YADO (Red Sonja), recensione
Ebbene oggi, pressoché in contemporanea con la pregiata sua uscita in Blu–ray 4K, brevemente ma puntualmente disamineremo Yado (Red Sonja).
Yado, opus dell’85, firmata da Richard Fleischer (20.000 leghe sotto i mari) e girata immediatamente dopo Conan il distruttore, proseguendo, così facendo, una sorta di trilogia, potremmo dire, nata involontariamente, dunque non originariamente concepita come tale dapprincipio, ingeneratasi per fortuite fatalità cinematografiche, inaugurata col suo magnifico capostipite, ovvero il monumentale, epico e oramai leggendario Conan il barbaro del grande John Milius (Un mercoledì da leoni).
Opera della durata piuttosto breve, equivalente cioè a ottantasette minuti netti, ma strampalatamente divertente, gustosamente naïf e, rivista oggi senza particolari pretese, perfino, azzardiamo a dire coraggiosamente e in controtendenza, assai godibile.
All’epoca, infatti, Yado fu un insuccesso alquanto imbarazzante e dall’intellighenzia cosiddetta critica fu ampiamente stroncato, massacrato pesantissimamente. Tant’è vero che, ancora nel corrente anno 2022, anzi, alle soglie del 2023 imminente, Yado totalizza, sul sito aggregatore di medie recensorie metacritic.com, uno spiacevole e decisamente poco lusinghiero, molto scarso 35% di opinioni, giustappunto, in gran parte sfavorevoli.
Leggermente, a nostro avviso, immeritate. Poiché, pur oggettivamente ammettendo e nudamente constatando che Yado non è affatto un grande film, ciò lo possiamo di certo sottoscrivere appieno, come poc’anzi, sopra da noi accennatovi, se giudicato semplicemente per quello che è, vale a dire un folle pastiche e un atipico divertissement meravigliosamente e forse volutamente “cringe”, nel suo palesarsi bellamente demodé, indubbiamente vale il “prezzo” della sua visione intera. Remota da qualsivoglia obiettività prettamente troppo severa.
Qui or vi trascriviamo letteralmente la concisa ma pertinente, assai sintetica sinossi riportata da IMDb che, nella sua estrema brevità, condensa la trama senz’incorrere in spoiler superflui e deleteri per i “neofiti”:
L’impavida donna guerriera Red Sonja si prepara a vendicare l’omicidio della sua famiglia e liberare il suo regno dal dominio tirannico della malvagia regina Gedren.
Red Sonia è Brigitte Nielsen, qui al suo sfavillante esordio come attrice prima della relazione, lavorativa e sentimentale, con Sylvester Stallone col quale avrebbe girato Rocky IV & Cobra.
In tal caso, recita con Arnold Schwarzenegger. Il cui personaggio, nella versione italiana, dà assurdamente il titolo al film. In quanto è Red Sonja l’eroina e la vera protagonista, stavolta, e non viceversa. I nostri distributori, molto probabilmente, essendo la Nielsen sconosciuta all’epoca, mirarono a sfruttare la già crescente popolarità di Schwarzy, puntando quindi sulla sua fama.
In fondo, sebbene molto alla larga, Yado non è altri che Conan il barbaro in versione virata al femminile con sostanziali variazioni tematiche e decisive modifiche narrative rispetto all’antecedente, succitata pellicola di Milius.
Peraltro, Sandahl Bergman, la quale incarna la strega Gedren, in Conan il barbaro interpretò invece la fatalona “milfona”, stupenda e, con la sua rilucente muscolatura vellutata, sexy da morire, Valeria, compagna, inutile specificarlo pleonasticamente eppur comunque necessario di Conan. Inizialmente, inoltre, doveva essere la Bergman a impersonare Red Sonja ma il produttore Dino De Laurentiis le preferì quest’ultima, riservando alla Bergman il ruolo da “villain”, spesso coperta da una maschera particolare che ne nasconde i tratti sensuali.
Qualitativamente ridicolo, sciatto e grottesco, Yado ha la sua ragione d’esistere, paradossalmente, nella sua nitida “bruttezza” incontrovertibile. Poiché è il classico e immarcescibile guilty pleasure straordinario e irripetibile nel suo mostrarsi esattamente, ripetiamo, per quello che fu ed è, e non volle essere un capolavoro della settima arte, ci mancherebbe…
Le scene di combattimento con gli spadoni, numerose e ripetute, sono però, va detto, pessime.
Musiche, abbastanza fuori luogo, d’uno svogliato Ennio Morricone, costumi di Danilo Donati, autore anche delle fastose, queste sì, scenografie assieme a Gianni Giovagnoni. Fotografia, di classe, a cura di Giuseppe Rotunno.
Compagine tecnica, come avrete notato, nostrana. Difatti, il film è stato girato completamente in Italia.
Nel cast, Janet Agren.
Perciò, se dovessimo valutare Yado per il suo valore intrinseco, gli assegneremmo una votazione molto bassa ma si lascia vedere in virtù del suo essere un’incredibile sciocchezza con alcune genialità e tocchi visivi null’affatto malvagi, una bricconata che dura poco e, tutto sommato, si gusta velocemente.
di Stefano Falotico