REBEL RIDGE, recensione

Rebel Ridge posterOggi, recensiamo e recuperiamo, a distanza di qualche mese dalla sua mondiale distribuzione avvenuta tramite Netflix, nel dì 6 settembre scorso, l’avvincente eppur a nostro avviso, non pienamente soddisfacente, così come esplicheremo seguentemente, polar di matrice spionistica dal titolo, rimasto da noi invariato, come sovente avviene per le produzioni della piattaforma di streaming succitata, Rebel Ridge. Diretto, co-finanziato e interamente sceneggiato da cima a fondo in forma originale da Jeremy Saulnier (anche montatore), già autore dell’interessante Hold the Dark con Riley Keough & Jeffrey Wright. Rebel Ridge, della consistente, forse un po’ prolissa e non sempre bilanciata, nel suo ritmo sostenuto eppur a tratti filmato in maniera estetizzante e compiaciuta, durata di due ore e undici minuti netti e visivamente ammalianti, è un film che potremmo definire grintoso, memore d’atmosfere à la Rambo aggiornate, con le opportune variazioni tematiche e autentici tocchi autoriali non sempre ficcanti, ai modaioli, videoludici canoni estetici dei film d’azione odierni e innestato sul taurino, slanciato corpus recitativo del fascinoso, muscoloso colosso d’ebano dalle iridi atipicamente azzurre e cristalline di nome Aaron Pierre. Rebel Ridge ha suscitato critiche perlopiù entusiastiche presso la statunitense critica d’oltreoceano, quasi del tutto unanimemente concorde nell’acclamarlo a man bassa. A noi invece, a dispetto dei lusinghieri giudizi ricevuti specialmente negli USA, pur riconoscendone i pregi lodabili e la sofisticatezza della mirabile, movimentata messinscena, non ha particolarmente stupito, lasciandoci infatti alquanto perplessi. Ma ciò, con più sottigliezza e nei dettagli, eviscereremo nel prosieguo di tal nostra disamina. Al momento, atteniamoci a sintetizzarvene sottostante la trama, enunciandovi i punti più salienti senza dilungarci più del dovuto per evitarvi sgraditi spoiler inappropriati:

Nell’apparentemente sin troppo tranquilla e amena cittadina di Shelby Springs, un uomo di colore, Terry Richmond (Pierre), durante una giornata assolata, viene speronato da una volante della polizia e casca dalla sua bicicletta, ferendosi lievemente. Al che, è duramente approcciato da due agenti troppo bruschi e severi. Che gli confiscano i risparmi da Terry legalmente guadagnati col suo lavoro che gli sarebbero serviti per pagare la cauzione di suo cugino Mike Simmons. Scontento di tal gesto arbitrariamente ingiusto, il giorno successivo, si reca alla centrale per sporgerne denuncia e segnalare l’abuso di potere perpetratogli. Però, anziché esser accolta la sua querela, riceve la cattiva accoglienza (perdonate per il gioco di parole voluto) dell’intransigente e autoritario capo Sandy Burnne (Don Johnson). Il quale, all’inizio sembra accettare, seppur mal volentieri e vagamente riluttante, l’allettante offerta pecuniaria propostagli da Terry che, ovviamente, non vi sveleremo. Le cose però si complicheranno per Terry e la situazione precipiterà, deflagrando furibonda in un’escalation violenta e per tutti inaspettata. Inoltre, Terry ha stretto amicizia con Summer McBride (AnnaSophia Robb, La fabbrica di cioccolato), laureanda in Giurisprudenza e impiegata del tribunale che sta scoprendo oscuri segreti scabrosi riguardanti la glaciale corruzione delle forze dell’ordine. Nel distretto di polizia sono tutti immorali e spietatamente laidi, oppure qualcuno è rimasto, nell’integrità etica, incontaminato? Forse l’anima dell’ufficiale donna Jessica Sims (Zsane Jhe) è ancor pura e intatta. Oppur perfino lei fa parte del gioco criminoso della sbirraglia malsana?

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Rebel Ridge scorre tutto d’un fiato e si lascia vedere di filata e volta, come si suol dire, imbeccando un paio di momenti indubbiamente efficaci ed emananti pathos adrenalinico che valgono, eccome, la visione, e azzecca l’ambientazione tesa e sudaticcia ben adatta al clima, non atmosferico, bensì semplicemente cinematografico ritraente uno spaccato di provincia violentemente crepuscolare. Costruito su misura come veicolo di lancio per Pierre, Rebel Ridge purtroppo assolve malamente, anzi, del tutto fallimentare, a tal compito improbo, in quanto Pierre, pur disponendo delle doti fisiche adeguate nello sfoggiare una possanza fisica atletica e al contempo rocciosa, scarseggia largamente in recitazione, mentre di contraltare brilla invece ovviamente quella del redivivo Don Johnson (Django Unchained) che, negli ultimi anni, sta rivivendo una seconda giovinezza attoriale a dispetto della sua veneranda età anagrafica.

Sebbene, va ammesso, il suo personaggio, seppur da Johnson consuetamente caratterizzato con classe nel suo sfoderare ghigni ed espressioni da gigionesco, gran attore consumato, è poco inventivamente riciclato e in copia carbone ricalcato pressoché esattamente e in toto al suo coriaceo eppur spietato e iniquo direttore carcerario Tuggs di Cell Block 99 – Nessuno può fermarmi.

Nella parte centrale, bellamente notturna ma carente in verosimiglianza, Rebel Ridge accusa molti colpi e s’affloscia in una narrazione soporifera e contorta, riprendendosi però nel lungo finale pirotecnico, forse però violentemente gratuito ed eccessivo, ove esplode la brutalità della vendetta furiosa di Terry, mescolata in vibranti immagini fenomenali, a loro volta intrecciate al pullular e scorrer prepotente, assai potente, e coreograficamente, perfettamente orchestrato “exploit” d’una interminabile, spettacolare sparatoria visivamente funambolica e d’alta scuola tecnica.

Nel cast, l’instancabile James Cromwell (L.A. Confidential, Sugar) ancora una volta, puntualmente e anch’egli ivi sfruttato poco originalmente, nell’oramai ripetitivo ruolo del marcio, anziano uomo di potere con molti neri scheletri nell’armadio.

di Stefano Falotico

 

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