Scent of women

La sento, ho fame, il mio languore soffre appetiti da consumare a occhi nudi

La sento, ho fame, il mio languore soffre appetiti da consumare a occhi nudi

di Stefano Falotico

Pensando troppo, pazzo son stato nel futuro. Ieri era la giusta e saggia, invero, età dei sentimenti lindi, domani sarai solo nell’era geologica del fossile a pietra d’emozioni già soffocate, ingiallite, di ruggine assopite.

Sfiancato, avvolto dalla goffa raucedine di starnuti per sbarcare il lunario d’una vita non dimezzata ma, seppur corrosa, da tanti sbagli minata, inseguitrice ancora delle inarrestabili, ampie aurore.

Per mescermi agli arcobaleni trionfanti, all’anima mia non più da scorticare, lottando, sì, certamente con quel coraggio che mai deve esser assente nei momenti d’affanno, di debolezza che t’affrange. Quando, abbattuto dalle sfortunate circostanze o dai capricci cattivi della tua mente birichina, vai a pezzi e dovrai riesumar, di nuovo uomo o nel tegamino a uova del tuo strapazzato, l’interiore forza che s’era temporaneamente spenta. Perché, inacidito da rabbia terrificante, hai scazzato d’altro erroneo sbraitare, accanito anche contro l’ascensore che scende troppo in fretta o le scale d’una gerarchia che non puoi, non solo scalare, ma neppure scavalcare.

Cavallo matto, scacco(li), che schifo ti fai. Gran figa, ops, scusate fifa, e perdi tempo in banali chiacchiere nell’architettura d’un sogno già in là con gli irrecuperabili anni. A poltrire afasico perché così, almeno, ti senti in gamba, sai che cavalcata, per immobilizzarti stagnante nel fango, di colmo, più allettante del tuo goduto letto in santa pace.

Tormento, rubacchi sorrisi altrui per dipingerti ad anima intonata, per qualche attimo illusoriamente felice, a qualcosa in cui credere, la bellezza della labbra, semmai una donna dal profumo tanto delicato quanto “astringente” il tuo cazzo d’erezione in “piantina” stabile. Visione dei loro visoni, alcune impellicciate però spingono d’arrostirtelo e sei bimbo, regredito, in salamoia al tuo pisello da burattino. Così, cazzeggiando oggi e domani fottendoti di schiaffi in faccia ricevuti, indossi la calzamaglia e semmai ti specializzi nel far i centrini, mentre i cretini se le palpan in pieno centro, di culi ben torniti, camminanti orgogliosi nei “portavalori” delle false sacche…

In saccoccia, così te la (s)passi, d’un “guardaroba” da far invidia al coniglio di Alice delle meraviglie, e succhi un gelato al tuo leccarti “a sbafo”.

Insomma, fai merda al cazzo, eppur si (s)tira, campando fra un giretto in campagna, una che vuol mungerti il sangue, da cui la definizione di figa sanguigna, e un po’ di latte per addolcir il pancino di gran scol(arsel)o.

Vai in bagno, te lo scrolli, una pisciata da non bagnare d’altro… i pantaloni, e tiri lo sciacquone mentre stavi facendo salir su la lampo… cazzo, ci stavi rimettendo le palle per quella “leva” di push.

Ti sdrai sul divano, accendi questo televisore scassato di terza mano, vinto coi punti dei budini del market da succhiauccello che sei. Ti “sintonizzi” su una di buone cosce, basculante oscilla il “tuo” di zapping.

Sopravvivere è onanismo, è meglio, fidatevi, un bicchiere di sana cedrata. Da spalmar poi sulla tua cera e tenerla secca come ogni “pistolero” che sa la lunghezza… dei cavalli.

Pedali, che cazzo vuoi?

Io sono quel che sono, un fantino fottuto dalle pedine. E, in questa scacchiera ch’è la vita, va da buono al bue di me l’agnello di Dio che toglie i recinti di torn(i)o, in quanto me la suono di chitarrina del West e canto di country man.

Ora, devo “metter su” la lavatrice. Ci son un sacco di mutande che meritano una lavatura “coi fiocchi”. Qui piove anche di top(p)e bucate.

Finito il lavaggio, devo “ricucirmelo” di gran ago. Ahia, potrei infilarmelo.

 

 

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