CLIFFHANGER, recensione
Oggi, per i nostri Racconti di Cinema, vogliamo recensire per voi Cliffhanger – L’ultima sfida.
Thriller al cardiopalma e fortemente adrenalinico, avventuroso e ambientato sulle Montagne Rocciose anche se girato, quasi totalmente, sulle nostre Dolomiti.
Film della corposa durata di un’ora e cinquantatré minuti ove un corpulento, muscolare Sylvester Stallone en pleine forme, come dicono i francesi, è qui gagliardamente diretto da Renny Harlin.
Regista, come sappiamo, specializzatosi nel corso della sua carriera in robusti, godibili action di puro intrattenimento.
Cliffhanger, forse assieme a 58 minuti per morire e al sottovalutato Nightmare 4 – Il non risveglio, (probabilmente, dopo il capostipite, il migliore della saga sul babau Freddy Krueger) è il suo film più celebre e persino il migliore. Per quanto, ripetiamo, stiamo parlando di un superficiale blockbuster, come si diceva un tempo, cioè d’un filmetto di cassetta senza troppe pretese e con una sceneggiatura rozza e manichea in molte sue parti.
A ben vedere, infatti, stando al sito-aggregatore di medie recensorie che va oramai per la maggiore, ovvero metacritic.com, veniamo a scoprire, con nostro sommo stupore, che Cliffhnager ha attualmente una votazione nient’affatto disdicevole, vale a dire un più che rispettabile e decisamente soddisfacente 60%.
Tratto da un soggetto pensato per il grande schermo di John Long e sceneggiato da Michael France assieme a Stallone stesso, Cliffhanger è stato distribuito nei cinema italiani il 29 Ottobre del ‘93, incassando piuttosto bene.
Trama:
uno scalatore appartenente a un team di soccorso, Gabe Walker (Stallone), s’è ritirato a vita privata ed eremitica poiché divorato dai sensi di colpa per non essere riuscito, tempo addietro, a salvare la ragazza del suo migliore amico, Hal Tucker (Michael Rooker).
Tornerà sui propri passi e sarà costretto a ripristinare la vecchia, arrugginita amicizia col suo ex amico per sventare, sabotare e combattere, assieme a lui, un piano ferocemente terroristico messo in atto da un manipolo di temibili uomini in cerca di una valigetta preziosa, una pericolosa banda di rapinatori capeggiata dal viscido Eric Qualen (John Lithgow).
Come da prassi e da prevedibilissimo, consueto lieto fine hollywoodiano, Gabe riuscirà a sconfiggere tutti i cattivi, ritrovando catarticamente la propria autostima e riconciliandosi definitivamente con Hal. Una sarabanda di stereotipie e telefonati colpi di scena però ottimamente orchestrati dalla compatta, efficace regia acrobatica d’un Harlin che, affidandosi, alla prodigiosa forza fisica d’uno Stallone in grande spolvero, riesce ad appassionarci e a tenerci col fiato sospeso per tutte le sue due ore circa di durata. Non annoiandoci un solo istante, malgrado il film sia un profluvio, piuttosto scontato, di combattimenti corpo a corpo ripetitivi e di convenzionali esplosioni da classico copione d’un americano film d’azione tipicamente in stile da anni novanta.
Avvalendosi della bella colonna sonora di Trevor Jones e della funzionale fotografia di Alex Thompson (Hamlet, Legend, Excalibur).
Come dice il dizionario dei film Morandini, “Cliffhanger” significa qualcosa come “attaccato alla rupe”, ma è anche una parola di gergo per indicare un serial fatto di episodi con il finale in sospeso che si risolve solo nella puntata successiva, oppure film di azione avventurosa che coniuga la suspense con la vertigine.
di Stefano Falotico