WASH ME IN THE RIVER (Savage Salvation), recensione

Ebbene, oggi recensiamo il film Wash Me in the River, dal 28 dicembre scorso disponibile in streaming per gli abbonati ad Amazon Prime.Jack Hustin Wash Me River

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Wash Me in the River coincide perfettamente all’esatto titolo designato originariamente quando il film fu in lavorazione e, invece, per l’home video statunitense divenuto poi stranamente Savage Salvation. Wash Me in the River, non tradotto per la distribuzione italiana in quanto è un titolo, per l’appunto, “intraducibile” e metaforico che letteralmente significa sciacquami nel fiume. Lo potremmo delineare, diciamo, sinteticamente attraverso l’espressione battezzami in quanto, nella pellicola in questione, si narra, in forma d’azione puramente adrenalinica, emozionalmente dinamitarda e furibonda, una storia a suo modo cristologica, lacrimosa e al contempo rabbiosa, partita sulla base d’una patita, ingiusta dannazione e poi evoluta e deflagrata in esplosiva e spirituale, più che altro, vendicativa redenzione avvenuta in maniera di certo non mistica eppur catartica e perciò depurativa. Una vicenda torbida ove, una volta puniti i cattivi gravemente peccaminosi e ripristinato dunque il subito torto criminoso, mediante un’abluzione e un battistero, sì, con una nuova fonte battesimale sui generis, si giunge e ci si ricongiunge, figurativamente ed esistenzialmente parlando, alla salvazione e alla pace interiore. Ecco altresì spiegato il titolo originale per la versione d’oltreoceano, cioè per gli States.

Pellicola della netta e veloce, scorrevole durata di un’ora e quarantuno minuti corposi, Wash Me in the River rappresenta la seconda prova registica di Randall Emmett (Escape Plan) dopo il suo esordio dietro la macchina da presa del 2021, ovvero Midnight in the Switchgrass con Bruce Willis e Megan Fox.

Emmett, classe ‘71, stacanovista produttore infermabile dei più svariati film, per molto tempo assai prolifico nel finanziare e congegnare b movies e pellicole forse spettacolari, efficaci a livello di gustoso entertainment scoppiettante, non pretenziose eppur sicuramente non eccelse, datosi però ultimamente, parallelamente e finanziariamente, a progetti più importanti cinematograficamente e a più ampia portata qualitativa, quali, per esempio, Silence & The Irishman di Martin Scorsese.

Difatti, a proposito di The Irishman, ivi ritrova due degli interpreti di quest’ultima, celebrata pellicola scorsesiana, vale a dire Jack Huston e Robert De Niro. Se De Niro, in The Irishman, fu però l’assoluto protagonista e Huston incarnò solamente e per pochissimi minuti un ruolo decisamente secondario, in Wash Me in the River succede diametralmente l’opposto ma non ugualmente proporzionale a livello di minutaggio in scena. Qui De Niro, pur non essendo l’attore principale, interpreta una parte rilevante e primaria ai fini dell’intreccio raccontatoci.

Su sceneggiatura originale firmata da Adam Taylor Barker e Chris Siverston, eccone la trama, trascrittavi letteralmente dalla concisa sinossi espressa su IMDb: Un tossicodipendente da oppiacei in via di guarigione cerca vendetta sugli spacciatori responsabili della vendita della droga che ha provocato la morte della sua fidanzata.

Se la volessimo particolareggiare e fornirvene ulteriori dettagli senza commettere spoiler che ve ne sciuperebbero la visione, in Wash Me in the River, nei primi tre quarti d’ora, assistiamo alla romanticissima storia d’amore fra i due reietti Shelby John (Huston) e la diafana e candida Ruby (Willa Fitzgerald). I quali, con notevoli sforzi, essendo entrambi precipitati nel pericoloso e debilitante tunnel della droga, sono però decisi volenterosamente a sposarsi, sforzandosi coraggiosamente di superare la loro atavica tossicodipendenza malsana.

Accade però, fatalmente, una tragedia e Ruby muore di overdose. Il tutto, anzi, il lutto non è stato totalmente casuale? Al che, Shelby, accecato dalla rabbia, in forma giustizialista à la Rambo ante litteram, sfreccerà infermabile, sulla sua moto, per le strade desolate e malfamate dell’Ohio alla ricerca dei colpevoli in una sarabanda d’uccisioni e sparatorie senza esclusione di colpi, all’insegna della sua revenge “biblica” anche se certamente non epica ma ancor più autodistruttiva?

Nel frattempo, lo sceriffo Church (un De Niro non svogliato ma bravo con qualche guizzo grintoso, ciononostante, inevitabilmente stanco e appesantito), disilluso e affranto perennemente dal non essere stato in grado, a sua volta, di salvare in passato la vita del figlio, tenterà di far sì che Shelby possa placare la sua ira omicida prima che per quest’ultimo sia troppo tardi redimersi.

Chi è, peraltro, il sulfureo “prete” Peter (John Malkovich)?

Film che ha avuto vari cambiamenti di casting (prima della scelta definitiva di Jack Huston, infatti, erano stati opzionati Machine Gun Kelly e Taylor Kitsch, i quali rispettivamente diedero forfait) e una tribolazione organizzativa, essendosi svolte le brevi ma complicate riprese in pieno secondo lockdown dovuto alla pandemia), Wash Me in The River, parte come un sentimentale e smielato romance a tratti perfino commovente e ingenuamente sincero, trasformandosi quindi in un battagliero film d’azione fuori tempo massimo in senso toutcourt. Infatti, per la sua rozza e tamarra eppur frenetica cifra stilistica marcatamente demodé e anacronistica da filmetto senz’infamia e senza lode, assomiglia tantissimo a un prodotto tipicamente usa e getta da anni novanta. In tale sua assoluta sincerità da guilty pleasure completamente incoerente e inesistente sul versante autoriale, consiste paradossalmente la sua potente mediocrità disarmante e stupenda.

Perciò, se preso come strepitosa assurdità romanticheggiante e inizialmente, ripetiamo, addirittura struggente e financo poetica, tramutata man mano in pellicola di bassa lega ingiustificatamente ed esageratamente reazionaria, potrà piacervi da matti, persino toccarvi il cuore per gran parte della sua durata.

La fotografia di Eric Koertz è scialba e inutilmente estetizzante nei momenti melanconici, le musiche di Philip Klein sono retoriche, sebbene gli altrui e numerosi pezzi country inanellati lungo il film risultino funzionali ed amalgamati alle immagini con buon ritmo emozionale, Jack Huston funziona più come futuro sposo tormentato ma al contempo molto innamorato, anziché come novello paladino della “polizia fai da te” che compirà una strage, De Niro, in un paio di scene, è convincente ma sprecato, Malkovich gigioneggia incontrollabilmente nel pre-finale, sfoderando una recitazione di maniera da mettere i brividi in senso, purtroppo, spregiativo e inguardabile.

Ci dispiace che De Niro e Malkovich ebbero, stavolta, la possibilità di recitare per la prima volta assieme ma qui non condividono, ahinoi, nessuna scena. Infine, per essere sbrigativi, Wash Me in the River è un film oggettivamente bruttino e insalvabile nel suo complesso, altro che Savage Salvation, ma talmente carino e immensamente triste nel suo incipit strappalacrime e infinitamente toccante, che griderebbe vendetta… sostanzialmente non promuoverlo sfrenatamente.

Nel cast, Dale Dickey e Swen Temmel.  

Fitzgerald Huston Savage Salvation

 

di Stefano Falotico

 

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