CRIMES OF THE FUTURE, recensione
Ebbene, oggi recensiamo, in anteprima, la nuova opus di David Cronenberg, cioè Crimes of the Future, presentata in concorso all’ultima kermesse cannense, ovvero la 75ª.
Come sappiamo, dal trailer italiano, negli scorsi giorni diramatoci e diffuso su YouTube e nella rete, Crimes of the Future, dopo l’ottima accoglienza critica, ricevuta al Festival di Cannes, malgrado, altresì affermiamo che non tutti i pareri dell’intellighenzia sono stati lusinghieri e/o favorevoli, da noi, verrà distribuito nelle sale a partire dal 24 agosto prossimo tramite la Lucky Red.
Dunque, presto, anche noi in Italia potremo visionare la seguente e, prossimamente, ivi disaminata, nuova opera cronenberghiana, esattamente nel mese venturo e a venire.
A distanza di circa una decade, cioè a 8 anni da Maps to The Stars (2014), Cronny, spiazzando un po’ tutti e perfino smentendo sé stesso, in quanto negli scorsi anni dichiarò che non avrebbe mai più girato un lungometraggio, perlomeno, per precisione di cronaca, testualmente asserì che nutrì non pochi dubbi in merito a un suo eventuale ritorno dietro la macchina da presa, ecco che or si presenta con tale affascinante progetto tanto leggermente inaspettato quanto già ampiamente apprezzato. Però non in modo unanime. Sottolineiamolo in modo importante.
E, nelle prossime righe, sarà naturalmente da noi recensito con puntiglio e, c’auguriamo, netta e sopraffina schiettezza il più possibile oggettiva. Giudicheremo Crimes of the Future senza cioè lasciarci suggestionare dal nome stesso del regista che di Crimes of the Future, giustappunto, porta la firma, Cronenberg, ça va sans dire.
Molti critici o improvvisatisi tali, infatti, per triste timore reverenziale nei riguardi dei grandi cineasti, a lor avviso intoccabili, dinanzi alle loro nuove opere divengono metaforicamente miopi. Cosicché, suggestionati dalla loro nomea autorevole, soprattutto autoriale o entrambe le cose all’unisono, di conseguenza son poco obiettivi nei confronti d’ogni loro opera(to). Abbagliati da una sorta di cecità recensoria abbastanza, osiamo dire, tetra e scioccamente puerile. Oltremodo ridicola.
Diciamo, anzi, senz’utilizzare ora il plurale maiestatico, dico tostamente ciò in quanto Crimes of the Future, a mio modesto parere, non è affatto un capolavoro. Forse, neppure un grande film. Lo declamo e sottolineo marcatamente. Non per puro, modaiolo spirito contradditorio e/o provocatorio, bensì perché lo penso davvero fortemente e, presto, ve ne spiegherò ed enuncerò le ragioni, la questione enucleandovi nei dettagli, avvalendomi d’un testo, sottostante, perfettamente citato in toto, comprese le virgole sbagliate e le inesattezze in esso presenti. Scandagliandolo… sì, tale bruttino, quasi orrido insulto al Cinema, no, filmetto insulso di Cronny. Fieramente io sostenendo tale tesi appena espressavi, appieno dichiarandola e sottoscrivendola pienamente o penosamente, sperando d’esporre il lutto, no, il tutto con sottigliezza e arguzia esatte e ineludibili. Al contempo, aggiungo che è un film, a suo modo, delirante, no, soprattutto rilevante e imprescindibile, per sconcezza e scemenza, all’interno del coerente, decisamente più maestoso e mastodontico excursus filmografico del regista di Videodrome, de La mosca, de Il pasto nudo e di tanti ben noti, specialmente ai suoi aficionados, capolavori imperdibili e, per ogni cinefilo che si rispetti, immancabili e totemici. Per dovere di sintesi, stavolta copio-incollo la trama riportata lapidariamente da IMDb. Che, comunque, nella sua striminzita brevità, riassume ottimamente quanto avviene nel film, vale a dire il cosmico niente totale più allucinante: Gli esseri umani si adattano a un ambiente sintetico, con nuove trasformazioni e mutazioni. Con il suo partner Caprice, Saul Tenser, artista performativo delle celebrità, mostra la metamorfosi dei suoi organi in spettacoli d’avanguardia.
Qualche anno or sono, Cronenberg obiettò in modo estremamente polemico su Kubrick, specialmente su Shining.
Queste furono le sue testuali parole, opportunamente, nella nostra lingua, tradotte:
«Credo di essere un regista molto più intimo e personale di Kubrick, per questo trovo che Shining non sia un grande film. Non credo che lui abbia mai capito veramente il genere horror. Non credo abbia capito fino in fondo cosa stava facendo. Il libro era pieno di immagini forti e suggestive ma non credo che lui le abbia sentite veramente. È una cosa strana, ma sebbene sia considerato un artista e un cineasta di altissimo livello, credo che Kubrick fosse molto “commerciale”, in cerca di progetti che potessero ottenere le reazioni giuste e quindi potessero essere adeguatamente finanziati. Credo fosse davvero ossessionato da questa cosa, al contrario mio. O di altri registi come Bergman e Fellini».
Benissimo, prosopopeiche frasi apodittiche, da Cronny pronunciate con immane protervia imbarazzante.
Non amo molto Shining, evidenzio invece io, lo trovo, sì, sopravvalutato ma, in confronto a Crimes of the Future, risulta eXistenZ, cioè an absolute masterpiece inconfutabile, vs qualsiasi filmaccio con Paola Cortellesi. Una che ha delle belle gambe, dei begli occhi ma è più antipatica del Falotico, ovvero me stesso, quando, anziché rivedere e idolatrare La promessa dell’assassino, pratica onanismo insistito, scellerato e furioso, contemplando la nuova, no, fresca carne (ora, mica tanto) di Deborah Kara Unger che fu di Crash. Intervallandola con quella di Highlander 3 e alle sue caviglie su tacchi a spillo vertiginosi e minigonna da cardiopalma e Femme Fatale da Brian De Palma, da me immortalate con tanto di zoom, quando sfilò in passerona, no, in passerella, al Festival di Venezia del 2002, in occasione della presentazione di Cuori estranei.
Mortifero, lugubre, con deprimenti scene in periferia con tanto di murales e case diroccate à la via Molino di Pescarola, CAP. 40131, dell’inland felsineo più fetente e fatiscente, cioè il più marcio quartiere Lame, detto anche Navile, ove risiedette un mio ex “amico” delle scuole medie, il terribile V. Porro, con fotografia sporca all’Angela Cavagna, no, spesso da “cinema” lurido alla Stefano Calvagna, con un Mortensen in mise da morte de Il settimo sigillo dei poveri (cristi) e sguardo da Nosferatu con la tosse d’un fumatore di cinque pacchetti di sigarette Chesterfield al giorno, il quale, dio sia (Tiziana) Lodato de L’uomo delle stelle, no, per fortuna pare di questa terra, ravvivandosi, giustamente, e vivificandosi solamente nella scena in cui quella gran fi… a di Kristen Stewart lo bacia con la lingua e saliva + sfacciate avances da frustrata donnetta burocratica ma allo stesso tempo svergognata a mo’ del 90% delle donne oggi imperanti sui social.
Le quali, dopo dure giornate di lavoro da sottomesse sottopagate, la danno, si dannano, si danno, mezze smutandate, alla pazza gioia sul web, sfogandosi in selfie da Boss Magazine degli anni novanta. Quindi, per qualche pen… oso like di maschi più messi a pecora di loro, non la regalano logisticamente (come potrebbero, d’altronde, se non in una stanza su FB), ma, virtualmente, pare che elemosino approvazioni patetiche con domanda implicita su sguardi allusivi, imploranti la seguente offerta-domanda aberrante: te piaccio, so’ ancora bona? Visto che cosce? Che portamento? Non sono da buttare, vero? Me daresti della bottana, no, ‘na botta e una botte? Ce la facciamo una sveltina nel tinello e poi berremo un vinello? Sì, so che belo, no, so’ che son bella e tu sarai il mio vitello. Ordiniamo una sgarrupata camera d’albergo, sì, una cameretta d’ostello e diamoci dentro, dai, mio fringuello.
Ipse dixit il Pontiggia su Cinematografo: https://www.cinematografo.it/recensioni/crimes-of-the-future/
Si parte comodi, un infanticidio: la madre soffoca il figlio col cuscino, giacché ha mangiato plastica. E poi dentro nel body horror, tra registro nazionale degli organi, desktop surgery alla mercé di tutti, performance di chirurgia, “chirurgia è sesso”, “l’evoluzione umana potrebbe andare fuori controllo, nell’insurrezionale”, e poi autopsie, trapani che perforano crani. E una questione non differibile: la crescita tumorale, che catalizza la bellezza interiore, può essere considerata arte? E, ancora, la certezza: “La chirurgia è il nuovo sesso”.
È il nuovo film di David Cronenberg, il ritorno del maestro canadese al sottogenere che l’ha reso grande, il body-horror: Crimes of the Future il titolo, la competizione di Cannes 75 l’alveo.
Otto anni dopo Maps to the Stars (2014), trasforma un soggetto vecchio di due decenni, chiamando il sodale Viggo Mortensen, Léa Seydoux e Kristen Stewart a una nuova manipolazione organica, a un inedito spettacolo di inner beauty, con letti nutritivi, poltrone vertebrali, tagli chirurgici e allevamenti di organi tatuati dalle funzioni ignote. È la performance, che unisce Saul Tenser (Mortensen), un famoso body artist, a Caprice (Seydoux), nel mostrare la metamorfosi dei propri organi in spettacolo d’avanguardia, e affascina persino i preposti censori del Registro Nazionale degli Organi, Timlin (Stewart) e Wippet (Don McKellar); attira il padre del bambino (Scott Speedman) che propone a Saul un’autopsia showcase dello stesso pargolo; richiama “colleghi” quali il Dottor Nasatir (Yorgos Pirpassopoulos) e la socia Adrienne Berseau (Ephie Kantza).
Cronenberg ha girato ad Atene, sfruttando condizioni vantaggiose, e il setting distopico e postapocalittico non incanta ma nemmeno scontenta: a sapere di trovarsi nella capitale greca non si può non pensare alla recente crisi. E nemmeno scontentano gli attori, sebbene i ruoli non siano troppo premianti, un filo passivi insomma.
Ma i problemi sono altrove, e ben altri: tagliamo corto, Cronenberg ha dichiarato più volte, anche l’anno scorso a Matera, che “il cinema è morto” – l’ha detto in italiano al magazine Movie Mag di Rai Movie – e c’è da credergli, almeno per il cinema che lo riguarda.
Vi ricordate Il demone sotto la pelle (1975), Rabid (1977) e La mosca (1986), le pietre miliari del body horror? Mutazioni, contaminazioni e infezioni corporali erano istruite, informate e nutrite di cinema, e cinema tout court, a insinuare non solo provocazione ma disturbo, non solo perversione ma interrogazione per immagini in movimento?
Ebbene, riguardatevi quelli, perché il settantanovenne regista se li è dimenticati, almeno cinematicamente: Crimes of the Future ne è un sunto anodino, immoto, iperverbalizzato, che prende quelle premesse-promesse e le sterilizza, che prende Michel Foucault e ne fa un bignamino.
Difetta di interesse, latita di scandalo, le carni sono tagliate un tanto al chilo, gli organi rimossi con orgasmi fatui, rimane negli occhi e negli orecchi dello spettatore più che queste “trovate” la difficoltà di deglutizione di Viggo e le maniche tirate sulle mani, il nudo della Seydoux e, ancora di Viggo, la battuta: “Non sono molto bravo a fare il vecchio sesso”. Tutto il resto è plastica, reperto e residuo: no future.
Anale, no, analisi perfetta. Nient’altro da aggiungere. Anzi…
Cronny, alla sogliola, no, alla soglia degli ottant’anni, riesuma e resuscita il defunto sé stesso, no, l’abbandonato progetto Painkillers dapprima irrealizzato, soltanto idealizzato, che doveva avere per protagonista Nicolas Cage. Affidando, oggi come oggi, la parte al suo pupillo e forse amante mai pubblicamente rivelato, “solo” ficcato in 4 suoi film, Viggo. E aggiornandolo alla sua incurabile senilità galoppante. Comunque, credo che Cronny, eh già, scelse Robert Pattinson per Cosmopolis & Maps to the Stars semplicemente perché Robert fu per lui ciò che Ninetto Davoli fu per Pasolini. Soprattutto fu identico a Juliette Binoche e Julianne Moore quando rispettivamente vennero… sodomizzate da Pattinson nelle due pellicole eccitanti, no, su citate. Detta come va detta, Crimes of the Future è un pastrocchio senza capo né coda, un manifesto pubblicitario alla body art, spacciato per arte e filosofia teoretica. Di erotismo, non ce n’è. Il film prende molte strade e non ne imbocca mai veramente nessuna. Non inquieta, non disturba, risulta stomachevole solamente a livello d’impresentabilità filmico-narrativa. Sarà ricordato solo per il magnifico nudo della Seydoux. Per i suoi turgidi capezzoli splendidi e le sue vellutate gambe da accarezzare godibilmente. A meno che, lei, sì, Léa non ve la dia, il che è abbastanza ovvio e scontato, e perciò soffrirete di male atroce, praticandovi tagli per troppa escoriazione, causati dalla feroce, irruenta, smodata mast… one violenta e immesso, no, annesso sanguinamento per cattivo strofinamento cazzuto, sfigato e fottuto.
di Stefano Falotico