Il silenzio degli innocenti in un post(o) sobrissimo

Ciao, a proposito di Michael Mann. Ritengo che Manhunter, assieme allo strepitoso Crusing di Friedkin, sia altamente superiore all’ipercelebrato Il silenzio degli innocenti. Quest’ultimo, a mio avviso, è un ottimo film e nulla di più. Banalizza, spettacolarizza ove non è necessario, ed è anche piuttosto superficiale nell’analisi di Buffalo Bill. Il matto di turno, che semina morte e panico, non è altro che una macchietta, il dottor Lecter sembra un tuttologo della mutua coi suoi aforismi indagativi all’acqua di rose e la signora Foster/Sterling un’eroina femminista anche piuttosto antipatica. In Mann, ciò è assente. Vi è una compenetrazione profonda e quasi ancestrale, telepatica fra un vissuto detective empatico senziente e il carnefice diverso, la vittima assume sfumature appunto psicologiche degne, sì, di William Blake. Poi, arriverà quella schifezza di Red Dragon, il peggior ruolo in assoluto di Edward Norton (quel capello platinato su aria sbarazzina mi sta sul culo, recita peraltro con voglia saltami addosso), un Hopkins in sovrappeso e annoiato che si ripiglia solo quando ricorda quanto De Laurentiis l’ha pagato a “oro”, ecco, e un miscasting spaventoso. Keitel, il cattivo tenente, in presenza buona quanto anonima da che ci faccio io qua, e il primo Philip Seymour Hoffman inutile da che mi sovviene. Se non fosse per Julianne Moore, figa plurima a venerarla sempre di duro (im)possibile, comunque in quello di Ridley Scott, e per un paio di occhiate (anche se è cieco, forse la sua donna ambita, eh eh), di Fiennes, quando morirò, mi chiederanno un testamento con annesse le cose belle per cui ho vissuto e ciò per cui non sarei dovuto nascere. Red Dragon, non so a che posto (di certo, c’è di peggio comunque), lo piazzerei forse a metà. Con un’insufficienza però gravissima. A prescindere, Ratner è tutt’ora il miglior realizzatore di X-Men, alla fine il suo episodio è quello maggiormente godibile e senza pretese intellettualotte da “sottotesti” singeriani. A conti fatti, tornando in ambito Marvel, le migliori trasposizioni sono a mio avviso The Avengers e proprio Thor. Inimmaginabile Branagh col fumetto, sarà per questo che funziona. Ha innestato un impianto drammaturgico da tragedia del Bardo in zona barbarica. Un piccolo, non trascurabile colpo di genio.

(Stefano Falotico)

 

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