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Michael Fassbender, una faccia che sa il fallo, eh sì, suo

Il fascino discreto, ambiguo della anormale, sexy (im)moralità

Il fascino discreto, ambiguo della anormale, sexy (im)moralità

Insomma, un già immortale!

Guardo tal foto di sex appeal sesquipedale e vergo in onore della sua verga:

H detto semplicemente la mia verità. Io adoro le donne, credo di essere etero ma dinanzi a tale foto la mia convinzione vacilla. Diciamocelo, senza remore, qui Michael ha una faccia da cazzo in senso totale e (a)lato del termine. Un TERMINATOR.

 

“Cop Land”, oh dear Sheriff!

Dormi bambino, dormi tesoro, svegliati, cazzo!

Dormi bambino, dormi tesoro, svegliati, cazzo!

 

di Stefano Falotico

Cop Land

 Stringi i denti, agguanta la tua grinta perduta, abbranca le prede fraudolente, spara a muso duro e vendica il torto dell’omertà più criminosa

Nel 1997, presentato al Festival di Venezia, dove stranamente passa pressoché inosservato e accolto con enorme tiepidezza da parte d’una Critica distratta, che forse s’aspettava un normale action, come vorrebbe la tradizione di un film interpretato da Sylvester Stallone, Cop Land rappresenta a tutt’oggi la migliore prova registica di James “Wolverine” Mangold, divenuto celebre invece, appunto, per l’ultima puntata dell’X-Man con gli artigli, alias Hugh Jackman.

Dopo il “semplice” ma acclamato esordio di Dolly’s Restaurant, lo “sconosciuto” Mangold, per questo poliziesco sui generis, coadiuvato dall’allora assai prolifica e intuitiva Miramax, patrocinato dal suo tycoon lungimirante, Harvey Weinstein, riesce ad assoldare un cast delle meraviglie, raccogliendo attorno a sé eterogenei attori di razza, un parterre da far invidia che, oltre ai pezzi da novanta Ray liotta, Harvey Keitel e Robert De Niro, vede fra le sue file “caratteristi” indimenticabili come Robert “Terminator 2” Patrick, Peter Berg (oggi lodato anche, e soprattutto, per le sue prove dietro la macchina da presa, vedi Friday Night Lights), senza citare la bellissima e brava Annabella Sciorra.

Cop Land, dunque, una storia di corruzione e marcio, ambientata nella fittizia cittadina di Garrison. Zona di confine oltre il fiume Hudson, a pochi chilometri quindi dalla Big Apple, New York.

Qui, i tutori dell’ordine si sono stanziati in una sorta di comunità “autogestita”, formata appunto esclusivamente da vigilanti.

Ma qualcosa di torbido accade, lentamente, come spettatori, prenderemo coscienza che non è tutto oro quel che luccica dietro gli incorruttibili, eh eh, “distintivi”. Anzi, è proprio il contrario. Lo status di integerrimi “controllori sociali” è soltanto la maschera “leguleia” per potere, con insospettabilità, gestire piccole e grandi truffe, presiedute diciamo così da un leader a capo di un losco traffico di stupefacenti, ammanicato con la mafia locale.

Forse, tutti sanno la verità, compreso il nostro protagonista ma stanno muti e fingono di non sentire né vedere nulla. Il nostro prtotagonsta… uno Stallone “dormiglione”, sordo da un orecchio, “gobbo di Notre-Dame” che fa lo sceriffo giusto per noia. Perché tanto i vermi serpeggiano, gli sporchi affari continuano e lui sta solo lì a far le multe a chi parcheggia “contromano”, tirando vigliaccamente a campare.

Ma un evento lo ridesterà dal sonnellino… un poliziotto viene dichiarato morto suicida, in verità è vivo e vegeto, ed è l’ennesimo, esagerato inganno di queste notti d’imbrogli e sotterfugi in quel di Garrison. Questa “morte” viene archiviata e tutto par scorrere liscio come l’olio. Ma il Tenente Tilden, un De Niro laconico e beffardo, vuole vederci chiaro, e sarà colui che aprirà gli occhi al nostro Stallone, facendogli scattar la molla per mettere finalmente fine a questi giochetti poco puliti in quel di Garrison.

Negativo, sfumature di cross process, spara Sly, non è un bianco e nero sfumato, ridai colori al torpido nero dei marci!

Negativo, sfumature di cross process, spara Sly, non è un bianco e nero sfumato, ridai colori al torpido nero dei marci!

Inizialmente ritroso, il nostro Freddy Heflin/Stallone, avrà paura ma, quando diverrà il primo bersaglio “facile” e rischierà egli stesso la pellaccia, perché minacciato nella sua incolumità, il film prodigiosamente si trasforma, nell’ultima mezz’ora, in uno straordinario esempio di western metropolitano.

Verrà a galla tutto il marciume tenuto sepolto, e il nostro sceriffo risuonerà in grido “silente” di battaglia, vendicando personalmente i torti durati troppo e ingiustamente a lungo.

D’antologia, a tal proposito, il prefinale. Girato proprio come una sorta di “alba” di fuoco ove gli unici, però perturbanti, suoni che ascoltiamo, sono quelli degli spari perforanti fra il buono contro i cattivi.

Cop Land è un grande film sottovalutato. Che, oltre ad annoverare uno Stallone in una delle sue prove attoriali più mature e camaleontiche, proprio memore del mentore De Niro di “Metodo” diciamo fisiognomico a prender chili per il ruolo, è diretto con elegante e sorprendente maestria tecnica, una mano acuta e puntigliosa che non trascura la psicologia dei personaggi e ammanta la sua opera d’un senso potente di amarezza e ambiguità.

Una perla da rivedere e rivalutare.

Comprarlo è un obbligo morale! Altrimenti, sarete arrestati e accusati del più grave reato. Cioè, una cineteca imperfetta!

Comprarlo è un obbligo morale! Altrimenti, sarete arrestati e accusati del più grave reato. Cioè, una cineteca imperfetta!

 

 

2014 SAG Awards Winner

20th ANNUAL SCREEN ACTORS GUILD AWARDS RECIPIENTS

THEATRICAL MOTION PICTURES

Outstanding Performance by a Male Actor in a Leading Role
MATTHEW McCONAUGHEY / Ron Woodroof – “DALLAS BUYERS CLUB” (Focus Features)

Outstanding Performance by a Female Actor in a Leading Role
CATE BLANCHETT / Jasmine – “BLUE JASMINE” (Sony Pictures Classics)

Outstanding Performance by a Male Actor in a Supporting Role
JARED LETO / Rayon – “DALLAS BUYERS CLUB” (Focus Features)

Outstanding Performance by a Female Actor in a Supporting Role
LUPITA NYONG’O / Patsey – “12 YEARS A SLAVE” (Fox Searchlight Pictures)

Outstanding Performance by a Cast in a Motion Picture
AMERICAN HUSTLE (Columbia Pictures)
AMY ADAMS / Sydney Prosser
CHRISTIAN BALE / Irving Rosenfeld
LOUIS C.K. / Stoddard Thorsen
BRADLEY COOPER / Richie DiMaso
PAUL HERMAN / Alfonse Simone
JACK HUSTON / Pete Musane
JENNIFER LAWRENCE / Rosalyn Rosenfeld
ALESSANDRO NIVOLA / Federal Prosecutor
MICHAEL PEÑA / Sheik (Agent Hernandez)
JEREMY RENNER / Mayor Carmine Polito
ELISABETH RÖHM / Dolly Polito
SHEA WHIGHAM / Carl Elway

TELEVISION PROGRAMS

Outstanding Performance by a Male Actor in a Television Movie or Miniseries
MICHAEL DOUGLAS / Liberace – “BEHIND THE CANDELABRA” (HBO)

Outstanding Performance by a Female Actor in a Television Movie or Miniseries
HELEN MIRREN / Linda Kenney Baden – “PHIL SPECTOR” (HBO)

Outstanding Performance by a Male Actor in a Drama Series
BRYAN CRANSTON / Walter White – “BREAKING BAD” (AMC)

Outstanding Performance by a Female Actor in a Drama Series
MAGGIE SMITH / Violet, Dowager Countess of Grantham – “DOWNTON ABBEY” (PBS)

Outstanding Performance by a Male Actor in a Comedy Series
TY BURRELL / Phil Dunphy – “MODERN FAMILY” (ABC)

Outstanding Performance by a Female Actor in a Comedy Series
JULIA LOUIS-DREYFUS / Vice President Selina Meyer – “VEEP” (HBO)

Outstanding Performance by an Ensemble in a Drama Series
BREAKING BAD (AMC)
MICHAEL BOWEN / Uncle Jack
BETSY BRANDT / Marie Schrader
BRYAN CRANSTON / Walter White
LAVELL CRAWFORD / Huell
TAIT FLETCHER / Lester
LAURA FRASER / Lydia Rodarte-Quale
ANNA GUNN / Skyler White
MATTHEW T. METZLER / Matt
RJ MITTE / Walter White Jr.
DEAN NORRIS / Hank Schrader
BOB ODENKIRK / Saul Goodman
AARON PAUL / Jesse Pinkman
JESSE PLEMONS / Todd
STEVEN MICHAEL QUEZADA / Gomez
KEVIN RANKIN / Kenny
PATRICK SANE / Frankie

Outstanding Performance by an Ensemble in a Comedy Series
MODERN FAMILY (ABC)
JULIE BOWEN / Claire Dunphy
TY BURRELL / Phil Dunphy
AUBREY ANDERSON EMMONS / Lily Tucker-Pritchett
JESSE TYLER FERGUSON / Mitchell Pritchett
NOLAN GOULD / Luke Dunphy
SARAH HYLAND / Haley Dunphy
ED O’NEILL / Jay Pritchett
RICO RODRIGUEZ / Manny Delgado
ERIC STONESTREET / Cameron Tucker
SOFIA VERGARA / Gloria Delgado-Pritchett
ARIEL WINTER / Alex Dunphy

SAG AWARDS® HONORS FOR STUNT ENSEMBLES

Outstanding Action Performance by a Stunt Ensemble in a Motion Picture
LONE SURVIVOR (Universal Pictures)

Outstanding Action Performance by a Stunt Ensemble in a Comedy or Drama Series
GAME OF THRONES (HBO)

LIFE ACHIEVEMENT AWARD

Screen Actors Guild 50th Annual Life Achievement Award
RITA MORENO

 

“Waterworld”, recensione

Waterworld Costner

Apocalisse planetaria d’una acquosa… speranza oceanica…

Acquolina, acquetta, fuocherello, metafisica, (date) fuoco!

Nella virtuosa euforia d’un capolavoro (im)perfetto, inciso nella brama d’un Kevin Reynolds titanico, travolto dalle onde anomale d’un budget esagerato, sproporzionato rispetto alle umanistiche, esaltanti ambizioni, diluite poi dal boomerang dell’effetto backdraft…, affogate “al largo” dell’incompreso, del forse troppo oltre per non affondare con la scialuppa inumidita d’un film tanto inamidato di valoroso stoicismo quanto smorente proprio nel vortice soffocante d’una mareggiante amarezza, cioè il groppo in gola nostro di quello che (non) poteva essere…, qui rivive l’immortale Waterworld.
Alle soglie del nuovo millennio, quando d’imminenza sarebbe calata ammonente l’ora X del 2000 d.C., Reynolds s’imbarca avventuriero in un’impresa quasi disperata. Sono anni foschi, quasi oscurantistici, anche laddove negli anni ’90 la creatura umana ha creduto, scelleratamente dietro un rifugiante raziocinio protettivo, di poter saldarsi ancora alle ancore… delle certezze scientifiche. Invero, il suo Credo è ancor più traballante, torna il mito del Titanic a incupirlo, ad avvolgerlo nella spirale della paura e del catastrofismo, e Spielberg erediterà da Kubrick ogni (in)compiuta intelligenza artificiale.
Uno dei terrori maggiori, che aleggiano prima dello scoccare millenaristico della mezzanotte fatale, è proprio che il Pianeta Terra dalle acque sia irreversibilmente sommerso.
Venezia, la città marina che è il nostro fiore all’occhiello, pian piano sta scomparendo e precipiterà negl’insondabili abissi come lacrime nella pioggia, come Atlantide, mitica chimera o in realtà giacente nell’essere (mai e poi mai) esistita. Queste erano le “previsioni meteorologiche”. Tempo (ig)noto del più antico nostro timore ancestrale, cioè colar a picco, nelle profondità più nere e spettrali, d’un “sommergibile” a timone deceduto in tetraggine assoluta per sempre, per sempre buia.
L’evoluzione a cerchio, ché tanto dall’H2O la biologia del Big Bang c’ha originato quanto ci “liquiderà”. Ah ah.

Waterworld

Reynolds, a “vascello pirata” del suo Prince of thieves, Kevin Costner, signor dances with wolves, ambienta un’intera pellicola “a mare aperto”.
Colombo gridò, coi suoi monchi, “Terra!” ma, malfermi, siamo tutti ossessionati che il nostro tanto celebrato, avanguardistico progresso si ritorcerà a noi in modo universalmente apocalittico.
Concepito come il film dei film, Waterworld fa invece acqua da tutte le parti (?), appunto.
Che razza di pasticcio. Privo di centro di gravità, cioè una trama singhiozzante, un Interceptor rapito dal suo ipertrofico, e malsanamente “anabolizzato”, titanismo esasperato.
Un Costner dai capelli di platino, palmato, un cattivo Dennis Hopper a regger “b(r)anco”, dal carisma unico che c’adocchia sparviero di monocolo imperscrutabile. A salvare la baracca. Ché quando urla, Dennis, e perde la brocca, vale il prezzo del biglietto! Che però affoga! Sono (pala)fitte. Solo il Sole…

Waterworld, trasposizione e convergenza di più miti e leggende popolari, dall’arca di Noè al poterlo anche nostro vedere come un’ideale prosecuzione, invertita, nel senso perfino di perversione masochistica in termini cinematografici, come un Blade Runner al contrario.
Sì, laddove nel capolavoro di Ridley Scott era l’aria a dar carburante alle macchine volanti, qui abbiamo gli “idranti”, e l’idrofilia fa novanta.
Secondo me, rimane comunque un’opera mirabolante. Da premiare, indiscutibilmente, almeno per il fortissimo coraggio d’aver voluto osare l’impossibile.
A costo…, infatti ha incassato pochissimo, di fare flop di plof.

Ma la grandiosità si misura dall’intrepidezza. L’importante è aver navigato…

Firmato, naturalmente, Stefano Falotico

Waterworld 2

 

The Hateful Eight by Quentin Tarantino! Bang bang!

Ah ah!

Ah ah!

The Hateful Eight, il prossimo western di Tarantino, “tratto liberamente”, sui generis oserei dire, da I magnifici sette, a sua volta da I sette samurai, roba da leccarsi i baffi

Eh sì, è questo il titolo provvisorio (?) dell’opus n.8 di Tarantino (non tenendo conto “ovviamente”, non date i numeri dai, a prescindere totoianamente dai due capitoli in uno, forse trilogia a venire, di Kill Bill e dell’episodio di Four Rooms).

La sola idea, geniale come genio Quentin c’ha ben abituati e mai ci tradirà di zucca, cari zoccoloni, mi solluchera non poco. Rifare un classico a sua volta ispirato al capolavoro di Kurosawa. E rispolverare, Nebraska docet, il grande Bruce Dern, appaiandolo all’oramai pupillo di nome(a) Christoph Waltz. Cazzo, ragazzi, scherziamo?

Inizialmente, il nuovo film di Tarantino, stando ai suoi immaginifici deliri, doveva essere Killer Crow, a sua volta seguito ideale di Bastardi senza gloria.

Ma Quentin torna a scalpitare nei pressi del Cinema leggendario dei pistoleri.

E “riesuma” Sturges e compagnia bella di “brutti” ceffi.

Per anni, s’è parlato d’un remake firmato MGM (originale vuole stessa major?). E Tom Cruise spesso è stato associato a questo rifacimento tutt’ora fantasma…

Ed ecco invece spuntar(la) il nostro zio Sam del nuovo millennio, il Quentin a imbarcarsi nell’avventura.

Roba da mucchio selvaggio mischiata al suo stile leoniano e amante, memore del mitico John Ford?

Be’, innanzitutto, parte già il “toto-cast”.

Due dei sette son stati già scelti ma non sappiamo in quali panni entreranno. Waltz, pelato a dovere, in quelli di Yul Brinner? E Dern invece?

Anagraficamente è già vicino a Eli Wallach (c’aspettiamo un cameo se ugly Eli non schiatterà prima?).

Resta tutt’ora apertissima la gara per chi s’aggiudicherà gli altri pezzi da novanta, stalloni di razza. Oh cazzo, ragazzi, parliamo di possibili eredi di Steve McQueen. Non di pizze e fichi, di “fighi” qualsiasi. Dell’interprete de La grande fuga, uno dei film, fra l’altro, più amati dal nostro Tarantino.

E per le “scarpe” di Charles Bronson?

Adesso, fisiognomicamente, non mi vien in mento nessuno che, anche solo di tratti somatici, appunto, possa ricordarmi Charles nell’era odierna hollywoodiana.

Io azzarderei su un casting anomalo. Che della “veridicità” d’analoga età se ne fotte bellamente.

Io piazzerei un Bob De Niro da qualche parte, regalandogli il primo western della sua carriera. Che soffre proprio di questo “neo”. Assieme ad Al Pacino, è l’unico attore dei ’70 a non aver mai girato un vero western. Anche se Heat lo è… e di postmodernismo Tarantino è maestro eccezionale, imbattibile.

Metterei anche un rewanted Bruce Willis.

E tu chi metteresti? Di certo non te.

Tu sei un “topo” da letture all’università con una sciocchina illusa che la vita sia una stupida american beauty. Che brutte facce. Figuratevi a settanta…

Ancora in molti, mal digerite Tarantino, state attenti/e a pulir e rassettar casa ma aspettate il parroco, meno parruccone di voi falsi fascisti, con la cerniera aperta della patta.

Ora, cazzo. Patti chiari, amicizia lunga.

Per essere “dritti” e lunghi…, dovete amare Tarantino. Non è un con(s)iglio, è un obbligo. Topoloni/e!

Altrimenti, da me, solo pugni in faccia. Non ho tempo da perdere a spiegarvi il suo Cinema.

Bene, non ti vado bene? Allora, male(dicimi)!

Beccati infatti, in faccia, lo sparo. E, se non creperai, ti do io (lo) spago.

Ah ah, spaghetti western?

Forse, anche sì, voglio del sangue, del “sugo”.

 

Firmato Stefano Falotico

Assoldato già come supervisore di tal pellicola storica prima che sia amata come si deve.

Come Quentin, Iddio, comanda!

 

I primi 50 anni dell’immenso Nicolas Cage, strampalato, inimitabile, strattonante le tenaglie sociali, ribelle per natura vocativa al terremoto: il mio attore, in assoluto, preferito!

Libertà!

Libertà!

 

Ciò che leggerete vi schiferà. Nauseati potreste contorcervi in risate al limite della vostra putrefazione e gemere, tumefatti da tanto strazio, in antropofagi riti tribali della vostra carne in scatola, assottigliando le guanciotte in goliardie a me sputanti come un pugilatore dalla fiamma ossidrica color rosso-dragone.

Ma, starnazzando, allevierete le mie risate affumicate a ragione emotiva d’adorarlo, del muscoloso mio allinearmene, affilato rasoio elettrico in Nic Cage, il più grande di tutti.

Cafone, porco, rudimentale, istintivo, aggressività fatta natura alata del Man nel suo ghost rider più turbinante. Frenetico, schizzato, miscasting himself, in quanto (in) sé stesso non vale un beneamato cazzo di merdoso. Un beniamino buono a nulla, perciò enorme. L’incarnazione del supereroe e non solo Kick-Ass. Nic ti fissa da pesce lesso e pare dirti “Ti rompo il cazzo, perché mi tira, così mi va a genio!”. E dunque è il mio idolo totale, perché si spappola, vive d’estasi universali a Cuore selvaggio lynchiano, lui lincia la sua parabola cristologica bringing out the dead nel graffiar sanguinandosi, brilliant, esilarante, astounding, amazing, forse il robot Mazinga che si fotte Alice Kim e poi le ordina di servirlo ancora, sì, quella povera cameriera deve “spolverare” e inzuccherare il suo caffè vivente. Nic è trino, triplo e multiplo, anche donna amazzone in corpo di titanio e taurino, poi enfiato,  imbolsito per una Las Vegas da ultimo bicchierino nella figona milf Elisabeth Shue, con la S di “Succhiamelo” e non Z di Taylor, occhi viola, da “violare”, buoni solo ad ammiccar per l’amico “ammaccato”, morto ammazzato di dose letale, Michael Jackson, quel genio del Pop rovinato, secondo me, più che dal suo lecito voler trasmutar d’apparenza bianca, da quella gran puttana, ex di tanti uccelloni, peraltro (altro che le bombe di Pearl Harbor) ambigui, vedi quel pallemosce di Richard Burton, bravo solo a “cleopatrizzarla” nel pancreas di più matrimoni con differenze (in)conciliabili. Che sian morti, il Cinema ringrazia e lautamente piscerò in testa alle loro teste da nababbi incapaci e sopravvalutati.

Preferisco il tentacolare testicolo “millefoglie” di Nic Cage da alias Nicholas Kim Coppola, nipote di Francis e discendente del fumetto, un po’ fra Johnny Cash per esser sbagliato, roco di gola su dizione “daltonica” da rocker e iridi azzurre intonate alla grandezza più spadroneggiante. Presto in Cage il nero dei comics. Forse Jackson Cage di Bruce Springsteen. E tu che che cazzo sai del Boss? Che cazzo canti ai suoi concerti, vaccona!? Vai a fare l’assistente-segretaria per farti fotocopiare di copulate al “bianchetto”. Il direttore è dritto! Nic, meglio Nic tutta la vita! Sposo egli stesso di varie troie, dalla concubina, finta monaca Patricia Arquette, una dal culo così vertiginoso che mi perderei a mo’ di Vertigo in lost highway dell’orgasmo virulento e più “purulento” di pus spermatico, di quelle botte da lasciarla vampirizzata con sguardo da semi-tonta come quella figa della Madonna, cioè di Dio, Elvis Presley, Lisa Marie. Un’altra che Nic ha preso a “sberlona”. Un brutto ceffo(ne) che passa da partner cinematografiche fighe a super mignotte re(g)ali.

Così è, e lo sa la Fulton, a cui ha lasciato un figlio, tanti saluti,e le pratiche di divorzio, con annessi debiti e mantenimenti, può prendersele lì. E stia solo che bona!

Nic compie cinquanta primavere. Sì, dei suoi inverni devono ringraziare Johnny Dep e company.

Se non fosse stato per Nic, Johnny avrebbe visto Tim Burton dal cimitero. Perché, senza la sua raccomandazione, Depp sarebbe morto d’overdose. E neanche avrebbe potuto sospirare uno zingaro da Kusturica.

E voi avete il coraggio di sputtanare questo Nic e lo trattate in tal modo obbrobrioso?

Nic è questo. Prendere o lasciare. Recita così, sempre in quinta, anche sulla sesta di un’altra da “Gradisca”, poi strombazza, guida come un matto, egli è il cavallo, è il friend di Rusty il selvaggio.

Vaffanculo!

Se non ti sta bene Nic, prima devi vedertela con me. Porta fuori la tua bambina. Voleranno botte che è meglio non veda. Anche se poi lo vedrà.

 
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