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I grattacapi di Manhattan, roba da “matt(on)i”

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Sempre più sconcertato da una realtà vanesia che persegue la futilità, pen(s)o in me stes(s)o sull’immensa vacuità dell’essere, dunque nel “non essere”, non “azionandomi”, amletico medito sulla medietà e sul cattivo gusto che oggi, frastornante, impera. Nel soggiogar altre menti deboli e ricattabili, schiave del pregiudizio che si fa lor sembiante agli occhi altrui, sfavorevole circostanza languida d’asciuttezze esistenziali impoverite nell’anima, d’io schiacciati da una società ingorda di “ambizioni” che non frena le sue psicologiche violenze nel “bagno di sangue” del s(ucc)esso a tutti i costi, a tutte le costole. Opprimendo e (in)castrando nel solito, stolto gioco che obnubila le coscienze, nate “purtroppo” libere ma poi, da tanti (e)venti incrinanti, spezzate, erose, “arrossite”, sì, intimidite e rese materia di (s)fregio di “decise” autorità mortificanti. Coscienze arenatesi per mancanza di mezzi e/o fortuna, di quelle conoscenze (f)utili che tanto allettano l’apparenza e la trasformano in merce da offrire allo sguardo libidinoso del ludibrio “giocoso”.

Pen(s)o. Ai dottori, casta che (os)cura i mali, e agli psichiatri che s’illudono d’alleviare le “sofferenze” psichiche con le pasticche e altre “amenità” sconce per “acconciarti” in un reparto biochimico ove sarai (s)oggetto a manipolazioni del tuo cervello, appunto pen(s)ante, nato vivaddio soffrente il malessere congenito dell’inquietudine, forza invece poderosa del “proprio” essere…

E alla razza di educatori e infermieri alle lor (di)pendenze, che si “divertono” coi dest(in)i altrui nel “sollazzo” di etichettarli in una dimensione sba(di)gliata, appunto da “tener sott’occhio”.

Ah, svegliatevi e ribellatevi a questo sis(te)ma di violenze. Il mondo è violento per concezione della Creazione, se siete credenti, o del Big Bang se accettate questa laica “scienza” che vuol dare ostinatamente ottusa una spiegazione a tutto, a come (non) siamo.

Introflettetevi nei nostri an(s)imi e poi “sparatela”, perché l’urlo innocente dei liber(al)i si farà strada maestra, mesta perché “scemi” predichiamo la non violenza, la Bellezza maiuscola, la superba malinconia e la contemplazione che si fa rifulgente, (cavalle)rizza vi(t)a. Non adombratevi se qualcuno, adontandovi, vi sfrutterà per i suoi sporchi giochetti mentali nel castigar il vostro (D)io mansueto, sì, eppur così vi(b)rante verso la robusta (r)esistenza che non s’attiene ai facili giudizi, al manicheismo superficiale e non vuole “prendersi la brig(li)a” d’indagare nel vostro complesso animo.

Siate creativi, è un modo per abbattere il mondo dei cretini, di chi screpola i vostri emotivi, vivi(di)ssimi slanci, le vostre fottute… passionalità.

Immolatevi a un Credo, al Cristo (!) e adoratevi per quel che siete. Nessuno può obbligarci, coi ricatti più “ruffiani”, a modellarci a sua solipsistica immagine e somiglianza con una gamma di (dis)valori (dis)umani e azzeranti l’individualità, che (D)io la benedica, nata san(t)a.

di Stefano Falotico

 

Harvey Weinstein: Robert De Niro Made This My Best Cannes Yet

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On Monday, the Cannes Film Festival paid tribute to Robert De Niro with a special Official Selection screening of The Weinstein Co’s upcoming boxing drama Hands Of Stone. On hand was Harvey Weinstein, who spoke passionately to the packed house at the Palais about the actor; they go way back and are neighbors in Tribeca. Weinstein, an occasional Deadline contributor, writes about the experience.

I have been coming to this festival for over 30 years and everyone has been asking if I have a favorite moment. There’s been so many, from Roberto Benigni’s La Vita E Bella winning the Grand Prix, or winning the Palme d’Or in a two-way tie for our films Farewell My Concubine and The Piano — and then again the next year for Quentin’s Pulp Fiction. There have been so many memorable experiences I wasn’t able to pick just one. After (Monday) night however, I can honestly say that the highlight of all of my years at the festival isn’t any award but was the tribute to my good friend Robert De Niro at our screening of Hands Of Stone.

Bob is one of a kind. The talent he has, whether on the screen or stage, is clear to anyone who watches him. There’s no limit to the kinds of roles he will take on and nail every single time, which we saw in (Monday) night’s clips from his movies.

Not only has he made a career as one of the most respected actors in the industry, but he has also worked tirelessly to give back to his community. After 9/11 he led the way in rebuilding Tribeca. He served over 30,000 meals out of his restaurant to volunteers and neighborhood residents. The work he’s done with the Tribeca Film Festival has reinvigorated the pride and spirit of New York and given its residents the ability to feel at home again in our city.

I knew the moment he talked us into moving from uptown to Tribeca, and buying into Tribeca as a neighborhood, that our relationship would extend far beyond business. He’s been a great friend and a great ass-kicker even before he knew how badly I’d need it.

The tribute was unlike truly like any other. Edgar Ramirez, who worked so closely with Bob in Hands Of Stone, gave a beautiful speech in English and French that had even myself choking up. In Hands Of Stone we see once again how Bob transforms into his roles. This time as the great boxing trainer Ray Arcel. The film takes us out of the boxing ring and into the life of Roberto Duran and we finally learn the reason behind one of the most famous moments in boxing history, the so called “no mas.” It’s a film that engages audiences, deals with politics, and ultimately is a super entertaining movie. To have that kind of pressure, of taking on a real boxing icon’s true life story that’s never been told so honestly before, is no easy feat. But watching Jonathan (Jakubowicz)’s direction and Bob’s raw talent makes it seem so simple. He, Edgar, Ana, and Usher have such a flawless chemistry in the film.

It was clear by the audience’s 15-minute standing ovation after the film, that they felt the same. The sensation in the theater was palpable. We were hesitant at first when Thierry (Frémaux) and the festival asked us to bring the film. We’re still editing the film, so it was very much a work-in-progress screening. Most people were so moved, including Roberto Duran having just seen his life up on screen.

The other night at a small dinner, Leo DiCaprio and Tobey Maguire were there to honor Bob. They told me the only reason they got in the business was from watching Bob as kids. They planned to tell him that at Charles Finch’s dinner, but they were too overwhelmed that evening and couldn’t find the right words. That’s the kind of effect Bob has on people.

There’s a reason that boxing is called the “sweet science.” The combination of the physicality of the sport is juxtaposed by its beauty and grace. There’s an incredible amount of skill that goes into each match, each punch. Bob is a boxer in the truest sense. He uses physicality, he uses his intelligence, and he uses his charm. His strategy, which we talk about in the movie, is one of generosity. His passion and expertise is a force to be reckoned with, coupled with the simplicity and elegance at which he slips into each and every new role. Being able to celebrate him and the years of work he’s given to all of us truly made this year my best Cannes ever.

 

Cannes 2016: il giorno di Sean Penn con The Last Face

Sean Penn The Last Face

Ebbene, tocca a lui, assente da un po’ dai nostri schermi. Stavolta torna in smagliante, “controversa” prova da regista. E, agiograficamente, proprio io lo “descrissi” in un libro attualmente in vendita su Amazon e su lulu.com, Sean Penn e il Cinema springsteeniano, libro “battagliero”, leonino, arcuato nella poesia elevata del migliore Penn, attore scontroso, burrascoso come nella vita privata, dalle emozioni “violente”, irruente, tipo “non raccomandabile” e alle volte accusato di “pericolosità” per via del suo indomabile, innato carattere “particolare”, fatto di fortissimi slanci emotivi poco “omeostatici”, sempre sull’orlo della nevrosi troppo romantica, un sentimentale che perennemente si scontra, anche appunto, con le sue direzioni registiche, tutte “anomale”, personalissime, nel territorio della lotta per la “sopravvivenza” della propria alterità, del proprio stile individuale, dell’unicità per l’esattezza.

Vi consiglio questo mio libricino molto lirico che analizza Penn da una prospettiva unica, spero fascinosa e coinvolgente, in quanto, come sempre, provai a immergermi nel Penn “uomo” per (s)cavarne le sue dubbiose incognite, il percorso “frastagliato” eppur coerentissimo appunto della sua bizzarra, stravagante poetica emozionale nel Cinema puro, splendido e splendente come un diamante “acceso” nell’onirica beltà del suo crudele realismo, paradossalmente, (sin)cero… ché brucia ardente, rovente, proprio “rozzo” nella sua cristallina (im)perfezione, rude se va fatta bene.

Per The Last Face sceglie una storia delicata, “da starci attenti”, perché sulla carta, come tutti i film “umanitari” ambientati nel continente nero, “puzza” già di cartolinesco e illustrativo, di troppo calcolo studiato a tavolino, di troppo programmatico per piacere, per far la sua “porca” figura.

Ma dobbiamo vederlo. Sino ad ora, puntualmente, a scadenze (ir)regolari, Penn regista non ci ha mai deluso e ogni sua opera, a mio avviso, è (stata) un indubbio, profondissimo capolavoro.

Intanto, Sean invecchia, aggrotta la fronte e le rughe (s)colpiscono i suoi tratti da bel-“brutto” ribelle come Cheyenne d’un Sorrentino forse non troppo amato.

Come lui, non per tutti i g(i)usti, amante sciupafemmine e “stronzo” di nascita di gran (ca)risma.

 

 

di Stefano Falotico

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Paterson di Jim Jarmusch, recensione

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Jarmusch non è solo un regista, è un artista con la a maiuscola, un sopraffino cantore del tempo. E in Paterson questo autore unico e geniale il tempo lo congela, lo dilata, lo accarezza, lo disperde meravigliosamente tra versi in sovrimpressione e dissolvenze incrociate, dando vita a irripetibili, meravigliosi istanti irrilevanti sottratti al fluire della vita quotidiana e trasformati in pura poesia. O meglio, in un’opera d’arte totale, formalmente a dir poco avanguardista eppure intima e minimale esattamente come la poetica di Jarmusch e le sue infinite suggestioni sono da sempre.

Un’elegia delle piccole cose, un film che non ha dentro niente, eppure ha dentro semplicemente tutto. Un capolavoro di incredibile purezza, da mozzare il fiato e da contemplare in estasi silenziosa, specchiandosi e riflettendosi nelle mille pieghe di un vero e proprio film-esperienza. Che della vita (e dell’arte) fa emergere tutta la prosaica, dolorosa bellezza, con degli strumenti che spingono il linguaggio decisamente più in là di dove siamo soliti imbrigliarlo.

Il protagonista, Adam Driver, spezza letteralmente il cuore. Ed è in parte come non mai, in un ruolo per il quale dà l’idea di essere nato apposta, con quel volto che dice sempre più di mille parole, che si sposa a meraviglia col catatonico tappeto sonoro di sottofondo che accompagna le peregrinazioni di questo autista di autobus con la passione per la poesia. Creando letteralmente dal nulla riflessioni, commozione, palpiti del cuore.

Palma d’Oro subito: da non credere ai propri occhi. Un film pazzesco, avanti anni luce, che pare calato direttamente dal futuro. A lezione da Jim Jarmusch, ancora una volta.

di Davide Stanzione

 

Harvey Weinstein Remembers Robert De Niro During ‘Cop Land’ At Cannes Tribute & ‘Hands Of Stone’ Screening

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Da qui.

During the introduction of Robert De Niro’s tribute tonight at the Cannes Film Festival that preceded a special screening of Hands Of StoneHarvey Weinstein told the packed house at the Grand Theatre Lumiere just how much of a mensch the actor is.

It was during the production of Miramax’s Cop Land, which marked director James Mangold’s sophomore directorial effort. Mangold was literally graduating from a $300,000 production with his first feature Heavy to a $35 million movie with Cop Land. Two-time Oscar winner De Niro wanted to be the first actor in the cast to shoot his scenes with Mangold before Sylvester Stallone, Harvey Keitel, Peter Berg or Ray Liotta.

“They could smell the blood of a young director — they know they’re gonna kick this director’s ass,” Weinstein said. “And this is what Bob did. No matter what James Mangold shot, Bob said, ‘Oh my God, that’s a fantastic idea, James!’ ‘James, that’s brilliant — that close up is the right close up!’ And then I heard Stallone say, ‘Oh, my God, Bob likes James!’ ”

“That’s what Bob did for a young director. What he did for New York City after 9/11 was open his restaurant and serve 3,000 meals a day. And when the city was devastated, he opened Chinatown, Little Italy, and he’s been the greatest ambassador that New York has,” exclaimed Weinstein, triggering a round of cheers.

Hands Of Stone star Edgar Ramirez, who plays Panamanian boxer Roberto Duràn to De Niro’s trainer Ray Arcel, took the stage and remembered seeing the Goodfellas actor on stage at the Grand Theatre Lumiere in 2011 when he was president of the Cannes jury.

Said Ramirez, “They say that Cannes might be the city of dreams. Five years later I have the privilege to have him stand not only in my corner with the film you’re about to see tonight, but most importantly life…Robert you’re an artist whose talent is only matched by his generosity, that’s the best way to describe what you mean to me.”

A sizzle reel of De Niro’s greatest hits then played including footage from Casino, 1900, The King Of Comedy, Once Upon A Time In America, Taxi Driver, Mean Streets, Raging Bull, Falling In Love, The Mission, The Untouchables and more.

A teary De Niro took the stage and kept it brief, saying, “All I can say is thank you.” He also ribbed the French announcer on stage that he’d like to be invited back as jury head, which prompted various folks in the crowd to respond, “Oui! Oui!“.

Following the Hands Of Stone screening, the audience erupted into a 15-minute standing ovation. Duràn was also in attendance. The movie opens in the U.S. and Canada on August 26.

 
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