Intervista a Giulia Di Quilio in merito alla sua coraggiosa iniziativa INTIMATE CHALLENGE
Domanda: ti seguo sui social ed ho notato un’interessante iniziativa che hai lanciato in questi giorni. Ce ne vuoi parlare?
Sì… Ho lanciato una “sfida”, la cosiddetta “challenge” dei social, diretta alle donne in vista della giornata contro la violenza di genere, il 25 novembre. Si chiama #intimatechallenge: intimate in inglese significa intimo e mi piaceva la doppia valenza di intimo come personale ma anche di intimo nel senso di biancheria intima. Infatti ho lanciato la “sfida” con un selfie davanti allo specchio, proprio in intimo, il tutto accompagnato da questo testo, abbastanza esplicativo:
Una donna è quasi sempre contestata e questo è radicato in quasi tutte le culture, ed è profondamente sintomatico di una misoginia persistente praticamente ovunque. La sensazione, dopo gli ultimi fatti di cronaca, è che si continui a colpevolizzare il corpo delle donne e la nostra sensualità. Per questo partecipo alla #intimatechallenge per ribadire che: il #corpo è mio, posso mostrarlo #quando #come e a #chi voglio io! Invadiamo le home coi nostri corpi, esibiti con #orgoglio e senza #paura. Copia Incolla Partecipa #noslutshaming #intimatechallenge #25novembre #feminism
Ho lanciato la #intimatechallenge con l’intento di liberare il nostro corpo di donne. È vero, i modelli ci condizionano. Aderiamo, più o meno consapevolmente, ad una serie di immagini omologate. E il corpo, il nostro corpo, ne diventa il calco, il marchio, il vettore concreto e sottilmente ideologico. Il fatto è che, però, ribellarsi a questi modelli sembra equivalga, per molti, a negare il corpo. Non a valorizzarlo e a trasformarlo in un altro modo ma solo a cancellarlo. Così, però, si fa il gioco di chi del corpo ha paura: ovvero, tutti!!! E noi per prime… Vivere il corpo, utilizzarlo consciamente e liberamente, secondo alcuni, vorrebbe dire fare il gioco della cosiddetta società dell’immagine. Ma, dietro a questa giustificazione sociologica, si nasconde il più inconfessabile e irriducibile moralismo.
Domanda: il riferimento arriva dalla vicenda della maestra licenziata vicino Torino dopo un video di revenge porn divenuto virale che le ha causato la perdita del posto di lavoro e la pubblica gogna?
Esattamente! Una vicenda in cui le peggiori qualità umane si sono trovate insieme, rivolte contro una donna che aveva come unica colpa quella di avere una vita sessuale, come tutti noi. Un caso di bigottismo intollerabile. Per fortuna lo squallore del revenge porn, finalmente, è considerato un reato e, quindi, perseguibile per legge ma la terribile conseguenza dello slut-shaming purtroppo ancora non lo è: e cioè far sentire una donna inferiore o colpevole per i propri desideri sessuali o per il proprio comportamento, compreso l’essere considerate desiderabili per via del corpo che si ha o dell’abbigliamento che si indossa.
È un meccanismo utilizzato sia da uomini che da donne indistintamente, e lo conosco bene: lo vivo sulla mia pelle, avendo scelto di lavorare col mio corpo, esponendolo.
Non tutti sanno che, oltre ad essere un’attrice, sei anche una performer di burlesque.
Sì faccio burlesque da 10 anni ormai e l’erotismo l’ho sempre vissuto come qualcosa di “innocente”, passami il termine, nel senso che non gli ho mai dato una valenza morbosa, torbida o da censurare, invece l’ho sempre percepita come un’energia solare, giocosa, piacevole… per questo il burlesque ha appagato la mia parte più istintiva molto più di quanto abbia fatto il mio percorso da attrice. Nel burlesque sono uscita dalla posizione di “oggetto”, sperimentata come modella, e mi sono riscoperta soggetto con dei gusti, delle precise scelte stilistiche e contenutistiche (nel burlesque siamo registe e autrici di noi stesse) e soprattutto mi sono ritrovata in un mondo fatto di donne, scoprendo così il valore del “femminismo” (una parola che prima faceva paura o sembrava appartenere al passato e che oggi ha assunto un senso nuovo, attivo, presente), tenuto a distanza in altri ambienti, dove il maschilismo la fa da padrone.
È stato un percorso in discesa quello nel burlesque?
No, nonostante avessi fatto l’attrice e la modella, esponendomi a(l) nudo, a volte anche integrale, non è stato per niente facile spogliarmi su un palco. Ho accompagnato quel percorso all’analisi freudiana ed ho scoperto che in me agivano, seppur indirettamente, gli insegnamenti moralistici di mia nonna, donna di provincia degli anni 20 del 900. Non lo avrei mai detto, mi sono sempre considerata anticonvenzionale, il mio percorso nell’ambiente artistico ne era una riprova, eppure….
Quanto agiscono i pregiudizi di cui siamo imbevuti?
Tantissimo! Tanto da non rendercene nemmeno conto. Così, da anni ormai, anche attraverso l’insegnamento, aiuto le donne a liberare il proprio corpo, a liberarsi dai pregiudizi, ma non solo, anche dai complessi che noi donne coltiviamo numerosi perché da sempre il corpo della donna è esposto ai giudizi altrui, indistintamente.
Così, dopo l’iniziativa delle psicologhe emiliane coi cartelli “noi facciamo sesso, licenziateci tutte”, ho pensato di lanciare una challenge che ci mettesse tutte a “nudo”, anche se di nudo non parliamo, visto che i social ci avrebbero bannate, ma chiedendo di esporre la propria sensualità; si sa che, se un comportamento è condiviso, cessa di essere stigmatizzato.
E come è andata?
Bene, tante donne stanno aderendo in queste ore ma non sono mancati i commenti che non ti aspetti o, almeno, io, con la mia visione delle cose, non comprendo…
E cioè?
Ci sono stati due tipi di reazioni, una prevedibile, perché conosco le paure femminili… molte donne, pur sposando la causa, temono ancora molto il giudizio, in primis sull’aspetto estetico: “non sono in forma, non sono come te, non sto bene in intimo…”, e queste sono donne che capisco perché, come dicevo, ci sono passata anche io.
Poi c’è stata anche qualcuna che ha ammesso che non poteva per via del posto di lavoro… e questo la dice lunga sul problema…
Poi ci sono quelle che mi hanno detto: “non credo nel principio di questa challenge”, “non è in linea col mio profilo”, “per carità”, e queste le capisco un po’ meno e rimpiango lo stile americano: quando si crede in una giusta causa ci si schiera in blocco.
Detto questo, viva la libertà che ci deve permettere di scegliere, ci mancherebbe.
Hai seguito il contributo alla vicenda da parte di Chiara Ferragni?
Sì, la stimo e la seguo sempre e non è scontato che si spenda per delle cause importanti. Sta confermando di essere davvero una grande donna. E chiudo l’intervista proprio facendo riferimento al suo discorso: noi donne abbiamo bisogno adesso di fare rete, di unirci, per diventare più forti. Farci la guerra tra noi è solo un retaggio del patriarcato… guardiamo al futuro!
Dove ti vedremo?
Il 10 dicembre in diretta streaming al festival WOMEN’S ART INDIPENDENT FESTIVAL a parlare dell’immagine corporea della donna oggi… e poi, appena sarà possibile, tornerò al cinema: ho in uscita un film diretto da Marilù Manzini, IL QUADERNO NERO DELL’AMORE…
film ad alto tasso erotico, alla faccia del bigottismo!