Man on Fire, recensione

man on fire denzel washington

Oggi, per il nostro consueto appuntamento coi racconti di Cinema, vi parliamo di Man on Fire firmato dal compianto Tony Scott, sottotitolato Il fuoco della vendetta.

Film dall’assai corposa, oseremmo dire voluminosa, consistente durata un po’ esagerata di due ore e ventisei minuti che fu perfino presentato, nella sezione Fuori Concorso, al Festival di Venezia e uscì sui nostri schermi, distribuito dalla 20th Century Fox, il 10 Settembre del 2004. Interpretato da un Denzel Washington leggermente sovrappeso, corpulento ma comunque sempre carismatico e prestante. Qui in gran forma, più che fisica, soprattutto recitativa.

Sceneggiato dal premio Oscar Brian Helgeland (L.A. Confidential), Man on Fire è il remake di un omonimo film del 1987 con protagonista Scott Glenn, chiamato Kidnapping – Pericolo in agguato. Altresì conosciuto come Un uomo sotto tiro.

Anzi, per essere più precisi, Man on Fire rappresenta il secondo adattamento cinematografico del romanzo dello scrittore A. J. Quinnell.

Man on Fire fu un progetto a lungo covato e sognato, il cosiddetto dream project, da Tony Scott per tempo immemorabile. Il quale addirittura pensò a Marlon Brando per il ruolo principale.

A luglio del 2002, la rivista Variety diede la notizia secondo la quale, dopo The Fan, Man on Fire sarebbe stata la seconda reunion professionale fra Tony Scott e Robert De Niro.

Le riprese, così come avvenne per Ronin di John Frankenheimer, si sarebbero dovute svolgere in Francia, specialmente in Costa Azzurra. Anche in Italia.

Ma, per motivi ancora del tutto ignoti, a pochi mesi dalle riprese, De Niro diede forfait, la produzione slittò per motivi logistici e, nel frattempo, Tony Scott cercò un attoriale rimpiazzo. Rivolgendosi a due interpreti a lui molto cari coi quali già lavorò, ovvero Bruce Willis (L’ultimo boy scout – Missione: sopravvivere) e Will Smith (Nemico pubblico).

Dopo aver ricevuto anche i loro no, scelse alla fine Denzel Washington. Che già diresse in Allarme rosso. Da Man on Fire in poi, come sappiamo, Scott e Washington consolidarono la loro amicizia, divennero maggiormente affiatati e, diciamo, artisticamente s’affiliarono per girare negli anni a seguire altre pellicole di forte successo commerciale, cioè Déjà vu – Corsa contro il tempo, Pelham 1 2 3 – Ostaggi in metropolitana e Unstoppable – Fuori controllo. Peraltro, ultimo film di Tony Scott, datato 2010.

Tony Scott, infatti, in seguito all’aggravarsi della sua malattia, morì all’età di sessantotto anni, esattamente il 19 Agosto del 2012.

Ebbene, dopo questo lunga ma necessaria introduzione, torniamo a Man on Fire.

Dopo tanto vagliare, Scott decise di spostare le location del film. Passando dalla Francia a Città del Messico.

Trama:

dopo varie titubanze e resistenze, l’ex agente pluridecorato e spietatissimo della CIA, Creasy (Denzel Washington), malgrado non sia ancora riuscito a debellare i suoi demoni interiori e a vincere i fantasmi d’un oscuro passato che lo stanno divorando nell’animo, tentando perfino il suicidio, si prodiga per diventare la guardia del corpo della figlia di nome Lupita (Dakota Fanning) d’un facoltoso e ambizioso industriale del luogo, Samuel Ramos (Marc Anthony).

Dei malintenzionati gliela rapirono sotto gli occhi. Sequestrandola e tenendola in ostaggio al fine di poterla liberare solamente dietro assai esoso riscatto.

Al che, Creasy, provocato a morte da questo gesto scellerato e disumanamente crudele, dopo essersi arrugginito e immalinconito per tanti anni, ottenebrandosi nell’amarezza e impigrendosi nel più tetro, bolso disincanto e nei più grevi, neri tormenti, di punto in bianco nel suo animo infuocato riesplode in maniera deflagrante.

Inseguendo inarrestabilmente i colpevoli di tale mostruoso rapimento e punendoli efferatamente, pian piano furibondamente, dal primo all’ultimo.

Man on Fire è rozzo, girato per lo più in stile videoclippato da Tony Scott, celeberrimo difatti per il suo acclarato mood registico, non tanto benvisto e acclamato, controversamente famoso per via del suo montaggio frenetico, scalpitante, quasi pubblicitario e movimentato, decisamente sincopato. Qui però assai in linea con l’ira giustamente un po’ da sano psicopatico, detonante e crescente, smisuratamente adrenalinica e scalmanata di un Denzel Washington scatenato e molto incazzato.

Infermabile e grintosamente, vendicativamente tonitruante come le tantissime esplosioni devastanti a cui assistiamo durante questo film incendiario.

Dall’incipit addirittura languido e compassato, melanconico e lento, avvolgente e caldamente contemplativo.

Ma presto l’azione altamente spettacolare prende il sopravvento furiosamente, il ritmo si alza in maniera fiammeggiante ed energica, squittendo fotograficamente tra riprese lisergiche di discoteche sudicie e malfamate e strade desertiche, arroventate dal caldo bruciante di Città del Messico, riflettendosi a livello fisionomico soprattutto nel corpus, metaforico e non, tumefatto di rabbia ribollente, del nostro irreprimibile Creasy/Washington che, dopo tante patetiche crisi, dopo tanto penare, dopo essersi autopunito in afflittive autocommiserazioni del suo santificarsi in modo martirizzante, però nient’affatto sanificato nel suo cuore da sé stesso flagellato penosamente, dopo tanto essersi smarrito in una tetraggine  e in una miserabilità spaventosa, risorge, ritornando feroce e forte in modo ipnoticamente pauroso.

Sì, un grande Denzel Washington in uno dei migliori, sì, lo è, film di Tony Scott.

Un film, ripetiamolo, grezzo e brutale, sporco e spesso girato pure male ma che, nella sua programmatica sciatteria cinematograficamente tamarra, sa affascinare in modo assurdamente bestiale.

Nel cast, Christopher Walken, Giancarlo Giannini Rachel Ticotin e uno strepitoso Mickey Rourke.

di Stefano Falotico

 

Lascia un commento

Home Denzel Washington Man on Fire, recensione
credit