“A Christmas Carol”, recensione
Ogni racconto di Natale ha il suo spirito che s’avvinghia nell’infausta Notte, eppur dopo il gelo della neve il Cor si rinnova, innervato a vita fastosa di nuovo…
Ora, la festa.
Se da infante, mai leggesti Dickens, d’adulto sarai rattristato e sol che denso d’un rancore mai attenuato. Tu che, pian piano, al codice “binario” del regime sui vanitosi “divani”, non sei più allegro come quel bimbo che, scodinzolando di vivacità, sbattuta in faccia alla tua “fiera” alterigia, ancor t’altera e inalberar ti fa su tutte le furie. Ah ah.
Il più delittuoso criminale della sua anima è Scrooge in tal appunto suo rinsavito rinascere. Scrooge, l’avarizia qui incarnata in un pezzo da novanta, il miglior Jim Carrey di cui memoria mia si ricorda… oh, i ricordi affastellanti fra le malinconie di tal grigio mio castello, evoco di stagioni or sono in cui mi polarizzai depresso come gli orsi dei ghiacciai, come m’angosciai nel lustrato buio “addobbato” dell’abbaiar da lupo alle renne con le “trecce”, morendo per un bacio invece plastificato nell’Inverno più “duro”. Dall’Autunno, il crepuscolo trascolorò in tutto annerirmi e, “anemico” alle passioni sanguigne, mi gelai nell’anima mia sigillata. Ermetico a leccar il “gelato”. Ma, di ritorno al futuro mnemonico, vidi me stesso in tanti fantasmi dal colore “nemesi”. E bestemmiai loro perché specchiavano il mio orrido esser già morto inter(n)amente. Allorché, in tale incubo svegliante, in questo raccapriccio terrorizzante, la mia pelle emozionale rabbrividì. Dove avevo smarrito la brillantezza euforica per già ardermi, arido, nella mia anima fredda di gioie paralizzate, incancrenite, invecchiate, “sbilenche”, gobbe e anchilosate in penombra “accecante” del mio (s)contento? No, così non si gode, si dorme un’apparente, emotiva “fortezza”. Una dimora non varrà mai le tue labbra da moretta, annuso la fragola del tuo scacciato amore e me n’addoloro. Quindi, ora, mi spoglio da ogni bugiardaggine. Io, Jim dal naso pinocchiesco, re insopportabile d’ogni menzogna eremitica soltanto avvilito nel pallore delle mie pavide “vene” di un viver vi(b)rante in quel che (non) poteva essere.
Apro gli occhi, le luci non m’han sbarrato la strada, (s)colpiscon ancor candore mio come angeli a strofinarmi le manine sulla fronte del mio “raffreddore”. Da una febbricitante “allucinazione” reale, eccomi dunque in questa vigilia di Natale a riabbracciare mio cugino. Mio cugino è sempre stato più stronzo del mio Scrooge, ma bisogna perdonare perché la vita è meravigliosa. Lo sa Frank Capra e anche quel geniaccio di Robert Zemeckis, il primo ad aver capito che Gary “Dracula” Oldman è un buono. “Incattivito” perché vale ma Scrooge gli scoreggia il “mobbing” e lo riduce affamato, pelle e ossa. Scrooge capisce il male inferto, soprattutto a se stesso, colpa il troppo rintanarsi e fuggire dai suoi veri, rinnegati sentimenti. Oh, ti annagasti da solo che più solo non potevi senza Sole.
E, col bambino in spalle, benedice da Oliver Twist.
Perché questo film, come il suo protagonista, è straordinario, incredibile, pulsante emozioni che solo gli uomini che hanno sba(di)gliato possono percepire, sentire.
Dunque (com)mossi, ora (ri)viviamo, più forti, più esperti, più “coglioni” o sol disincagliati da ogni (t)remore, dal remoto tormento che torna, da questi moti permanenti dell’esistenza.
Fratelli della congrega, so che la commozione appunto è (in)contenibile.
Voi donne non bagnatevi nelle mutande.
Sono ancora un “porcello”. Nonostante qui il piatto adesso piange, e ho dovuto rompere, oltre che la testa, anche il salvadanaio di porcellana, rimango quel che (non) sono.
Comunque sia, mi son salvato. E quindi vado “salivato”.
Come no? Così è mia ambita!Vuoi la “monetina” per darmela riscaldante in questo 3D preciptosamente “atmosferico?”. Mi hai fatto girar le palle. Non si fa così.
Si fa così. Sì, è vero che Scrooge viene… miracolato ma sempre, “sotto sotto”, un po’ stronzetto rimane.
Perciò, la sua mano va ove deve andare… nella (s)figa?
No, nel mio “anfibio”. Ah ah.
Perché sappiatelo: Scrooge era “ricco” e perse “tutto” per la sua misantropia assai po(r)co generosa. Ma se alla Donna dona delle mimose, rossa la rende di buon mattino e col sorriso della Gioconda.
Rimanendo “nobile”… dentro e anche “didietro”.
Fratelli, applauso. Dai cugino, offrimi il tacchino. Il tuo pollo l’ho già mangiato. Ah ah.
Come dice Jim in The Mask… spumeggiante.
E anche ruspante con gli spumanti.
Brindate, son orso brioso.
(Stefano Falotico)