La figa di Al Pacino, 73 anni vs 33
Al dice che la vecchiaia non si vive da soli ma con Lucila Sola.
“A Christmas Carol”, recensione
Ogni racconto di Natale ha il suo spirito che s’avvinghia nell’infausta Notte, eppur dopo il gelo della neve il Cor si rinnova, innervato a vita fastosa di nuovo…
Ora, la festa.
Se da infante, mai leggesti Dickens, d’adulto sarai rattristato e sol che denso d’un rancore mai attenuato. Tu che, pian piano, al codice “binario” del regime sui vanitosi “divani”, non sei più allegro come quel bimbo che, scodinzolando di vivacità, sbattuta in faccia alla tua “fiera” alterigia, ancor t’altera e inalberar ti fa su tutte le furie. Ah ah.
Il più delittuoso criminale della sua anima è Scrooge in tal appunto suo rinsavito rinascere. Scrooge, l’avarizia qui incarnata in un pezzo da novanta, il miglior Jim Carrey di cui memoria mia si ricorda… oh, i ricordi affastellanti fra le malinconie di tal grigio mio castello, evoco di stagioni or sono in cui mi polarizzai depresso come gli orsi dei ghiacciai, come m’angosciai nel lustrato buio “addobbato” dell’abbaiar da lupo alle renne con le “trecce”, morendo per un bacio invece plastificato nell’Inverno più “duro”. Dall’Autunno, il crepuscolo trascolorò in tutto annerirmi e, “anemico” alle passioni sanguigne, mi gelai nell’anima mia sigillata. Ermetico a leccar il “gelato”. Ma, di ritorno al futuro mnemonico, vidi me stesso in tanti fantasmi dal colore “nemesi”. E bestemmiai loro perché specchiavano il mio orrido esser già morto inter(n)amente. Allorché, in tale incubo svegliante, in questo raccapriccio terrorizzante, la mia pelle emozionale rabbrividì. Dove avevo smarrito la brillantezza euforica per già ardermi, arido, nella mia anima fredda di gioie paralizzate, incancrenite, invecchiate, “sbilenche”, gobbe e anchilosate in penombra “accecante” del mio (s)contento? No, così non si gode, si dorme un’apparente, emotiva “fortezza”. Una dimora non varrà mai le tue labbra da moretta, annuso la fragola del tuo scacciato amore e me n’addoloro. Quindi, ora, mi spoglio da ogni bugiardaggine. Io, Jim dal naso pinocchiesco, re insopportabile d’ogni menzogna eremitica soltanto avvilito nel pallore delle mie pavide “vene” di un viver vi(b)rante in quel che (non) poteva essere.
Apro gli occhi, le luci non m’han sbarrato la strada, (s)colpiscon ancor candore mio come angeli a strofinarmi le manine sulla fronte del mio “raffreddore”. Da una febbricitante “allucinazione” reale, eccomi dunque in questa vigilia di Natale a riabbracciare mio cugino. Mio cugino è sempre stato più stronzo del mio Scrooge, ma bisogna perdonare perché la vita è meravigliosa. Lo sa Frank Capra e anche quel geniaccio di Robert Zemeckis, il primo ad aver capito che Gary “Dracula” Oldman è un buono. “Incattivito” perché vale ma Scrooge gli scoreggia il “mobbing” e lo riduce affamato, pelle e ossa. Scrooge capisce il male inferto, soprattutto a se stesso, colpa il troppo rintanarsi e fuggire dai suoi veri, rinnegati sentimenti. Oh, ti annagasti da solo che più solo non potevi senza Sole.
E, col bambino in spalle, benedice da Oliver Twist.
Perché questo film, come il suo protagonista, è straordinario, incredibile, pulsante emozioni che solo gli uomini che hanno sba(di)gliato possono percepire, sentire.
Dunque (com)mossi, ora (ri)viviamo, più forti, più esperti, più “coglioni” o sol disincagliati da ogni (t)remore, dal remoto tormento che torna, da questi moti permanenti dell’esistenza.
Fratelli della congrega, so che la commozione appunto è (in)contenibile.
Voi donne non bagnatevi nelle mutande.
Sono ancora un “porcello”. Nonostante qui il piatto adesso piange, e ho dovuto rompere, oltre che la testa, anche il salvadanaio di porcellana, rimango quel che (non) sono.
Comunque sia, mi son salvato. E quindi vado “salivato”.
Come no? Così è mia ambita!Vuoi la “monetina” per darmela riscaldante in questo 3D preciptosamente “atmosferico?”. Mi hai fatto girar le palle. Non si fa così.
Si fa così. Sì, è vero che Scrooge viene… miracolato ma sempre, “sotto sotto”, un po’ stronzetto rimane.
Perciò, la sua mano va ove deve andare… nella (s)figa?
No, nel mio “anfibio”. Ah ah.
Perché sappiatelo: Scrooge era “ricco” e perse “tutto” per la sua misantropia assai po(r)co generosa. Ma se alla Donna dona delle mimose, rossa la rende di buon mattino e col sorriso della Gioconda.
Rimanendo “nobile”… dentro e anche “didietro”.
Fratelli, applauso. Dai cugino, offrimi il tacchino. Il tuo pollo l’ho già mangiato. Ah ah.
Come dice Jim in The Mask… spumeggiante.
E anche ruspante con gli spumanti.
Brindate, son orso brioso.
(Stefano Falotico)
Stefano Falotico intervista Federico Frusciante in merito al grande John Carpenter
Prefazione in ardente “tizzone”: se Steve Jobs creò il Macintosh, perché io non posso mangiare tutte le mele anche della Big Apple? Eh già. A valutare se davvero “duro” sono, saranno i posteriori per la mia “durevolezza”, ai posteri l’ardua sentenza, a te invece mia bella ecco come lo “senti” arso. Si chiama freddura? Forse una (s)cotta(tura) del mio biscotto. Ah ah.
Forse fallo, forse se la fa là, forse sia. E così Sutter Cane in Falotico mai fallace. Perché, come dico io, saltando di palo in frasca, fresca è la mia quaglia collocata al giusto posto. E cioè rizzo nelle fragoline fresche. Un detto che non vuol dir niente, ma vale per tutte le tette, piacevolmente in ogni boschetto. Ah ah. Ridere, grazie. Altrimenti un risotto in agro-dolce. Fa più salsa e più sale… da cui il film Grosso guaio a Chinatown.
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Se i manga hanno inventato le robotiche forze di Mazinga, se in America han riesumato i cartoni animati dei “Transformers” per un Michael Bay stolto come al solito su montaggio “stroboscopico” quanto a non “scoparmi” nemmeno un po’ di vere, diverse, sanguigne e passionali emozioni, neppure a sfiorarle per un attimo d’imponderabile sua idiozia meccanica e artificiale, io ergo il mio Mister Gigabyte, personaggio raccoglitore di vita (non) vissuta, scaraventata nello sfoderarmi a virtuoso, immane scibile dell’umanesimo, qui cinematografico dal sapore convergente in tante dilatazioni spazio-Tempo(rale), liriche e anche intrecciate alla musicalità dell’anima, com’emblema del mio singolar tenzone, particolarissimo, forse antipatico, indigesto senz’altro per l’escrescente, (de)nutriente, coprofaga borghesia feticista, flaccida, classista, fascista e che m’è quindi vomitante in (im)mo(n)do fecale…, la rabbonisco a colpi maestri d’un imparagonabile, iper-fantasioso estro. Udite come scandisco la mia mostruosa cultura di unicum database cinefilo e, all’occorrenza, ad affilare i canini se appunto non starai buon(in)o.
Scibile sventagliato a tagli ch’incido in vostre atrocità losche. Io, sì, vivo ove il profondo sentire si mescola ad acciuffare le scemenza di tal umanità appunto scempiata, senza tempie e dalle meningi lente, per evocare sereni corridoi dell’immaginazione in acu(s)t(ic)o t(r)ono. Così, ti scovo e sempre più magia del Cuore io invoco. Vi mangio vivi, eh eh!
Qui, eccomi dunque a cesellare e “coniare” un’intervista simbiotica, speculare a gusti appunto (r)affinati col Frusciante Federico che, come il sottoscritto, adora John Carpenter. Forse l’ultimo dei “selvaggi” in questo piatto imborghesimento “format-o” (da) flatulenti stronzi. John dà alle merdacce un po’ di sano Essi vivono, Signore del male a rinfoltire il “sale in zucca” per Halloween (non) dolcetto, seme della follia in Christine, la macchina infernale. Sentite come ri(t)ma baciata ai savi della congrega nostr’amata. Ave John!
Se mi considerato pazzo, no, vi sbagliate. Ribadisco e sottolineo con l’evidenziatore dei miei metafisici sudori che son invece tutta l’interezza dei più sonanti furori.
Di come, da Jena “Snake” Plissken, mi “bendo” di monocolo e te lo piazza in culo anche quando “Mi sto masturbando”. Di come, da James Woods, (s)caccio i vampiri in tutto… del mio fucilon tiro. Di come nacqui già di un altro pianeta mentale, combattendo fin dai primi respiri una guerra tutta mia simil fantasma da Marte.
E se a Marte togli una “t”… diventa rovente il mare delle mie favole non amarognole bensì remote dalla borghese concezione in carta stagnola. Stagnate pure nei luoghi comuni, con John si sguazza in un lago di grandezza. Se a Marta togli sempre la t, entro lo stesso in Mara- Ah ah.
Addobbate, sì, le vostre pareti di carta da culi parati, ma avete qui incrociato uno sul quale non potrete spar(l)are. Rappresento l’ignoto e quel che di Notte maiuscola va di muscolo penetrante a tua superficiale “figa(ta)”. Perché preferirò sempre la rugginosa mia faccia di cazzo ai culetti d’un fighetto, la mia pistolettata secca alle prediche morali di tal morti viventi. Palestrati e rinsecchiti dentro. Io, uomo invisibile e che t’entra appunto ove non lo vedi ma lo prendi con dolor “mansueto” eppur mastodontico. Tu mastichi fegato marcio e rosichi, io incarno il vi(ll)aggio dei dannati. Dunque nel tuo ano d’ariano. Se mi scambierai per Paolo di Fantozzi/Ugo, t’impalerò d’avorio così imparerai a cogliermi “al volo”.
Uh uh, senti qui che dolorino, uh uh il licantropo ulula e automaticamente Mister Gigabyte t’incula.
Ebbene, dopo tal mirabolante preambolo a farti saltare i nervi, mio bollito borghesotto, ti dono l’intervista a uno come me, che sicuramente ti farà scoppiare di emboli.
1) Secondo me, anche Fuga da Los Angeles è un capolavoro. Concordi?
Concordo. Film meraviglioso che non è stato capito perché troppo intelligente e fine. Un finto z movie che ribalta la concezione seriosa dell’originale per portare il tutto verso il grottesco puro.
2) Cosa ne pensi di Elvis, il re del rock? Non se ne parla quasi mai…
Penso che Elvis avesse un carisma enorme, una voce melodica stupenda e che sia colui che ha portato il rock and roll alle masse. Però io preferisco Chuck Berry, Little Richard, Buddy Holly e altri. Massimo rispetto comunque.
Il film di Carpenter era buono, ma non ottimo. Comunque un bel film per la tv.
3) Sei contento che Carpenter non abbia girato “su commissione” un film carcerario con Nicolas Cage di cui si parlò anni fa? Progetto sparito nel nulla, nonostante risultasse fra le migliori black list delle sceneggiature? Il film doveva chiamarsi Riot. Ne eri informato, giusto?
Non sono mai contento quando uno come Carpenter non gira. Anche se con Cage o con Stallone. Per me Carpenter è un genio e i geni mettono tutto su un altro livello.
4) Carpenter, eccezion fatta per Il reparto, non gira pressoché più. Secondo te, il vero motivo qual è? Si è detto che fosse “malato”, forse si è dato per “matto”, malato poi di cosa nessuno l’ha mai specificato. La verità, credo, che nonostante sia Carpenter, anche lui trova enormi difficoltà per girare in questa “nuova” Hollywood di produttori imbecilli.
Appunto. Produttori incapaci, distributori dementi , addetti ai lavori rincoglioniti e asserviti completamente ai potentissimi di turno. Carpenter è scomodo, scassacazzo e ne paga le conseguenze. Ma fa bene a non vendersi mai.
5) Il tuo sogno, credo, sia comparire semmai nell’ultimo film del nostro, anche solo come comparsa di mezzo frame. Cosa daresti per una sola manciata di apparizione del genere?
Amerei essere in un film di Carpneter anche per un mezzo secondo, ma non avverrà mai e io non sono uno che sogna, anzi.
Concluderei così. Sono un Don Giovanni? Sì, no, può darsi, “puoi farcela”, non andar a vedere Don Joe con Scarlett Johansson anche se sei Don Johnson.
E dunque evviva Carpenter John.
In-fine… in fila indiana come i western metropolitani di John.
Mi urlano contro “Falotico, facci il piacere!”. Rispondo che è quello che voglio e che tutte le lei soprattutto, di vogliette nelle loro viola, voglion che “voli”. Tu che vuoi?
E voi un sodo ovo volete? Non sto ai vostri voleri. Ma al mio volarlo. Ah ah.
Rispetta il tuo Uomo. Altrimenti, ti spettino. John Carpenter non usa lo shampoo, mio scemo da scem(p)i. Perché non è solo stempiato, è pelato eppur ogni capo fascista, sepolto a Predappio, egli prende per il “naso” e gli dà delle palate.
Orsù, miei paladini delle “patate”. Spiaccichiamo lor i pomodori. Noi siamo l’onore e non le puzze dai cattivi odori.
Sono colui che, sfacciatamente, personifica la grande presa per il culo?
Sì, e se contesti la mia testa, come quella di John, da me avrai soltanto che testicoli “tostati”. Non riuscirai a “battere” neanche sulla tastiera, figurati se le fighettine tasterai!
Testone!
Ora, vado a mangiarmi un toast. Spero che tale articolo sia privo di (re)fusi, lo siamo entrambi un po’ scop(pi)ati, e talvolta mi scappa qualche tasto.
Sempre meglio comunque del tuo gusto, detto in inglese “taste”.
Sono uno tosto? Mi accontento delle ostie, tu pretendevi le ostriche e sei rimasto all’osso.
Meglio lo “scheletro” di Carpenter John.
Sia lodato il Pater Noster.
“True Detective”, Trailer
Qui lo dico e qui (non) lo nego. Il regista è stato designato per dirigere la versione cinematografica di It. Perché non scegliere McConaughey come Pennywise?
“Batman” di Tim Burton, recensione
Batman
Prelibata foschia mi tempri di magiche agonie e mezzanotti in appiccanti, assetate gole alla base di Kim Basinger
Cavaliere è il Tempo nei suoi condottieri reami remoti. Mia amata godimi quando il plenilunio, stupefatto di sorriso beffardo, intaglierà le nostre labbra a virtuosa e poliedrica vetustà. Mia e tua, uniti in astrali congiunzioni, io cometa e mimo dei trasformismi double face e tu femmina a disintegrarti sfacciata, godendo l’asteroide ferente del nostro castello dei sogni viaggiatori all’umanità sfanculata. Vaga è l’acqua quand’imbrunita si ghiaccerà in strati di mio gelo risorto e ribaldo, tu adesso balla. Donna, slacciati la collana e sfilati i gioielli, la gonna sfoglia, devi danzare qui proprio dinanzi a mia baldanza.
Io sono un giocoliere, il buffone è il Joker, si camuffa in un travestimento da pagliaccio e provoca da geloso, impotente del mio Otello. Il maggiordomo io lecco come un gelatello, e lui m’è servo anche nel dormiveglia, m’avverte se il Pinguino vuol scovar l’ago nel pagliaio per più gelarmi di tale mia insonnia “bella”. E, nella sonnolenza ambita, abitante perennemente “dentro di me”, togliti gli abiti, oh mia Luna. Ingelosiamoli. E con me ulula sinché in culo navigheremo lisci come la balena.
Baluginano i primi bagliori dell’alba e tu, così folgorante in ancor ergente tuo esser nuda, t’accasci a mia lucida “scultura”. Ti sento strusciante e striscio a te lasciva. “Induriscimi” in tutte le posture di quest’amore sdrucito e non però sdolcinato, io sono il pastore contro tutti i “dolori” dei cotti e pasciuti nel triste pascolo di esser rimasti all’asciutto, camaleonte leonino di uno, nessuno, centomila impostori e le loro la(sa)gne delle pecore in questa valle di lamentosi sempre filanti quanto infilati. Al reumatismo, aromatico io infilzo di tal cura le mie l(i)ane, eroe in questa giungla di Gotham e ad arrossirti le gote quando l’oscurità in te mi fa nero a luci rosse. E, con perizia balistica, basculante ti son dondolio in flessi nostri dorsi giammai dormienti. Flessuoso amplesso, porgiti dirimpetto così come sei di sensual portamento, e “importalo” a magnitudine della magnante figa. Vita magnifica, ché di Notte va il Cor’ a spauracchio dei piccoli borghesi oramai nauseati e disamorati. Si son ancorati alla tranquillità delle abitudini ma non abitan più laddove l’anima è una poesia briosa!
Odila, odiamoli, oliami mia bionda di tante nostre lussurie!
Recitala con me, a voce alta così mentre (s)vieni. Innalzalo!
Batman che, cristallino, si staglia a monumentale piedistallo. Il faro illumina la città e i pipistrelli vengono a me come gli uccelli canterini di San Francesco. Io, che vissi traumi inferti, appena nato già “infetto”, malato di melanconia e deriso, inviso dal mio nascondermi, ma non santo. Nessun villain è salvo. Qui or s’è fatta la calda ora, il faro quassù è un falò di mie vanità in te aspirante anche giù. Io muto in tutti gli oracoli di Delfi, e come uno squalo mangio a(do)mbrato di meraviglioso funambolismo alato e solidale ai deboli miei alleati. Cattivo, sei un pollo, t’afferro con una fune e t’uccido col fucile. Ti strappo gli occhiali e t’inchiappetto! Spietato contro il tuo spiedino di porco. Son protetto dalla corazza sempre pulita e non come la tua fedina sporca, macchio però tutte le lenzuola e nessun può scoraggiarmi. Sono io la scoreggia al tuo petomane, psicopatico. La mina vagante tappa il tuo sboccato, t’imbocco con le “buone” e mi cucco Catwoman, la più buona.
Il mattino rinfresca le gioie, sereno scodinzola in Trinità mia. Io il toro e tu trina d’orgasmi multipli in un sol boccone. Se vi faremo schifo, vi (ri)puliamo anche nelle latrine. Feccia!
Sono il nemico pubblico, sorvegliato speciale. Tienimi caldo e rafforza la mia scorza. Dai, coraggio! Non essere timida.
Sai… è per questo che Michael Keaton è il miglior pipistrello. Tim Burton azzeccò l’interprete ideale. Con quella faccia da stronzo, solo Mike poteva essere Batman, uno che lo spacca a tutti. E se la fotte!
Di grazi(os)a, adesso rosata ringrazialo… ti sarò più dritto e rizzato di osé. Fammi, oh sì, fammi incazzare! Ho fame. Di noi e facciamolo come un bollente tè ch’entra in gola.
Sono o non sono più birbante e spiritoso di quello sciupafemmine di Jack Nicholson?
Eh sì. Lo so. Ti sto più simpatico e quindi sai che Batman li prende a testate e in te starà nel lì stante.
Duro molto e mi avrai infinitamente. Oh mia Kim Basinger, la vita si basa su chi non crolla dopo pochi istanti.
Ma sa colar a picco e, di precipizi, entra di nuovo nel tuo orifizio.
Capolavoro.
Kim, lascia cadere il tuo visone e, senza visiera, a mo’ di “créme caramel” ti sarò visionario come Tim Burton. Con calma da cammello ma mio (mi)raggio di Sole. Il mio rigoglioso sesso!
Oh, scuri ipocondriaci, io curo anche con la scure.
E Kim sculaccio da rubacuori.
Ah ah.
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)
Il silenzio degli innocenti in un post(o) sobrissimo
Ciao, a proposito di Michael Mann. Ritengo che Manhunter, assieme allo strepitoso Crusing di Friedkin, sia altamente superiore all’ipercelebrato Il silenzio degli innocenti. Quest’ultimo, a mio avviso, è un ottimo film e nulla di più. Banalizza, spettacolarizza ove non è necessario, ed è anche piuttosto superficiale nell’analisi di Buffalo Bill. Il matto di turno, che semina morte e panico, non è altro che una macchietta, il dottor Lecter sembra un tuttologo della mutua coi suoi aforismi indagativi all’acqua di rose e la signora Foster/Sterling un’eroina femminista anche piuttosto antipatica. In Mann, ciò è assente. Vi è una compenetrazione profonda e quasi ancestrale, telepatica fra un vissuto detective empatico senziente e il carnefice diverso, la vittima assume sfumature appunto psicologiche degne, sì, di William Blake. Poi, arriverà quella schifezza di Red Dragon, il peggior ruolo in assoluto di Edward Norton (quel capello platinato su aria sbarazzina mi sta sul culo, recita peraltro con voglia saltami addosso), un Hopkins in sovrappeso e annoiato che si ripiglia solo quando ricorda quanto De Laurentiis l’ha pagato a “oro”, ecco, e un miscasting spaventoso. Keitel, il cattivo tenente, in presenza buona quanto anonima da che ci faccio io qua, e il primo Philip Seymour Hoffman inutile da che mi sovviene. Se non fosse per Julianne Moore, figa plurima a venerarla sempre di duro (im)possibile, comunque in quello di Ridley Scott, e per un paio di occhiate (anche se è cieco, forse la sua donna ambita, eh eh), di Fiennes, quando morirò, mi chiederanno un testamento con annesse le cose belle per cui ho vissuto e ciò per cui non sarei dovuto nascere. Red Dragon, non so a che posto (di certo, c’è di peggio comunque), lo piazzerei forse a metà. Con un’insufficienza però gravissima. A prescindere, Ratner è tutt’ora il miglior realizzatore di X-Men, alla fine il suo episodio è quello maggiormente godibile e senza pretese intellettualotte da “sottotesti” singeriani. A conti fatti, tornando in ambito Marvel, le migliori trasposizioni sono a mio avviso The Avengers e proprio Thor. Inimmaginabile Branagh col fumetto, sarà per questo che funziona. Ha innestato un impianto drammaturgico da tragedia del Bardo in zona barbarica. Un piccolo, non trascurabile colpo di genio.
(Stefano Falotico)
Michael Mann’s Heat
Forse l’apice delle vette emozionali, in un Michael Mann denso, increspato a cerimoniere di vite danzanti quasi in un incubo-sogno senza redenzione spettrale, alterato, altezzoso in colonna sonora di Moby, eroi solitari da zio Sam del mucchio, selvaggi allo sba(ra)glio che persevera diabolico, sparatorie scorrazzanti fra carrozzerie trivellate che già sentenziano la morte lenta, “in diretta” di cowboy “travestiti come poliziotti e gangster “camuffati” a loro volta da indiani, entrambi gli schieramenti su fronti opposti ma miscelati, nella fotografia sfumata, acquatica di Dante Spinotti elettrizzante, nel combattere invero le proprie sfighe, lotte, nevrosi, esistenze personali, da una “quotidiana” tavola calda ove il bandito e l’agente dell’omicidi si confessano, vanitosi, impauriti dal rovescio della medaglia speculare e quindi da brivido profumo calore.
Pacino, la sua boria apparentemente istrionica, che carica il personaggio per sfogarsi da una vita assolutamente disastrosa, con tre matrimoni fallimentari e una figlia adolescente sempre sull’orlo della crisi di nervi e in prossimità di polsi suoi recisi “imminenti”. Come il suo incubo ricorrente. E non ti puoi sganciare dai tuoi demoni in 30 secondi netti, lo sa bene il suo antagonista-nemesi-simbiotico Neil “Pinocchio”, ch’è costretto a mentire per amore d’una scossa emotiva purissima, falsa anemia impietrita e quindi scongelata, ammirante di malinconia un vasto, calmissimo oceano intagliato dentro il suo dreamer già sconfitto dalla nascita. Già predestinato alla morte progressiva dell’anima.
Questo capolavoro pulsa di scosse emotive da cardiopalma, è un “infarto” a farci crepare di romanticismo, e Mann non si compiace mai della sua atmosfera “fredda”, cerulea, dei tramonti plumbei carezzati, cadenzati fra scoppi drammaturgici d’una intonante cavalleria martellante in corpi imbottiti di piombo, morti stecchiti, ammazzati o forse già coscienti della disfatta.
Qualcosa va storto. Jon Voight è il saggio ieratico sulla montagna, l’uomo da marciapiede che ha scontato troppi pugni, mai li ha ricuciti, ora è il saldatore delle ferite emozionali sue nei colpi (im)possibili della grande sbancata.
Qui, la trama è un pretesto, presto Mann la svincola, la dissolve, mette in pausa le inquadrature adrenaliniche, contempla Los Angeles, la “lunatica” città luccicante come le alghe iridescenti riemerse dalle tenebre dei cuori spenti-accesi. Come l’atroce dolore delle solitudini incrociate, che si baciano per un istante, scopano, fanno l’amore, poi rimpiangono riflessivi le perdite, le fratture che nessun Dio ripristinerà, il backup fallato con troppi sussultanti bug e indecifrabili buchi opachi-lucido-(dis)illusi per pacificarsi in una vita da barbecue e partita domenicale.
Mann all’improvviso incendia i fotogrammi, li schianta, ci distrugge di struggentissime passioni, “arrugginisce” Val Kilmer, Val vola via, fugge dall’errore imperdonabile d’aver perso, non tutto, ma Ashley Judd, una per cui rinunciare al resto intero.
Il film sospira, dilata i tempi, da un plot “banale” che poteva confarsi in un lungometraggio da un’ora e mezza, Mann raddoppia il minutaggio in modo (non) necessario.
Quando di un film, a rivederlo dopo anni di distanza, riesci a ricordare quasi ogni singola scena, quella che verrà dopo e la battuta appunto indimenticabile, significa che è un capolavoro.
E chi lo contesta col senno di poi, “bene” e anzi malissimo, non fa testo.
Il grande Cinema è poesia. Le analisi da critici col sussidiario le lasciamo a chi deve compilare un modulo di brave esegesi. Sarà il caporedattore di un giornaletto con cui mi spazzo(lino).
(Sefano Falotico)
Martin Scorsese, prostratevi!
di Stefano Falotico
The Irishman Scorsese girerà perché ho decretato così, lunga vita al Martin mio amato, e non osate mai calunniarlo!
Fulminanti nevrosi turbinano reattive a propulsione energica del mio vago inalarmi uno “schizzato” in naso freddo, metafisica fra carnivore risate “gioiose”. Di tali pavori d’allegrezze vostre mortifere, oh miei mostri, io volentieri mi squaglio nel ciel sereno, morigerato e poi, se mi va “a tiro”, innalzante poesia mistica in mezzo a questo cattivo gusto tanto di moda del demistificar la verità. E volo, “innalzandolo” e poi (a)scendendo in libagione atea, prurigine mia libidinosa in fighe e culi di gran “lievitazione”, moltiplicando il “pene” in lievito di donnone ch’abboccano su orgasmi d’un solo “pesce” abbondante. “Palpeggiate” come la mia p(r)osa si ramifica nel vento, come svelto la svela e florido lo dimeno, oggi (dis)illuso/a, domani a chiudervi nelle tombe, troioni! Anche il Papa è peccatore, si dichiara il primo che alla “meretrice” scaglia pietre per levigargliela in calli “pomici” poco cattolici ma bagnanti l’ostia del “di-vin(izzarl)o”, intagliando il Vaticano a lanzichenecco, lanceolato infligger San Pietro di “Cappella” sua nella “sestina” del capriccio erotico alle suore angelicate su cui egli, d’alcuna Pietà, forgia “scintillandolo” come la Creazione di Adamo di Michelangelo. Il Papa dà Luce al suo “lucidarlo” fra i lucernari e le luccioline, tanto sa che l’Altare della Patria è un monumento fascista e la Fontana di Trevi sguazza di Ekberg dalle forme non geometriche ma giunoniche sempre migliori del chierichetto “giulivo”. Fra gli ulivi, Gesù perì già gemente a Getsemani nell’ultima tentazione di Cristo, quando Barbara Hershey gl’apparve nuda in seno profumante di fragola e clementine, cremosa di sputtanare le false credenze e schiumosa lussuria della clemenza, travolgente a “imboccarlo” lungo… il “girovita” della crocefissione nel suo urlo “Porco di un Dio della Madonna, mia madre è stata inseminata artificialmente dall’alto e le cicogne son oggi cigni neri come la verginella ambigua di Natalie Portman”. “Galattica” principessina sui piselli delle guerre stellari di George Lucas al Lucca Comics, con tanti nerd fringuelli a sgolante, crollato sognarla in Neil Gaiman stardust. Quella signorinella che “soggiogava” i suoi servi, dai nervi poco saldi, sbavanti in sventolarla vedo-non vedo da corona spinosa come il Cardinale De Niro, mission(ario) di che cazzo di gesuita è mai questo? Un Mendoza che primo mendicò la figliola che si scopò il fratello di sangue mendicante, quindi lo accoltellò ficcantemente salvo, di Pentecoste sulla costola flagellata, pentirsi fra le cascate del Nilo… insomma, da un cavallerizzo al coglionazzo senza più le palle. Prima, Scorsese optò per De Niro, appunto, quando volle redigere il suo Vangelo secondo Matteo ma, pasolinianamente, scelse poi il ferrariano Willem Dafoe. Una faccia talentuosa ma di merda che mai “sfondò” da stella ma da stallone inchiodò Colagrande Giada di spermatiche unioni colanti-americanoitaliane della “Comunione” giudeocristiana tra forse inconfessabili rapporti anali. Giuda ladro fu Harvey Keitel, memore di Sport del Taxi Driver. Pappone bastardo a cui Bickle sparò after hours… perché doveva sfogarsi non andando a prostitute minorenni, come invece voi maialoni, ma salvò Iris dalla strada, ridonandole la giovinezza rubata e rischiarando le sue iridi dal manigoldo manesco raschiate come l’unghia del suo mignolo mancino nel “d(is)os(s)are” l’eroina del suo truffaldino, grazie a un puritano giustizialismo da Charles Bronson ed eroico, salvifico gesto morale senza prediche domenicali, calibr(at)o nel gran figlio di puttana e lo svuotar le pall(ottol)e dei criminali.
Travis è come me. Vuole viverla e sentirla da straniero a cazzi suoi e, se glieli fai girare, ecco che preme il “grilletto”. Non del punto G, o lato B, della femminilità oscenamente schiaffeggiata dai men’s club ma da farti un culo che te lo spacca in tre pistolettate nette. Recidenti, quasi “invisibilmente” eppur addolorandotelo peggio della via crucis.
Parola del Signore, sia lodato Travis Bickle e alleluia al suo lumino notturno di tutta Luna.
Chi contesta gli ultimi film di Scorsese, da me riceverà solo stigmatizzazioni come le mani di Padre Pio. Santo ma da lasciar in Pace se non vuoi che ti riempia di ceffoni. Ah sì, brutti ceffi , Padre Pio era buono e caro ma, se gli rompevi i testicoli, te le suonava a din don e “dartele”. Fra’ Martino il campanaro e ai “piacioni” George Clooney l’amaro Eros Ramazzotti su tante botte, altro che Martini, no party. Padre Pio partiva in quinta, ti sradicava il piccione viaggiatore e ti cacciava pure l’acceleratore di peda(la)te nel sedere, caro “culone”. Se Lisa Snowdon cantava “Tu scendi…” a George d’accenderglielo, come primo regalo di Natale, al freddo e al gelo per riscaldare la vostra miserabile idiozia agghiacciante, dovete compravi l’illuminante filmografia completa di Martin!
Qualcuno gli contesta Hugo Cabret, perché lo reputa un film “non suo”, ma un dolce, patetico omaggio. Non ha capito nulla, perché Martin è uguale e simbiosi a Max Cady, filosofeggia meglio di voi! Martin adora le favole tristi. Se non vi piace, fottetevi!
Ora, vedremo The Wold of Wall Street, quindi Scorsese è pronto per il sempre annunciato e rimandato Silence, storia di due religiosi evangelici nel Giappone medioevale. Come volevasi dimostrare il suo perfetto percorso artistico calvinizzante, fra un Paul Schrader calvo dall’eternità di suo masochismo innato e il progetto biopic su Frank Sinatra. A proposito di neve, miei pagliacci, pare abbia scartato la versione del romanzo The Snowman. Lasciasse questi thriller “nordisti”-scandinavi a Fincher e al nuovo Millennium dei falso progressisti. Io mi tengo il suo classicismo e non scassarmelo! Vai ad Amsterdam e, fra le dighe, drogati di riga con una zoccolona di Praga. Fra i canali di scolo va il tuo fall(it)o annacquato. Ammalato di marcio.
Ma ciò che m’attizza maggiormente è The Irishman. “Convertire” la novella… di Charles (non Bronson ma siamo oltre) Brandt in De Niro-Frank Sheeran e Al Pacino-Jimmy Hoffa. Se impettiti sbuffate un “Uffa” dirimpetto a un’altra storia di bravi ragazzi, ci sta la rima dell’evirarti il cazzino, previo circoncisione a incazzato fra i tuoi abbassati calzoni. La mezza calzetta della Befana di tua madre non ti parerà con visioni buoniste, oh oh mio cioccolatino. Perché tua madre ama l’uomo negro…
Lo so, in bagno si tocca di quel sogno “dolcetto”. E io le cago, dallo “sciacquone” suo, di gran scherzetto, pulendogliela nel bidet. E gridandole “Basta col fartela da te, finiscila di allen(t)arla, sii Maddalena e ora spogliati milf dinanzi a me”.
Sì, è un cesso ma così sono tutte le donne dopo i 50, nessuno vuole più inchinarle a novanta.
Io invece do lustro all’immaginazione, mi chiamano l’ultimo dei maledetti.
Quando il mio amico ti disse di star attento a me, dovevi ascoltare quella “messa”.
Perché ora te lo metto.
Sei pronto? Allora… I heard you paint houses, ti stai pisciando nei pantaloni, mio nanino onanista col “Penthouse” di smanettarlo? Bimbetto “bacon” che hai messo il becco in questo versetto di tuo presto hamburger? Dissolvenza, ora le pareti della tua casetta, il lupo insanguinerà come Samuel L- Jackson e il suo “salmo” della “Bibbia”, Ezechiele 25,17.
Un passo falso puramente inventato di stronzata tarantiniana. Ma io adoro gli stronzi.
Non ti fanno scompisciare di matte risate? No…? Eccoti servito. E le patatine ora? Che salsa agra, eh?
Il cavaliere di Alcatraz
I due “poliziotti”, lui un semi-nordico di bolognesità “fine” e lei forse una modenese da tortellini della Fini, mi fan aspettare immotivatamente un totale… di una sigaretta “scacciapensieri” nell’abbrustolente Mezzogiorno di lì (s)vol(t)ante già in “avvenentissimo” mio prossimo sbiancar ceruleo, “intonato” al prenderlo in culo di tamponata “stradale” nel codice mio regolare ma della “trasgressione” formato pelo nell’uovo. Tutto a (mono)posto come si voleva dimostrare lo stronzo. Retrovisore ben posizionato, gomme sode quanto il fondoschiena d’una che sta attraversando nel frattempo le pedonali, “ammaccando” di veri sinistri su tacchi basculanti “clacson” ormonali senza freno di “puri” teppisti-rallentamento “anomalo” da mu(l)tare-“passaggio a livello” erettivo in “Alt, che figa, attento ai binari del carro merci, animale”, 160 Euro da decurtare sul 30 per cento in 112 se pago subito la tale, sulla quale non ha “nulla” da dichiarare?
Il conducente ha girato, ha messo la freccia, dopo di che era a due metri dallo spegnere il motore e sollevarsi dal sedile anteriore. Ma, nel millesimo “istantaneo” a impercettibile attimo “fotofinish”, ha tirato… fuori il cellulare. Forse, per chiamare un amico e rassicurarlo ch’era arrivato a destinazione.
Sì, adesso devo pagare 5 punti di “penalizzazione”, pensa te… evira(r)ti dalla mia patente solo perché avevo il cell in mano appena un secondo in anticipo rispetto alla sosta.
Intanto, è passata mezz’ora. Attorno al sottoscritto “verbalizzato”, un casino della Madonna, parolacce, confusione, dieci contusi con fratture multiple per frontali, chi sfreccia (s)fregandosene con una inchinata a pompino esaltante, una vecchia presa a “pedale” da un quindicenne con voglie “anali”, e la cassiera derubata del bar da un ladro, divenuto tale perché non aveva più i soldi neanche per le bollette.
La moglie del ladro era della Municipale.
Il poliziotto mi chiede se pagherò entro una settimana, così potrò risparmiare…
Mi (con)viene il sangue alla testa. Non è che mi multò per alcol del suo fall(it)o?
Sì, è uno degli “anonimi” frustrati. Si ripiglia di “buon” mattino…
E si rifà della sua vita sfatta.
Rimango muto. Accendo il motore, speriamo che nessuno abbia rovistato nel mio portafogli. Sì, sono distratto. Mentre contrattavo col poliziotto, ero voltato di spalle. Solo ora mi rendo conto che la sua collega non era presente e la portiera invece aperta. Dove sono spariti! Puttana!
Morale: siete malvagi, vi accanite per cazzate e fate pagare anche il pedaggio di me, il pio.
Ma ora che paghiate. Altrimenti, palate.
Dovete acquistarlo, altrimenti sarete fermi mentalmente al semaforo.
Sì, io non sono ossessionato, come la massa, dal sesso, tiratemi pietre e sassi. Solo?
Ma se sono un macigno, tu cigna perché fai come mia cugina? Lei non può darmela per il rapporto parentale, ma non siamo cugini, prendi i miei “gemelli”. Coglionamola, dai coniglietta. Sii a me incuneante nel cunicolo del cul a mio “cono”. Che “gelato”.
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)