“Gangs of New York”, recensione
Genesi storica, agli albori delle fangose streets
Un capolavoro, nel frastuono di “spari” accoltellati, può essere l’equivoco d’incomprese lotte fra un produttore da Oscar e un regista “intimista” ai margini del borderline?
La domanda è enigma come una timida Luna nelle notti bianche e ambigue di un’intera umanità allo sbando, generata forse da una distorsione radicata nell’Adamo ed Eva, “fedifraghi” d’ermafrodita mela fraudolentissima per “impiccagione” alla sventura cagionevole del Mondo erroneo e orrido, sempre nel “velo” sanguinoso di conflitti a fuoco tra fratelli ambiziosi d’egemonia vessillifera.
Solito castello che “ronza” come la frusta d’un domatore di circo, crudele e cruentissimo, a linciare le bestie e a “sodomizzarle” all’arbitrio sadico del macellarne le carni.
Antro, carne sventrata! Sventolano gli assassini agli innocenti, abbindolati e imbrigliati!
Chi è il gran “ammaestratore” del circo? Bill il Macellaio. Cutting e tagliente come un serpente a sonagli, titano statuario nel Daniel Day-Lewis più carnale ma spettrale di metafisica “vitrea”. Monocolo a potere insindacabile della Big Apple nei suoi primi vagiti “extrauterini”.
L’ancestrale bestia a villain “guascone”, sporco, lacerissimo però elegante nella sua fredda crudezza mostruosa. Un “gentleman” a doppio taglio, già. Bardato a festa da giullare di corte m’anche violento caporale del crocevia mortalissimo. Fuoco pirotecnico dell’azzurre sue iridi plumbee ma vibranti porpora efferata. Anche Lui ferito da un Cuore forse tenero, da spezzar con una lama pungente, sprezzante, affilatissima, “calibrata” d’aguzza e levigata malvagità luciferina. Mefistofele ha davvero i baffi e i “piedi caprini”.
Quartiere di Five Points, luogo della disputa, delle faide eterne fra Bene contro Male, biblico “anfratto” inne(r)vato di “color” rancore e vendette imperdonabili. Di warriors notturni nel gelo mattutino di un Incipit tra battaglieri fantasmi, issati negli stendardi “dinamitardi” del “progresso” modellato alla cenere barbarica e “virile”. Tutti vigliacchi, antieroi bastardi!
Un “prete”, padrone d’antichi valori e un orco della favola nera, Padre Vallon vs William.
Morirà il più “sacro”, divelto da un “rasoio” fulmineo e agghiacciante, scolpito nell’acciaio più indelebile a forgiarsi dentro il viscerale odio indelebile del figlio “orfano”, Amsterdam.
Riformatorio e “Titanic” per un Iceberg stavolta rosso come l’urlo di rabbia, ammansita e frenata nella calma diabolica, “efebica” d’un DiCaprio oltre le “prime armi”.
L’oggetto della disfida si macchia di western alla Sergio Leone, d’una Cinecittà “arrostita” nel più eterno dilemma: chi è il vero cattivo?
E l’amore salverà l’anima, mai più cicatrizzata del trauma sofferto, inferto con animalità bestiale?
Jenny è una prostituta-boccoli d’oro, una Milf “gentile” e “romantica”, abbigliata della Cameron Diaz più “gioiello” d’abbigliamento malizioso d’occhiolini.
Pretesto sciocco e vanità di giochi “adulti” fra rivalse “mascoline” e muscolari.
In verità…, l’inganno a fulcro dell’azione. Non è Jenny il premio, ma la rinascita spirituale!
La competizione di due facce della stessa medaglia, la duale miscela che si mischia al “vino” delle rose, delle spine, delle vene urlate e conficcate nelle “giugulari” del nemico.
Acerrimi, nemici-amici, “guardoni” a spie delle mosse da scacchiera. Il “matto” t’imbroglia d’arrocco, tra fatiscenti periferie d’un degrado suburbano, metropoli sorta dal fango.
Assoluzioni, benedizioni, sere ingorde d’alcol e sesso lercio.
Il grande Sogno di Scorsese girato a (meno della) metà, la sua Mela! Sempre Lei.
Ascendenza del Peccato, d’ogni colpa e martirio.
Tutto ha inizio negli ottanta, quando Martin “acciuffa” Asbury Herbert e il suo libro, fra il documentario e un Tarantino “serio”.
Asbury come Asbury Park, patria dei diseredati e senza neanche un tetto ma con in dono le chitarre melodiche dell’esistenza?
Sarebbe piaciuto a Bill Clinton, forse a Bruce Springsteen.
Ma Martin ne possiede i diritti da tantissimo Tempo, il Tempo…
Quei gangster di New York, questo avevano di straordinario: erano materiale narrativo puro, grezzo ma di grande valore, carne da romanzo, racconto che si fa sangue e pelle, ferita e cicatrice.
Pensa subito al suo pupillo, Robert De Niro, per il protagonista Amsterdam.
E alla musica dei Clash. E chi ti dà i soldi per un’opera così costosa, per di più che siamo negli ’80?
Gira quindi Re per una notte, e a Joe Strummer affida un cameo “banda”.
Poi, altri capolavori, ma questo chiodo fisso non gli va giù, non gli passa.
Ecco che Bob De Niro può tornare comodo. Lui, con una Tribeca espansa, e la Miramax vorrebbero “fondersi” per un grande studio d’aprire in quel di Brooklyn. Il sindaco Giuliani prima dà l’approvazione e poi ci ripensa, “smontando baracche e burattini”. Uno studio, piazzato nel bel mezzo di New York, a livello topografico, sarebbe una macchia. Anche quella ha cancellato, e non comparve neppure, se non sulla cart(in)a “geografica” dei progetti irrealizzati. Troppa “pulizia”, Giuliani!
Scorsese però ama Bob. Alla Miramax, continua a piacere parecchio l’idea di questo colossal alla Via col vento.
Vuole davvero investirvi dei soldi.
Scorsese affida a De Niro la parte di Bill, causa invecchiamento e “ribaltamento di ruolo”, anche a livello “iconico”.
Ma De Niro gliela combina “bella”, che brutto scherzaccio al tuo Marty. All’ultimo momento, dietro l’alibi d’una stupida causa legale per l’affidamento del figlio con la sua ex Grace Hightower (si risposeranno, di “differenze conciliabili” da conigli, comunque, perdutamente innamorati…), abbandona “The Butcher” al “vacante”. Mette anche in mezzo la storiaccia che, se il film verrà girato a Roma, non vuole saperne di salpare oltreoceano per “imbarcarsi”. Ricordi della Francia di Ronin, ove fu dalla polizia parigina prelevato per una nottataccia di domande “formalità” in merito a un suo possibile, “sconvolto” coinvolgimento con la entraîneuse Charmaine Sinclair, accusata di sfruttamento della prostituzione da pantera matrona nera con tanto d’avventurella “dating” proprio an-n-i fa col suo stesso Bob più “birichino?”.
Forse…
Comunque sia, il Butcher rimane senza faccia. E che si fa? Scorsese prova a convincere De Niro in ogni modo, simil Herzog con Kinski. Ma il “matrimonio non s’da fare”. De Niro, pagato 15 milioni di dollaroni, preferisce The Score con Brando e Norton.
Ecco allora che Scorsese si scervella. Alla mente, gli vien il nome di Willem Dafoe. Willem non vuole essere William. Non sapremo mai perché. Nick Nolte, Eureka Eureka, evviva! Trovato il volto giusto di corpo e “volume!”.
Macché! Anche Nolte non ci sta. Come mai? Mah.
Nessuno pare disposto a trasferirsi a Cinecittà per tanti mesi.
Harvey Weinstein ha dunque memoria del nome del padre… C’è un signore che fa il ciabattino a Firenze?
Come? Daniel Day-Lewis è un calzolaio? Eh già. Lo fu. In quanto, stressato dall’ambiente hollywoodiano, non volle più calcare le scene ma correggere il “callo” delle scarpine col tacco della buona società (alla) fiorentina.
La proposta è pero allettante per un ritorno da annotare sul “taccuino” dell’antologia. Geniale! Da bacheca!
Dopo molte pressioni, Daniel lascia la bottega, si abbottona la “cerniera” ed entra nelle vesti di Bill.
Le chance, le shoes…calzano a pennello!
Ne salta fuori un’interpretazione epica. Apripista per There Will Be Blood. Il petroliere c’è già tutto…
Opera controversa, molto se ne discusse, dieci nomination e neppure una statuetta. Tanto “rumore” per nulla!
La canzone degli U2 “stona”.
Rimane, a prescindere…, un grande! Il film in Scorsese più Daniel in Leo bravo a crescere.
L’ho deciso io!
(Stefano Falotico)