FAIR GAME – Caccia alla spia, recensione
Ebbene, dopo aver recentemente disaminato la notevole, inquietante e affascinante pellicola The Assassination con Sean Penn & Naomi Watts, stavolta per i nostri Racconti di Cinema, abbiamo optato per un altro film dalle ampie qualità, avente per protagonisti la coppia, a livello professionale, appena suddetta. Duo già presente, peraltro e come da noi sottolineato, in 21 grammi.
La pellicola da noi qui presa in analisi è Fair Game – Caccia alla spia, thriller spionistico, così come suggeritoci palesemente dal pertinente sottotitolo italiano affibbiatogli, del 2010 e diretta dal valente e proficuo Doug Liman, regista di The Bourne Identity e soprattutto dell’acclamato Edge of Tomorrow – Senza domani con Tom Cruise.
Opus interessante, ben accolta dalla Critica, forse non perfetta, dunque non impeccabile, tantomeno eccelsa e non priva di alcune grossolanità e sbavature madornali, Fair Game è comunque importante e, trattandosi di una pellicola che affronta una tematica complessa, perfino scabrosa, trattandola (perdonateci la voluta ripetizione) con piglio potente, orchestrata soventemente con magistrale puntigliosità apprezzabile, si lascia gustare volentieri e sa intrattenerci, al contempo perturbarci e addirittura, spesso, ipnotizzarci per merito, in particolar modo, delle superbe prove attoriali dei succitati Penn-Watts. Qui in grande spolvero e inappuntabili.
Film della durata, corposa e adrenalinica, al cardiopalma e tesissima di circa due ore (precisamente centootto minuti netti), Fair Game, egregiamente, con garbo e raffinata meticolosità descrittiva, specie nella calibrata caratterizzazione dei personaggi cesellati con accuratezza sofisticata, sceneggiato dall’accoppiata Jez e John-Henry Butterworth, i quali si sono ispirati a una storia vera accaduta nel 2003 all’ex agente segreto di nome Valerie Plame, concernente il cosiddetto CIA gate a partire dal libro di memorie scritto da quest’ultima, è molto lento nella sua parte iniziale ed eccone la trama. Qui da noi espressavi a grandi linee per non sciuparvi, come al solito, le forti sorprese nelle quali, nel caso in cui tale film non abbiate mai visto, incorrerete in maniera, speriamo, piacevole e altresì scioccante.
Senza sottilizzare troppo e senza superflue rivelazioni, vi traiamo e “alleghiamo ivi la testuale sinossi da IMDb, azzeccatamente concisa:
L’agente della CIA Valerie Plame (Watts) scopre che la sua identità è trapelata dal governo come ricompensa per un articolo scritto da suo marito (Joe Wilson/Sean Penn) criticando l’amministrazione Bush.
Fotografato dallo stesso Liman, con un cast variegato in cui sono da annoverare le presenze di Noah Emmerich, Ty Burrell, Jessica Hecht, Norbert Leo Butz, Tom McCarthy, Michael Kelly, David Andrews, Tim Griffin, Bruce McGilll, Brooke Smith e Sam Shepard, Fair Game è farraginoso e frequentemente pare essere incentrato, più che su questa torbida storia di complotti e doppi giochi, sull’affascinante capigliatura e bellezza scenica d’una Watts biondissima e sensuale e d’uno Sean Penn a volte improbabile come ambasciatore-intellettuale con pettinatura ribelle, ciuffo sbarazzino e tatuaggio da galeotto, bravo come già sottolineatovi ma a sua volta maggiormente preoccupato forse di apparire carismaticamente intrigante piuttosto che credibile per la sua parte.
Detto ciò, dopo una prima mezz’ora macchinosa, il film prende poi quota anche se la narrazione è troppo spezzettata e la vicenda non poco ingarbugliata.
In conclusione: Il film inizia con una Watts bella da morire e con uno Sean Penn con look da figo del parrucchiere migliore. Non è un film per parrucconi e per chi non crede ai complotti e agli imbrogli ma, nonostante la Watts topa e un Penn al top(o), affascina ma è anche una chiavata, no, chiavica dal ritmo più moscio di quello di un novantenne con Naomi.
di Stefano Falotico