“Blade Runner”, recensione

Anche la malinconia è futurismo placido nel lago fugace d’increspate, assonnate metropoli

Indagatori degli incubi e del planarvi con sonnolenza stordita, come una commovente Donna dai tacchi fluenti dei suoi tocchi magici, profumati d’erotismo cremoso di labbra “in minigonna” attillata nelle calze setose del suo annusarti letalissima. Affilata d’odore color femmina. Implora la carne e tu, detective spaesato che gironzoli e voli in macchina, fantasioso e imbrunito nei cristalli porpora “inerpicati” su cangianti occhi sospiranti, cogli l’incognita misteriosa della nostra umanità strangolata nei collassi fantascientifici d’un barbarico caos.

Indagine a scoprirti, appaiata a un nemico androide che rispecchia, a-nemico e nemesi però simbiotica, i tuoi segnali del Cuore. Batte d’elettrocardiogramma fosco, noir e ceruleo, sì, impallidito dalla sfida immortale alle origini del Tempo.
Occhieggia Philip K. Dick, cacciatore del suo tormento esistenziale “adattato” solo nell’aspirar i neuroni variopinti delle sue creazioni inghiottite dalla grotta della sua anima scura.
Storie ai confini della realtà, plasmate da un favolista delle profezie fatali, scoccate nella premonizione “vera” o quasi ad aderirvi… dentro la realtà (ig)nota odierna.
Ancor notturna, ancora da spiare, che barcolla incerta come uno spolverino da investigatore.

Trama “scarna”, predatrice. Rick Deckard, l’Harrison Ford leone del suo ghiro apparente e bugiardo, viene incaricato d’acciuffare quattro “fuggitivi” del nuovo sistema.
Delle macchine da laboratorio degli orrori, “chimicamente” dinamici ai comandi del rivoluzionario robot antropomorfo, anche troppo, Roy Batty.

Batty, Rutger Hauer già ammantato di leggenda e mantello d’iridi sue gelide m’angeliche, eyes levigati nei polmoni ansiogeni all’immutabilità della nostra razza progredita quanto sempre primitiva per l’inconscio cosmico ancora sconosciuto.

Ispezioni, raggiri, femmine più sexy del neon caldo della lampadina orgasmica, lì a frignarti e a inondarti nel seno di Rachael/Sean Young.

Un inutile “in-cubo” d’intrighi e sospetti, volti che si scambiano la faccia nell’interscambio stellare.

E il prodigioso rimpianto nella piovigginosa sera dei ricordi, ancora “assolati”, sete di vita che piange la sua principesca decadenza inascoltata nella celeberrima…

Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione. E ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhauser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire.

(Stefano Falotico)

 

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