My name is (not) Jordan Belfort
Salve, sono l’alter ego di Jordan Belfort e, in modus amorale, grido fieramente “Non me ne vado!”
Sì, posso dichiararmi reo, confesso… quel che ogni uomo, degno d’indossare la maschera sociale, da me onestamente ripudiata, esibisce a (dis)valore del suo valere, appunto, in base all’etichetta che altri gli appioppano. Spesso degli ippopotami… che celano la pachidermia dietro epidermidi liftate. Maggiore è l’investimento di te, dicasi anche autostima, a sua volta “derivato” del “latte” sunto dai capezzoli d’un mondo sanguisuga che valuta a “pro capite” del tuo dare lardoso eppur danaroso, spesso mentitore perché dipendente comunque d’una “banca dati” delle migliori valute ricattatorie, ove devi fingere di più se vuoi “guadagnare” in senso (a)lato di diagramma a te ascendente, ecco… più in-vesti, e dunque vieni investito di cariche, più diventi un caric(at)o, come DiCaprio in questo film.
Parte dal basso, vale un cazzo, uno di quegli insetti dal profilo “stronzetto” che sarebbe piaciuto da matti al Milton/Pacino de L’avvocato del diavolo. Uno perennemente nella merda che, grazie a consigli (in)validi e “utili”, si trasforma in un poveretto (im)mutabile nell’anima ma dilettevole in lussuriosi letti. Un provetto di piovra. L’orgia del viso acqua e sapone. Uno squalo generatosi dal suo essere microbo, quindi mangime e poi delfino, via via a catena alimentare del nutrimento degli abissi di Wall Street. Un magnone…
Io e Jordan siamo “uguali”, gemelli “siamesi”, (in)separabili alla nascita. Lui di natiche sguazzante, io di culo non tanto eppur, se lui carbura di “burro” fra yacht e cavalcate… na(u)t(ich)e con la camicia Lacoste e Robbie la cavallona, io le assorbo in modo “duro” e “costiero”, forse di rotte costole, (r)esistendo alle teorie lineari di Cartesio, alla Pentecoste fottuta e incartocciandomi le palle in modo planetario come l’orbita solare del circolo vizioso. Rotazione che, ogni quattro anni, a causa del rallentamento, dovuto alla (s)cassazione, deve subire anche il patimento del bisestile, mentre Leo va con Robbie, una “piatta” più del deserto ma di “crosta” magmatica fra le mutande sgambate per il settimo cielo, a esclusione del possibile Terzo Grado che te lo sbuccerà nell’agente “atmosferico” (im)previsto del buco dell’ozono in effetto serra, anche “sbarre”, dell’FBI.
Sì, Leo è un “petroliere” self made man, “identico” a me, che vivo per le ambizioni quanto un cuoco di novant’anni che sputa nei piatti che non solo prepara pigramente ai clienti “ricchi” ma deglutisce e ingurgita di reflusso gastroesofageo con (ig)nobile (de)coro d’altri parassitari orgogli nel provocare il verme solitario. Un fesso? No, un dritto. Se mi considerate storto, (non) avete tutti i torti. Forza, voglio in faccia le torte, cari torelli!
Sì, sono un fanatico della solitudine esistenziale, esizialissimo, un “costruttivista” comunista, quasi “equilibrista” e dadaista-picassiano che fa della rovina dell’impero occidentale, divorato dalla sua antropofaga voglia inarrestabile d’edonismo indomabile e dom(in)atore, un carro surrealista per il mio “asino” fra tanti voi, invero buo(n)i a nulla se non a far soldi per farvi le bo(vi)ne.
Rammemoro la mia vita, “sana” ad andar piano e “lontano”, rispettosa e ligia, prossima quindi al suicidio annunciato.
Denunciato di essere un “diverso” perché non “adatto” a una società ruffiana di “scalatori”, non uno scolaretto qualsiasi in opposizione agli arrivisti, cinici, menefreghisti, trombatori, inculanti da non fregarsene un cazzo ma “fregiarsi” di tante figliole, scontai anche l’ammenda dell’oltre al danno la beffa.
E, uscito dai lavori “socialmente utili”, in quanto accusato di essermi ribellato ai fascisti, oggi devo anche soffrire l’impotenza (im)probatoria delle risate sotto i baffi dei buffoni da me “citati” per (d)an(n)i.
Perciò, in dirittura d’arrivo presso il crocevia della morte, essendo stato troppo moralmente integro e non figlio di puttana che è mai andato a puttane, non avendo chiuso un occhio ma aver aperto la bocca affinché i criminali (non) si pentissero, non avendo nulla da perdere, le voglio sparare. Rischiando giustamente di ammazzare questi (in)giusti…
Eccomi qui alla fo(r)ca in quanto mon(a)co così visto da chi ha ribaltato ogni integerrimo ordine.
Mi tocca assistere a un orrendo ribaltamento di (s)cene e a leccar la banana delle loro scimmie se non voglio “venire”… nuovamente (s)battuto come un uovo al tegamino con sedazioni, strapazzamenti e “diagnosi” di “pazzia”.
Insomma, sono l’ex moglie di Mussolini…
Mi ricordo che a una certa età decisi di vivere a modo mio, (non) rispettando la crescita “normale” della mia anima, già molto avanti tanto da (pre)giudicare tutto.
Sì, amici della congrega, stasera mi ucciderò per (il)leso patto a Primo Levi…
No, ho perfino rifiutato la leva militare, scegliendo l’obiezione di coscienza.
Ma di questa mia “debolezza” da pacifista obiettarono e mi “ammanettarono”.
Ora, prima della mia (di)partita, vorrei sussurrare questo con voce crescente:
“Non me ne vado…”.
E chi pensava che mi avrebbe ammazzato sarà ammazzato.
Sì, un infimo porco che intende la vita come una carnascialesca festina sempre a luci rosse, che mi calunniò al fine che, da poeta e romanziere, soprattutto del mio distinto destino, mi allev(i)assi in un lavoretto, come il suo, da miserabile truffatore assai pulitino. La sua cartina, ah ah, bianchissima (come no?) con cui ricatta per le (ri)cotte. Innamoratissime.
E rischiai anche OPG e compagnie (non) tanto belle.
Eppure non me ne vado.
Sono cazzi suoi.