DON’t LOOK UP, recensione
Ebbene, oggi recensiamo il godibile, divertente, provocatorio, caustico, corrosivo e satirico film drama–comedy Don’t Look Up, nuova opus di Adam Mckay, il regista de La grande scommessa e dell’acclamato Vice – L’uomo nell’ombra.
Don’t Look Up, pellicola della consistente e considerevole, forse leggermente eccessiva, durata quasi approssimativa di due ore e venti minuti, per qualche giorno distribuita prima nelle sale dalla Lucky Red, ora disponibile su Netflix, che n’è produttrice mondiale, si avvale di un cast strepitoso, i cui nomi pian piano v’elencheremo e ovviamente vi enunceremo uno per uno. Film scritto dallo stesso McKay, il quale ha personalmente adattato per il grande schermo il suo script, traendo spunto e ispirazione da una storia di David Sirota, Don’t Look Up ci presenta, ripetiamo in forma romanzata, sia piacevole che al contempo inquietante e inducente a forti riflessioni perfino di natura sociologica e/o politica, la seguente e bislacca, a suo modo scioccante e assurda, rocambolesca storia angosciante e catastrofica. Da noi, nelle prossime righe, semplicemente sintetizzata e brevemente espostavi:
La dottoranda in astronomia di nome Kate Dibiasky (una strepitosa Jennifer Lawrence fulva), attraverso i suoi studi, scopre l’esistenza assai preoccupante e potenzialmente cataclismatica di una cometa che, se non sarà opportunamente e tempestivamente fermata, s’abbatterà sulla Terra con esiti comprensibilmente devastanti. Assieme al suo collega e fido amico Randall Mindy (Leonardo DiCaprio), si reca alla Casa Bianca per comunicare tale sua allarmante scoperta angosciante nientepopodimeno che alla Presidentessa degli Stati Uniti in persona, vale a dire l’altezzosa Janie Orlean (Meryl Streep). Fra lo scetticismo generale e la derisione collettiva, in quanto i nostri succitati paladini e salvatori del Pianeta non vengono inizialmente affatto creduti, si dipana una vicenda esilarante, piena di colpi di scena spiazzanti e soprattutto sia metaforicamente non poco allusivi che inquietanti, il tutto condito da una vena graffiante che, in molti momenti intrisi poco velatamente di tagliente e sottile autoironia pugnace che colpisce nel segno, gioca abbastanza facile sulle nostre più ataviche e inconsce paure millenaristiche giammai assopitesi, pronte invece a risvegliarsi appena qualcosa d’imponderabilmente incombente, è il caso di dirlo, ci può piovere dal cielo inaspettatamente.
Don’t Look Up, che potremmo ascrivere e categorizzare nel genere apocalittico di matrice para-fantascientifica e complottistica, è una pochade tragicomica impietosa e straordinariamente irriverente, non si ferma dinanzi a niente e piazza stilettate continue assai polemiche sul nostro discutibile modo di vivere, essa stessa vive di dialoghi ficcanti e di perfette tempistiche perfettamente riuscite fra un gruppo d’attori bravissimi, affiatati e in gran sintonia recitativa che, oltre ai protagonisti assoluti DiCaprio-Lawrence, allinea e annovera tra le sue file Jonah Hill (The Wolf of Wall Street), Timothée Chalamet (Dune), una luminosa, sexy ed eccellente, come sempre, Cate Blanchett, Rob Morgan, la cantante Ariana Grande, Ron Perlman e Mark Rylance.
Don’t Look Up, come detto, ha dalla sua una buona sceneggiatura congegnata come un’esplosiva macchina a orologeria, spesso centra il bersaglio e risulta un film avvincente e vincente. Giostrandosi, dopo un incipit veloce e scoppiettante, divertente e contemporaneamente, pazzescamente, verosimilmente scioccante, in quanto ritraente esattamente ciò che accade quando si dice la verità ma nessuno vuole stupidamente credervi, precipitando di conseguenza in una situazione imbarazzante e strozzante, in un intreccio che, a lungo andare, perde visibilmente quota alla pari di una cometa incontrollabile. In parole povere, McKay, dopo la prima ora veramente coinvolgente, affastella forse troppi temi e non riesce più a gestire, in maniera calibrata, la diegetica del suo confuso racconto, mal dosando gli ingredienti e la miscela della sua pellicola, mettendovi troppa carne al fuoco, come si suol dire, appesantendo e abbrustolendo eccessivamente la sua pietanza cinematografica, rendendola anche troppo lunga.
Don’t Look Up, quindi, verso la fine non poco stomaca e risulta addirittura quasi indigesto. Poiché smarrisce, strada facendo, la sua forza polemica, adagiandosi in una pantomima innocua che vira poi, in modo repentino, al film con intenzioni addirittura ecumeniche, portatrici di pace, letizia e umana speranza. Volendoci lanciare messaggi, perciò, da periodo natalizio.
McKay, probabilmente, avrebbe dovuto conservare lo spirito iniziale della storia da lui narrataci e filmata, non tradendolo, bensì azzardando sino in fondo con cinismo non rassicurante. In quanto il suo sano, stoico e sfrontato affronto volutamente canzonatorio e il suo pamphlet s’affloscia, anestetizzando il suo interessante discorso al vetriolo…
Il coraggio delle sconcertanti premesse dei primi sessanta minuti circa, intese anche in senso lato, esulanti dunque solamente dalla science–fiction di puro intrattenimento e dalla natura grottesca, si perde lungo il viaggio, sterilmente.
Anche se, va ammesso, gli ultimi quindici minuti sono di grandioso impatto emotivo assai toccante.
Un DiCaprio quasi fantozziano che poi diviene Il Leo che conosciamo, trascinante nel finale, una Lawrence bella e magnetica, uno Chalamet mai così simpatico, una Blanchett femme fatale cringe iper-sensuale, una veloce regia non salvano però il film da una certa ruffianeria studiata a tavolino. Peccato.
di Stefano Falotico