia visione della vita.
Questa è la battuta di De Niro/Noodles in C’era una volta in America? No, è il mio modo di vedere le cos(c)e…
Ah ah! Invero, c’è poco da ridere.
Credo che, dopo aver (ri)visto per la cinquemillesima volta il capolavoro di Michael Mann, mi ammazzerò sul serio. Ma morirà anche un criminale da me scoperto e che sempre raggirò e di crudeltà agì, grazie a chi (mal) lo coprì. Vigliacco lui e più vili gli altri.
Circa un mese fa, perfino su Facebook, sbandierai il suicidio “imminente”, rimandato perennemente. E me ne frego delle “onorificenze”. Non voglio dediche post–mortem, miei deficienti, da “Era un brav’uomo, quasi un san(t)o di mente e fors’anche un eminente”. Nessuna condoglianza da “Distinti saluti”, miei stinchi di “santi”, e nessuna comare a piangermi “amaro”. Quella è una vecchia pagana e “pagata” che lecca… il gel(at)o al pistacchio dell’aver fatto la “cassata”, tornasse in Sicilia e troverà un arzillo a urlarle, alla “buon anima”, “Aho, s’ ancor ‘nù pez ‘e sticch’”. Eh sì, le rughe dal fascino “caliente” dell’uomo “vulcanico” come l’Etna senz’età che “tenga”. Non voglio neppur che mi cremiate nelle acque del mare. Io so nuotare ma non so amare. Soprattutto me stesso. Mi odio profondamente, oddio mio, che accidia e bassa autostima, e da a(n)ni abissali son sprofondato nella depressione più irrecuperabile e buia, laddove il pianto, no, il plancton è oramai mio alimento “puro” per gli squal(lid)i dementi di questa società (s)porca e di merda. Son affogato forse dalla nascita. Tentar di star a galla, mi è quasi costato, comeNeil McCauley, la galera. Non sto scherzando… e non prendetemi per “schizzato”. Tu, nella tua “balena”, eh sì, “schizzi” e “dentro” lo sguazzi, con tanto di farmi la linguaccia e tue lingu(in)e allo sco(g)l(i)o della riviera non molto illibata ma alla tua superficialità “prelibata” in “affogato” alla scosciata di top–less. Nel senso di “topa”, quasi zoccola, insomma una baldracca, al tuo minimo “sto(r)ico”. Oggi, mangi una fighetta presto “bagnata” e domani sempre più, da cafone e volgare, palestrato ed edonista marcio, ti sorbirai, mio “bagnino”, una nuova “limonata” alla faccia degli “assorbenti” come me, uno che ti bevi in un bicchier d’acqua? No, non c(r)edo, nonostante le mie crepe e comunque crepa, mia capra, io creperò di alta capa e alt al tuo fascista cap(itan)o del cazzo! Salvagente! Odio tutte le genti finte e non son gentile fin(t)o.
È tutta una finta.
Guarda come “(s)viene” di “fazzoletto” solo per rimediar un pompino, si fa passar per “spompata” e vuole la sociale assistenza.
Io le darei un calcio in culo, puttana società troia. Basta(rda)!
Quando è finita, è inutile “tirarlo” per le “lunghe”. Semmai so’ pur delle psichiatre e ti voglion curare dopo essersi (s)fatte incular’ dal direttore dell’apparato di “igiene” e depotnei vostri (e)retti(li)”. Si chiama “botta(na)”. Sì, una che piglia 80 mila Euro all’an(n)o. Che colpo di “culo”. Più che “arrivata”, è per l’“egregio” sfondata…, è una che glielo “(o)mette” nero su bianco con tanto di “malati” da lor lì “assicurati” di “profilassi” con diagnosi appunto alla cazzo per tenerli “buoni” e sedati. E, se si ribellano, devon star sol più composti e lei più “su” sempre “a posteriore” di colui che “controlla” che s(t)ia “tutto” a “posto”.
A posteriori…, capiranno di aver “trivellato” un sacco di gente, sbudellandola di lor “panze”, ammazzandola di farmaci, ma tanto la vita è “bella”. Che “bontà”. Erano innocenti!
Attenti ai “grassetti”, cari uomini “grossi”, e alle vittime che, dal “femminile”, diventano “maschili” di cambio di plurale e “rovescio della medaglia”…
– Ti occupi di scienza penitenziaria?
– Hai intenzione di tornarci? Sai, ne ho conosciuti alcuni che facevano qualche cazzata apposta per farsi ribeccare. E tu?
– Devi aver conosciuto proprio i più stupidi…
– Ah…, ne ho conosciuti tanti.
– Mi ci vedi a rapinare un negozio di liquori con scritto in fronte “Arrestatemi, sono un perdente?”.
– No, in effetti no.
– Bravo… Non tornerò mai in prigione.
– Allora è meglio che tu cambi lavoro.
…
– Quindi, se dovessi vedere me arrivare da quell’angolo, abbandoneresti la tua donna? Senza neanche salutarla?
– Rientra nella disciplina.
– È un po’ superficiale, no?
– Sì, può darsi che lo sia. O l’accettiamo o tanto vale che cambiamo mestiere.
– Io non saprei che altro fare.
– Ah, io neanche.
– E nemmeno vorrei fare altro.
– E io neanche.
– Da un po’, la notte ho un sogno ricorrente. Sono seduto a una grande tavola imbandita insieme a tutte le vittime di tutti gli omicidi su cui ho indagato, sedute a tavola anche loro, e fissano tutte me, con quelle orbite nere vuote. Molti di loro, in testa, hanno un foro di proiettile da cui cola sangue. Altri sembrano palloni per quanto si sono gonfiati. Perché li ho trovati solo due settimane dopo che erano stati ammazzati. I vicini avevano sporto denuncia per la puzza… Insomma, stanno tutti lì. Seduti e composti.
– E che ti dicono?
– Niente?
– Non parlano?
– No. Forse perché non hanno niente da dire… Stiamo seduti e ci guardiamo. Loro guardano me e nient’altro, è questo il sogno…
– Io invece sogno di affogare. Allora, devo svegliarmi e mettermi a respirare o morirei nel sonno.
– Uhm, conosci il significato?
– Sì, avere ancora tempo…
– Stefano, perché un mese fa, chiamasti la polizia, minacciando il suicidio? Sei stupido? Così, ti vai a incastrare di nuovo. Fanno verbale e torni nella merda. Invece, avevi vinto la causa.
– Perché sono come De Niro contro i “viscidi”. E non me ne frega di morire. L’importante è ammazzare il criminale. Era l’unica maniera affinché venisse “a galla” tutta la verità.
– No, no, spiegami. Allora, tu chiami la polizia perché vuoi ammazzarti? Che pensavi di fare? La polizia può fare solo il verbale e poi ti “obbligano” di nuovo a delle cure psichiatriche.
– Sì, è vero.
– Sì, è vero? Ma sei un cazzo di idiota?
– Stammi a sentire. Il Centro di Salute Mentale mi chiama come da “programma”.
– E che succede?
– Presento l’IP della denuncia sporta due mesi prima.
– La denuncia?
– Questa… leggila. La persona, che ha “violato”, è la stessa che mi “costrinse” alle cure psichiatriche, perché all’epoca pensavano fossi matto, non avendo prove “alla mano” delle sue provocazioni.
– Quindi?
– Quindi, muoio io ma lui muore peggio.
Buonanotte…
Kenneth Branagh again: l’inverno del nostro scontento è di Shakespeare o di Steinbeck? Anche Thor lo sa, miei “bar(bar)i” ignoranti, siete il not to be m(ent)ale
di Stefano Falotico
Il mondo di oggi è triste…
Colloquio di “lavoro”:
– Lei, quindi, è laureata al DAMS, conoscerà dunque il Cinema di Bergman.
– No, chi è? Un nuovo supereroe?
– Come, prego?
– Berg-man, sì, è un cinecomic diretto da Peter Berg.
– Lei voleva essere assunta qui, vero?
– Be’, è ovvio, altrimenti non avrei fatto domanda di “assunzione”.
– Senta, (pre)vedo la sua vita veramente “invernale” anche se non è sicuramente una “Vergine” di “Annunciazione”. Oggi, lei ride e scherza e fa du’ pompini a uno come “lei”, “laureato” con tanto di “lordo”. Ma, arrivata a cinquant’anni, credo che sprofonderà nella depressione più “solare” perché tanto “mangiare” porta a “farsi trombare” e basta. Finita la “pacchia”, finirà inchiappettata a riscaldar i ce(n)ci nella pasta. “Evviva” le impestate! E “La tempesta!”. A proposito, domanda di “riserva”, che è lei già in panchina…, ha visto Solaris?
– No, ma ho rifatto il solaio e non sono mai (i)sola(ta), mi riscaldano tutti coi loro “pennelli” solari…
Altro mio scritto venerante il “baronetto” e il regista anche postmoderno di Thor…, giochiamo a torello, miei tori che voleste soggiogarmi?
Il mio re(gn)o per una “cavalla!” Basta con le cavallette, siete ammorbanti. E io voglio che mi siate “mor(bid)e”, sì, miei Otello, son il Moro bello, impossibile e ribelle! Io “(s)ven(g)o” a voi, donne, di “cavalleria”, cadendo “c(r)ol(l)ato” da “cavallo”. Sì, Romeo amò Giulietta anche se era callosa, non tanto calorosa, tra le fredde calli. A Venezia, venne caliginoso e non videro un cazzo né lui né lei.
Prefazione seria, cimiteriale, cari omuncoli tanto finto-felici ché fate ridere i poveri ma, nonostante mi vogliate di malasorte estrarre il cuore, augurandomi il mal peggiore, sebben aneliate a mettermi al rogo arditamente, di gioia (ar)ridente, il contrario effetto opposto, in mio (poco a) posto di (com)battimento, sortite, invogliandomi invece a indur(ir)vi nel sortilegio (non) indottomi, miei dottorini ché, (non) essendo io poco ligio alle regole fasciste, di più provocazioni pigio nel pigliarvi lì, sì, il vostro borioso atteggiamento, miei duci, m’induce sempre a più a essere–non essere un (in)felicissimo solitario ché son (af)franto per tanti scem(p)i, imbecilli che, seppur si dichiarino solari, sol soletto fan arder respirante i miei pori strafottenti, ché siete stampati in serie, alcuni di voi son anche killer ser(i)ali, sì, di notte andate con le scarpe tutte rotte perfino ad attentar le poco virtuose streghe e mi avete davvero rotto il cazzo, essendo io lo stregone dei miei (est)tratti somatici, evviva il ratto, anche bellamente narcisistici, miei somari e miei solipsisti, (e)levandomi a dar(d)o poco dardeggiante, bensì cupo come i lupi, avvolto da mie spire, ché comunque (r)esisto nonostante le intemperie e le tristezze, non spiatemi, ma (r)espi(r)ate la vostra vita trista mentre, in cu(cu)lo, una lupa ficco oggi e domani spu(n)terò ancora da cucù, miei mammoni mammalucchi.
Uh uh!
Il c(imit)ero del nostro tentacolare ver(n)o
L’arida stagione cerea del nostro c’eravamo e ci siam ancora, incenerenti i morti viventi e vivacemente fieri d’esser (s)contenti.
Passeggeri mesti nell’onirico silenzio, crep(it)anti in anime angoscianti quanto della vita davver senziente e pura, per sempre più innamorati fulgidamente e giammai affranti bensì corpi celesti nell’etere fastosa e sfavillante vetustà spiritualmente, vivaddio, ne(r)vosa, ché l’inverno è la nostra poetica, rosea glacialità miracolosa, rinfrescante voi, gli spettri agghiaccianti a volerci assassinare gelidamente con le vostre insensibilità spinose. Ador(n)iamo la pioggia ed eleviamo la melanconia monumentale, sebben la gente arrogante voglia brutalmente disarcionarci, deflagrarci, (s)freg(i)arci, accecarci e ferirci con grandine e da gra(n)di.
No, non abdicheremo alle lor anime stanche, ché son loro i perenni insoddisfatti che, nell’efferato anelar ferreo a dilapidarci affinché ai lor ragionamenti dobbiam c(r)edere, esserne (s)cremati, dunque dall’omertà silente delle ipocrisie violente venir smor(za)ti ferocemente, nell’assoggettarci a tal vi(ri)li, affliggenti uomini putrescenti, innatamente marci nel sol reiterar le originarie violenze d’un loro mondo orrendo “adatto” soltanto ai (para)metri di questa suggestionante immagine repellente alla cui somiglianza mai ci (ar)renderemo, sì, di ribellione vitale c’accendiamo e, infuocati dalla sacralità delle nostre vite così impudicamente violate, alti voliam ancor qua affamati, come co(r)vi alati. Incuneati nelle nostre fiere… anime guerrigliere, imperiture e, d’orgoglio pulsante, nello squittirci di vent(r)i battaglieri e la nostra bandiera, giammai vinta, sventolante il (co)raggio dei sempre vivi, sì, si fregerà d’intrepidità (sin)cera schierata contro gl’indebolenti, tremendi essi vivono!
Noi, am(mant)ati dal furibondo incenso immolante la nostra guerra san(t)a, noi fe(re)t(r)i squillanti di neve brillante e nervi strepitanti la gioia dei nostri scheletri furiosi, gridiam la vita che tal vigliacchi vollero depredarci.
No, non c’impietrirono e dovranno, sì, sol impietosirsi ché le nostre notti son sempre più raggianti delle lor solarità marc(hi)anti e marce. Aride!
Noi respiriamo l’aria solare anche nelle notti apparentemente più nere, (a)spirando dai vostri musi duri l’ilarità frivola delle patetiche e ridanciane buffonerie tristissime e delle vostre ma(s)c(h)eranti cere. Voi mai foste, voi seppelliste, ancor prima che morisse, chi frettolosamente giudicaste triste. Siete voi i sepolti (non) vivi.
Perché, camuffandovi dietro sorrisi finto-allegri, vorreste darci a bere un sacco di fandonie, intanto tracannandovi le “borie” scannanti i buoni ché siamo noi, nostri buoi, che siete voi, a nulla. Intimandoci a intimidirci coi ricatti delle squallide “ricotte”. Invero, sempre più risorti in gloria, beviamo l’acqua linda della nostra intatta e ancora intoccabile, inattaccabile (r)esistenza risorgente e dunque or ancor (a)dorata, rigenerante e vivissima nel baciar di nostre labbra cremisi le viv(id)e, dolci sorgenti dell’amore purissimo.
Noi, ubriachi, fra zampillii di fontane ubicate vicino ai vostri (lo)culi e (s)fottenti la cimiteriale vostra vita già morta.
Noi, crepuscolari che ululiamo al plenilunio, mordiamo e mai demorderemo, non (s)moriremo come voi, preferiremo sempre (non) viver al crepuscolo, gemere all’oscuro di tutti, invero più lucente del vero vostro “lutto”, vogliamo esser lupi e viviamo da duri, lanciando sassi al vostro sesso carn(asci)ale(sco).
Besti(al)e!
Chiudiamo in ridicola bellezza!
Miro, da uomo mirabile e dagl’invidiosi (am)mirato, l’ignoranza di massa che, nonostante la lor “forza” e tutti i lor vi(ri)li sforzi per abbattermi, mi fa un baffo, poiché sono uno schiacciasassi da lupo che perde il pelo ma non il vizio, dunque guadagna ancor più pel(l)i, lupus in “fabula” da “Cappuccetto Rosso”, alla quale di (s)quaglia(ta) (s)graffi(gn)o la fragola, “leccandola” un po’ di prese per il popò, “insaccandoglielo” poi nel “boschetto”, poiché conosco il sesso meglio di voi, che invece lo pigliate sempre nelle cosce, uomini “(in)coscienti”, avendo io letto, eh sì, da cui i miei molti “(e)letti”, non so se (af)fini, l’opera omnia della mia cultura spaziante fra “Romeo e Giulietta” di Shakespeare e lo “spaccato” del mio “duro” da John Steinbeck…, l’autore di “Furore”… Sì, sono uno stambecco, vorreste (s)beccarmi ma invece le donne amano il mio “ubriacone” di Bacco perché delle vostre (in)certezze, miei cornuti, me ne sbatto… saltando di “pel” in frasca su mio “pal(i)o” cavalcante da “romantico” cavaliere in mezzo a un altro paio di gambe “ficcanti” alle palle, ah sì, son in palla, miei impal(l)ati, a ogni (mem)or(i)a (im)paro con lor damigelle d’“onore” a cui voi dovete far il favor di levarvi dai coglioni, che siete, lasciando che lor “signor(i)e” (e)levino “tutto” a me, ché par e (s)piacci(c)o io, unico (detento)re principesco dei piaceri al baci(n)o e al “braciere”.
Evviva Looking for Richard e Al Pacino!
Questa è la mia “corte” ed è un harem perché le mie amanti sanno che non ce l’ho “corto” anche se talvolta scopo da “gobbo”. Ah, ma le scaldo al “camino” e, al galoppo, le cavalco e ingroppo nella “scaloppina”, anche a tavola (im)bandita con tanto di grappa e lor “grappoli”, mie “quaglie” arrosto da groppo in gola. Poi, assieme fumiamo la pi(p)pa in modo rustico, prima d’ancor abbrustolirci in lei che con me fa ginnastica, miei nazisti da svastiche. Ehi, germanico, prenditi la tua spastica e ficcatela! Altrimenti, demente, ti ficcherò solo delle pastiglie. Mangia come parli, questo è il mio pasto e qui ti pesto con tanto di sugo alla genovese anche se il Bardo ambientò un suo dramma a Venezia. Sì, le veneziane sono da (a)mare. Tu sei da amar(ett)o.
A parte le stronz(at)e, che “misurano” quanto sia “dritto” e “lungo”, alla(r)gandosela, avendomi bagnatissime “tastato” dal “vivo” e a cui lo metto umido, non se da uomo eppur con tanto di “elmetto”, ché fa più “tosto”, cari “soldatini” senza corazza ma con molte “cozze”, son uomo di (co)razza. E in tutte “scorrazzo” fra purè di patate, conchiglie e altre (ba)toste.
Perché posso appunto permettermelo, anche quando non me la danno, fan sol dei danni e io volevo invece, da daino e cerbiatto, entrar loro di an(n)o in altri ani anche in ciabatta, e allor la mia mente diventa una “sega” mentale stupenda, ché neppur il più “glande” Carmelo Bene, che fu, Carmelo, “onanista” dei suoi “giochi” di (e)levazioni ed erezioni da uomo che non prende da nessuna le “lezioni”, potrebbe competere con “pene” di questo genial mio essere-non essere.
Abito, che non fa il mon(a)co, qui a Bologna, città felsinea in cui risiedo spesso da “seduto”, essendo io un intellettuale poco ben disposto alle “socialità” che invece “coinvolgono” voi, miei “bradi” e “bravi” uomini sempre frenetici e “indaffarati” dietro scartoffie frustranti, con tanto di “capo” chino ma a lui inchinandovi, dovuto al “fallo” vostro (non) vivente della “fatica” che sogna… sempre la figa, bestemmiando però in cuor vostro, rancoroso e inacidito, le vostre rabbie abbaianti, compatendovi ché io mai vi compatirò, bensì userò il “compasso” combattivo e (s)battente per accerchiarvi mentre una di fondoschiena al “goniometro “ripasserò” per s(t)ud(i)arla meglio, analmente “analizzando” ogni movimento “tettonico” della sua “vulcanicità” ero(t)ica, spesso però spentasi per colpa del moralismo cristiano che la indottrinò a perpetua “casta” nella frigida castigata, sì, timorati e timorate, urlate contro il Dio “maledetto”, che considerate il cagionatore di tutte le vostre sfighe, e la vostra vita, mesta, tristissima, patetica, (r)assegnata sol a firmar assegni per pagar le bollette nel “contemporaneo” status sociale deprimente e lamentoso perennemente, mi sa che a puttane andrà, le prostitute a basso “p(r)ezzo” su cui sfogate ogni ansia vostra soffocante. Ah ah! E il capo appunto (vi) fa il culo in ufficio! Con la sua segretaria che, segretamente, lecca il suo “cappuccino” con tanto di “schiuma” e labbra sia sbavanti che sbevacchianti. Eh sì, pur di guadagnare lo stipendio, la segretaria “beve” tutto… zucchero di “canna”, facendosi “inzuppare”. Tanto a lei basta che, di (Pan di) Spagna o col bacio alla francese, il direttore (non) la paghi. Non sono eleganti come i francesi e neppure come gli inglesi. Lei glielo “marca” in lui francobollante rettale ma a “pen’” sa scrivere una “letterina”, nonostante sia di bocca “bona” a (o)mettere il “timbro”. Chiaro, miei “(e)retti?”. Non siate sordi ma vocali! Questa è la società (s)porca e non volete neanche ribellarvi. Siete proprio a “pecora”, belate dunque e accettate il mobbing se al “cor” di massa vi volete far (s)fottere.
Eh già, (s)piace dirlo e a me non “duole” affatto, perché da Amleto, “indagatore” del “torbido”, godo come un matto, follemente “imbizzarrito”, con tanto di “cavallo” d’una calzamaglia medioevale da stallone di razz(i)a, miei “animali” meno(a)mati, sfoderando la “spada” alle donne che corteggio di “fioretto” per “brindar” sia di lor “coppe” che di cap(pell)a di cazzo. M’interneranno in manicomio perché vorranno intenerirmi, “addolcendomi” di pillole, ma chi se ne frega. Nel frattempo, ne avrò (s)fregate tante, “indurendomi” a punt(in)o. Quindi, se sarò poi cotto, non m’importerà. L’importante è la (ri)cotta, ora. Il resto sarà una “rivolta” in caso di spaccar le grate della prigione dopo essermene tante “grattate” senza pigiama ma pigiando spingente come il miglior vendemmiatore di “uva”. Sì, mie “volpi”, sono il lupo. Provate a beccarmi e alt(r)e di “botte” beccherò in “flagrante”…, che fragranza, state al “fresco” e io sto caldo “dentro” sbott(on)ante, mie bottane. Non borbottate! Questo è l’urlatore alla (s)barra di “cioccolato”.
Io uso bene la (cer)bottana!
Son uomo passionale, voi invece incarnate solo la “Passione” da poveri Cristi.
Adesso, dopo (non) essere andati a controllare su Wikipedia, avete capito il quesito?
Ancora no? Allora, siete proprio dei ritardati.
E ben vi sta!
Il Fascino Bono di DiCaprio, col codino che parla di sua carismatica Vox
Prendetemi per matto, adoro Leonardo DiCaprio.
Emana un fascino bestiale da indur(ir)mi a credere che io sia omosessuale.
Forse, lui è innamorato di me e ci dispiace per gli altri ché sono tristi!
Interstellar, FULL trailer
Interstellar, con(si)d(eraz)ioni a “freddo”, un mio amico sostiene che io e McConaughey siamo fratelli di sangue originatisi dal “Solaris”-feto di 2001: Odissea nello spazio
di Stefano Falotico
Ebbene, è uscito il full trailer del film più atteso dell’anno, Interstellar, ça va sans dire. Appena uscì, qualche giorno fa, di congiunzione astrale in mia Luna di traverso, eh eh, ironizzai parecchio su questo Nolan, contestandogli innanzitutto la scelta, quantomeno bacata, di poter permettere ai suoi fan di entrare nel sito ufficiale del film (iper)annunciato, solo previo immissione dei codici “segreti”, cioè 07201969 oppure 20 LUGLIO 1969, data dell’allunaggio dell’Apollo 11.
Questa mi è sembrata una “navigazione” altamente stupida. Un’idiozia di proporzioni co(s)miche, un vezzo “autoriale” da puro Nolan con la “testa fra le nuvole”, come si suol dire, una leziosità inutile, d’una sofisticatezza appunto da uomo e artista lunatico oltre le mete inimmaginabili d’una sconfinata strampalataggine ben al di là dell’incredibile (im)possibilità ai confini della realtà del povero C(h)risto(pher), il cui cervello deve esser “partito a razzo” poiché, montandosi la testa di “calotta” (bi)polare della sua conclamata (de)pressione creativa con troppi soldi “sedanti” su (e)saltato, fa “acqua da tutte le par(e)ti”, anche nostre gastriche d’allagarci di sua pedanteria superflua da Superman, sì, appunto, ché il viaggio “esplorativo” nell’official page del “capolavoro” (in)discusso, venga già in mo(n)do autoreferenziale (conta)minato da tal “giochetto” citazionistico, criptico da “Infinito” di Leopardi, mescolato all’ignoto profondo dell’eremitico internauta (ere)mitico, che pure gli regge il gioco e la cloche di tal alzate nolaniane-“neuronali”, mi sembra una mostruosità “pubblicitaria” peggiore delle orecchie (dis)umane dello Spock di Star Trek del Leonard Nimoy più in forma e “deforme” che fu, eternamente eterico d’orbite mentali talvolta troppo sognatrici nei sofistici, irrilevanti voli pindarici. Sì, Nolan non è tanto a posto, ha perso qualche rotella, eppur ha girato questo filmone “gravitante” in una navicella. Speriamo che al pilota McConaughey, durante il viaggio, non saltino in automa(tico) le cervella e, abbandonando ogni ambizione “elevata” da astronauta robotico, decida solo di fare il “pipistrello” umanissimo nella catwoman Anne Hathaway, urlandole, libero dagli sguardi indiscreti dell’equipaggio:
– Ehi, Anne , voglio esserti “duro” di an(nu)ale epocale come il monolito di Kubrick, “evolut(iv)o” di “crescita” soprattutto sessuale, forgiando la tua attricetta educanda a mio maschio rudemente nudo e crudo, regalandoti la scintilla vitale del significato dell’esistenza imperscrutabile nello “scrutartela”, sì, ora, ti sarò scimmia, poco sapiens sapiens, ma molto Neanderthal tutto dentro di mio “albero” secolare in noi fra le l(i)ane, un po’ da maiali, sì, dai, per toccar vette sublimi d’un piacere fottutamente bestiale. E le ascelle poi ci gratteremo, dopo i fisici entropicamente (com)penetranti da laureati entrambi in Astronomica Fi(si)ca, a noi poi qui (disgi)unti, io, fighissimo, e tu, spaziale figa, appunto, ché per troppo tempo studiammo il cielo a farci il culo, ma rimanemmo a “digiuno” del vero senso intimo, “intrinseco” delle bellezze nostre uman(istic)amente sol da “introiettarci” d’amore animalesco perché, in fondo(schiena), siamo mammiferi e, “gratta gratta” (ci cova la gattona o sarà s-figata “cicogna?”), alla fine arriviamo sempre “lì”, all’erogene zone del nostro calore vulcanico a scop(pi)o per “buchi neri” esplosivi.
Ora, donna, dammi un fiammifero e accendimi di nuovo la “fiamma”… della (siga)retta, ché il “retto” tuo mi ha fatto… scop(pi)are oltre ogni mio più sogno stellare. Mi hai (s)pompato. Ah, che pompino! Devo rilassarmi, (s)fumandomela.
Anne Hathaway, a quel “punto” G, comprende che lei è appunto una “stellina” da “orso” polare, ed è stata abusata visceralmente dal suo “maggiore” (di)venuto come Alien.
Anche lei è stata contagiata dall’alienato maniaco, lo “ficca” in gattabuia della cambusa, lo brucia del tutto, dopo averglielo “arso” e “mangiato vivo”, leccandosi comunque i “baffi” da (ri)cotta donna gattesca non affatto disdegnante però il “lupesco”, tanto lo(r)dato di Master da cervello “sviluppato”, probabilmente vegetariano, visto il pallido, emaciato viso di Matthew-faccia da schiaffi, quanto primitivo da pervertito mostro velociraptor di “uccello carnivoro”, che perse il pelo ma non il “vizio”, e lei, da cagna e irredenta jena ridens, lo afferrò per i jeans, fu st(r)appante, poi per le palle lo “azionò” e dunque con la pala del “ventilatore” glielo tagliò, (in)castrandolo, quindi lo “riscaldò”, gettandolo nello spazio davvero “vuoto” e, non come la sua “riempibile”, della galassia senz’alcune lattee sue tette scultoree (ma che “laguna”) da “alzabandiera” del bono (s)fottuto in quant(ic)o bue-asino ma solo laggiù or nel buio tremendo d’una “botta” eterna in corpo vagante e mai più “solare” nel “triangolo delle Bermuda” da Hathaway umida, ignuda, prima “divoratrice” e poi bella(mente) stronza a far cader il “cascamorto” nel basso perennemente “v(i)olante”.
Senza ossigeno e dunque, a “fuoco lento”, asfissiante. Ah ah!
Sì, l’umanità, nonostante Einstein e le teorie varie della relatività del cazzo, mai messe in pratica, è rimasta sempre ferma al “take it easy” (stra)fottente!
Sì, nel 2014, vai da una donna, le porgi una poesia con tanto di rosa e, per far(ti) (la) bella fig(ur)a, le presenti il tuo “curriculum vitae”, elencandole tutte le lodi. Lei, da lordissima, non te la dà, ti guarda, ridacchia e poi ti grida:
– Me ne fotto… che tu sia un chimico astronomico, vedi di cadere dal pero! Vuoi le mie pere? È inutile che ci giri attorno… Prendi il tuo “sputnik” senza “countdown” di preliminari e sbattimelo “up”. Fra noi, non scatteranno mai le giuste chimiche! Attento a non andare in a(va)ria, coglione!
Altrimenti, vagherai tutta la vita in modo tormentatamente doestovskijano alla ricerca della tua amata perduta come nel film di Tarkovskij. Fai meno il “russo”, ma USA(mi) e gettami in fretta e “furia”.
La guerra fredda è finita da un pezzo. Voglio solo il tuo “missile” senza effetti speciali e giramenti.
In poche parole, Interstellar sarà un capolavoro o ci avrà (s)fatto pen(ar)e… solo per un an(n)o senza poi neanche godere una volta “uscito?”.
Siamo ancora in “sauna” d’attesa, aspettiamo che sala (fuori)esca. Ah, Anne, che “pesche”.
Comunque, l’altra sera, mi trovavo nei (ci)pressi di un cimitero “monumentale”. Cadenzo, cazzo, i miei passi a passo, appunto, funebre, e noto il culo della gestrice delle “pompe”. Spero non funebri ma “ascendenti” idilliacamente nella sua “lilla” paradisiaca. Sì, solo ad adocchiarla, è una che resusciterebbe “Ognissanti”, ora capisco perché è qui stata “Assunta”, nel camposanto, come la Vergine Maria di g(i)nocc(h)ia affinché “risorgano”, donando loro la sua “gioia”, caldissima ma non vi giurerei che sia casta e candida.
M’inginocchio “impietrito”, sì, da “pennello” dell’implorarle “Pietà”, già “affrescato” nella mia umana “Genesi” da “Cappella” Sistina dinanzi a tal che porta una sesta grossa come il coppolone. Eva, sono il tuo A(d)amo! Dirimpetto a tal creatura “celeste”, vengo colto dalla sindrome di Stendhal, appunto pietrificato come il Papa quando assistette al “davanzale” di San Pietro (s)colpito da Michelangelo. Dio mio, che tetto(ne). Io però son un piccolo diavolo alla Benigni, un Pap’occhio, in fondo, chi è senza peccato, scagli la prima pietra. Non siamo angeli! Devil in me e costei “lì” mi sta non tanto “angelicata”, per “tirar” su da Beatrice be(l)ata, da necrofila gran figa di Dio, ogni Lazzaro. Sì, è così, è Certo… sa.
(De)mordo, d’infarto sto quasi “(s)venendo” ma non è tempo di morire, bensì di farsi avanti per farmela “sotto”… nel suo “purgatorio” di ben inaugurante darle “pene” didietro e non m’importa se sarà un (amp)lesso “lapidario”, morto sul “nascere” d’eiaculatio precox, non mi (s)freg(i)a se soffrirò da “letto di chiodi” in lei “crocifisso” e poi “sbattuto” nel loculo della mia faccia di “cera” dopo avermi acceso la “candela”. Voglio che sia “duro” sì, sesso fra i granitici sassi, di “marmo bianco” qui, nel ciottolato di lei “bagnata” al cioccolato sgranocchiante per ravvivarla da tal morti ché, comunque costei, mi par testé tosta (ed eccome se mi piace però di purè), morbidamente moribonda al latte (de)col(l)lante, ha un colorito cadaverico, sta sempre chiusa nel suo “nero” (g)uscio, va ravvivata, sì, il Signore è il mio pastore per tal pecorina…
Mi avvicino, indossante anfibi da “metronotte”.
– Ciao, come ti chiami? Non ti sei stancata di star sempre qui sola, lavorando “indurente” ma senza mai Sole “al dente?”. Mi presento… sono l’unico scheletro vivente senza quelli d’armadio, sì, son tutti dei “buttafuori” bastardi, delle bestie camuffate in abiti da monaci, che però nascondono i lor peccatucci sporcaccioni su volti sempre “puliti” e camici “lindi” da “dottorini” delle civette sul comò, io invece incarno, seppur (im)pavidamente, l’ars amandi, “puro” e semplice. Non aver altri cazzi, vivi, morti o vegeti, per i “testicoli”. Non far la maschiaccia, fai solo il mio maschio e “schiaccialo”.
Questo è l’undicesimo comandamento.
E si apriranno le “acque” del nostro (am)mar Rosso!?
– Ok, ma togliti gli anfibi. Siamo originari di tali (in)vertebrati ma ti voglio solo uomo…
– Sembri mia madre, sai? Anche lei studiò Biologia ma non praticò mai, dandosi all’algebra astratta per imboccar quelli/e oltre le “alimentari”. Conosci “Tropico del Cancro?”.
– Il romanzo “scandalo(so)” di Henry Miller?
– Sì, anche l’origine della “figa” del biochimico dall’omonimo cognome, Stanley Miller. Grande homo!
– Stan Lee? Quello che ha inventato l’uomo d’acciaio? Senti, “cazzone”, voglio che tu mi s(t)ia stallone e basta. Voglio cavalcarti, mio centauro, come Mad Max.
– Quello è di George Miller.
– Sì, quello della saga. Senti, ho già capito… non sei tanto “lungo”, stai allungando il “brodo” e ora non sono più sciolta per il da(r)do. L’hai “presa” troppo “larga”, dovevi solo alla(r)garmela. Sei uno da seghe…
Dovevi disboscarmi!
– Sai, qui attorno ci son molte piante, piantala, perché te lo pianterò!
– Invece, (rim)piangerai.
– Dai, l’“effetto serra” si sta facendo sentire anche su di te. Stai già “sudando” non tanto “freddo”. Voglio sovraccaricare il tuo buco.
– Dell’ozono?
– No, della “zona morta”. Non ti ricordi di me? Sono Johnny Smith/Chris Walken, mia amata perduta…
– Ora, mi ricordo di te. Ma non insegnavi Lettere?
– Sì. Ma, durante il coma, ho avuto un’esperienza pre–mortem. Il miracolo ha voluto che sia di nuovo qui, di mio (ri)sveglio dei sen(s)i. Sai, quando ero “altrove”, mi son anche laureato da “Astrofigo”.
– In effetti, a (pre)scindere atomicamente da “quello” serra(to), sei una “bomba”. Voglio che tu esploda in me alla faccia di ogni Hiroshima. Dai, ti stavo provocando, scemo, per vedere se riuscivo a tenerti a freno. Ora, puoi non star fermo. Scop(pi)a!
– Ciao, preferisco Enrico Fermi.
– Ah, finiscila di fare lo spiritoso. Sono stanca di queste freddure…
– Infatti, questa è “calura” ma tu rimani una zoccola. Da me, non riceverai alcuna “palla” in “buca”. Conosci Il buono, il brutto, il cattivo? Tu sei brutta, ora che il mattino mi fa veder chiaro…, ti sto (ri)scoprendo sotto una nuova luce…
Vedi… il mondo si divide in due categorie, quelli con la “pistola” carica e quelli che scavano…. tu scavi.
– No, non voglio (e)levarmi dalle pal(l)e.
– Allora, mia patata, solo palate! E non sfiorerò neppure il “grilletto”.
Growing Up, ecco perché amo Tarantino, sì, sono la su(sin)a Uma Thurman alla Tim Roth
di Stefano Falotico
Uma Thurman, (m)usa ché, “ispiratrice”, lo rendi ancor più cazzuto, “facendogli” un baffo con leccata di “mousse” al “tiramisù”
Sì, Tarantino, da una vita da “mouse”, in cui nerd se “la tirava” di brutto, è oggi più “figo” e, dopo averne (s)tirate tante, ha scelto la sua “(s)posa”.
Ora, questa è la mia teoria del suo “supereroe”, Tarantino è sempre stato un maniaco, non solo sessuale, e ogni suo film vi fotte dal tramonto all’alba…
Più si cresce e più si soffre, non credete a chi vi dice il contrario, è un falso oste che vi lecca il culo e poi ve la farà pagare, chiedendovi “quello” salato dopo avervi dato in bocca il dolcetto. Sì, la vita, avanzando, si fa dura e diventa sempre più “duro”, anche teneramente sciolto come un gelato “ficcato” in c… ongelatore dalla presa elettrica staccata. A morsi staccato! Sì, pensavi di aver riacceso la spina e invece sei “fritto” come quello della rosticceria cinese a pochi passi dalla mia abitazione. Una volta a settimana, chiamo questo “Take Away”, ordinando dal menù il solito mio stuf(at)o della (r)esistenza di tal congenito, innato mal di vivere, eh sì, con-gelato appunto e “cotto” a puntino, inclusa la sutura di come me ti sto s(t)ud(i)ando, bottana, in “serra(tura) botanica”, ah ah:
riso al pollo, che sono io, con aggiunta di curry, nella speranza di metter “pepe” a una vita poco (o)carina, spesso da du’ spaghi, quelli con cui m’impiccherò a breve, condendoli con della salsa “agro-dolce” del mio “raviolo” al vapore, più tacchino al limone, proprio “al bacio” quanto la “limonata” eccitantissima, “sexy” da paura simil un semi-pensionato da far spavento per come, inariditosi, una donna capisce a un miglio di distanza che non gli “tirerebbe” neanche se “gliela” porgesse bollente nel ballo da gallina al coccodè su VOV in semi-scosciata e gonna sventolante da maionese della maialina impazzita, per finir in “bellezza” col “gelatone” appunto che s’attacca al fegato e non si st(rav)acca più da te, a ca(u)sa di questa pazza cagnolina che ha oramai per sempre “schiacciato” il tuo “sandwich”, (in)castrato per sempre e non ci saran altre “patatine” a salvarti da tal (os)cena schifosa e “tagliente” di “affettato”. Sì, era forse meglio un sano hot–dog da McDonald’s. Un buon cheeseburger, fottute topoline da for(m)aggio da mandar giù e a fancul’ in un “bocconcin’”. Digerendovi con un caffettino e una bottarella… di “rutto” libero da tutte voi, mie caga-cazzo da du’ palle più dei monologhi dello stesso Quentin, ché spesso son geniali e “ficcanti” ma, (am)mettiamolo, altre volte te li prosciugano. Ah, una “scarpetta” e vai di sug(her)o. Non voglio più star a sentire queste qui, la mia “quaglia” non è come la vostra, ominicchi da quaquaraquà e balletti delle gallinelle. Quentin, sì, talora “spinge” di (ec)cessi in “troppa carne al fuoco” e le sue pietanze diventano indigeste se mesce di troppa roba sapida quanto dunque insipida, il suo Cinema prende una piega leziosa e perde quel fascino “tosto” ché te lo godi come viaggiasse liscio sul “burro”. Un Cinema, quello di Quentin, che deve rimanere un po’ “burino”, fa così più rustico, più mega-puttan(aton)a bestiale da figa(ta) della Madonna.
Quando invece vuol far il “fine”, rischia sempre di far una figura un po’ di merda. Visconti era vellutato, gattopardesco e tradizionalista, animoso ma mai pesante e da (ar)restarti sullo stomaco, lungo e non di noiosità sfinente, Quentin, se ambisce a far troppo il “leccato”, presto stanca come Louis Gara che “viene” dopo solo three minutes later in quello comunque sfondato di Bridget Fonda. Eppur sa(nguina)!
Cari bastardi senza gloria, siamo sinceri e “interi”. Queste donne, che “cazzeggiano” di pettegolezzi da circolo del cucito, che si smaltan le unghie, raccontandosi dei bigodini, delle mèche e ironizzando da maschiacci goliardici alla M.A.S.H., che si scambian i bacetti su (a)mori scambisti, i cui discorsi vertono sempre su “quello” più format(o) “permanente”, hanno davvero rotto le pell’, per dirla alla Lino Banfi, crapa pelet’ ma con du’ coglioni di marmo, care “infermiere” di ferro. Lo sapeva bene Edwige Fenech, di cui Tarantino è sempre stato un “am(mir)atore”, prendendo spu(n)to per i suoi “cornetti alla crema” con tanto di Stuntman Mike.
Come? Non avete capito il mio scritto?
Che c’entra con la crescita? Sappiate e “stampatevelo”. “Crescere” significa fottersene.
Il resto è malinconia. E “le” abbiamo piene di questo Cinema da piagnistei. “Riempitele/i” di “botte”.
– Ora, Uma, pigliati questo puma e ficcatelo sotto il “piumone”. Fammi vedere come succhi…
– Ehi, lurido maiale, così mi fai “male”. Sembri Harvey Keitel de Il cattivo tenente. Non “abusare” troppo, “bussa” più piano.
– No, hai toppato, topa. Sono Mr. Orange, mia pink ché sempre più diventi “red”. E scapperò dopo la scopata. Dopo in te al “galoppo”, mia “scaloppina”, un altro “malloppo” a una a cui, “incuneandoglielo”, quindi inchiappettandola, lo “appiopperò” di “piombo”.
Mentre voi state morendo dissanguati, arrabbiati e al verde non solo di rabbia.
Hulk, al confronto di voi, sembra un signore.
Sono una iena.
I film “(a)sociali”, da La casa di Raimi ad Halloween di Rob Zombie, ritratto di una società che fa “horror”
di Stefano Falotico, uomo (ere)mitico che vive nel “bosco” delle donn(ol)e da Re Mida, orsù, orsi, accendetegli un cero, donna, rendilo cervo e tuo marito cornuto
Questo non è un (in)etto ma è inedia, Stato di tal nazione che deve sgobbare e (de)nutrirsi, mentre io, scopante, “vengo” estenuato. Girando di notte con le (g)nocche tutte rotte, in quanto me le scricchiol(an)o da “mostro”
Basta, ne ho piene le palle? No, svuotato completamente. Che cazzo vuoi?
Sì, una bella “retrospettiva” dedicata, a cuor “aperto”, a questa società sbranante, da olocausto, ché sembra casta, tranquilla, paciosa, e invece fa più paura de La casa.
Col passare delle stagioni, il mio viso si sta “assottigliando” similmente allo scarno e beffardo Bruce Campbell, Ash del reparto ferramenta, memore de L’armata delle tenebre in cui, con “far” da gran (de)mente, “zuccherò” Bridget Fonda, baby che con me crebbe in fretta e furia, “cavallo” del west degli un(i)ti pantaloni in suo “grilletto” a “imbizzarrirmelo” su crescente in lei penetrante, amandola sin sul ventre e bacino rovente, con tanto di vostri scheletri nell’armadio, miei fringuelli da tanti “bacini” ché, nel mentre, v’incazzerete a morte, gelosi di come intanto, nel frattempo e di cremoso frappè, da vostro groppo in gola, la stordisco di mio stornello “volante”, cambiando la marcia di “pompa” per ripartir in sella più “in volo”, mentre voi, lenti come dei cammelli, bevete amaramente grappe e vinelli. Siete dei vecchietti arzilli ma non tanto rizzi! Sì, la bacio di b(r)uco zampillante in sua fa(rfa)lla, accusatemi pur di “fallo”, me ne fotto delle ammonizioni e, da demone al limone, “rosso” lo estraggo ancor di più fischiettando di libero arbitr(i)o su “fuorigioco” di mano morta mia che “insacco” con tanto di montarla e carica al portiere di notte che fa di tutto affinché il “mio” non entri. In albergo? No, semplicemente in una di alto borgo. Sì, “quello” fa il portiere ai cazzi altrui, è un moralista, si facesse il suo, altrimenti credo che lo denuncerò e finirà a vivere nei più malfamati, affamatissimi… sobborghi. Va sputtanato! Ella, invece, zoccola di “classe”, liberatoci che fummo dal coglione di troppo, librò coi miei coglioni da topo di fog(n)a miserabile ché di pene integrale m’inserii, cari in(s)etti miseri (Misery deve morire),“senza permesso” nella sua top(p)a, eppur fumò sia prima, arrostita e riempita come una polla di pet(t)o, emettendo rumori di fondo su me a darle il liquido di co(n)tanti, sia dopo, stanca e ancor fumante in mezzo alle gambe per nostre vene scop(piett)anti, e voi non “venite” ma dimagrite così tanto da esser pelle e ossa? No, non avete le pal(l)e e neppur la carne. Sì, “coraggio”, vigliacchi! Voi non mi sfiancherete anche se in massa “ridicola” vorreste tagliarmi l’uccello…, che invece quaglia… eccome, liscio carbura di burro a tutta birra con un’altra già squagliata, rubata alla faccia da culo vostra, miei “squali, ah ah, siete indifendibili e so di provocarvi la bile. Mangiandovi sol “alzando” il pollice e in lei “elevato” nel levarle tutto anche a “Ponente” di solar orgasmo ardente. Ma che v’abbigliate? Voi non sarete mai come me, il bello, e dovete sol belar in b(r)anco di scolaretti soli, soletti, inculati da pecoroni, ed eccoti la suora, più un calcio di mia s(u)ola. Come te le suono io, neppur “alla evviva il parroco”.
E ricordate: nei parchi, io scopro il porco e glielo faccio, “facendogliela” senza esser parco.
Che c’entra il Cinema horror?
C’entra se sai legger fra le righe quanto tal società fa schifo.
Se non sai legger tra le righe, non sei sveglio e pigliatelo in mezzo alle gambe.
Sì, sono un necrofilo.
Donna, ascolta questa e poi dimmi se non le da(ra)i, dai dai, senza danari ma di baston(at)e diamoci, ecco il bestione: questa generazione mette i brividi. Induce alla depressione. Gli uomini stolti ridono e scherzano, trattando di “malesseri” chi è davvero puramente senziente e io spero di “sentirla”. I crud(el)i ci voglion sodomizzare da malati di mente quando invece i matti son loro e io, (da) “pazzo”, azz, in quanto Ash, me ne sbatto e li mato senza pomate. Van potati, e non è il plurale italianizzato di potato. Quello è potatoes, non ci vuole solo la “s”, mio medio italiano, anche la “e” come “ae” in latino. Aho! Impara il greco e vedi di fotterti meno negre. Altrimenti, te lo faccio. Nero? No, te lo faccio e basta(rdo), senza “coloranti”.
Donna, ora togliti i collant, “incollatelo” e, colando, vedrai la vita in modo meno triste da “c(r)ol(l)ata” di pianto, fai prima piano e poi ficcatelo pur dentro accelerante in notti di note ascendenti, sin quando, asceso e non ascetico, mia scema, lo tosterai tutto grosso e sempre più decollante fin al seme. Sgolati ma non sgozzarmelo.
Si chiama inserimento (a)sociale.
Vaffanculo!
Apes Revolution – Il pianeta delle scimmie
di Simone Martinelli
Devo ammettere che lo aspettavo da moltissimo tempo.
Avevo apprezzato il primo film e, quando ho saputo che ci sarebbe stato un secondo capitolo, non potevo che esserne contento.
Le prime immagini e i primi trailer avevano acceso una speranza in me. Per la prima volta, sarei riuscito ad amare pienamente questa saga. L’ingaggio alla regia di Matt Reeves, alimentava sempre di più questa mia idea. I suoi precendenti film li ho sempre reputati validi, persino Cloverfield che per alcuni è una schifezza immonda. Il tempo si avvicinava, i giorni passavano fino a che non è uscito nelle sale.
La trama è la seguente:
la crescente nazione delle scimmie guidata, da Caesar, è minacciata da una banda di umani sopravvissuti al devastante virus diffusosi dieci anni prima. Raggiunta una fragile pace, essa sarà molto breve, ed entrambe le parti si troveranno sul’orlo di una guerra che deciderà quale sarà la specie dominante sulla Terra.
E ora finalmente posso dire la mia:
ci sono diverse cose che ho apprezzato di questo film, ma la cosa che si nota di più è un eccellente lavoro della computer grafica. L’intento di Reeves era di quello di suscitare una domanda nel cervello dello spettatore: ma davvero non hanno usato scimmie vere?
Diciamo che in parte ci è riuscito. I dettagli delle scimmie sono davvero notevoli ed era tanto che non vedevo un impegno così accurato per quanta riguarda questo settore.
La fotografia fa il suo dovere, rendendo ancora di più realistiche le creature prodotte dalla Imaginarium Studios, casa prodotta da Andy Serkis, che qui interpreta uno dei protagonisti principali: Cesare.
Ma, ahimè, ci sono parecchie cose che non funzionano in questo film. Come per esempio la sceneggiatura. Per tutta la durata del film, la stupidità umana viene messa a confronto con quella animale. Le due stupidità lotteranno parecchio, si faranno guerra, l’unica cosa che può fermarla è una fiducia duratura. Durante il corso della visione, si possono notare un uso scontato delle situazioni e di alcuni cliché e credo che sia proprio questo a non funzionare. Un reboot, almeno per me, dovrebbe avere l’opportunità di offrire spunti nuovi, mostrarti la solita storia, ma sotto una luce diversa. Qui si capisce tutto troppo in fretta ed è un vero peccato. Reeves fa il suo dovere ma non è abbastanza. Complice un soggetto che avrebbe avuto bisogno di alcune revisioni. Il finale lascia intendere a un prossimo film, ma questo lo sappiamo. Spero proprio che verrà confermato lo stesso regista e magari chissà, l’ingaggio di qualche nuovo sceneggiatore, comunque.
di Stefano Falotico
Ecco qui il nostro controverso Bob Marshall con un altro musical. Dopo Chicago e Nine, adesso è il turno di Into the Woods, tratto a sua volta da un celebre, omonimo musical, appunto, di Broadway che era, come è il film, una raccolta delle maggori fiabe nere, come quella di Cappuccetto Rosso.
Meryl Streep è la strega cattiva mentre Johnny Depp interpreta il lupo. Il lupo di che? Anche se, da queste prime immagini, a stento lo riconosciamo. Meglio così.
Il film, a dirla tutta, promette male e vediamo solo molte mele. Ci sembra una pacchianata in solito anonimo stile da Marshall, che secondo me la dovrebbe finire con questi musicarelli sciocchi e ben poco omaggianti cotante favole. No, non è un Cinema da favola, come si suol dire. Personalmente, mi sta sol sulla fava.
Altro passo falso dunque per Depp? Sì, questo lupo è poco affascinante e poco burtoniano. Meglio appunto che si nasconda dietro tal alberello. Il suo mito non è secolare come una sequoia, è già vicino invece a esser stroncato e abbattuto.
Già, la Disney ci ha portato via un grande talento per renderlo bello a tutti, grandi e piccini, privandolo al contempo sia del sex symbol oramai andato (ha anche cinquanta primavere, non tutti le stagioni son fertili) e sia del valido performer fottuto. Insomma, lo ha reso un patetico cartoon.
Buonanotte. E, mi raccomando, sognate i lupi veri. I lupi sanno le brughiere loro, mentre molta gente non prende sonno per colpa delle pecorine. Questa è gente (da) lupa.
Di mio, sono un favolista. Credo che la vita sia discreta se ci raccontiam favole. Altrimenti, a esser crudelmente realisti, fa paura.
Ululate finché potete. Poi verranno notti nebbiose.
Fidatevi, di mio ululo, di tuo invece ti allupi? Sì, sarai una puttana.