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“Sleepers”, Review a non dormirci

Sogni bramati, membra sbranate, innocenza risorta, Dio (non) è morto?

Anomala questa trasposizione del “classico” Barry Levinson. Mira in alto, punta agli Oscar ma riceve una freddissima accoglienza ad apertura di Venezia.
Gli s’imputa un cast mal assortito, troppo eterogeneo nella frammentazione del racconto singhiozzante. Un racconto sfumato nell’orrore a occhi aperti, singulti visivi di tunnel bui, laceranti, uno strazio che patiamo “fuori scena”, nell’immaginazione più potente dell’avido mostrare.
Inghiottiti da paure recondite del mostro “uomo” nella sua bestia che divora carne, vite che amputa e di cui si nutre a smorzar per sempre il battito alato.

Dall’omonimo romanzo “vero” di Lorenzo Carcaterra, la romanzata ma non tanto avventura nelle tenebre di quattro boys “gaglioffi” di Hell’s Kitchen, ritratti al cardiopalma nascituro d’adolescenze (im)pure.
Sobri tuffi nell’Hudson a schizzi di luce diafana nel poi squillante Michael Ballhaus. Architetto d’immagini “goodfellas”. Livido il maestro dell’Arte fotografica intaglia di colori smorti un’ectoplasmatica discesa proprio nell’Inferno, macchiato dalla forca abominevole dell’imprudenza.
Un letal scherzetto, e il carretto si trasforma in arma non convenzionale, a recisione devastante di vite spezzate.
Chiuse in un riformatorio d’allucinato incubo, asserragliati nel dolore racchiuso nei freddi propri fantasmi, riscoccheranno fulminanti di vendetta alla Montecristo.
Dopo la detenzione punitiva, usciti dalla “prigione” della pedofila “educazione”, un lampo e precipitiamo nell’odierno brusio dell’ancor ronzante mai dimenticare.

Così, amici ancora stretti, due di loro entrano “borchiati” in una bruciata tavola calda. E il caso fatale appare “propizio” per l’omicidio all’aguzzino più crudele. Una pallottola, due, tre, infilate a raffica lapidaria. Quel Cuore sofferente nell’impeto alla sacrilega lor esistenza deturpata, di “uguale crimine” a imputazione.

Il film procede lungo i binari “noiosi” di un’“inchiesta” giudiziaria, ubriaca fra maldestre grossolanità di regia e un “gobbo” Dustin Hoffman, avvocaticchio della mortalissima disputa.
Sorretto dal carisma cameo di Vittorio Gassman, un Brad Pitt sgombro della sua aria da belloccio, marmoreo di mascelle contratte, rabbiose e non dome, da un Jason Patric angelico e Satana di nera “vacuità” oculare, istintivo, freddo “sicario” della sua Croce.

Un Robert De Niro santificante, prete carezzevole nella polvere di gioventù non più. Per un giudizio biblico inappellabile di stesso “trucchetto”. Impietrito e addolorato, salvifico. Forse.

Il film inciampa, si tortura da solo, morde, fugge in notti solitarie, impervio s’ingegna alla perfezione etica ma barcolla nell’incertezze d’una impalcatura ideologica troppo forte per non franare, talvolta, nel controverso indigesto e nelle forzature didascaliche.
Ma, a passo di tal vacillar tanto lacrimoso, colpisce e preme nell’incognita che non può assopirsi in facile, sbrigativa assoluzione.

Sleeper di suo riemergerci per il dubbio… 

 

(Stefano Falotico)

 

“Lo sbirro, il boss e la bionda, review, rivedetelo!

“Pazzo” cagnolino in qual guaio ti sei cacciato? Chi dice Donna, dice solo bionda. I danni son (irri)conoscenti per caso…

Da quale strano Pianeta spuntò tal sottovalutatissimo capolavoro? Dal cappellaccio “bifronte” d’un McNaughton John inaspettato, “prova del nove” che fu clamoroso “flop”, sia commerciale e sia a livello di “critica”.
Ma, a ben esplorarlo, sondarvi dentro or che il Tempo è più “obiettivo”, son ivi a scandagliarne l’intim(istic)a e romantica, nostalgica sua “infranta” memoria.

Ecco, John è reduce da Henry… pioggia di sangue di “vero pus underground”, masterpiece assurto in gloria dai cinefili di bocca buona quanto bistrattato, censurato, reciso, “oscurato”, discusso, linciato peggio dei “cannibalismi” di Lee Lucas.
Prima, “storica” incursione di Nanni Moretti nelle sue pause “vacanziere” da Caro diario…

No, a Nanni non garba la statura, in ogni senso anche prospettico d’attorialità, di Al Pacino, specie se è heat e si “scalda”, appunto. Forse, non ne tollera la recitazione finto-nevrotica di tecnica dalla sordina elegantissima anche quando “sbraita”, insegue la sua preda, ed è già insomnia nel manhunter, mio agente Vincent Hanna. Sei solo se a giudicarti è il borioso Nanni, bravino nel suo Cinema “al cappuccino”, psicologo della mutua che mi lascia perplesso, pessimo però come giudice dei nostri capolavori più amati.
Ma lo perdoniamo, erano strange days…

Sarei però davvero curioso di sapere se ha visto questo sbirro… addirittura presentato nel Concorso Ufficiale del Festival di Cannes del 1993. Proprio perché, dopo Henry, tutti nutrivano enormi aspettative sul nostro McNaughton.

E poi… per tanti poi… musiche di Elmer Bernstein, sceneggiatura di Richard Price, fotografia di Robby Müller e produzione esecutiva (udite udite) del grande Martin Scorsese.
Tant’è vero che il protagonista è Robert De Niro.

La prima geniale intuizione è ribaltare gli stereotipi delle icone. Infatti, De Niro non è affatto un gangster, come si poteva presupporre, bensì tutt’altro. Un timidissimo fotografo di polizia. Affettivamente più “cadaverico” dei morti ammazzati che immortala prima della loro “consegna” agli obitori. Dormicchia Bob, pigro, con un po’ di pancetta “tenera” e gli occhi da orsetto notturno. All’improvviso… la scintilla del “suo” equivoco esistenzialista.

Salva involontariamente la vita a un mafioso, il “temibile” Frank Milo/Bill Murray. Come? Murray nella parte del “picciotto?”. Eh sì, la contrapposizione di due collaudati “characters”.

Il “duro” Bob agli ordini della malavita “redatta” da Murray. Che follia è mai questa? Alla Mel Brooks? No, commedia nera dalla grandiosa “sordina”.

Film che ci sfiora nell’amplesso rovente con un’Uma Thurman debordante, madrina nella Madre Natura del suo seno esplosivo. Esorbitante e ottima. Bella to die for nonostante la scarsa docilità anche proprio del suo “caratterino”.

Il film passeggia, sta zitto fra scoppi improvvisi e ilari, il jukeboxjust a gigolò…, la perfetta dinamica fra gli interpreti principali e le macchiette di contorno, cervi che appaiono sotto la Luna d’una piazzetta “metropolitana”, addominali “accidiosi” poi limonati e scopatona, virilità rivali dagli scontri divertentemente umorali, la scazzottata finale, la fortuna che bussa alla porta, la fatuità della fatona Uma, l’infatuato, “sbriciolato” Bob romantico, bicchierini sorseggiati in questo Mondo che, all’alba, come sempre gira.

Giostre e gare, calma e turbolenze da “maschi” orgogliosi.

Per il resto, un signor film. Per il “restante” McNaughton, salverei la splendida Ashley Judd di Crocevia per l’inferno e le tette tante… di Denise Richards in Sex Crimes.

Non ho d’aggiungere altro. Grazie, prego, buona visione.

(Stefano Falotico)

 

“Rocky” recensione e soprattutto Happy Birthday Sylvester Stallone

La Natura combattiva del dolore retratto, poi accelera di mancino “caldo” la scommessa a se stesso, dissangua gli avversari, schiva e afferra a muso duro la sua vita

Un Balboa, un fantasma che riscuote i debiti di periferie… degradate, suburbano under, forse dog, forse non lo domi, cane bastonato e recalcitrante. Se la dorme.
Striscia nella musica impercettibile del suo Cuore “cinico”, adoratore della palestra per (in)fondersi nel coraggio perduto, attracca al porto e sbava piogge solitarie di rimpianti, asciugati nei lividi d’incontri clandestini.
Incagnito, oh sì, filastrocca da perdente nato, non t’avevano plasmato all’etica del “vincere?”. Passeggi sonnambulo, mordi l’atmosfera e l’ingerisci con lieve bofonchiare un letargo da cui non vuoi s(or)vegliarti.
Sai chi sei, tieni nascosto il Rocky vero in una corazza a fortino di chi può ancora illecitamente d’umiliazioni s(ac)cheggiarla. Ballonzoli “triste”, fra viziatelli e mocciosi, a cui sputi denti digrignati in appassire “apatico”.
Par che nessuno possa sfiorarti, il tuo “personal trainer” è colmo di rancore, non vuoi contagiarti con la sua vecchiaia da ex valoroso, campione oggi appunto allenatore “stanco” che “stappava” pugni negli applausi di un’altra epoca.
Nitri, cavallino rubescente, ingrigito sovente. “Balordo” e puro dentro, il marcio ti nausea, meglio un rifugio da chi non si stana nella topaia. Un tugurio, pochi spiccioli “rubati” di ganci sinistri svelti, picchi duro “picchiatello”.
E nessuno ti cambia. Vai dritto per la tua strada, impervia, meglio delle maleodoranti borghesie fetide di chi è già nel loculo degli stagnanti laghi. Chiudi un occhio, anzi entrambi i “bulbi”, anche i lobi delle orecchie.
Non c’è peggior sordo di chi è “cieco”. Questa è mia, faloticheria stronza, come te Rocky. Cipiglio “trascurato”, fisico taurino, non tanto adorato perché mai ipocrita. Quindi, a forza di spararle secche, t’han estratto le cartucce, sei accartocciato, rannicchiato, frenato e “scorporato” dall’orgoglio tuo. Cazzo, che scherzo ti sei combinato? E tutto per dar retta ai “retti(li?)”. Gentaglia da strapazzo, poveri idioti “bravi”… con le paroline, offendono da dietro la trincea e ti scavan la fossa nel ricatto della museruola.
E lo scatto d’un Tempo? Pari davvero lobotomizzato! Sei caduto dalla culla? Troppe bue di delusioni per rabbuiarti ché abbai urlando?
Che cazzo fai, Rock…?

Fai il pappagallo, tuo “domestico” compagno di solitudini. Tu ti specchi spaccato e “lui” ti ripete la solfa. Tu non sei uno che l’ha imparata a memoria. Ti giri nervoso e attacchi “al muro” anche l’uccellaccio dal provocante piumaggio.
Pare il Grillo Parlante quel pappagallo. Stai disimparando, sbraiti a vanvera, svuotato, nichilista per un “coniglietto” tenero ma “pollo” allo spiedo. Vi assomigliate, impagliati!
Depauperati!

Corteggi Adriana, timida e indifesa, ammicchi, poi scappi. Te la scopi mia sorella?, il cognato propone il nido della “cicogna”, gatta ci cova dietro le tue moine. Le piaci, vi piacete, al solito scazzi tutto e d’un vaffanculo fuggi senza darti piacere.
Ah, ti “masturbi” d’alienazioni. Torna ad allenarti, dai. Stai regredendo in zona “barbetta”. Quando te la tagli? E i peli nel lavandino? Forza, falle piedino ché pian pianin andrà innamorandosi. Non far il gorilla!

Ma, nel bel mezzo del cammin di tua “sfiga”, spunta Creed, peso massimo imbattuto e un po’ molto “montato”. Chi pensa di essere? Ma devi ringraziarlo. Un’occasione così capita una sola (s)volta.
Ti chiudi, non accetti la proposta (in)decente. Ne prenderai troppe. Meglio salvaguardare il cranio, il salvadanaio però sprona alla ribellione…

A-pollo… come ti guarda(no). Strafottenza. Fa il bastardo, è vantaggiato.

Ha osato infierire, eh no… merita una lezioncina. Scendi in macelleria, sventri il maiale a mani nude. Creed capisce che non scherzi. Tutto quel sangue “schizzato” d’un Rocky che non è deboluccio affatto.
Trema Creed, non sei male. Quando (s)tiri, cattivo pungi.
Affondi lì, e sono colpi che lasciano il segno, come le tue cicatrici dell’anima mai rimarginata.

Vigilia, nelle mutande stai cagando ma corri a perdifiato nell’alba dopo la sera fatale. Tu e quel manifesto. Quel manifesto ritrae te. Mica un “anonimo qualunque”. Ora, sei sveglio? Hai riaperto la sete, saetta?
Sei già negli annali. E sono cazzi amari. Non ti puoi ritirare a giochi semi(s)fatti.

Oddio. Questo Creed arriva in pompa magna, ti mangerà in un sol boccon’. Creed ti sta prendendo per il cul’. Ha la faccia di bronzo questa merda.
Ed è pure “negro”. Dovrebbe fare un monumento ai bianchi, un negro quasi alla (Denzel) Washington.
Che fa? Imita lo zio Sam? Be’, sta esagerando, è un buffonaccio. Qualche ceffone deve buscarselo.
Più di uno, infatti, (non) ridendo e scherzando, assai (s)fiatando, l’hai portato al quindicesimo round. Dovevi andare al tappeto come da “programma”. Hai incasinato Creed. Non t’ha incrinato.
Maledetto d’un Balboa, non crolli neanche con le cannonate. E chi ti distrugge? Perdi ai punti (molta sutura, il naso cola, la bocca è “storta”, sei quasi ridotto come uno storpio…) ma che te ne sbatte?

Qui parliamo di un melodramma da commozione… non malinconie “cerebrali”.

Emozione grande.
Non ci sarà rivincita. E chi la vuole?

Ah, nel secondo episodio della saga, la vuoi tu, Creed. E le beccherai, oltre a perdere il titolo anche l’onore.

(Stefano Falotico)

 

“Over the Top”, review

La vita non è un gioco di “scacchi” ma di tremolio forte nel chi resiste… non esistono mosse giuste, uomini giusti sì!
Il camionista on the road del Dream (ri)vinto, rivincita a ultimo scatto, a giro sterzante di braccio, contorsione fenomenale d’anima furente. Si sprigiona lo Sly da errori “irrimediabili”, in un clamoroso, abbacinante grido glorioso. Nel finale indimenticabile prendi coscienza che tu hai sbagliato tutto. Li hai stupiti. E se la sono meritata!
Si chiama energica vendetta! Si chiama vaffanculo, pezzo di merda.

Chi è Lincoln Hawks, questo “squallido fallito” che, coast to coast, pare un “transatlantico” vivente di bicipiti aggrovigliati nel rimpianto, nell’amputazione letale della sua “dignità” infranta.
Attraversa l’America nel suo “abitacolo”, forse di sogni sbriciolati dalla dura realtà. Non s’è mai perdonato d’aver divorziato da sua moglie, d’aver abbandonato il figlio, anche se invero non li ha mai trascurati. Il suocero è un J.R. bastardo, gli ha sbattuto le porte in faccia, solo perché gli stava antipatico un Uomo grande e grosso ma “grezzo”. Ha rovinato i suoi affetti più cari per futili motivi dinastici… sua figlia, sebbene innamoratissima, doveva scartarlo, far sì che marcisse da “testa di rapa”.
Luridissimo stronzo questo Jason Cutler, un Robert Loggia che, in quanto a malignità, fa impallidire il suo “facsimile” di Scarface. Sì, questo Robert era specializzato a minacciare di ricatti mortali se qualcuno osava sfidare il suo “potere”. Davvero affettuoso. Provoca tenerezza il riccone sfondato.
Qui, non poco intralcia il nostro eroe. E che eroe… tosto come il marmo delle catene rocciose quando i falchi mai s’appisolano nelle notti “lugubri” del vorace vivido, uno Sly che si squama, soffre l’ingiusta solitudine, finge di star al cattivo… gioco, sorte beffarda.
Darla vinta a uno sbruffone. Ah no, è la tua anima sempre erta che non desidera assolutamente un secco, spaventoso rifiuto così ingrato.
Allora, ai primi rintocchi dell’alba, già ci commuove, mesce la sua muscolatura “oliata”, sudata d’ingranaggi da macerare, si “tuffa” nella rugiada d’una doccia limpida in sua chioma corvina, accende la “visiera” e ritorna in marcia.
Per ricongiungersi col figlio. Il figlio l’ha dimenticato, anzi, non si sono mai incontrati. L’ha visto solo in fotografie “dipinte” dalle ottiche calunniose del nonno. Molto distorte.
Sly tenta d’avvicinarglisi, ma il figlio è restio, di suo padre ha sentito parlare malissimo: un avanzo di galera, un loser su tutti i fronti, un povero Diavolo senz’arte né parte.

Sly ci prova… disperatamente, lo riagguanta, mentre la strada piange altra malinconia…

Lentamente, scatta la simpatia, dalle ritrosie “educate” al “perbenismo” al cosciente vederlo padre, finalmente. Forse ha sbagliato, nessuno è esente dai peccati, perché linciarlo e così infierire?
Alla fine, sì, è “ignorante”, troppo “diretto”, troppo poco “damerino” per questa società di pedine bianche che bruciano gli antagonisti “scomodi”. Neri d’apparenza, molto più sfumati nei contorni interiori.
C’è del vissuto in quella rustica, “guascona” un po’ “buffoneria” da “Mi pieghi, non mi spezzo ma sono tardo di comprendonio, ho bisogno della spiegazione. Sai, io e il Mondo viaggiamo su binari contrari. Io, testa calda, il Mondo raffreddato e cinico. Abbiam finito per scontrarci, ne ho scontato io la multa per troppa velocità”.

Ma Sly non s’è arso affatto. Anzi, vola d’ali purissime, romantiche a più non posso. Piange, si dispera, lotta e scende nel “ring”, ancora.
Un conto è far il “bellimbusto” per “duelli” da bettole, un altro è rivaleggiare con animali, campioni veri.

Altri “rifiuti tossici”, cani in “clandestinità”. Qui però non si punta alla vittoria per la fottuta medaglia al valore, ma per un camion nuovo di zecca. Se lo vendi, ci fai soldi, cazzo. Servono, subito.
I soldi sono scommettere su quanto “fiato” hai nella “gola” della morsa.

Ora, Sly sei bravo. A braccio di ferro, molti ti fan un baffo. Tu, rasato nonostante le asperità del tortuoso mai allinearti…

Però, devi battere Bull Harley. Mette paura anche di mezza inquadratura. Un bestione che ti afferra e ti storpia. Ti spacca le ossa, ti fa un culo da “dolorino” che non curerai neanche con l’asportazione della “figuraccia”.
Cazzo, ti divelle la pelle, te la “squaglia” di “recisione” netta. Ti schianta in nanosecondi d’una “evirazione” potentissima.

Stai per mollare Sly. Chi te la fare… affrontare uno così, rischiare la pensione d’invalidità perché non potrai più guidare, neanche reggerai il manubrio…
Ma è una questione che va al di là della competizione “sportiva”. C’è in ballo l’orgoglio di vivere.

Devi, devi, devi fortissimamente vincere per distruggere il “nonnetto” arrogantissimo.
Uno schiaffo morale da lasciarlo senza “lagrimuccia”.

Ora. Il film è “ingenuo”, infantile, “roba” che vedi a 8 anni e poi devi provar vergogna ad azzardarti a citare se hai superato la fase del pubescente che “sogna…”.

E questa stronzata chi l’ha scritta? Mereghetti Paolo, che ce lo liquida con la sua “versione” boriosa. Ah, ma quale incompreso… sei tu Paolo che della vita non hai capito un cazzo.

Beccati lo Sly che spezza Bull e poi dimmi, onestamente, se non ti sei emozionato. Ah, vedi? Non fare lo smargiasso!

(Stefano Falotico)

 

Clint Eastwood, ghiaccio arcano di romantici occhi


Stefano Falotico ha pubblicato “Clint Eastwood, ghiaccio arcano di romantici occhi”, un’analisi “spietata” a incantevole danzare sulle nervature coriacee del grande Biondo!

Affiancato dal mio fido scudiero, Davide Viganò, anch’Egli rinomato fantino a cavalcare lungo le sponde western del Cinema senza frontiere di Clint, a suo onorarlo d’omaggio nell’immortalarne lo splendore, Stefano Falotico, il qui sottoscritto e presente-assente(in)giustificato, “perviene” alla lucentezza d’alcuni capolavori del Maestro. Ne celebra, sottilissimo, la biblica “artigianalità” immarcescibile, e innalza il nostro Credo a suo cavaliere pallido.

Il Falotico, d’indagine “notturna”, vive nei fotogrammi eastwoodiani, più vivi della spazzatura “moderna”. E, nel classicismo del Clint…, ritrova se stesso riesumato.
Rediviva è la vita in adorazione anche altrui ché la mia anima si svegliò dalla letargia grazie a dinamiche mentali d’empatia attrattiva.

Un libro scolpito negli occhi di Clint, saggio “eremita” in questo Mondo di folli sempre a schiamazzare, a dannarsi per schifezze, a “prodigarsi” al danaro delle “vittorie” spicciole d’ostentare in viso a chi lor reputano invisi.
Ma noi siam prodi(gi).

Falotico, così come Davide, è oltre la sconcia umanità pettegola, nonostante le “tegole” Lui è fiero guerriero, cowboy nella valle di lagrime. Esistenzialista a chi una regala (im)pone e quindi cambia bandiera ad opportunismo di maniera.
Fra tant’amarezza stantia, Falotico porge il suo beffardo sorriso, che si bea di tal ipocrisia da mentecatti e venduti.

L’esistenza è strana, una fantasticheria. Molta gente s’affanna per “successi” da quattro sold(at)i, abbaia di baionette e vien turlupinata dal consumismo innanzitutto ai propri cuori oramai di marmo. Forse anche molto di merda.

Apri l’uscio delicatamente, t’approcci a un nuovo Giorno, ma soliti balordi attentano luridi alle vergini su “voglie”, davvero “volenterose”-violentissime, dello storpiarle all’immagine di “piaceri” davvero “palestrati”.
Eh sì, allenati all’educazione fascista di massa, si son svegliati con la “lunetta” di traverso. Ah, che invertiti.

Il Falotico, cauto e d’acume “ignoto”, d’innata forza ieratica, pacata e pacifista, sfodera il suo Walt Kowalski e punta loro “pistole ad acqua”. “Pistole” sta per l’appellativo di “coglioni” che io affibbio a questi vigliacchi, “acqua” sta per sono già sprofondati ma, “a galla”, fanno… i galletti.
Sì, alzan la cresta ma devo disincrostarli. Cessi d’acquedotto. Nessuna “crostatina”, miei “tosti”. Solo pugni dal mio alto alla vostra bassezza di testa.
Io non picchio mai ma spicco, la mia signorilità accresce gli odi coi quali vorrebbero assalire anche me. Ne son incubo peggiore in quanto Sogno…
Ma i negligenti otterranno solo un “diligente” mio “gentilissimo” orpello alle loro palline. Le imbriglio ché lor son in sellino da asinelli, mentre io sprono il purosangue blu a non farsi infangare e affondare poi nella melma.

Il poeta è a questi un “posteriore”. In quanto avanti mille anni Luce di fronte a tali (o)scuri.

Ah, di marmellate si stroppiccian il visetto, ma “offro” loro un “vasetto”. Ché cagassero tutta la verità se non vorran esser “imbiancati” dalla loro stessa sporca coscienza allo specchietto.
Eh già. I criminali impuniti s’impuntarono a farmi la guerra, logorroica loro “ira” da cani appunto rabbiosi.
Ma il Falotico (non) de-morse, è qui cacciatore di taglie di pari “reazionaria” Legge del Taglione. Se la fai, aspettati la contromossa. E, se gli sparerai, almeno devi essere sicuro che gli oculari testimoni non abbiano visto il “fallo”.
Altrimenti, bulletti sarete in gattabuia a mo’ di Gran Torino. E lì i vostri cazzetti, di cazziatone, coleranno a picco come i volatili per diabetici del Commissario Auricchio. Molto “piccante”, molto “Ela Weber”, molto amari “marroni”.

Fratelli della congrega, sono ortodosso se mi vuoi rompere le ossa, mio “orsacchiotto”, tu che a tutte vuoi saltar addosso, contieniti o sedato nel sederino vedrai che… “bagnato” pelettino.

Sì, Clint è come me. Come Davide. Noi rispettiamo le libertà, ma non tolleriamo le ingiustizie, c’accaniamo perché i nodi vengano al pettine, tutti tutti sputtaniamo se per “virili” pantaloni vollero le granate “piantare”.
E non la piantarono. Piangeranno, però.

Insomma, comprate questo libro, volo libero.

Nella vita, se incontri degli avvoltoi, prima devi cacciarli, poi spulciarli, come quaglie bollirli e lasciar che affoghino nella lorda bordaglia.

Quindi, pagina voltar’.

Essere appunto Voltaire, famoso e giusto scettico contro gli ottusi.

Per farla breve, recatevi nel mio Cuore e vi regalerò altro amore.

Applauso!

 

“Stress da vampiro”, recensione

 

Il morso della vamp-ira scatena il licantropo iroso! Al verde Howling e rabbia dunque alla Hulk

Se dovessi stilare una classifica delle migliori strafighe della Storia del Cinema, primeggerebbe Jennifer Beals per Bellezza di tacchi tensivi, da tension bollente per il maschio “parassita” a usufruirne, frusciarsi in gambe che han da invidiare al Paradiso solo il valicar giocondo dell’euforia più a effusioni turgide, perverse. Sanissima. Quanta salute, già. Lagrimarle amore perentorio, senza batter ciglia sul coglierla di fragranza, flashdance che m’incatena in bacino “ingenuo” da pelvico Elvis, rockettaro grease. Travolgerla, dopo danze spiccate e già protese al piccantissimo John più ridente Travolta, per Saturday night feverdel rubicondo sventolarle la sottil gonna simil Marylin Monroe brunetta, attorcigliata in mio dissipato ragazzo voglioso per golosità alla panna su gote sue arrossite da intellettuale oggi ancor timida, pudicissima ma aderente “dentro” una minigonna mozzafiato. Quanto m’attizza! Schizzarle il virtuoso sentirla tutta a indurirmi mascolino, latino e mediterranei nei nostri orgasmi abbronzanti. Zampillar con Lei mentre sorseggio il seno che dolce scioglie la frigida sua resistenza, “costernata” in cedersi parsimoniosa e calda come acqua sgorgata da un deserto avido di sensualità.

Jennifer, oh sì, scodinzoli nei miei sogni mostruosamente” proibiti ma non m’inibisco, anzi insisto nel volteggiarti fra ormoni assetati di virtuale natalità “puberale” anche adesso che son Uomo e son cinto d’avvinghianti cosce a mo’ di conchiglia piluccantissima, di marino immergerci mie amanti, miagolando “singhiozzi” stanchi per troppo “dolo” del Sesso florido, quindi a incalzare generosi e vivissimi, stritolati dalla morsa avviluppante del Piacere che va debordando. In te, mia Jennifer, sarei bordeaux.

Anche Nic Cage fu depredato nella sua “verginità” al capriccio invero già che stronzo, bastardo di merda a corteggiarti prima del suo “aromatico” wild at heart. Un omuncolo come tanti hippies dell’epoca, un paninaro in abiti doppiopetti borghesi da rimorchio festivo nell’infestare la discoteca “a viso aperto”, mio mandrillo impunito. Lo seducesti, arpionasti il Cage più “acting” di nevrotica potenza “taurina”. Lo dissanguasti di lingue cannibalistiche, tu supina a deliziarlo, a oziarti di quel Nic troppo desideroso nel vizio del suo scalmanato prepuzio.
Alopecia androgenetica e Nic perse il pelo… qui di capelli è “peloso”. A pelle istintivo!

Ma lo lasciasti in mutande, e Nic pianse. Avvilito, “involtino” nel tradimento inflittogli te, Maddalena oh mia Beals beauty Jennifer che t’arrampicasti sulla “bestia”, ti sodomizzò da Cristo alla tua Croce ma poi tti pentisti dopo averlo “incuneato”. Scartasti il rosso più “pericoloso” del Nic ardimentosissimo. Impalandolo alle sue palle!
Ma, puttana, male ti comportasti. E, nel suo Cuore spezzato, Nic fu di (g)orgoglio amputato.

Provò, provato e stremato, a “risollevarlo” nel transfert con la psichiatra. Ma anche quella… fu donna di “malaffare”. E ferì Nic, anima di porcellana, di porcellino da parcella salata.
Così, Nic non si saldò e forse non si salverà. Ah, prima miliardario come Scrooge l’avaro, quindi “lavato a secco” in suo troppo impennato peperoncino. Da sfruttatore dei puri alla Dickens, anche Nic vampirizzato dal “volerla” ed esserne “violentato”.
Povero, “squattrinato” d’un Nic tanto “sfigato”. Mah, io farei a cambio. Pur di assaggiare i capezzoli di Jennifer, per brulicare come lupacchiotto nella brughiera della sua figa “fiera”, per entrarle di soppiatto con “allungo” in Lei smaltato, mi prostrerei schiavo da wolfman maledetto, a ogni plenilunio ululerei come Nosferatu di Murnau. Umorismo nero e horror alla Frankenstein JuniorLupo ulula, castello ululì. Io ti sbatto, tutto tutto quatto. E strabuzzerò sempre i miei occhi da freak come Marty Feldman versione mio “bagaglino” da Martufello.
E non mi “disinfetterei” con le ovatte della spicciola psicologia…

Invece, Nic non accetta la donnaccia “(v)u(l)v(on)a” del suo volpone… che così lo prese in giro. Gironzola per New York da after hours, essendo lo sceneggiatore colui che scrisse il Fuori orario di Scorsese.

Questo film è un grande film, e forse è passato anche nella Mezzanotte ghezziana…Una perla da rivedere sempre.
Paolo Mereghetti, nel suo Dizionario, stavolta ha ragione. Lo “desi(g)na” di tre stellette piene e loda Cage di “straordinario”.

Sì, qui Nic, il nostro “beniamino” Nicola, funziona… perché non ha bisogno di fare il mattoide.

Lo è di natura “storpia” della recitazione. Caricata ed esagitata. Poi purtroppo si convincerà, “grazie” allo scellerato “beneplacito” anche di cineasti prestigiosi, che poteva unire la faccia da culo alla drammaticità “intensa”.

L’Oscar, a tal (s)proposito di “buoni” propositi, gli montò la testa ed esagerò a “spingere”. “Fortunatamente”, non è malato alla prostata dopo tante “crostate”. Ah, alzasti la cresta, Nic. E ora sei un crostino.

Oggi, è attorialmente una sanguisuga. Scopa ogni pellicola ma riceve pesanti frustrazioni… Patricia Arquette non è più tua.
Sappilo! Che cazzo stappi? Nessuno spumante e poche spasimanti. Getta la spugna. Di prugnine ti sei bagnato!

(Stefano Falotico)

 

Questo video lo conoscete. Calza a pennello!

 

 

Sylvester Stallone, per gli amici Sly

Agiografia di Sylvester Stallone? Monografia? Graffiante critica all’attore? Oppure, semplici geografie d’una carriera “sghemba?” da mancino sinistro macinasassi?

Sly, un tizio che non ci sta. S’arma di muscolatura poderosa e ti fracassa con pugni dalla secchezza ineludibile.
Non s’arrende, proletario nostro “perdente”. Abituato a buttar giù merda, a ingoiarla, a rivivificare l’agonia patita per risollevarsi sulle scale di Philadelphia, italian stallone da Filadelfia. A ognuno la dicitura (s)corretta.
A meno che tu non sia da omonima sottiletta e quindi un topo da formaggio. Da me sarai evacuato di scoregge.

Imbuchiamoci, tubiamoci in Sly.

Con estrema cautela, dovizia “spiante”, annuserei la filmografia di tal interprete “antipatico”, forse “pesante”, che ha sempre recitato la parte del “cretino” però camuffato.
Sly, invero, è un dritto. Ti piazza di montante sinistro. E picchia di diritti. Sana e robusta Costituzione. Non è stato riformato, non da riformatori, ti sformerà.

Inizia con ruoli cameo, anche Woody Allen può vantare nella sua “grammatica” da pseudo dislessico. L’apparenza inganna, il gorillone compare nel Dittatore delle Bananas… già libero, un quintale di cazzi suoi. Imperterrito nella sua strada nervosa, alzata in bicipiti tanto perfetti quanto “odiosi” a pelle dei detrattori che mal digeriscono questo “guitto” che la butta a ridere con battutine sdrammatizzanti le (s)fighe e la sua “celebre nomea” da loser underground.

Nessuno gli dà una lira, come si suol dire, tutti a urlargli che deve darsi all’ippica rinforzata da comunque un indubbio “armadio” di corpo building nel ce n’è da mangiar pagnotte, minchione devi scalare molti passettini, progredire e migliorare, argomentare e non far lo stronzetto arrabbiato.
Cazzo, a Sly frega quanto Moana Pozzi che tutti se li sfregava. Lo sa Sly che non si giudica un’anima dalle libbre e dalle labbra. Moana “veniva” montatona, Sly indossa ancora il montone, il viso da farfallone e piaceva alle farfalline, da bellimbusto col labbro “leporino” sulla malformazione genetica d’un parto difficile. Sì, rischiò di non nascere il nostro Rocky Balboa. La gestazione presentò delle complicazioni, la cicogna “inseminò” ma la genitrice (di cesareo?) ebbe difficoltà a farlo uscire.
Da cui il famoso ghigno da “Digrigna i denti per mascherare la distorsione della natura ambigua della bocca”. Un detto? No, Sly è profetico, da popolari proverbi.

Sì, si nota in tanti film. Appena si sforza, nelle scene dove deve “spingere” e pompare, quel difetto “poppante” risulta evidente. Una smorfia da Oscar.
Sì, Alain Delon era celebre per la cicatrice sotto il mento, mai doppio in quanto piacente d’asciuttezza e incolta barbetta nei film mafiosetti, Sly ha le “palle al balzo” da contorsionista del “rossetto sbavato”.

Non mi credete? Questa scena è lapalissiana. Una paresi facciale da uno che diventa paonazzo come quando vorresti cagare ma sei stitico.
Comunque, ti rompe il braccio e salta fuori appunto lo Sly che te lo sbatte in culo.

   Trionfo!

Nessuno crede che sia bravo come De Niro. Qui, lo sfida. Uno dei suoi film migliori. E una performance alla De Niro. Ingrassa venti chili e si merita anche la “prefazione” di Bob ad Incipit.

 

Nessuno crede che sia bravo come De Niro. Qui, lo sfida. Uno dei suoi film migliori. E una performance alla De Niro. Ingrassa venti chili e si merita anche la “prefazione” di Bob ad Incipit.

La voce italiana è di Ferruccio Amendola.

E qui è tosto, reazionario, una merda.

Uno dei suoi film più commoventi è il mitico Rambo.

Ma il ruolo che gli vale tutta la vita è proprio il Balboa. Il finale (capitolo della saga e anche della pellicola) grida applauso!

Grande, un mito, e non ridete!

(Stefano Falotico)

 

“Invictus”, recensione


Fuga per la vittoria!

No, non è il film di John Huston, per inciso il miglior film sportivo “impegnato” di sempre.

Il Sudafrica è in lagrime, ore storiche da cardiopalma. Nelson Mandela è in fin di vita, la sua vita “appesa” a una flebo respira in tutti i cuori del Sudafrica. E del Mondo.
Eco di potenza planetaria, una grande anima sta morendo e con Lui anche il grande sogno?

Ma chi è Nelson Mandela? Perché tutto questo clamore? Avverto sensitivamente uno scricchiolio breakable, e le mie vene si slabbrano, s’aggrovigliano e si dilapidano viscerali, tumefatte in accecanti tuffi nella memoria. Alle origini del mito, ancestrali leggende metafisiche s’impossessano di me, schiavo anch’io d’un accorato pianto.

La sua storia, unica, insolita, bigger than life. Tutti la conoscono, perlomeno se, oltre ad aver raggranellato qualche grammo di frivolo divertimento stolto da vite sconce e stropicciate, han anche sfogliato qualche “fascicolo informativo”, inerente un “qualcuno” che ha provato, con ostinazione e “masochismo”, a cambiare le regole “mache”, la discriminazione razziale, il sempre oscurantista e vigente sistema classista. Le cacce agli “stregoni” neri, alla supremazia per l’egemone “diritto” di chi, dal vertice, comanda la suggestione per schiavizzare quelli che non hanno la pelle “ariana”.

Fin da giovane, combatte la sua “persa” guerra, Don Chisciotte non è matto, sono i mulini a vento che gli bofonchiano “striscianti” l’apartheid dell’ottuso “sventolare” blasfemo ma “vincente” perché detengono il “martello” della “legge”. Punitrice, caudina.

Viene arrestato per il suo moto rivoluzionario, una detenzione da mettere i brividi. Il lottatore giusto “abbattuto” dall’ignoranza vetusta e disarmante.
“Fiera” a ferire chi ha il coraggio di “trasgredire” a ringhiare e immolarsi Santo dei “poveri cristi”.

E così, dal cilindro poliedrico e craterico delle mie memorie, i miei neuroni “sorteggiano” un film di Clint Eastwood che sonnecchiò dimenticato e ora bardato d’assoluta gloria.

No, non mi piacque Invictus. Alla sua visione, mi parve un Clint didascalico, “educativo”, agiografico da biopic romanzato e appunto insopportabilmente celebrativo. Retorico, programmatico, “normale”.

Clint sceglie una sceneggiatura di Anthony Peckham, a sua volta tratta dalla novella “Ama il tuo nemico” di John Carlin, per mettere su un “programma elettorale” sulla “sacralità” della ribellione a monumento di una figura carismatica? No, non va bene Clint. Va bene la moral guidance ma elevarti a paladino contro lo spietato razzismo è troppo.

Clint che dà a Morgan Freeman il ruolo di tutta una carriera. Per “simmetrie” di fisionomica fra Nelson e il somigliante Freeman?
Un favore da buoni amici? Da leali scambiarsi gli onori?

Però, “sforbicio” più in profondità, provando ad indagare oltre la superficie di quel mio personale, banale giudizio estemporaneo.
Medito, “risfilo” le immagini”, ascolto i dialoghi in empatico permearmene. Mi appare un fantasma, Morgan Freeman, la commovente, disumana prigionia da ali della libertà, l’impossibilità della speranza e degli orgogli minacciati.
Le inquadrature al ralenti della partita finale, la platea “elettronica”, moltiplicata elettronicamente da uno spicchio di comparse dilatate poi a grande schermo, “invisibile” trucco quasi cristologico e miracoloso.

Poi, il sorriso di Mandela, ancora alla moviola, enfasi che scivola in dissolvenza.

Amarezza o profumo di epiche ebbrezze?

Sovra-impressione. Un grande film.

Ma domani forse tutto sarà come sempre.

Cioè, sbagliato. Il Mondo.

Il mio giudizio non cambia. Purtroppo, non cambiano neanche gli arroganti. E le guerre solo per il colore. Per la bandiera sciovinista. Per un inno patriottico da secessionisti pentiti.
Prima spaccano, poi piangono da coccodrilli.

No, ti paro il rigore nazista, e qui sono il film di John Huston.

Adesso, che fai? Ti strappi i capelli per la vergogna?

Sì, quando Morgan/Nelson sente la folla trionfante, non dice niente ma è primo piano eloquente.

Chi ha orecchie per intendere, intenda, chi ha occhi ancora da ciechi, stia zitto e usi la museruola prima di pronunciarsi a perpetrare altri abomini.

Questa è viva voce! Sangue dorato di anime!

(Stefano Falotico)

 

 

 

“Cobra”, recensionissima!

Il Cobra (non) è un serpente, ti stanerà nella tana, mio lupo… poi non implorare pietà e non gridargli “Porco!

Il tosto mirino Calibro Sly d’annata, di grande stronzata reazionaria, è puntato a sangue freddo, inciso nei suoi occhiali da Sole, un po’ Ray e un po’ da bannare. Diciamo pure da evirare.
Un look impresentabile, ante Fabrizio Corona ipertrofico su gel “smargiasso”, ciuffo nel rimmel e bicipiti schiacciasassi, sparati a raffica a inchiodarvi miei fessi. Espressione da pesce lesso, ma durezza da affossarti.

La società anni ’80, spaventata da serial killer del fanatismo post edonismo reaganiano, in preda alla sua epoca con-fusa, era troppo incasinata. Ci voleva il Cobra per mettere a posto tutto. Come no. Sly incarnava la nemesi nel vituperar i vermi, annodarli per il cravattino e, mentre sbavavano, Lui li sbatteva al muro con del piombo muscolare, “oliato” in rigidezza adrenalinica e una Brigitte Nielsen gattona su reggergli il “moccolo” del “grilletto facile”. Sì, Sly se la scopava di brutto, a bestia tormentava i merdosi, da primo cazzone d’una “scuola” tutta sua.

La carriera di Sly sta in questo film, sputatemi in faccia e vi sarò a viso aperto, miei invi(dio)si. Non vi azzardate a sputtanarlo. La puttanata merita un applauso devastante.
Non mi credete? Allora, andate sedati e sarete anche spulciati da un “renegade” che indossa maglietta attillata “mostra pettorali lucidi, tiranti a pelle” su agile “fissità” d’occhi “lenti” nel labbro pendulo.
Insomma, Sly. Prendilo così, altrimenti ti piglia per (il) coglione.

Non puoi pretendere che reciti Shakespeare come un “inglesino” di Oxford. Sly è tamarro, va dritto al sodo, lubrifica l’indole proletaria nel fire mai tenuto a freno. Piazza battute patetiche in un ghigno over the top, fuori moda, l’anacronismo vivente, l’ingenuo colorito del maschio palestrato a sp(i)ezzarti dueIvan Drago? No, potenza di fuoco, assidua, che marcia di fucilate contrarie alla burocrazia degli ingranaggi macchinosi. Se la Legge non provvede subito a “mettere in chiaro” i “naziskin”, Sly non si ferma e comincia…

Pura America di “montatura” impaurita a inforcar la sua faccia sbruffona da schiaffi, da ceffoni agli schiavi(sti), poco tenero coi marmocchi, l’occhiolino malizioso della virilità insopportabile.
Antipatico, in afasia di semi-recitazione per gioircene come le bollette fiscali, gran fisico però. Asciutto e da “esattore delle tasse”.

Pedina i topi, intanto ammicca alla stangona e mostra l’armamentario “eretto” nel suo completo da “sindacalista” FI(r)ST blood. Contraddizioni una sopra all’altra, pecchiamo di dizione Sly ma non vuoi prendere lezioni da nessuno, tantomeno da un “profeta” del Che Guevara omicida, che incita alla “rivoluzione” da irredento satanista di qualche tribù già deperita. Tu lo fissi, non fai una piega, al massimo allisci il giubbottino nero nella pettinatura “ingombrante” e irriverentissimo pagliaccione autoironico come un impiegato del ca(ta)sto, quindi gli estrai il nervosismo nel “surriscaldarlo” con pugni e “squadrato” accerchiare ogni mossa del già ucciso, torturato contrattacco. Lo attacchi al suo dovere, poco disciplinato, e quasi quasi gli pisci in testa. Che testone “duro” quello psicopatico. Anche te non scherzi. Sei uno stinco di maiale, santo quanto le tue inquisizioni svelte su terzo grado assassin.
Al che, soffi “bronzeo”, e Brigitte ti soffocherà “in sella” al tuo già rodeo d’arrosto in troppa “carne” del tuo focoso stronzo.

Questo film è “uguale” a Rambo, la versione fascista di tutto ciò che George P. Cosmatos aveva splendidamente nobilitato nello Stallone più rebel e davvero bravo.

Qui, invece, il nostro Sly fa il belloccio che smozzica pizzette capricciose su pizzicotti del suo (s)lavato carisma comunque glorioso. Appende al chiodo chiunque, prima di tutto il suo borchiato, acquistato nel saldo della lavatura a secco.

Ed è per questo che Cobra è un capolavoro. Rasenta il ridicolo totale, plateale, ti “disarma” come Marion, nome da Donna, Sylvester di “proboscide” nei jeans poco mosci. Ha la cultura di una capra, ma Sly non lo butti giù.
Ti spacca il culo. Sono cazzi.

Sì, questo film non ammoscia, ha ritmo “caraibico”, platinata estetica da videoclip bastardo e uno Sly, appunto, “schifoso”.

Insomma, date a Sly una pallottola e ti fa girar le palle. Così è, figli miei della congrega. Dei critici, a Sly non può fregar di meno. Per forza, li mena.
E se tu, megera, non gli dai il giusto merito, Sly ti morde.

Sei solo una Donatella Rettore.

(Stefano Falotico)   

 
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