Cose nostre – Malavita, recensione
Film della durata di un’ora e cinquantuno minuti, distribuito nelle sale italiane il 17 Ottobre del 2013, diretto, scritto e prodotto dal poliedrico Luc Besson (Nikita, Léon, Il quinto elemento).
Cose nostre è tratto da romanzo Malavita di Tonino Benacquista ed è stato, come detto, sceneggiato dallo stesso Besson assieme a Michael Caleo.
Il titolo originale di questa pellicola è The Family e il suo budget si aggirò intorno ai trenta milioni di dollari.
Trama:
il mafioso pentito Giovanni Manzoni (Robert De Niro) si trasferisce assieme alla moglie Maggie (Michelle Pfeiffer) e ai suoi adolescenti figli, Belle (Dianna Agron) e il giovanissimo Warren (John D’Leo), in un paesino sperduto in Normandia. Negli ultimi anni, la famiglia Manzoni, affidata alla supervisione del rigido, inappuntabile agente dell’FBI, Robert Stansfield (Tommy Lee Jones), è stata obbligata, infatti, a continui, estenuanti spostamenti di città in città e in lungo e in largo un po’ dappertutto poiché tutte le loro coperture si sono rivelate fallimentari. Anzi, nefaste.
Poiché, per un motivo o per l’altro, le assurde, incontrollabili gesta del pater familias Manzoni e le recidive, cattive abitudini di ogni componente della sua inattendibile famiglia hanno messo a soqquadro quasi tutte le buone intenzioni del programma recupero testimoni.
Anche stavolta, malgrado i preziosi, bonari consigli di Stanfield, il quale supplicherà Giovanni di tacere riguardo la sua vera identità e di conservare un basso profilo insospettabile per non farsi smascherare dagli abitanti del luogo, si riveleranno alquanto inutili e poco, diciamo, propedeutici.
In quanto, a soli pochi giorni dal loro arrivo in città, Maggie farà esplodere un market, Maggie, dimostrando le sue doti da inguaribile maschiaccio, picchierà alcuni bulli che tentarono maldestramente di attentare alla sua verginità e, al contempo, Warren, dopo aver rischiato l’espulsione scolastica, si aggregherà a una baby gang.
Paradossalmente, il più apparentemente temibile “padrino” dei Manzoni, ovvero Giovanni, riuscirà invece per un bel po’ a nascondere, con ammirabile discrezione e sapido savoir–faire oculato, ogni segreto ottimamente dissimulato.
Addirittura, mettendosi a scrivere un romanzo autobiografico nel quale, per filo e per segno, narrerà le poco lodabili imprese tristemente leggendarie dei suoi discendenti. Divenuti ricchissimi in maniera punibile e criminosa, loschi personaggi malavitosi assai celebri nel loro ambiente di sporchi affari e perfino, non poche volte, rimasti impuniti.
Un libro che, per nessuna ragione al mondo, dovrà mai vedere la pubblicazione perché destabilizzerebbe e scuoterebbe dalle fondamenta, in modo allarmante, l’intero, mafioso apparato mondiale perché, se così fosse, verrebbero necessariamente svelati e portati alla luce ignoti misfatti, complotti e intrighi assolutamente celabili.
Inoltre, Giovanni Manzoni è cercato dalla famiglia Lucchese che gli ha dichiarato aspramente guerra per un’acerrima rivalità annale che, insanabilmente, si sta procrastinando in modo dinamitardo…
Riuscirà il nostro eroe, per modo di dire, a salvare la sua famiglia dall’incombente rovina e a sfuggire dalle grinfie d’ogni vile e agguerrito assalitore?
Bene, chiariamoci.
Luc Besson ha fatto decisamente di meglio ma Cose nostre – Malavita, malgrado i non eccezionali incassi ricevuti ai tempi della sua uscita e nonostante le critiche non esaltanti, è un bel film.
Che si avvale di un’atmosferica fotografia plumbea del cinematographer più habitué di Besson, ovvero Thierry Arbogast.
Un film ove a rilucere è la bellezza selvaggia della Agron e risplende, come sempre, il fascino radioso d’una perfetta Pfeiffer.
Ove De Niro e Lee Jones duettano, specie nel pre-finale, con magistrale alchimia con tanto di auto-citazione deniriana di Quei bravi ragazzi.
Detto ciò, sì, Cose nostre – Malavita non è certamente eccelso e brilla d’originalità. E De Niro, in attesa della possibile nomination all’Oscar per The Irishman di Scorsese, sebbene qui sia professionalmente aderente al ruolo del gangster ambiguo ed eccentrico cucitogli addosso da Besson, in passato offrì interpretazioni più consistenti e memorabili.
Curiosità: De Niro e la Pfeiffer recitano qui per la prima volta assieme. Interpretando la parte di marito e moglie, condividono spesso la stessa scena.
Entrambi parteciparono in vesti di co-protagonisti in Stardust e Capodanno a New York ma i loro personaggi non s’incontravano mai.
di Stefano Falotico