THE NICE GUYS, recensione
Ebbene, finalmente, in totale rilassatezza, a distanza di qualche anno dalla sua uscita nei cinema, ho visto en souplesse questo scoppiettante, esilarante e intrigante film che, all’epoca, giustappunto mi sfuggì. Parimenti a molto altro, scivolatomi di mano per via della mia mente, a quei tempi, obnubilata e ottenebrata da foschi pensieri più cupi d’un noir tanto maliardo quanto inquietante. Firmato dall’emerito e assai brillante Shane Black (Hawkins di Predator, l’unico e inimitabile, assolutamente originale, targato John McTiernan, eppur da lui riplasmato nel reboot, forse brutto, del 2018), creatore dei personaggi del franchise Arma letale, sceneggiatore, fra gli altri, de L’ultimo boy scout, di Iron Man 3 & Kiss Kiss Bang Bang, dunque una penna eccentrica e al massimo inventiva, funambolica e sardonica, graffiante e specializzata in battute e dialoghi ficcanti, in freddure micidiali e capace d’imprimere impressionanti cambi di registro dinamici e veloce ritmo positivamente atroce ai suoi script, sovente ineccepibili e congegnati con encomiabile stile, qui ancora una volta, oltre che in cabina di regia, per l’appunto, screen–writer e soggettista in collaborazione fruttuosa con Anthony Bagarozzi. Con The Nice Guys, in modo indubbio, assolutamente incontrovertibile, realizza il suo opus migliore. Tant’è che, a tutt’oggi, si parla d’un sequel che, stando alle ultime news, dovrebbe quanto prima concretizzarsi. E, sinceramente, non ved(iam)o l’ora. Ora, scusate per il voluto gioco di parole, come sopra vi dissi, giammai, sin all’altra sera, questa strepitosa pellicola dapprima vidi. Ma poco male, per l’appunto la visionai, me ne esaltai e nelle seguenti righe, in mood falotico la disaminerò, un po’ fuori da vetusti canoni fintamente istruttivi e standardizzati della barbosa intellighenzia critica, spesso priva di brillantezza e ironia. Senza farvi spoiler, semplicemente appioppandovi sottostante, per convenienza, l’assai concisa eppur pertinente sinossi estratta da IMDb: Nella Los Angeles degli anni 70, due detective privati vanno alla ricerca di una ragazza, la cui scomparsa è legata alla morte misteriosa di una pornostar.
Gli investigatori in pensione, no, in questione, rispondono ai nomi di Jackson Healy & Holland March, rispettivamente incarnati da un Russell Crowe molto in carne e da un Ryan Gosling sorprendente e dal simpatico, fascinoso carisma, come consuetudine, atipico, entrambi, per la prima volta faccia a faccia, anzi, da classica strana coppia, uno a fianco dell’altro in un film. Tutti e due, peraltro, in uno dei loro primissimi ruoli anomali. Sì, perché in questa bislacca e rutilante vicenda torbida altamente investigativa ed affascinante, in questa losca storia da giallo quasi hitchcockiano, specialmente “colorato” (splendida fotografia di Philippe Rousselot), soprattutto mascherato da commedia leggera, si disimpegnano istrionicamente, vicendevolmente e contemporaneamente, alternando una recitazione briosa e svagata a un modus attoriale da Philip Marlowe à la Humphrey Bogart, seppur con le dovute differenze e aggiornamenti in senso tout–court. The Nice Guys ricalca dichiaratamente le atmosfere, perfino sensualmente evocative, d’un thrilling con sotto-testo scabroso, reinventato da L.A. Confidential (non a caso, la presenza di Kim Basinger in un ruolo chiave, antitetico rispetto alla sua prostituta Lynn Bracken del film di Curtis Hanson per cui fu oscarizzata). Cosicché Crowe, riprendendo in forma ante litteram, il suo character Bud White, ivi ne diviene una prosecuzione ideale e fantasiosa in geniale variazione tematica. È altrettanto manesco, burbero ma di buon cuore. Mentre Gosling, perfettamente calzante per la parte assegnatagli, è un private eye molto sui generis che anticipa il suo mr. K di Blade Runner 2049. L’ottima media recensoria, riscontrata sul sito aggregatore metacritic.com, equivalente esattamente al 70% molto lusinghiero di critiche favorevoli, a nostro avviso, è perfino scarsa. In quanto, The Nice Guys è un capolavoro. Dura, per l’esattezza, un’ora e cinquantasei minuti, praticamente 2h ma avvince, diverte e non annoia mai. Ci presenta una Margaret Qualley pre-C’era una volta… a Hollywood e soprattutto un’Angourie Rice eccelsa. Però, sottolineiamo questo, inderogabilmente. Crowe e Gosling sono due pezzi da novanta. In particolar modo, ci tengo qui ad evidenziare che chiunque sostenga che Gosling sia soltanto un biondino belloccio e insulso, è forse lo stesso demente, chissà chi, eh eh, che inizialmente considerò Kevin Costner e Leo DiCaprio alla stessa maniera. Reputandoli, giustappunto, solamente dei posaceneri…
di Stefano Falotico