DEAD MAN di JIM JARMUSCH con JOHNNY DEPP, recensione

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Oggi recensiamo lo stupendo Dead Man, scritto e diretto da Jim Jarmusch (Ghost Dog, Broken Flowers), regista che oramai non ha più bisogno di presentazioni, in quanto il suo valore cineastico, nel corso degli anni, è andato smisuratamente crescendo a ragion veduta, avendo Jarmusch sfornato e inanellato pellicole sempre più qualitativamente perlacee e minimalisticamente raffinate.

Dead Man uscì da noi nel Giugno del ‘96 e, malgrado oggi sia considerato un cult inamovibile all’interno dell’excursus registico-filmografico di Jarmusch, a dispetto della lusinghiera, sebbene comunque non notevolissima, media recensoria tuttora campeggiante su metacritic.com, ovvero il 62% di opinioni lusinghiere, all’epoca fu snobbato non poco e perfino disprezzato da molti. Anzi, per l’esattezza, quasi dai più.

La Critica infatti si divise fra coloro che immediatamente lo esaltarono giustamente e fra chi non subito comprese tale western assai anomalo che, fin dal suo martellante, incalzante incipit scandente ripetitivamente ma ipnoticamente le suadenti note musicali di Neil Young, assomiglia più che altro a una spettrale danza fantasmatica d’immagini, immortalate con irresistibile levità affascinante dal compianto mago della fotografia Robby Müller, che per due ore ammalia col suo leggiadro e spirituale fascino avvolgente.

Trama:

verso la fine dell’Ottocento, il timido contabile di nome William Blake viaggia in treno alla volta della lugubre cittadina Machine, in Arizona. Ove incontra l’inquietante boss John Dickinson (il mitico Robert Mitchum qui, purtroppo, alla sua ultima prova per il grande schermo prima della sua morte). Il quale lo tratta in maniera screanzata e con forte alterigia lo estromette immantinente da ogni possibilità d’assunzione nel suo ufficio.

Al che Blake, squattrinato e abbandonato miserabilmente al suo gramo destino, inizia a peregrinare nottetempo lungo questa cupa cittadina polverosa, sostando dapprima in un lercio, malfamato saloon bazzicato per lo più da cosiddetti tipi poco raccomandabili e da ambigue donne di malaffare, dunque uccidendo un uomo per legittima difesa e trovando rifugio, nella sua lunga e disperata fuga dai cacciatori di taglie, presso un buffo e stralunato, involontario “protettore” indiano che si fa chiamare Nessuno (Gary Farmer).

Nessuno scambia Blake per l’omonimo, celeberrimo pittore e poeta inglese.

Da qui si dipana una tetra e al contempo maliarda immersione nella primordiale natura ancestrale che si cela, insospettabilmente, dentro gli anfratti più inesplorati dell’animo umano di noi tutti.

Film enormemente evocativo, Dead Man è palesemente ispirato, per via per l’appunto delle sue impalpabili, misteriche atmosfere suggestive, all’immortale La morte corre sul fiume.

Dead Man è il classico capolavoro che, dopo una prima mezz’ora abbondante dall’intreccio abbastanza lineare, si trasforma magnificamente e volutamente in un caleidoscopico e virtuosissimo trip visivo e immaginifico di matrice mesmerica. Per cui la trama scompare a favore del poetico più fine e magneticamente maliardo.

Cast da urlo: Crispin Glover, Lance Henriksen, Michael Wincott, John Hurt, Iggy Pop, Gabriel Byrne, Mili Avital, Jared Harris, Billy Bob Thronton, Alfred Molina.deadmanfalotico

di Stefano Falotico

 

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