Charlie Brigante
di Stefano Falotico
La fiamma dell’impossibile sogno arso
Dopo il mastodontico, titanico, esagerato Scarface, De Palma e Pacino tornano a lavorare assieme. E questa nuova reunion genera un’opera di magnificenza prodigiosa.
Una delle vette più alte della carriera di De Palma, ancora forse più “insanguinata” di passione sofferente e sfrenatamente romantica de Gli intoccabili, Carlito’s Way è un apogeo emozionale di tutto il migliore, immenso De Palma condensato in maniera, non manieristica però, corroborante, pregna di pathos adrenalinico, una tragedia che esplode col contagocce, raffinata inquadratura dopo l’altra per una visione che, cronometricamente a scandirsi focosa, stordisce, commuove, esplosiva miscela di melò, azione feroce, di suspense calibrata in scene d’antologia memori del maestro Hitchcock tanto amato e (auto)citato da Brian, il quale, attraverso la perfetta sceneggiatura di David Koepp, imbastisce due ore e mezza mozzafiato, magnetiche, limpida ipnosi immaginifica e vorticosa a permearci, avvolgerci, divellerci il cuore in nostro cardiaco sussultare, tifare per il malinconico gangster incarnato da un Al Pacino stupendo.
Questa è una normale storia di “mafia” come mille altre. Ma la forma, che De Palma plasma nell’intelaiatura di stupefacenti immagini viranti al rosso languido, tramite la caleidoscopica fotografia multicolore di Stephen H. Burum, si trasforma in grandioso Cinema. Detonante.
Il film esce nel 1993. La vicenda è però ambientata nei ’70, precisamente nell’anno 1975.
Charlie Brigante, detto Carlito dai suoi ex “amichetti”, quelli che proprio l’hanno vigliaccamente tradito, incastrandolo, è un ex re dello spaccio di drago infatti uscito dal carcere prima del previsto, grazie all’abilità leguleia dell’avvocato David Kleinfeld (un grande Sean Penn).
In prigione, ha capito d’aver sbagliato vita. E, una volta fuori dalla gabbia, vuole solo godersi a vita la meta paradisiaca d’un grande sogno da sempre sospirato ma che, appunto, gli errori di gioventù, le cattive “compagnie”, le circostanze sfortunate, la sua vocazione a mettersi nei guai e il circolo vizioso scaturitone, questo sogno hanno fino ad ora incrinato.
Così, grazie all’aiuto finanziario del suo avvocato, oramai divenutogli amico per la “pelle”, per poter far quei soldi che gli permetteranno d’involarsi su un’isola dei Caraibi, diventa il gestore di un rinomato locale, “El Paraiso”, tentando di mantenersi fuori dagli affari sporchi.
Ma, quel sogno, che sembrava così reale e realizzabile, lentamente svapora.
Il suo avvocato s’è cacciato in un grosso pasticcio con un suo cliente, un boss a capo di un potente clan. Vicolo cieco…
Kleinfeld agisce di testa sua e la combina grossa, ma non riveleremo altro.
Sveliamo solo che, per questa mossa azzardata e “suicida” del suo avvocato, Carlito dovrà fuggire, ancora…, accelerando i tempi.
Eri tornato libero, Charlie… e la tua ex donna, il tuo angelo biondo, avevi riconquistato per amarla sin all’eternità.
L’esistenza però non dimentica, il passato ritorna, i tuoi occhi gemono prima del silenzio.
Un altro treno sta partendo, un fremito sbuffante, la nostalgia dell’imperdonabile rimpianto.
Capolavoro assoluto.
Nic Cage perché l’hai fatto?
Ora, che Nicolas Cage fosse in difficoltà economiche era evidente. Ma che stia dilapidando anche il residuo talento, fidatevi ne ha da vendere, è quantomeno riprovevole.
A parte l’assai apprezzato Joe, non ancora uscito in sala ma applaudito a Venezia, le sue prossime tre pellicole si preannunciano, come dicono gli americani, tremendous, cioè orribili. Da non scambiare con terrific, che invece “traslato” significa amazing, straordinarie, spettacolari.
Non ve le presento, vi basterà intuirle scovandole su IMDb.
Vi lascio soltanto a quest’anteprima agghiacciante.
Ecco come s’è ridotto il nostro Sailor.
I magnifici sette personaggi della Storia del Cinema
Cosa mi piace nella vita? La megalomania, tutto il resto m’annoia.
Credo che sia sempre stato così e tal divinizzarmi è stato (in)giustamente frainteso. Di come preferii farmi i cazzi miei, badando ai culi altrui, spiandoli di mia gastroscopia in radiografico menefreghismo plateale alle fighe, infatti venivo nei pantaloni “a vista”, su lampo di faccia di merda senza vergogna.
Ecco, penso seriamente che io possa rientrare in tale classifica, appunto. Anzi, primeggerei perché, a differenza di questi pur storici ma inventati personaggi, io sono reale.
E tranquillamente fischietto fra un caffè mattutino e una palpatina di gran carisma. Se poi non mi caga nessuno, si tenessero i loro cessi, basta che il mio sciacquone funzioni.
Il mio decalogo è questo: 1) Amati con del dopobarba dopo che è cresciuto su alopecia di doccia-schiuma balsamica e vedrai la vita in modo peloso, da doccia calda. 2) A Nicole Kidman preferisco Nicola Chilomeno, famoso contadino che coltiva olio nella piantagione del suo “metter” lo “zucchero” a ogni scema di porcellana, insaponandola con la quercia secolare del suo “albero”. 3) Tre per tre fa nove, da cui la “Prova del cuoco”, programma culinario prima condotto dalla Clerici di “besciamella” nelle tettone e ora al ragù su faccia gonfia come lo zampone delle sue zampe da gallina. 4) Quattro assi sbancano a meno che non tiri fuori la carta vincente, quattro asini di solito si accoppieranno col bastone della Scopa fra loro di orgia da “cartai”. Gioco fra pensionati, e non solo, detto Briscola. 5) Dammi il deca, ho bisogno di soldi, stendilo sulle dita anche del piede. 6) Sette nani erano otto perché sette mezzi uomini ne fanno uno più “basso” della media ma forse più grosso per Biancaneve, la suora bisognoso della fav(ol)a. 8) Ottovolante e andiamo al Luna Park tutti pimpanti. 9) Dove vai? A novanta? Sì, moltiplicato per dieci il tuo cazzo potrebbe sodomizzare, per ora resta di quei centimetri e basta. 10) Amo Messi e detesto Maradona. Entrambi puttanieri ma almeno Lionel non si droga.
Comunque, siete delle anime in pena. Fidatevi.
A queste, preferisco l’animale col pene. Forse, usandolo troppo, servirà della penicillina. E su questa “cazzata”, è il caso di “darlo”, vado liscio come il burro…
Ecco la hit:
Marlon Brando/Fronte del porto
Robert Mitchum/La morte corre sul fiume
Anthony Perkins/Psyc(h)o
Robert De Niro/Taxi Driver
Al Pacino/Il padrino (Marlon Brando l’abbiamo già citato, e comunque il film è “suo”, Marlon è solo iconico)
Leonardo DiCaprio/Shutter Island (sì, questa è la sua interpretazione epocale, lui è, a vita e morte, Daniels)
Clint Eastwood/Gran Torino
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)
- Christoph Waltz
Bastardo! - Johnny Depp
Edward - Nicolas Cage
Sailor
“Bad Lieutenant: Port of Call New Orleans”, recensione
di Stefano Falotico
Bad Jaw d’un folle poliziotto borderline, la sofferenza ignoto delle sue perverse notti
Werner Herzog spiazza e questo lieutenant, di sue ossessioni rimescolate dal Ferrara più potente, quando fu presentato al Festival di Venezia, mi sconcertò non poco di perplessità. E gli “offrii” una metabolizzazione di mio (non) giudicarlo ma abbandonarlo “in sospeso”. Galleggiò nel fe(ga)to. Poi, me ne scordai. Apparentemente, la sua scomparsa durò un frame.
Dopo, infiammò virulentemente, rapendomi dentro un precipitoso incubo tornante. Gracchiando in mia anima illividita, screpolato forse me n’invaghii, avvolto dalla sua ipnotica aria malsana, dormiva sereno ed esplose violento.
Aiuto!
Grido perché invaso da un Herzog divoratore, “verme solitario” scuoiante delle mie emozioni cinematografiche lì profonde ora qui riscaturite scattanti.
Scatta in piedi l’imponenza “gobba” di Nic, ti aggroviglia, ti sbudella, fantasma ancor più sporco del Kinski che fu. Evoluzione dell’irrequietezza nel Klaus in gemellarlo di pazzia formato shaker fra Sailor Ripley, wild at heart del Santoro di Snake Eyes (non ferrariani stavolta ma depalmiani) e l’amarezza cristologica dell’Al di là della vita di Scorsese.
Sì, mi ha riposseduto, spossato, disossato e l’anima mia ve n’è stata, con furia, penetrata in fasi alterne, altalenanti gli occhi ghiacciati e blu di tal Nic Cage pavone, pagliaccio, esagitato al massimo, esageratissimo, invertebrato, anfibio, losco, bugiardo, cafone, bastardo, dolce e quindi sbraitante, spastico, macilento, disperato, loffio, affranto e quindi arrabbiato, burrascoso, smagrito e triviale, eccesso fatto carne cannibalizzata dal sé più mio amato-odiato, ecco che spunta d’inquietarmi d’angoscia sottile. Reprimo il volto contorcente di Nic, contatto l’SOS per salvarmi d’esorcismo infermieristico, ma il mio sangue “nitrisce” e gli stringo la mano in segno di patto fedele a nostro unito, argentato nitrato.
Siamo dei feudali alle(n)ati di una congiunta origine alienata. Nic il matto, io il sano, entrambi perciò scopandoci di elettive affinità agli antipodi combacianti su convergenza degli estremi che s’attraggono. Io irresistibile, lui volgarissimo. Che coppia di scopatori di merda. Fantastici!
Non lo vedi di buon occhio all’inizio Il cattivo, traballa quest’Herzog anomalo, rifacimento sui generis, degenerante e (non) ideale del proseguimento di Abel.
E solo adesso comprendo che il nostro digerirlo, mi rivolgo anche ai critici frettolosi nel “detrarlo” dalla filmografia importante di Herzog, sminuendolo di minorità, sia stato un osceno abbaglio. Sì, l’anima di questo grande film, a sé stante rispetto alla versione originaria, comunque superiore col più carnale e spaventoso Keitel, anche nel senso, forse sì, di bravura e aderenza scarnente, risiede nella folle scena in cui Nic, allucinante e drogato di recitazione lisergica, morso dentro, stupido, deficiente quanto devastato, ride sguaiato nella soul still dancing del fantoccio appena trivellato, morto ammazzato dal pusher “duca” ma ballante nel riapparir rapper funambolo di danza magnetica di rapide, immortali gambe.
Una scena che vale il film. Come quando Nic sostituisce Keitel ad abuso di potere, lo potenzia di maggior cattiveria. Se Keitel ricattava le ragazzine con quello storico “Fammi vedere come succhi il cazzo” ma si fermava, Nic (si ) spinge oltre il lecito della schifezza.
Addirittura, punta l’arma da fuoco a una coppietta appena uscita da una discoteca, minaccia il maschietto senza palle, gli ride in faccia, lo paralizza mentre a lei lo ficca non solo di lingua, infatti se la scopa “bello” menefreghista del distintivo.
Val Kilmer sta come uno stoccafisso-soprammobile di però fine arredamento. Presenza “inutile” ma che fa il suo effetto carismatico, anche e soprattutto perché distrutto e imbolsito come non mai. Fra le luci nero-cromatiche d’una fotografia spettrale. Eva Mendes è una puttana nella vita privata. Herzog azzecca la scema giusta, Eva appunto, al Nic ingiusto. Uno che le racconta un sacco di stronzate, solo per leccarla molto…
Questo tenente non è un porco, è peggio, un morto che cammina, un dannato, uno spento che s’accende a botte impressionanti d’un Cage fuori di testa, uno squalo che non fa paura, fa ribrezzo. Perché è già annegato, soffocato, eppur respira e pur urla. Eppure (non) si muove. Non sta morendo, lo è da sempre.
Un patetico lupo innatamente, maledettamente condannato.
“Man on Fire – Il fuoco della vendetta”, recensione focosa
di Stefano Falotico
My name is Crease, orso grizzly, and my art is a history of violence…
… acuminata, balistica di strategia profumo revenge calibrata in ogni minimo (det)taglio, oculato ti spio, ti stano e, quando ti trovo, gemi in una pozza fragorosa di sangue, oh mio brillante in fontane laviche zampillanti, modellate dal plasma virulente d’un focoso silenziatore ficcato a tua anima deflagrata, mio impotente, in mille pezzi da comporre un puzzle per farti ancor più impazzire, nel dedalo del tuo crudele labirinto, orco hai visto comparire dinanzi a te lo spietato demonio. Chi è stronzo?
Simpathy for the devil, il Diavolo è simpatico, sì, quanto può esserlo un nero sputo divino e punitivo in tuo occhio volgare di vetro, qui dirimpetto a me affievolito, teneramente supplicante un madornale perdono di tuo orrore, un pugno che ti sloga il cuore di pietra e l’arrostisce in fiamme gridanti la tua viltà da bestia, flagellante vendetta esemplare tatuata in tuo viscerale marchio di lento terrore… ausculta come, acuito, in tue vene evaporanti, ti stai smaltando, già macellandoti, cannibale, nella cenere del tuo calvario, ticchetta il cronometro, la paura fa novanta, fuggi a gambe levate e altri specchi rompi, linciando da lontano d’altro bastardo turpe carnale che incarni, ma l’orso è in guerra, sta brandendo la tua pelle laida e ci concimerà il suo esplosivo pasto nudo. Esecrabile, ferente d’arder sadico, non ascoltando, insistetti pervicace, illuso di poter scappar da scaltro. Ma la tua furbizia s’è scontrata con un adamantino duellante e la sua ferocità udirai entrarti pian piano come lama a mugolarti in singhiozzi patetici di tuoi slabbrati spasmi. Sono il tuo d(i)ur(etic)o, la morale al di sopra d’ogni etica.
Ora, prova a sparare. Ti treman le gambe, un vago squittio delirante ti costringe a depositar le tue vanagloriose armi. Oh mio carino cane, che tanto azzannasti di canini, dove hai smarrito, adesso, la trappola tentacolare delle tue tenaglie? Non mi dire che, piangendo, dentro stai crepitando. Da te non sarebbe, forte e coriaceo qual sei, resistente a ogni attacco e qui, rapitore, or a rattrappirti, mia cornacchia, da spaventapasseri?
Nuda è la tua boria, invece la mia calma è pacifica, implacabile, diabolica e non ambigua, ubiqua ti penetra, di tuo presto feretro dopo altri tuoi amici già sotterrati in funebre corteo.
Cimiteri a me, riunisco i fantasmi di chi volesti seppellire, giovane e innocente, nel tuo giogo mostruoso in mio invece assassinarti furioso. Sei pallido, ossa e senza pelo, qui c’è il lupo morso nell’orgoglio che, rapido come un affilato rasoio, sta fendendo con imprendibili fendenti. Accanisciti, urla e sgolati, presto decollato in giugulare recisa con nostalgia dell’aver tu immondamente peccato, sarai piacevolmente sbudellato, bucherellato e sbranato.
Inchinati alla maestria, è d’uopo al mio adesso lupone, e poi verrò il dolore di totale tuo svolazzar per aria prima del vuoto. Non sono un poverino né un paperino, semplicemente ti polverizzo, mio ricco idiota damerino.
Ciao. Chi sono io? Colui che appare, durante la festa in maschera nella discoteca dei matti, e da dietro t’afferra con stessa forza tua rivoltante. Prima ti getta a terra e poi sotto, anche se implori.
Ciao. Chi sono io? Un missionario per conto di Dio.
Ciao. Chi sono io? Ora, te lo dico.
Dopo, non sentirai più nulla.
Alla prossima.
Flettendo
Stavo riflettendo sul senso trascendentale del seno.
Questa generazione è ludica di giochi ma poco lurida e dunque sì in senno.