ZODIAC, recensione
Ebbene, ancora libero ivi da costrittivi vincoli editoriali, in attesa di assistere al nuovo opus di David Fincher, ovverosia The Killer, che debutterà in laguna, al Festival di Venezia a venire, compiendo veloce promemoria, conti celeri alla mano, credo di aver visto tutte le opere di Fincher. Compresa la sua creazione Mindhunter, serie tv di sopraffino stile, ahinoi, interrottasi, pare in forma definitiva alla seconda stagione, in cui rifulse la beltà magnetica della stupenda Anna Torv. Serie ideata dal regista di Fight Club, quest’ultimo, probabilmente, il suo film più controverso e probabilmente il “peggiore” assieme a Panic Room, diretta da lui stesso in alcuni episodi chiave. Fincher, il quale ancora spacca la Critica per The Game, un regista ostracizzato, no, molto amato, oscarizzato per il suo film all’apparenza meno fincheriano, vale a dire The Social Network, uno con la testa “matta” che adora le storie pazzesche soventemente, per l’appunto, incentrate su torbide e contorte, dedaliche indagini in forma di detection nerissima e spettrale, inerenti la ricerca e relativa scoperta di uomini lombrosiani o soltanto ombrosi, acquattati al buio, lupi solitari che par languiscano nel silenzio mortifero e, all’improvviso, estraggono dal cilindro, semmai, un romanzo pindarico, financo esoterico, bislacco, sia ironico e goliardico che citazionistico, autistico, no, artistico e figlio d’un uomo lucido, altresì allucinato, forse solamente à la Falotico più pregiato, eh eh: https://www.ibs.it/commissario-falo-vol-2-libro-stefano-falotico/e/9791221487848
Io son uno che non effettua promozione occulta? Può darsi oppure evidentemente, stando ai fatti probatori, in senso metaforico, del link sopra immessovi, nulla occulta pur dandosi, talvolta, al nullismo e al feroce, cinico, probabilmente sol romantico nichilismo più sanamente cristallino. Ecco, a vedervi chiaro, non terminai mai la visione di Millennium – Uomini che odiano le donne. Ma provvederò quanto prima. Chissà mai, inoltre, se Fincher completerà tal trilogia finita appena iniziata, giammai finita, e dunque non tale. Ma torniamo a noi, ritorniamo in noi, non smarriamoci nella fosca notte dei miei deliri recensori e pubblicitari, eh eh. Potrei essere, in fondo, lo Stieg Larsson italiano e, un domani, qualche regista, forse me stesso, trasporrà in saga per il grande schermo il “franchise” letterario del commissario Falò. Infatti, dopo i primi due capitoli, attualmente per l’appunto disponibili alla vendita sulle maggiori catene librarie online, prossimamente, non tradendo il detto non c’è due senza tre, vi sarà un’altra avventura imperdibile di proporzioni titaniche, ciclopiche o tragicomiche. Se la trasposizione dovesse accadere, la protagonista non sarà Noomi Rapace, neppure Rooney Mara. Al massimo, le due appena menzionate ex signorinelle adesso signore a tutti gli effetti e inevitabile, reciproco invecchiamento, potranno apparire in ruoli secondari se accetteranno di prenderne parte, eh eh. In quanto, il commissario verte su qualcosa di molto autoreferenziale, probabilmente neanche troppo. Michael Fassbender, dopo il flop immenso ma immeritato di Snowman, tratto dall’omonima novella di Jo Nesbø, oltre a essere in The Killer, se il sottoscritto non se la sentisse d’incarnare sé stesso, potrebbe rimpiazzarmi. Se trovassi i soldi, lo pagherei a peso d’oro e, nella clausola contrattuale concernente il suo accordo, con tanto di firma in calce, apporrò un “bonus” riguardante me, ovvero il seguente:
«Lì (data ovviamente da stabilire), il sig. Fassbender s’impegna con tale atto firmato a interpretare il film Il commissario Falò per la cifra milionaria pattuita. Se il film dovesse superare i 100 milioni di dollari d’incasso a livello globale, Fassbender promette di consegnare sua moglie, alias Alicia Vikander, al signor Falotico per una notte di sesso selvaggio. Di contraltare, il Falotico, non essendo un maniaco come Zodiac, qui dichiara fedelmente a Fassbender che tratterà benissimo la sua compagna anche se non può giurargli che, dopo la notte avuta con lui, Alicia non voglia chiedere a Fassbender il divorzio. Il sig. Fassbender, dunque, spera naturalmente che il film vada bene ma non troppo, altrimenti, se non volesse divorziare, Alicia potrebbe “confiscargli” la casa a Beverly Hills, intestata peraltro a lei, quindi sostanzialmente sol prenderlo a pedate affinché lui ne smammi, casa per di più in cui Michael e lei convivono or felicemente, e intestarla al suo nuovo compagno.
Se il sig. Fassbender dovesse tradire gli accordi ivi presi e tale serio impegno, pagherà la penale e non vi sarà motivo oltremodo d’indagare a mo’ dei “commissari” giornalistici di Zodiac. Infatti, in caso di defecazione, no, defezione, al sig. Fassbender penderà il potente gravame d’un durissimo capo d’imputazione».
A parte gli scherzi, credo che Fassbender e la Vikander (non) stiano assieme, no, non so se hanno una casa in quel di Los Angeles ma, a distanza di molti anni da quando lo vidi per la prima volta in dvd su una specie di tablet, cioè quando fui “internato” in “manicomio”, poche ore fa, ora ho sonno, no, poche or or sono (piaciuto il gioco di parole?) rividi la pellicola in questione e presa in esame.
Zodiac è del 2007, io del ‘79 e tale omicida seriale dello Zodiaco non si sa bene, a tutt’oggi, quando nacque. Se fosse, così come quasi certamente fu, Arthur Leigh Allen (incarnato da John Carroll Lynch), l’anno di nascita lo sapremmo? Controllate su Wikipedia, anche in merito alla fin troppo particolareggiata però, tutto sommato, “indiziaria” trama inseritavi. Poiché, per chi non lo sapesse, con l’immediato mio spoiler, immantinente saprete che lo Zodiac(o) non fu mai catturato. Sebbene forse fu individuato e perfettamente identificato, atrocemente sospettato, giammai incriminato, processato, arrestato e alla pena capitale condannato. In California, informatevene, c’è la pena di morte? Tutto inizia infatti, macabramente, a Vallejo, durante la triste serata agghiacciante del 4 luglio del 1969, nel dì notturno della festa del giorno dell’Indipendenza quando una giovanissima coppietta (lei è spostata, no, sposata, ma tradisce il marito con un “bimbo”, è pedofila?) decide di non sostare a un drive–in ma, per sbaciucchiarsi, limonare, eroicamente ed eroticamente, sinceramente trombare fottutamente, si apparta in una zona lontana, per modo di dire, da sguardi indiscreti di possibili guardoni frustrati. Viene vilmente e tragicamente aggredita da un uomo che noi spettatori non vediamo in viso. Lo stesso uomo che, sempre in California, nell’apparentemente tranquillo pomeriggio del 27 settembre dello stesso anno suddetto, in quel del placido lago Berryessa, nella contea di Napa, assalta mostruosamente altri due ragazzi isolatisi per amoreggiare in santa pace e per viversi serenamente una giornata di baci e coccole spensierati. Lo stesso uomo, per di più, che comincia a recapitare al San Francisco Chronicle delle missive preoccupanti, allarmando il giornale, chiunque e scotendo l’opinione pubblica. Ad occuparsi di lui, nel tentativo di stanarlo pian piano, l’eccellente e scafato, sebbene ubriaco debosciato, Paul Avery (Robert Downey Jr.) che, nel frattempo, stringe amicizia col “ritardato” (così viene testualmente, poco simpaticamente appellato) vignettista e puro Robert Graysmith (Jake Gyllenhaal). Presto, interverrà, in merito alle indagini sullo Zodiaco, anche il risoluto, chissà se poi arrendevole, investigatore della Squadra Omicidi di nome Dave Toschi (Mark Ruffalo). In un intrecciarsi spasmodico e inquietante di colpi di scena a raffica, di battute taglienti e investigazioni al cardiopalma, in un crescendo rossiniano e palpitante d’emozioni instillateci e distillate da un Fincher assai ispirato, elegantissimo e capace di forgiare un impressionante ritmo mozzafiato a un film di due ore e mezza nel quale, dopo la prima mezz’ora, non assistiamo paradossalmente a nessun altro spargimento di sangue (fra l’altro, le scene di violenza iniziali son già sparute, volutamente edulcorate e trattenute, quasi stilizzate e ben asciugate), Zodiac arriva alla fine e avvince grandiosamente. Zodiac è un capolavoro e non si discute. Rimane dentro a distanza di parecchio tempo dalla sua visione ultimata, strazia le viscere e colpisce duro. Eccezionale fotografia di Harris Savides che, dopo The Game, rincontra qui Fincher per poi non incontrarlo più, chissà perché.
Il cast fa più paura dello Zodiaco. In quanto, oltre ai tre pezzi da novanta succitati e a un Brian Cox mellifluo e incisivo malgrado i pochi minuti in scena, sfilano Elias Koteas, Philip Baker Hall, Anthony Edwards, Dermot Mulroney, Jimmi Simpson alla fine prima che diventasse famoso, Charles Fleischer e una magnifica, dolcissima Chloë Sevigny.
Fincher va a nozze coi profiler che sempre vi prendono ma non sempre lo stronzo acciuffano. Vedasi, il succitato Mindhunter. In Zodiac, nei panni del realmente esistito Melvin Belli, v’è il sopra dettovi Brian Cox, alias Hannibal Lecter di Manhunter. Il ruolo, inizialmente, fu però proposto a Gary Oldman. Che prima firmò e poi lasciò. Chissà, forse intimorito da qualche clausola pericolosa a mo’ di quella sopra da me scrittavi. Ah ah.
Se The Killer sarà presentato, in Concorso ufficiale, all’80.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Zodiac concorse per la Palma d’oro al 60º Festival di Cannes.
Specificato ciò, fu accolto molto favorevolmente dall’intellighenzia critica planetaria e ne concordo appieno, così come già suggeritovi. In quanto, ribadisco, è il miglior film di Fincher in assoluto, parimenti il più ostico e meno spettacolare. Ed è basato su un soggetto di Robert Graysmith (il personaggio di Gyllenhaal), autore di molti libri sullo Zodiaco, sceneggiato da James Vanderbilt e, mi par ovvio, filmato e adattato dal regista de L’amore bugiardo – Gone Girl.
Nota di merito, per concludere, da dedicare proprio a Gyllenhaal. Che, nel 2007, sembrava ancora un po’ “stordito” come in Donnie Darko per cui nessuno avrebbe onestamente immaginato che, a prescindere da Jarhead, venuto prima di Zodiac, sarebbe diventato un palestrato sempre più bravo, peraltro, a livello prettamente attoriale.
All’epoca, infatti, assomigliava addirittura a Tobey Maguire di Wonder Boys, a proposito di Robert Downey Jr…
Tobey Maguire di Wonder Boys era quasi uguale a me. Che, nel 2017, invece assomigliò al Gyllenhall di Stronger. Poiché, dopo essere stato denunciato, anni prima, da imbecilli che non volevano uno scrittore, bensì un maschione da caserma militare alla The Covenant, finii quasi disabile e in terapia riabilitativa per essere omologato alla comune massa di tonti. Oggi come oggi, rimango buono di cuore come Gyllenhaal di The Covenant e fedelissimo al modus operandi dello Zodiaco, no, della scrittura creativa del Michael Douglas di Wonder Boys. Michael Douglas è stato strepitoso ne Il metodo Kominsky e, detta fra noi, a Charles Bukowski e al suo alter ego Henry Chinaski, preferisco (il) Basic Instinct. Se apro le gambe come Sharon Stone, la gente capisce che non sono una donna, neppure un trans e, verso i coglioni che mi bramano eppur contro di me tramano, adotto lo stesso stile dello Zodiaco, no, di Catherine Tramell. Cioè, lascio che vogliano fottermi come il detective Nick Curran/Douglas per poi ribaltare la posizione e metterli sotto.
Buonanotte.
di Stefano Falotico