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“The Untouchables”, Review

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Un De Palma fiammeggiante, ombroso ed esplosivo prima del crepuscolo fulmineo di Carlito…

Brian (Russell) De Palma, la grande firma più sottovalutata degli ultimi quarant’anni.
E ciò ha dell’allucinante. Quando si “schedan” i migliori cineasti della (sua) generazione anni 70, compaion sempre Coppola, Scorsese e su un altro versante Spielberg.
Ma, tranne casi eccezionali, fa rarissimanente capolino appunto Brian. Forse, troppo sperimentalista sin dai suoi “bislacchi”, bizzarrissimi esordi per potersi creare quell’immediata nomea “carismatica” su cui poter sperare di costruire una carriera di allori, spesso però troppo agiografici per altri, troppo avanti coi suoi thriller “hitchcockiani” per venir preso sul “serio” dagli “archivisti” d’una classicità che non “disturbi”, lo si è sempre accusato di non esser stato “coerente” con una fottuta, superata “idea di Cinema”, di aver sviato in troppe “svolte” indecifrabili, d’aver quindi “svalvolato” d’eccessi non necessari, d’abusare della “macchina da presa” per allestire esercizi di stile ridondanti, barocchi e quindi al limite della “sgradevolezza” programmatica, “studiata a tavolino”, perciò considerato automaticamente proprio poco romantico quando invece il suo primario “obiettivo” sarebbe l’elegia mitica, la glorificazione troneggiante di quel fascino epico ed epocale che a molti, chissà perché, appare sol che appunto “appariscenza” da troppa carne al fuoco.
De Palma è qui invece fulcro sacrale, intoccabile nel suo “proiettarsi” senza freni, osa, disossa la celluloide, la scuoia, la percuote, arrossisce e increspa le immagini, le arde, dà la scossa, le pervade di rosso. Anche kitsch, anche su scenografie “tramontanti”… come l’era degli eroi tanto altisonanti da sembrare “retorici”.
Sì, sventra la Storia del Cinema, “ricicla” geniale frammenti onirici, è ero(t)ico, appiccica frame (in)visibili d’omaggi (non) cattura(n)ti, poi slabbra la lineare narrazione allo scardinarla d’improvvise accelerazioni, come (si) riflettesse allo specchio notturno dei tempi in (s)cultura rinomata, anche “speculativa”, d’una diegetica tutta sua, reinventante, funambolica, eccentrica di “stupro” artistico lancinantissimo su, sottosopra, attorno, dentro sconfinati, superlativi sbalzi temporali, privi di cerchio “logico”, concentrici al delirio e ai falò stessi della sua vanità.
Da quel che mi “ricordo”, ma può darsi che sia solo un’altra depalmiana mia eccentricità, eh eh, Brian ha girato solo tre film “classici”, Scarface, questo Gli intoccabili e Carlito’s Way.
La “Critica seria” considera “paradossalmente”, o forse in linea con la “logica” da me espressa, soltanto questi come capolavori.
Ah ah, rido perché ogni opera di De Palma lo è. Altissima, svettante in una categoria fuori da ogni classificazione arrogante e “didascalica” dei dizionaretti e manualini.
Masterpiece assoluti sono anche Black Dahlia e Redacted.
Chi, blandendomi, non li ascriverà a tale monumentalità, sarà da me memorabilmente punito! Senza fornir lui alcuna spiegazione, perché non merita il mio “giudizio”, vedrà autodistruggersi simil Mission Impossible in una “stazione” orbitante del suo vuoto mentale, gravitando a Mars che non capirà mai. Il pusillanime decreta “plasmante” il De Palma che non può (com)prendere, comprimendolo accerchiante d’impresentabili paragoni al Kubrick odisseico o banalmente al più “perfetto” scorsesiano gangsterismo.
La dovete finire di valutare i registi a metrica d’altre firme storiche.
De Palma, così come gli altri citati, vive in un Pianeta tutto suo, è anche l’unicità che respira e si disseta, prende il volo… con (auto)citazioni e imprevisti cambi di scena, di rotta e fantasmi del palcoscenico…volteggianti, a mille volt. Svoltante dinamico e ad apice elegante.
Ora, premessa questa “digressione” monografica veloce come Brian di flashback, avrò “premura” dei nostri untouchables. Sì, prima le analessi, dunque adesso l’analisi.
Sorretto dall’incalzante Ennio Morricone, colonna sonora impercettibile, furiosa, scandente una “funebre”, “macabra” litania, Brian fa di Costner un attore quasi incredibile per esser vero, scopre e valorizza Garcia, dà l’Oscar insindacabile a un mitico Sean Connery e va a ripescare un “mostruoso” De Niro, laddove l’aveva “abbandonato” Rubin, prima delle mean streets di Martin e il Corleone del Coppola. Glielo rubarono, eh eh.
Pitturandolo a ne(r)o d’un crime movie che non è solo questo, ci mancherebbe.
Sarebbe un compitino facile facile per il sorprendente, già (impre)visto De Palma.
Inizialmente, per la parte “terrificante” dello spettrale Al Capone, viene designato Bob Hoskins ma la produzione, targata Art Linson, opta per una scelta più oculata, un Bob sinceramente più De Niro, nonostante la mia simpatia da Roger Rabbit per il gaglioffo, tarchiato Hoskins, dell’interprete appunto di Mona Lisa. De Niro è più Gioconda, più grand guignol a pelle camaleontica delle “giocose” mazze da Baseball…
Capone non ha mai “ammazzato” nessuno, tranne i suoi scagnozzi. Assurdo no?
E questo filmone vive di un’assurdità… già dapprincipio. Chi sostiene che un grande film debba basarsi su una trama “forte”, si sbaglia e non di poco. De Palma lo smentisce, perché in fondo la sceneggiatura è abbastanza banale, è il contorno, come Brian magistralmente lo infuoca a crepitare di vivo Cinema!
Tutto ridotto all’osso… a una sfumata, pretestuosa sfida fra buoni contro cattivi alla John Ford, manichea da far paura allo stesso modo d’un De Niro “secondario” ma centrale, presenza fissa d’ombra cape fear, che mette i brividi anche doppiato da un “romano” Amendola con l’inguaribile inflessione “borgatara” del chiacchiere e distintivo alla somigliante “dizione” di De Sando che verrà.
Chi non ha mai visto questo film? Nessuno, anche se mi viene il dubbio che tua sorella non lo conosca ma ne “conosce” tanti fra le cosce.
Dunque, anch’ella, tal “ancella” di uccellini, lo riveda, meno ne prenda, lo riami e amerà come si deve e De Palma “Dio” comanda dopo averlo amato.
Altrimenti, rimarrà presto ingravidata da un p(r)eso “minimo” e il mio Andy Garcia non salverà il suo bambino dalla carrozzina…
Ah ah. Qui, gigioneggio da Pacino/Carlito, perché mi va… metropolitana compresa.
Avete compreso questo tocco finale alla De Palma? Non ci vuole Einstein per capirlo ma un déjà vu Ejzenštejn.

 

(Stefano Falotico)

 

“American Hustle”, character posters

 

Il fascino cazzone di John Travolta, detto il ballerino dal “liscio” faccion di culo

Ho sempre adorato Travolta. Quando, di giravolte, nuotava nella Newton-John, su brillantina formato grease, molto Fonzarelli nei suoi happy days più a “ombelico tamarro” nel paninaro con la sorpresa “ringalluzzente”. inumidente del pene offerto di “qualità”, d’ardendolo, su pollastrelle in quantità già “bruciate”. Tutte le bucava, che filibustiere! John, con mosse pelviche, emulava Elvis Presley, leccando di succhiotti a pelle le più istintive coi giubbotti adoranti il “chiodo” nero fra occhi languidi d’azzurro “Sei bono e meraviglioso, e ti muovi ben di culo”. Di culo, John è sempre stato dotato. Per forza, era un perforatore! Ed è la prima cosa che guardan le donne “avvenenti” quando desideran esser, dall’appetitoso smanioso quasi “maniaco”, “venir”… infil(z)ate fra le cosciotte. Ma John divenne un pollo “arrosto”.
Sì, dopo il salir il gloria fra tanto “salivarle”, “rotondeggiò”, cioè ingrassò ad adipe bellamente in evidenza da maialino sudato. Dall’addome appiattito sulla pista da ballo, ove bullissimo “turlupinava” le gattine in febbri da Sabato sera (ché bella scopata si “spera” fra le tue pere rosse al mio peperoncino tra-montante prima della Domenica post-nottata), si addolcì troppo per la topona Kelly Preston. Perdendo quel “retro”gusto da (Brodo) Star. Stava sempre là…
Fu Tarantino a salvarlo dalle troppe patate, quelle proprio al forno.
John ballò, scoppiò come Daunbailò, schizzò, (e)saltato e quindi s’accoppiò di coppietta a suo “cap(p)pone”.
Sì, il nostro Danny Zuko godette da “zuccone” di troppi “zuccheri” e stava per cacciar peti di flatulenza da pancia piena dell’esagerato averlo impennato da “quaglia” affumicata.
Tony Manero sapeva come “ammanicarle”, stimolante lì sguazzandolo.
Tirava il coniglio dal cilindro!
Abbiamo il pornoattore Erik Everhard, famoso “rapper” accusato di rape perché tromba con troppa (c)rapa. Fra lo stupido e lo “stupro”, se ne frega e inchiappetta a tutto (an)dare. Quindi, perché non potevamo avere un Travolta staying alive?
Stallone c’entra… il muscolo “(s)pompato…
John, da quel punto di vista, è sempre stato un phenomenon. E non ascolterà mai De André. Va solo avanti e (di)dietro.
Uno a prenderle longly e non get short(l)y. Un Chili Palmer per ogni “Laura” da “lynchiare” con carne a luci rosse. Non ha mai lavorato da con David, ma non mi ha mai convinto in A Civil Action.
Sì, la sua faccia è face/off dell’assassino delle topine. Anche quando fa l’angelo Michael, le donne appunto conoscono le “ali” demoniache della lor “canzone” per il calzon del Bobby Long. Detto il “moscone”.
Be Cool e incula. Guarda come decolla la carriera e di “collare” su sorrisino a 32 ti fotte a novanta nel “colarlo” tutt’Ercole, nonostante il pasciuto John non sia mai all’asciutto. Sa come far… pascolare le “pecorine”.
Travolta va da ogni Paris Hilton from Love nello spellarla al ritmo di Pelham 1 2 3Metropolitana o ano?
In alcuni film recenti appare pelato, eppur sbuccia. La banana, non solo di ciuffo, è sempre in bocca a tutte.
Egli è proprio Hairspay, grasso è bello.  Se non ti piace, spruzzaci! Ah ah!
Questa è Scientology? No, gastroscopia del mascroscopico panzone! In senso lato e anche inculante!

Firmato Stefano Falotico

 

 

“Ricomincio da capo”, Review

Murray ricomincio da capo 2

Un meraviglioso incubo dalla maledizione salvifica, la vita (non) è sempre la stessa e, anche nel panta(no) rei, divien sempre “imbracata” a “rea” del reiterarsi meglio della prim’alba originaria in tua (ri)nascita per Lei. La vita?

 
Il capolavoro di Harold Ramis, il miglior Bill Murray eterno di sempre. Lost in Translation? Delle malinconie “artistoidi” da “Ipercoop” raccomandata “Coppolina”, ne ho piene le scatoline. I suoi filmetti son non ben accetti regalini. Alle sue craniche “chiccherie” preferirò sempre il “patrigno” godfather Francis perché miscela il barocco alla Dracula in gola al genio dell’Apocalisse più stoica e alla Storaro fra poi gotico delirare e altro straordinario esagerato. Senza bisogno d’orpelli e modaioli minimalismi, né ammiccamenti furbetti, senza radical snobismo dell’anoressica enfiante su cerebrolesa con riprese “marine” d’acquatica calma fastidiosa. Come dire: “Prendi la vita con leggerezza e finto-eleganza eppur sii nostalgico contemplandola, questa è Bellezza o il concetto contemporaneo di chi pensa che, per distinguersi dalla cosiddetta massa, devi esser necessariamente e ripetitivamente sobrio”.
No, vergogna. Questo Cinemino di Sofia, ingigantito dalla stampa “platinata”, è schifezza pura. Non è classico, non è (post) moderno, non è nulla se non il vuoto riempito da una videocamera del peggior femminismo alla rotocalco. Scialbo, inesistente. Cinema che mette l’orticaria, ne soffro il “pulito”, che pruriti. M’urta, mi stupra, che stupida Sofia.
Ci voleva un Murray guascone, ilareggiante, buffo, canagliesco, marpione, “marmotta”.
Invece, “seriosizzò” Bill, sgonfiando la sua verve istrionica, appiattendolo (volutamente?, non credo) in una cera blasfema alla Buster Keaton di maniera.
Con Sofia, solo manesca “Critica” mia. Nessun timore, molto dolore! Stilografica pungente più delle sue tiratine dal predicozzo e moralismo incorporato della peggior razza.
Qui, invece, Bill vale il prezzo del biglietto, delle risa, del casino pazzesco, del John Belushi al “semifreddo” nei migliori anni 90. Permaloso, iracondo, propenso alla “tristezza” davvero, umorale come le previsioni del Tempo…, ah ah, misogino, menefreghista, bastardo a cui capita la (s)figa di Andie che all’epoca tirava per le lunghe una 24h nel frustrato apparente di formato “Ti scoperei tutta Notte e mi sveglierò perché ri(ac)cada”.
Sì, per strane “contingenze” lunari, Bill rivive sempre lo stesso Giorno. Punto “G” maiuscolo, tanto che da maschiaccio stronzo è costretto, giocoforza, a limare il suo proprio fottuto mascolin “muscolino”. Prima il giochetto gliel’accorcia, gli strizza le palle e lo fa appunto incazzare, poi imparerà a riguardarla… in modo diverso. Svolta di nuova prospettiva, assume dal peggio l’utile per il dilettevole, agguanta il “tor(chi)o” suo per le corna e lo “dolcifica” per rendersi adorabile e far della sua esistenza un capolavoro “vivente”. Ma, proprio quando sarà (im)perfetto stupendo, finalmente finisce il sogno “a occhi aperti”.

Fuori nevica. Andie t’invita a far una passeggiata.
Nonostante la f(at)ica, c’è da penare finché morte non ti s(e)pari, come dico io.
Eppur, voltando l’angolo, so che Bill baciò voluttuosamente Andie anche sotto i “fiocchi” e le infiocchettò il suo ardor’ tra i fianchi, deflorandola fra le inumidite frasche. Che rugiada!
Che figa, che freschezza, è vita!
Con grande e nuovo amore va di tutto Cuore!

Ah ah!

Cinico, romantico, un film che batte Sofia di 6-0 ripetuto a iosa.

Super commedia, come la (ri)scoperta della vita.
Il resto è (s)graziata racchia.

(Stefano Falotico)

Murray ricomincio da capo 3 Murray ricomincio da capo

 

Matthew McConauhey è un duro, tutto di un pezzo, eh eh, ah ah! Come godi! Oh my God(dess)!

Il pescatore accalappia tutte! Tutte intrappolate dalla rete tartaruga!

Matthew McConaughey, l’unico… attore (molto bravo, a mio superbo parere, checché ne dican i detrattori e le “checche”) che, appunto, mi mette l’omosessual dubbio…

Prefazione

Ribadisco, in titanica “antipatia”, che non sono mai andato d’accordo coi miei coetanei. A 8 anni avevo un cervello di 20, a 15 un uccello di quaranta. Al che, si pon qui la domanda. L’umanità “spensierata”, spendacciona e sempre ossessionata dal lavoro, elevato oltre la mera sopravvivenza ma sempre (s)mascherato, è felice davvero? No, la verità è questa: il 90 per cento non vale Matthew McConaughey anche se si truccano di “mezzobusti” con una bellimbusta, previo “bustarelle”.

Poema e ode al Matthew di “chioma” e da farvi… innamorare. Io direi “leccate” con inculata finale.

Sì, leggete sin alla fine, inclusa la “postilla” lì ove il lilla v’apro, non solo di mentalità bacata, miei “bucanieri”

Devo svelarla tutta. Secondo me Matthew è una figa della Madonna. Avete letto “pene”.

Non è solo “figo”. Bensì spacca quando il femminile declina il mio (as)petto mutante che “nuota notturno” a una pellicola-pelliccia di lui appariscente solo in mutande. Matthew è l’equivalente di ciò che la patata diventa “bollente” se l’ammirazione “virile” nei suoi confronti (e che fronte levigata su capelli sciolti da cavallo…) si trasforma “nutriente” a “radicali liberi” del pube bestemmiante! Che fontanona!

Sì, anche per un etero “convinto” come il “sottoscritto”, spesso comunque sotto se stesso d’autostima “zero” e quindi poco a ficcarle nel “soqquadro” di “affreschi”, che fesso… ma che fessure per l’arsura solitaria solo e neanche una “suora” di totoiana stiratura da napoletano turco, McConaughey rappresenta ciò che la mia sessualità di Notte traballa quando guarda un “suo”… film, perché “incarna” il “gaio” mai mio. Sì, sono un cedrone, acido gallo malinconico ma sarei, salirei di “salive”, con Matthew per “malalingua” a inguinali sciolti d’amore “coniugati” nel suo “dilatato”.
Allattami coi tuoi capezzoli forti, “leccami” con le tue interpretazioni magnetiche da bava alla bocca. Pendo dalle tue labbra… possiedi degli occhi che mi metton a sedere o sogno soltanto d’insederarti per rubar ogni mio arido “pudore” annesso totalmente a nettare tuo? Che miele. Mettimelo in modo aspro, non sdolcinato, dai lucidami e accendi il gas che ci dà. Tu Matthew “spingi”. Accelera bruscamente!

Sii ciò che brulica al buio, eh eh.

Lo so, i tuoi jeans “sporchi” odorano di rodeo, voglio arrostirlo con te, rotearmelo, saremo imbizzarriti come Dallas Buyers Club. Ammaliamoci di AIDS. Dai dai, abbiamo superato queste sifilidi. Son roba da an(n)i ottanta, il tuo lo voglio a novanta e trecentosessanta assatanato nelle lenzuola di gradi(sco). Assonanze musicali dentro… la Luna più ludica e ingorda. Sì, lordami del tuo odore sapor “toro”. In bagno, c’è la scorta di saponette, non ti preoccupare se “(s)verrò”, ho anche un “pacchetto” di fazzoletti.

Bruciami nella tua Marlboro…

In preda all’estasi irrequieta e irrefrenabile già di “acqua” di lì sgorgante dal prepuzio poco cheto, eccomi “tragicomicamente” costretto a spegnere il “catodico” e corro così “corrivissimo” da corrida verso il lavabo, detergendo ogni parte intima precoce… a “erigersi” in modo “vergognoso”. Ti guardo e ho le vertigini mentre tu sbatti cinquemila vergini del segno Ariete, fisso quindi titubante il mio volto “tumefatto”, eiaculante d’angoscia per quel culo maschile su cosce possenti, mi chino di “varechina” a tal sensuale, titanico tuo Matthew e le mie gote si “scarniscono” in una smorfia “contorta”, eruttiva al dolor’atroce. Perché il mio specchio fratturato, non mentore, m’urla in faccia un plateale: “Ha una barbetta sexy e profuma di ascella ruvida come la carta vetrata dell’asma orgasmico inconfessabile, inespugnabile. Stefano, getta ogni (s)pugnetta, bando alle ciance e alle vacche, togliti la maschera e svaccati per McConaughey da mungere. Pungilo e infilzalo. Ammetti che ora, vai di là come John Travolta di Pulp Fiction, (non) ti fai una sega e non ci proverai domattina con quello sgorbio che corteggi e che pur ti scoreggia in faccia da vendicativa e anoressica-bulimica-marziale Uma Thurman più racchia assassinante il tuo Louis Gara di Jackie Brown”.

Cazzo, sì, il mio specchio è crudele, la dice “papale a pelle e a palle”, ragazzi.

Il mio specchio è carne cruda che Matthew, il maiale, renderà anal. Quanti canali di sfogo! Ah ah!

E il mio cazzo, tormentato da un’immagine “aderentissima” a pantaloni “sbracati”, (s)gonfiati turbolentemente già “indaffarati” e “singhiozzanti” l’irreprimibile desiderio di fottere Matthew, apron di “sveltina” la birichina cerniera.

Tutti pazzi per Matthew…

Sì, questo è senza “dubbio” il suo an(n)o.

Conaughey il bono (ro)manz(ett)o da morire, ineccepibile adesso anche come attore, oltre che appunto di fama, “fava” e “fame” del torello più Matthewrello… Ci dava sempre di martellino anche “fregando” quella “lesbica” di Foster Jodie.

Che, detto e data fra noi, dieci anni fa… era una buona sorella. A pecorina per un silenzio degli innocenti suoi bisessuali e di percorso outing incidentale.
Ah, sì Jodie. Matthew ti succhiò il collo con quei canini e incisivi sguardi irresistibili. Che colpo al posteriore, un bellissimo sinistro!

Eppure, nelle sue interviste, nonostante tante ne abbia “svestite”…, modesto Matthew si presenta. Nella realtà, tutte lesto inver durissimo le ridesta rigogliose come il suo carisma da furia del West e da Hannibal Lecter delle “foreste”. Anche quelle che mangian soltanto sottilette e verdure. Lui è il passato delle passerine. Se patirai da innamorata, non addolorarti, ti passerà la bu(i)a ché Matthew va dritto, eh sì, con nuove avventure.
Che ludro!

Vola libero il nostro passerotto. Se la spassa!

Dichiarandosi un semplice “apprendista”… ed è qui che cascan le “mule” e pure l’asino che sono io…

Quando Matthew apre il sorriso a 32, il mio di trenta diventa duro e raglia anelando il suo alito format-o aglio, quasi al formaggio.

Vengo… colto da un improvviso, virtual coito e non trovo quasi mai i Kleenex acquistati alla Coop.

La Coop sei tu, chi può darti di più?

Matthew te lo dà tutto “gratuito”, senza tre per due e nessun può darsi incerto, perché tutte le cerbiatte Matthew concupisce anche in smoking. Intappato fa le porche “figur(in)e”, (s)figuratevi le fighine sfigate se in un futuro filmettino apparirà “integrale” quando “piscia” con fisico atletico da cervo. Lì, sì che saranno piogge…

Matthew lo sa in quanto, tanto davvero, ha le corna in testa!

Per ora, dopo aver scopato come un riccio, ha conquistato pure le più ambite, spogliate e ricce colline di Hollywood. La cui origine del nome deriva proprio da “Holly”, bambolina…, ehi baby dammi un po’ di sogni allo zuccherino, e da Wood, legno tosto per le fragoline di bosco… di agro dolce anche su vuote zucche.

Il nostro lupacchiotto Matthew è una volpe da glup e tanti slurp.

Tutto il suo “tiramisù” le manda giù quando dallo schermo occhieggia su occhiolini dolci allo zabaione e ipnotici nel cosiddetto “fascino (im)battibile”.

A parte gli scherzi e gli “schizzi”, come dico io, si profila(ttico) una stagione “fruttuosa” per il nostro Matthew. Mai sarà alla frutta, è già al dessert del desinarne altre per più potenti e profiterole desideri.

Dicasi antipasto di uno eterno affamato muscolante al pepe verde. Fra un secondo di piattole e prime scelte da gatto più chef. Egli le acciuffa e, ai ravioli al vapore, va come un treno di puff puff e toccatine toc toc se rallenta il binario per quindi subitaneo entrar ancora in galleria in altri (rin)tocchi.

Quando si dice aver un gran culo. E Matthew è la zona erogena più scolpita della prima parte che le donne appunto guardano. Sognando di malaffare il suo tornito, torrido e torreggiantissimo arnese anche a garrese liscio come amplessi di massaggiatrici, opponibile di pollice su-succhiante e quindi a cucchiaio. Un cowgirl di doggy style. Se poi, si cosparge gli addominali di olio, come fanno a odiarlo?

Piace alle bambine, alle vecchie, ai vecchietti e anche a me.

Co-interprete appunto del mio Leonardo DiCaprio “divorato” del Wolf of Wall Street (eh sì, quando “gioco” con un affezionato amico Matthew… ti sfinisce di “pesce”, non solo di fiches “ficcanti” ad “abboccone”…), poi selvaggio in Mud, ti (po)mata il nostro “potato” in men che non si dica (non voglio che in giro si sappia che per Matthew lo “st(r)appo” nelle “lagrime dorate”), per non (s)parlare del nuovo Nolan.

Quando lo vedrò in modo “Interstellar”, saranno proprio fuochi… “artificiali” dei miei testicoli.

Sono uguale a Matthew, uno stallone.

Ah ah!

Che dire di questo mio storico scritto? Amo lo stoicismo e non son uno stinco.

Credo alla pesca dei salmoni, cioè voi i coglioni sempre “orsi”, non credo e anzi rinunzio al “matrimonio”, compromesso per “metterlo” di nascosto all’amante previo divorzio solo se qualcuno “spia” dagli scheletri dell’armadietto dei sogni oramai andati.

Al che, mi s’avvicina un “brav’uomo” e mi chiede come faccio… a mantenermi così in formissima. Magrissimo a sogliola, vicino alle soglie del suicidio o del sudicio trascurato? Poi critica le mie “sparate”, giudicandole “seghe” solo che imbellettate. E “ammette” che lui non oserà mai andar oltre un “lecito “osé” per non macchiarsi la “reputazione”. Che sia solipsista?

Infatti, tra falli possiamo dichiararci, in tutta calma e camice da pigiama gli rispondo che dovrebbe solo “turbarlo” la puttana che mantiene.

Cioè egli stesso. Un mezzo maniaco sessuale, diciamocelo.

Sbianca e vorrebbe darmi uno schiaffo in faccia, appunto.

Ma io gli ricordo che ho una faccia, tutt’al più, da “sberle”. E gli pronuncio un “Ciao” tanto sottile che non capisce neppure, scambiandolo per un altro culo a cui lui fa il miao, perciò alzo di lena la sua “sottana” di mano (non) morta e lo appendo ove sa. Perché ho i bicipiti allenati e anche quel che sta in mezzo alle gambe, or che questo ho appeso al muro.

Firmato e griffato-graffiante Stefano Falotico, ungulato pur di aver con McConaughey un ululato!

P.S.: conobbi Matthew anni fa, durante le riprese di Contact. Vi ho già detto che scopava universalmente con Jodie. Ma, fra un ciak e uno sgranocchiarla, aprii i suoi orizzonti.

Ho detto tutto. Mi pare anche troppo, quasi quanto il suo guardaroba. Sia nel senso di Matthew, esagerato, sia del mio sconfinato. Oggi guardia del corpo, domani alieno come gli ultracorpi.

E, su questa cagata, posso anche pisciarvi in testa.

 

“Cuore angelico, tenere tenebre sanguigne” di Stefano Falotico

Cuore Angel Heart

Cuore Angel Heart 2

Cuore Angel Heart 3

Cuore Angel Heart 4

Copertina Cuore Angelico definitiva 

Cuore angelico, tenere tenebre sanguigne

Da oggi, è ufficialmente disponibile il mio nuovo libro.

Complessa e intarsiata miscela dalle squisitezze deliranti innestate e innervate dentro le fratture torturanti, tonantissime, martoriate e poi a volteggiarsi a onirismo d’impalpabilità mia fascinosa, sobria, avvolgente profumo che s’immerge in anima lirica ed eccelsa, elevata eleganza intattissima, superlativ’ascesi mia mistica che si morsica aulica all’effusione di cereo, presto incendiato color marmoreo, esangue e perciò eburneo delle mie versatili, inafferrabili intelligenze poetiche.

Austero decadentismo che abbranco in personal palpito della respirata, abbracciata, baciatissima trascendenza su sangue animato, fiero d’intrepidezza sonante, musicale odore della vita lucente nel vederla suadente.

Vita vera e dunque “virtuale”, fra crepuscolari lanterne ermetiche d’una viva e imbrunita Notte lunarissima e acquiescente, placida come un lago sfiorato dall’alba del primo roseo mattino emozionale, innaffiato ai virtuosi, funambolici dardi solari d’ammorbidito nevischio in mio “demoniaco”, divino Cuore (s)ghiacciato. Altissimo!

Le ragioni, o forse appunto le misteriose regioni divinatorie di tal creazione tinta all’heart letterato più avventuriero d’arcaica, raffinatissima Arte, son enunciate nella postfazione.

Ma non tutto il significato dell’opera in essa svelo. Spetterà allo “spettatore”, ché il lettore chi è se non un “grande schermo cinematografico” dei suoi candori (in)consci abbacinati e meravigliosamente infuocati, fruirne a suo Piacere.

Posso sol qui accennarvi che s’ispira al film “satanico” di Alan Parker con protagonisti Rourke e De Niro il “Lucifero”, ma cambia anima “rubata” e rotta nella sua “detection” appena svolta “manicomiale” nel Johnny Favorite forse “doppio” e reincarnato.

“Amleto” quasi faustiano come d’estratto iniziale di Goethe, un investigatore dalle gote rubescenti, pallide quindi da “deturpato” e turlupinato, quanto “arrossato”.

Di vendetta (in)giusta e impossibile? Oh sì.

Quindi, compratelo. Perché io sono lo scrittore più “rubacuori”. Vanitoso come il Diavolo.

Ah ah!

E mai mi disancorerò dall’accorarmi al me più romantico.

Non disarcionate la Passione!

Applauso!

E che sia scrosciante. Soprattutto spero che diventi “(ap)pagante”.

 

 

“Space Cowboys”, Review

Evanescenze mnemoniche ai bordi delle periferie spaziali sinergiche del meditar contemplante e “triste”

“Arzilla” robustezza, dai poderosi e virtuosi ricordi, s’alluna cogitabonda nello spensierato abisso dell’Universo.

Maiuscolo d’inizio divinizzante sull’iperbole solaris d’un fluente dondolarvi, come macchie scure di caffè “permaloso” al caustico Mondo “irrisorio”.

Oscillan le nevrosi “vecchie”, alterate d’accenni d’Alzheimer e la “lentezza” acquisisce la placidità dell’ermetico sorseggiare lo spinale midollo della vita (s)confinata.

Ove è l’infinitezza dell’averla esperita, “inaridita” e indurita di troppa (im)maturità e malinconia ad ardere le nostalgiche, coriacee abrasioni da cere pistolere, siete “pacifisti”, conciliati ai rancori del tutto esser evoluti, avvolgenti nel plancton sigillante dello sbuffar fra rimpianti e allegrezze euforizzanti. Sbronzante, bronzea “demenza” o (ri)guardarla a traiettorie flashback di meravigliosa estasi vitale? Esattamente coincidendosi al “sinonimo” di “senili carcasse”, di barbogi da rottamare o solo l’oceanico respirare l’esistenzialismo nelle nuvole della sublime, temporal rimembranza? “Assiderarla” nelle fami ancor latenti degli attimi perduti, con sibillin “cristallizzarli” alfine di celebrarli, rammemorati e quindi “oltraggiati” nei turbinii “scriteriati”, “craterici”, caratterialmente “instabili” come creatural risorgere proprio nel tramonto di quel vissuto (in)dimenticato, invisibile agli occhi di chi all’anima di tal “vecchi” porgerà quelle, sì orride, banali, offensive, insultantissime e inusitate “carezzine” tanto tenere che si riservan ai “rincoglioniti”. Con quel pietistico modellarli al “penoso” percepirli.

Invece, vecchio sì… con quello che hai da dire ma non nessun ti sta a sentire, atmosfere da Zero “assoluto” combaciato ad armonia (in)ascoltata. Chi dei vostri cuori energici, dell’aver riso, amato e pianto, udirà com’ancora esuberanti li auscultate nel roco diaframma del sanguigno “borbottare”, dell’acuto per voi immenso bisbiglio siderale della tutta vita, che invece appar agli occhi dei “giovani” un irritante bisbiglio da tacere con quel “garbo gentile” dell’accondiscendervi, quindi “marchiare” di senescenza, proprio “punendola” col sorrisetto o (s)fottervi dietro nascoste, ingenerose smorfie blandenti, come sussurrarvi “Poveri rimbambiti”.

Questo capolavoro di Eastwood, al solito incompreso quando aprì “freddamente” il Festival di Venezia di quell’annata, è un’altra tappa “tombale” e dunque miliare del suo “millenaristico” profeta revenant.

Ed è perciò che lo intitola Space Cowboys.

Nei suoi celeberrimi western, il fantasma del Clint al(b)eggiava nello riscaturito e rischiarito (ri)scatto dei bei tempi, a flagellazione, deflagrazione “angelica” da nebbie proustiane d’un ricomparire per appianare i torti e anche espiare le proprie (in)esistenti “colpe”. A colpi di grilletto unforgiven.

Coincidenza “casuale”… uscire nel 2000 esatto, perfetto “mon(ol)ito” quasi kubrickiano…

Toby Sthephens è young Frank Eastwood così come il “neonato” di un’Odissea… oggi adolescente e domani rugoso, incancrenito e ottuagenario… lunga un grandioso Giorno…

Avevate un sogno… raggiungere il nostro satellite, scoprirlo e anche esplorarvi come uomini, risalire forse al mistero d’ogni Big Bang dell’anima.

Chi è infatti l’astronauta se non un “folle” nichilista che fottutamente crede nei dreams personali, i quali però, per la gente comune, son Tempo… perso?

Qualcosa non è andato come doveva. Missione “fallita”.

Ma i vecchi tornano utili se gli “esperti” e “collaudati” giovincelli non san che pesci pigliare per colpa di un guasto tecnico risolvibile solo da chi conosce le “armi” del Passato…

Allora, bisogna rispolverare la grinta a costo di farsi prendere per il culo, addestrarsi per un nuovo, epico viaggio. Avanti e indietro, o sospeso nell’etere. Nell’eravate.

Intagliato nel monumentale Clint, che si adora di primi piani a sue iridi azzurrissime, languide, modulate nel “modugniano” blu dipinto di blu, a un Tommy Lee Jones che non lo smonti anche se ha qualche rotella arrugginita, al goliardico Sutherland, incarnazione straordinaria del concetto “generale” di “patetico”. Uno che fa battutine da circolo per pensionati ma con la saggezza del lupo di mare.

E infine impresso su James Garner. Scelto apposta perché è un attore “sconosciuto”.

Di un altro Mondo, di un altro Pianeta, di una generazione classica.

Come Space Cowboys.

Chi non ama questo film, prenotasse un tavolo in un discopub per soli stronzetti con fighella scemotta a “car(ic)o”.

E “ridesse” sulle note finali… sì, perché picchiarlo quando puoi servirgli un sorriso (dis)incantato?

Space 2 Space 3 Space
(Stefano Falotico)

 
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