Robin Hood – Un uomo in calzamaglia, recensione

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Ebbene, oggi recensiamo il divertente, sebbene non del tutto riuscito e piuttosto innocuo, Robin Hood – Un uomo in calzamaglia (Robin Hood: Men in Tights), firmato da quel genio imbattibile della comicità sanamente e intelligentemente, volutamente demenziale che risponde al nome di Melvin Kaminsky. Perlomeno all’anagrafe, poiché è più comunemente noto e artisticamente ribattezzatosi Mel Brooks.

Robin Hood – Un uomo in calzamaglia è l’ennesima parodia compiuta dallo straordinario e innovativo regista di Alta tensione, de La pazza storia del mondo e di Frankenstein Junior.

Stavolta, per quanto concerne la vittima designata, per modo di dire naturalmente, ed è facilissimamente comprensibile e ben intuibile di chi si tratti dal titolo, Mel Brooks sceglie di prendere di mira per l’appunto il leggendario eroe della cultura popolare che ha ispirato mitologiche opere letterarie, altresì cinematografiche.

Con quest’operazione burlesca, Brooks ne omaggia il culto e, a suo modo ovviamente proverbiale, cinicamente grottesco, esilarante e irriverente, ne rinverdisce i fasti e al contempo ne smonta satiricamente gli stilemi. Ridicolizzandoli, alla sua maniera scoppiettante, non poco.

Nel suo potpourri di sapida, farsesca mistura citazionistica che omaggia e ridicolizza sincronicamente innanzitutto Errol Flynn e soprattutto il Robin Hood – Principe dei ladri con Kevin Costner (uscito, rispetto all’opus di Brooks, solamente due anni prima), Brooks sembra però aver perso leggermente lo smalto di una volta poiché molte gag e sketch comici, come si suol dire, girano a vuoto e molta della sua corrosiva e celeberrima ironia pungente non sempre va a segno, in quanto Robin Hood – Un uomo in calzamaglia è certamente ingegnoso, girato magistralmente nel suo consueto stile dinamico e allegro, scanzonato e caustico, ma è lontano, sia qualitativamente che parodisticamente parlando, dalle sue migliori pellicole più caustiche.

Attenendoci fedelmente, testualmente al Dizionario dei Film Morandini, vi copia-incolliamo la trama riportatane. Ché ci pare concisa e contemporaneamente esaustiva e non dispersiva, sinteticamente arguta nelle brevi ma incisive considerazioni sue recensorie puntuali e precise: evaso da un carcere musulmano, Robin Hood rimpatria a nuoto e organizza la rivolta dei contadini contro il dispotico principe Giovanni. Parodia tiepida e sciapa del film dei 2 Kevin (Reynolds e Costner) con invenzioni divertenti, imperniate sull’anacronismo, i giochi di parole e i numeri danzati.

Robin Hood è interpretato con brillantezza da Cary Elwes, il quale l’anno prima era stato Lord Arthur Holmwood nel Dracula di Bram Stoker per la regia di Francis Ford Coppola. Film, quest’ultimo, parodiato dallo stesso Mel Brooks col suo ultimo lavoro da regista, ovvero Dracula morto e contento.

Il principe Giovanni è Richard Lewis, mentre lo sceriffo di Rottingham (storpiatura di Nottingham) è Roger Rees.

Marian è invece la bella e simpatica Amy Yasbeck.

Mel Brooks interpreta il rabbino Tuckman e Dom DeLuise (Il silenzio dei prosciutti) è Don Giovanni. Il quale scimmiotta Marlon Brando de Il padrino e de Il boss e la matricola.

Patrick Stewart è King Richard, Tracey Ullman è Latrine.

In sintesi… Cosa non si farebbe per avere una lady come Amy. Bisogna cingersi in raccoglimento e battagliare ardimentosamente, accaloratamente e da (ri)belli pungenti come la demenzialità di Brooks. Però, attenti, la cintura di castità può rompere le palle. Il film diverte ma talvolta annoia. Cioè, scassa la minchia!

ROBIN HOOD: MEN IN TIGHTS, Cary Elwes, Amy Yasbeck, 1993

ROBIN HOOD: MEN IN TIGHTS, Cary Elwes, Amy Yasbeck, 1993

di Stefano Falotico

 

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