L’UOMO CHE UCCISE LIBERTY VALANCE, recensione
Ebbene, in occasione della sua pregiata e ottima uscita in Blu-ray 4K di gran classe, disamineremo brevemente l’intramontabile classico L’uomo che uccise Liberty Valance (The Man Who Shot Liberty Valance), uno dei grandi capolavori del mitico John Ford (Sentieri selvaggi).
Film del ‘62, girato mirabilmente in un eccezionale B/N sfolgorante e panoramico, L’uomo che uccise Liberty Valance è un western atipico che, a differenza di quasi tutte le opere fordiane, stavolta non ci mostra l’immancabile Monument Valley (iconica nel suo Cinema e, iconograficamente, onnipresente), non è neppure ambientato in grandi spazi sconfinati, bensì assomiglia molto ad un kammerspiel sofisticato in quanto, perlopiù, sembra (qui giochiamo di salti temporali, stavolta, in avanti, sì, di flashforvard figurativo, in tal caso, per le nuove generazioni esemplificativo) il recente e contemporaneo, postmoderno The Hateful Eight di Quentin Tarantino. Ispiratosi spesso, per via dell’ambientazione claustrofobica e sovente girata in interni anziché in grossi esterni, per tale appena citatavi sua pellicola, nientepopodimeno che, naturalmente, al film da noi giustappunto preso in analisi. Non è, ovviamente e logisticamente a livello temporale, viceversa accaduto il contrario. C’è piaciuto divertirci di associazioni mentali e meta-cinefile, potremmo dire, viaggiando e “ragionando” all’inverso.
Tratto dall’omonimo racconto (per quanto concerne il titolo originale, tradotto comunque letteralmente, quindi senz’alcuna variazione o lessicali reinvenzioni) di Dorothy M. Johnson, statunitense scrittrice lodata, pubblicato su Cosmopolitan, L’uomo che uccise Liberty Valance n’è perciò il suo libero, cinematografico adattamento curato, per l’occasione, dagli sceneggiatori James Warner Bellah & Willis Goldbeck. Assai fantasioso e, come già dettovi e qui da noi ribadito, inventivo e pregno di debordante genialità spiccata, connaturata fra l’altro a Ford, cineasta, potremmo dire, dapprincipio nato per essere un unicum straordinario, un regista pionieristico e avanguardistico dei più impari. L’emblema e la personificazione della parola western, uno dei suoi massimi esponenti e soprattutto inimitabile, eppur imitatissimo, progenitore insuperato e insostituibile.
Trama, da noi qui sintetizzata al massimo ed espostavi in maniera succinta per non incorrere, volutamente e finemente, in spoiler che ve ne sciuperebbero la splendida visione magnetica:
Il senatore Random Stoddard (James Stewart), assieme alla sua consorte, Hallie (Vera Miles), ritorna nella cittadina di frontiera, Shinbone, per partecipare al funerale del suo ex amico di nome Tom Doniphon (John Wayne). Venticinque anni prima, in tale posto ameno, cominciò a intraprendere il suo percorso politico. Al che, visualizziamo, in analessi, la rocambolesca vicenda accadutagli e quanto successo al suo ex amico defunto. Di notte, mentre si trovò a borda d’una diligenza, fu assalito dalla banda malavitosa capeggiata del terribile e imprendibile fuorilegge Liberty Valance (Lee Marvin).
Random viene violentemente aggredito gravemente e pestato a sangue. Prontamente e fortunatamente è soccorso prestamente, accudito da una comunità che generosamente lo accoglie, presto guarendolo. Cosicché, per ringraziare le persone che l’hanno salvato e curato, per ricambiare il favore, magnanimamente si presta volentieri ad alfabetizzare la gente del luogo, per di più conoscendo l’amore della sua vita e instaurando una relazione, via via sempre più virilmente, solidamente e solidariamente amicale con Tom. Tom, uomo burbero e dai modi spiccioli, a prima vista, come si suol dire, non simpaticissimo…
Il truce ed efferato, pericoloso manigoldo e outlaw, apparentemente invincibile, Liberty Valance, sarà acciuffato, consegnato alla giustizia e punito. Arrestato o ammazzato? Saranno, da chi, fermate le sue vili gesta esecrande e miserrime?
Film dai pregi eccezionali, L’uomo che uccise Liberty Valance, come detto, è un’opera anomala all’interno della stessa filmografia di Ford. Infatti, è un western e John Ford è forse l’unico o uno dei pochissimi cineasti della storia del Cinema ad aver diretto solamente pellicole inerenti un genere. Solamente, per modo di dire. Perché, giustappunto, ogni suo film, per quanto ascrivibile in tale genere, era intriso di universalità tematiche estremamente sfaccettate e dunque le sue opere non son assolutamente da circoscrivere entro confini perimetrati delle definizioni archivistiche più generaliste.
Dopo Rio Bravo, è il primo film di Ford girato non a colori. E, pur essendo all’apparenza un film ove il buono si scontra col cattivo, rispecchiando in questo il manicheo, classico stilema e la narrativa struttura portante d’ogni western che si rispetti, non vi sono gli indiani e, come accennatovi all’inizio di tale nostro scritto, si differenzia da ogni sua opera in quanto, qui, sono completamente assenti i grandi panorami delle praterie sterminate del West, per l’appunto, per cui Ford è divenuto celebre e specialista imbattibile.
Però, le sfumature dei variegati personaggi descrittici ed espostici, all’apparenza tagliati con l’accetta, sono approfondite con acume e sottigliezza inappuntabili ed i contorni caratteriali sono deliziosamente sfumati e tratteggiatici con maestria suprema e tocchi degni d’altissima nota magnifica.
Nel cast, Woody Strode, John Carradine, Edmond O’Brien, Andy Devine, Jeanette Nolan e Lee Van Cleef, nella piccola parte d’uno degli scagnozzi di Valance/Marvin, soltanto tre anni prima d’incontrare Sergio Leone…
Concludiamo la nostra disamina, trascrivendovi la sintesi del dizionario Morandini. Se volete, raffrontate il nostro parere con quanto, nelle righe sottostanti, leggerete e gradiremmo un vostro parere:
Il vero eroe della storia è Tom Doniphon (Wayne), personaggio mitico che incarna i valori dell’Ovest e rappresenta il contraltare di Valance; entrambi sono condannati dalla Storia a cedere il passo ai valori dell’Est, impersonati da Stoddard, cioè di una società dove non sarà più la forza a fondare la legge e l’ordine. Western quasi da camera, molto parlato, un po’ prolisso, ma di grande finezza nei particolari. Quando uscì, fu accolto dai critici con condiscendenza un po’ ottusa, ma il tempo gli ha reso giustizia. È un classico, ormai, anche se il suo fascino dipende meno dal film in sé stesso che da quel che rivela sul suo autore.
Film giocato sulle ambiguità, L’uomo che uccise Liberty Valance, malgrado in alcune sue parti risulti inevitabilmente datato leggermente, rimane un capolavoro impareggiabile. Ed epocale, soprattutto memorabile, è la lapidaria frase del pre-finale: Qui siamo nel West, dove, se la leggenda diventa realtà, vince la leggenda.
Frase forse smentita un attimo prima dei titoli di coda, quindi prima della classica scritta The End?
Capolavoro? Certamente, non abbiamo alcun dubbio a riguardo. Riguardatelo. Forse, vi apparirà molto lento e noioso ma, se riuscite a superare lo scoglio della prima ora, vi fionderete (ah, i pellerossa) in una storia grandiosa, narrataci con stile epico e crepuscolare, veramente strepitoso.