INLAND EMPIRE, review del masterpiece assoluto di LYNCH!

Ebbene, è finalmente uscito il Blu-ray versione deluxe di uno dei massimi film della storia del Cinema, sì, lo è.Laura Dern Lynch INLAND EMPIRE

Nientepopodimeno che Inland Empire – L’impero della mente, nella più e più volte rimandata, ora assolutamente disponibile confezione a tiratura limitata col Master HD approvato dallo stesso David Lynch, il creatore, ideatore, ovviamente regista e produttore, assieme alla sua inseparabile compagna artistica, Mary Sweeney, di tale leggendaria pellicola oramai epocale assurta a totem avanguardistico della più rinomata vetta monumentale della fabbrica dei sogni, fin dapprincipio, ovvero sin dalla sua primissima presentazione in anteprima mondiale all’indimenticabile 63ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, avvenuta nel fatidico giorno del 6 Settembre 2006, dì nel quale Lynch fu omaggiato col sacrosanto Leone d’oro alla Carriera, entrata di diritto fra le invincibili e inscalfibili, inamovibili pietre miliari della Settima Arte intesa nella sua forma più superlativamente maiuscola e vertiginosamente mastodontica.

Un capolavoro indiscutibile per il quale la parola capolavoro ci pare addirittura riduttiva e sminuente l’immensamente encomiabile grandezza immane di Inland Empire – L’impero della mente, perfino da taluni, dei totali profani e irriguardosi incompetenti odiosi, non ancora pienamente apprezzato e giustamente incensato nella sua grandiosità inarrivabile e incommensurabilmente portentosa.

Cosicché, dopo aver reinventato il Cinema moderno con l’espressionista, soprattutto impressionante Mulholland Dr., David Lynch sbarcò ed approdò a Venezia ove consacrò il suo genio eterno e paradisiaco, cementandolo con un’opus magna dalla venustà impari, un’opera così magniloquente, effervescente d’immagini spasmodicamente deliranti nella loro visionaria, altisonante brillantezza colossale da indurci attonitamente ad incontenibili, viscerali grida di piacere grondanti ed urlanti maestosi godimenti cinefili così emozionalmente toccanti e potenti d’accecarci per sempre in un infinito bagliore estatico imperituramente immortale e super lucente.

Inland Empire, signore e signori, l’impero della mente di Lynch stesso al suo zenit follemente creativo più smisuratamente eccentrico, mrBizzaria per eccellenza asceso nel firmamento stellato degli dei cinematografici più spaziali, esplososi in un filmato sogno-incubo armonico dei più altissimamente deliziosi, detonatosi in squisito, gigantesco formato stravaganza culturalmente pop più esotericamente eccelsa.

Trama, cioè in verità un pretesto straordinariamente bugiardo dietro al quale, con la scusante d’un vago, comunque già misterico, intreccio che, nella prima, esatta ora, pare assumere una connotazione diegetica approssimativamente “normale”, nelle restanti due ore di tale opera sconfinatamente perlacea della durata, per l’appunto, di 180 min. circa, volutamente si sfilaccia, si spezzetta, dà in escandescenza e poi repentinamente, a mo’ di visive, allucinatorie serpentine superbe, si ricompone mestamente in modo pacatamente e liquidamente languido, (dis)organicamente coagulandosi (in)consapevolmente, sì, a forma d’inconscio junghiano (ef)fuso in schizoidi frame dispostici a mo’ di mosaico ravennate intrecciato a sua volta in filmiche e sanguigne, furenti e fiammeggianti, al contempo tetre e immaginifiche dinamiche agganciate all’acronimo REM, ovvero il rapid eyes movement non ritraente soltanto il personalissimo onirismo traspostoci da David in magnificente suo fantastico vaneggiamento da applauso a scena aperta, bensì una lynchiana messa in scena stessa pazzamente, potremmo dire, fragrantemente deflagrante vellutatamente in figurativa furia orgasmica diluitaci meravigliosamente in tocchi di Arte pura delle più ingegnosamente adamantine e conturbanti.

Comunque sia, non dilunghiamoci, ecco la trama. Sintetizzata per quanto il termine riassumibile, in tal caso, coincida con impossibile:Inland Empire Irons

Nikki Grace (una Laura Dern mai così bella a brava, altro che il suo immeritato Oscar tardivo per il sopravvalutato, così come a sua performance sovrastimata, Storia di un matrimonio), attrice che vive in una lussuosissima villa alle pendici di Hollywood, viene scelta per interpretare il remake particolare di un film maledetto mai completato, intitolato Il buio cielo del domani. A sua insaputa però, in quanto inizialmente ignara, perlomeno solo parzialmente informata che il film per il quale è stata designata altri non è che un rifacimento sui generis, come detto, d’una pellicola su cui aleggia il fantasma d’una maledizione somigliante, se vogliamo giocare di suggestivi parallelismi meta-cinematografici, a quella del tremendo La Fin Absolue du Monde, il bramato film maledettamente orrendo tanto ricercato da Udo Kier del superbo Cigarette Burns di John Carpenter.

Diretta dal gentile e balzano Kingsley (un Jeremy Irons in ottima forma), che è accompagnato dal suo braccio destro squattrinato e disgraziato, Freddie Howard (il compianto Harry Dean Stanton, ex attore feticcio di Lynch per antonomasia), Nikki si trova a recitare a fianco della giovane, affascinante promessa attoriale maschile di nome Devon Berk, forse Billy Side? (Justin Theroux). Un vero suo spasimante nella realtà o solo un fittizio, anzi, un insulso fantoccio innamorato di lei solamente in una finzione che tale potrebbe anche non essere? Essendo probabilmente invece una speculare realtà parallela da lei captata e vista attraverso l’ottica, forse a sua volta deformante, d’un sogno, ripetiamo, paurosamente bello in cui si riflette e in cui le sue emozioni si fratturano e rifrangono ininterrottamente? Forse soltanto frutto della sua alterata, confusissima mente squagliatasi nei suoi deliri a loro volta cagionatele da un marito perfido subdolamente?

E lei stessa, Nikki, è davvero Nikki o Susan Blue, oppure è Alice in Wonderland?

E i conigli antropomorfi alla tv chi sono?

Nikki diventa una donna digitalizzata nel morphing?

È un sogno quello che sta vivendo e ciò che stiamo vedendo oppure è un magico incubo terribile ad occhi aperti?

E se avesse avuto ragione, invece, la poco di buono, rimbambita “strega” sua vicina di casa interpretata dalla grande Grace Zabriskie?

La dimenticanza è quindi rifiorita nella fluorescente, fiorita reminiscenza caleidoscopica delle sue più ancestrali memorie rimosse ed ora, come per magia, coloratamente riemerse in tutto il loro abbagliante terrore estasiante?

Chissà…

Nel cast, fra i tanti, per meglio dire fra i cammei, Julia Ormond, Diane Ladd (madre, nella vita reale, di Laura Dern, Cuore selvaggio docet), Mary Steenburgen, William H. Macy, Laura Harring, Kristen Kerr, Nastassja Kinski e le partecipazioni straordinarie delle “voci” di Naomi Watts e dello stesso Lynch non accreditato, qui anche montatore.

Ribadiamo, Inland Empire è un capolavoro immenso.

Inutile aggiungere altro.

Inutile “spiegarlo”.

Se non vi sta bene, tiratevi delle seghe su Martina Stella e mangiate gli spaghetti mal cotti di vostra zia più brutta della signorina Silvani.lynch dern inland empire

di Stefano Falotico

 

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