Trilogia de IL PADRINO (The Godfather), recensione
Ebbene, dopo aver disaminato la Trilogia del Tempo di Sergio Leone, in occasione della sua pregiata uscita deluxe in cofanetto per rari collezionisti in Blu-ray di razza e del suo cinquantesimo anniversario dalla sua release nelle sale, perlomeno del primo episodio, vi parleremo, speriamo esaustivamente, di un’altra trilogia, ovvero quella de Il padrino (The Godfather) di Francis Ford Coppola. In tal caso, un lapalissiano trittico nel vero senso della parola, differentemente e sideralmente remoto da quello di Leone, essendo, quest’ultima, una trilogy composta infatti da tre film differenti e con storie, ambientazioni a sé stanti, denominata dunque in tali termini per pura convenzione dizionaristica.
Un Coppola memorabile e apoteotico, epocale e leggendario che, col primo, immantinente indimenticabile capitolo del Padrino, sarebbe stato, oltre che notevolmente oscarizzato, immediatamente ascritto e asceso all’empireo dei più importanti cineasti viventi. In quanto, Il Padrino, datato anno 1972, perciò appartenente ai primissimi seventies, a distanza di cinque decadi esatte dalla sua presentazione, mantiene intatta la sua intoccabile e sempiterna beltà universalmente inscalfibile. Che tale rimarrà immutabilmente. Poiché Il padrino è un capolavoro assoluto, talmente mastodontico d’aver ingenerato inevitabilmente il suo sequel e, stavolta confermando il proverbiale detto non c’è due senza tre, giocoforza inducendo Coppola, per via del successo riscontrato anche, per l’appunto, con Il padrino – Parte II del ‘74, a girare, però due decenni dopo, la terza parte.
Ma procediamo con calma, con estrema cautela. Partendo dapprincipio, ovvero con Il padrino, per poi arrivare a sviscerare brevemente la creazione ed evoluzione di tale magnifica trilogia imperdibile dalla bellezza adamantina ed eternamente vivissima. Osiamo dire divina.
Tratto dal celebre romanzo omonimo di Mario Puzo, autore anche della sceneggiatura (leggermente modificata rispetto alla sua novella originaria, dunque, come si suol dire, n’è un libero adattamento) assieme allo stesso Coppola, Il padrino, se volessimo attenerci giustappunto a nomenclature archivistiche e inquadrarlo, ascriverlo genericamente in un genere preciso, esula da ogni possibile classificazione, sebbene possiamo considerarlo, se proprio vogliamo, un noir gangsteristico, un’epopea mafiosa di matrice profondamente drammatica con nessuna parentesi umoristica. In quanto è un film, oltre che crudelmente intriso di violenza potentissima, la visualizzazione elegantissima e girata magistralmente, al contempo brutale e tremenda, d’un nerissimo ritratto di famiglia che non lascia alcuno spazio al divertimento più frivolo. Il padrino è un’opus, così come i suoi due capitoli successivi, mortifera eppur vivificante e mostrante senza fronzoli la più immarcescibile e terribile, spettrale discesa nella brace infernale del sogno americano, un’abbacinante perla di celluloide dalla bellezza estatica ed estetica disumana che però, al suo interno contenutistico, nel diramarsi ed evolversi della sua scoppiettante, spiazzante, variegata trama dai mille e più colpi di scena, contenente a sua volta accadimenti notevolmente tragici e glaciali, nel succedersi d’eventi, come dettovi, mortalmente agghiaccianti, risulta magnifica in quanto straordinariamente vera e pura nella sua essenza paradossalmente iperrealistica. Ora, Il padrino ritrae, enuclea e riproduce la genesi della fittizia famiglia Corleone. Famiglia che, per quanto “inventata” dalla fantasia letteraria di Puzo, attinge alle reali storie “famigliari” di boss veramente esistiti, non solo negli Stati Uniti, in cui è ambientata la vicenda narrataci e filmata da Coppola, avendo volutamente, malgrado implicitamente, non poche attinenze con persone e fatti realmente accaduti. Il padrino è uno di quei rarissimi film che, per quanto concerne la sua valutazione sul sito aggregatore di medie recensorie metacritic.com, può vantare l’impressionante 100% totale di opinioni positive. Record quasi imbattuto. Adesso però, finalmente, partiamo per l’appunto dall’inizio, anzi dall’incipit in senso metaforico e potremmo dire poeticamente, dell’albero genealogico della famiglia Corleone de Il padrino, iniziando dapprincipio a raccontarvi e sviscerarvi sinteticamente la storia… di tale primissimo, appena citato film, inesorabile padre fondatore degli inevitabili suoi figli di celluloide, cioè i due seguiti sempre partoriti in senso coppoliano, sì, messi al mondo da un imprescindibile pater familias del Cinema contemporaneo, ovvero il rinomato ed egregio sig. Coppola.
Estrapolandovi la lapidaria sinossi da IMDb:
Il patriarca invecchiato di un’organizzazione criminale trasferisce il controllo del suo impero clandestino al suo figlio riluttante.
Il patriarca è Don Vito Corleone, alias Marlon Brando (premiato con l’Oscar), il figlio a cui andrà, inizialmente contro il suo volere e soprattutto ribaltando i preventivati piani, l’eredità dinastica e la tradizione mafiosa da perpetuare e capeggiare, è Michael, un grandioso Al Pacino. Che poi, dal secondo capitolo sino al terzo ultimo, diverrà il protagonista di tale epopea titanica. I suoi fratelli, tutti maggiori, sono Sonny (un ottimo James Caan), originariamente destinato a divenire il capo dei capi ma morto trucidato, un uomo comunque troppo irresponsabile e testa calda per poter assumere il controllo patriarcale dell’organizzazione criminale, il più anziano del gruppo e figlio adottivo Tom (Robert Duvall) e il titubante, caratterialmente troppo debole Fredo (il compianto John Cazale che, nel Padrino – Parte II, riceverà, senza farvi troppi spoiler, un traditore, forse assassino bacio di Giuda mostruoso).
Michael doveva avere una vita normale ma, nel corso della storia, attentano alla vita di suo padre, succedono altri accadimenti non propriamente positivi e accadrà, fatalmente, l’irreparabile irreversibile. Michael sposerà la bella Kay (Diane Keaton), la quale diverrà per sempre la sua compagna fedelissima e, spesso contro il suo volere, complice d’affari da mani pulite…
Nessuno, insomma, si sottrarrà a un fato indirizzato ad elevarli tragicamente ma allo stesso tempo potentemente al rango di padroni e dominatori ombrosi del loro cammino esistenziale purtroppo delinquenziale e lugubre. Fra tradimenti, colpi di scena mozzafiato, litigi furibondi, urla, sangue versato, specialmente degli acerrimi nemici, e innumerevoli persone assassinate appartenenti ai rivali, si giungerà al chapter n.2.
Uscito solo due anni dopo, parimenti al suo predecessore e, diciamo, pellicola iniziatrice della trilogia, premiato con l’Oscar sia per miglior Film che per miglior Regia, eccoci quindi al Padrino – Parte II.
Datato perciò anno 1974 ma nient’affatto datato in senso lato. In quanto, così come il primo, straordinario, se non addirittura leggermente superiore. Sì, Il padrino – Parte II è uno dei pochissimi seguiti nella storia del Cinema che può tranquillamente essere considerato qualitativamente all’altezza del film originario. Se non, com’appena scrittovi, un gradino sopra e possibilmente persino più perfetto. Sempre ammesso che un film come Il padrino, vetta eccezionale difficilissimamente raggiungibile, rimarchiamolo nuovamente, possa paradossalmente esser messo a paragone non con altri film distinti, bensì, col suo stesso sequel. Incredibile, non credete?
Ebbene, per quanto possa sembrare dunque impossibile, Il padrino – Parte II è a nostro avviso migliore, per certi versi, del primo e ciò è peraltro attestato da molti critici assai rilevanti. Diciamo questo perché lo riteniamo più omogeneo, compatto e ancora più finemente girato. Maggiormente coeso a dispetto della sua struttura narrativa ricolma di flashback, assenti nel primo.
Perché nel Padrino – Parte II vi sono tante analessi? Per un motivo molto semplice, famosissimo per chi, ovviamente, conosce bene questa superba pellicola e l’ha già vista, non solo semmai una volta sola.
Qui non ci viene raccontato soltanto ciò che avviene alla vita di Michael Corleone & company dopo la fine del primo film. Infatti, Coppola torna indietro nel tempo e, potremmo dire, senz’utilizzo di computer graphics a mo’ di The Irishman, visualizzandoci le origins di Vito Corleone, nato come Andolini, “ringiovanisce” Marlon Brando naturalmente, consegnandogli il volto d’un giovanissimo e strepitoso Robert De Niro (premiato anch’egli con l’Oscar, stavolta come non protagonista). Ecco che Coppola segue la crescita, in ogni senso, di Michael Corleone/Pacino e di sua moglie Kay/Keaton, coppia che, nel caravanserraglio d’altri loschi fatti e misfatti più o meno orridi, nell’esplodere della tensione e di altri loschi imbrogli e doppi giochi atroci, furiosamente litigherà ma giammai si separerà, soprattutto figlierà.
Così come vediamo che Don Vito figliò e diede pian piano alla luce la sua futura famiglia Corleone. Ora, giustappunto, dominata da Michael, situato al vertice piramidale della corleoniana, gerarchica scala familiare. Don Vito che, dopo gli stenti e la fame a Little Italy a New York, in seguito a un grave sgarbo commesso a suo danno da Don Fanucci (il nostro Gastone Moschin), comincerà a prendere confidenza con la più spicciola violenza efferata. Sporcandosi le mani, affamato di avido potere, sanguinariamente, spesso e volentieri perpetrando ricatti via via più crudeli, ascenderà a piccolo re del suo quartiere e man mano il suo impero s’espanderà scuramente, procedendo di pari passo con la sua sempre più autorevole personalità temibile in fase continuativamente e continuamente crescente e infermabile.
Di salto temporale, non in senso filmico, bensì cronologico, arriviamo all’anno 1990, anno in cui uscì Il padrino – Parte III.
Non siamo però nel 1990 ma la vicenda è collocata nel ‘79. Michael Corleone sta invecchiando come suo padre e forse vuole congedarsi dalla sua vita peccaminosa, recandosi addirittura, in cerca di redenzione, a Roma e presso il Vaticano. Ma è questa la motivazione all’origine del suo viaggio nella capitale?
Cosa si cela, in effetti, dietro tale atteggiamento stranamente sospetto e per lui inusuale? Nel frattempo, Michael si avvale dell’aiuto del nipote Vincent Mancini (la new entry Andy Garcia).
Nel cast, i nuovi arrivati Joe Mantegna, Eli Wallach e Bridget Fonda, stavolta, anche l’esordiente figlia di Coppola, Sofia. Inizialmente, il ruolo doveva andare a Winona Ryder. Ma forse tirava troppa aria di famiglia…
Maggiore spazio inoltre concesso, in termini di minutaggio, alla nipote di Coppola, Adriana di Rocky, vale a dire Talia Shire.
Musiche di Carmine Coppola e non più di Nino Rota. Anche perché Rota morì nel 1979, stesso anno, ripetiamo (vedi le coincidenze?), in cui è ambientato Il padrino – Parte III.
Che è un bel film, di cui recentissimamente Coppola approntò una nuova versione, ma decisamente minore se raffrontato ai due capitoli antecedenti. In quanto risulta sbilanciato, pacchiano in molti punti ed esageratamente barocco e ridondante.
di Stefano Falotico