Al Pacino comeback!
di Stefano Falotico
Questo sarà l’anno del comeback del “vecchio” Al Pacino, fra i più grandi di sempre, e lo voglio di voce roca da prete stronzo, adirato e di zigomi incendiari come del rock martellante su tempie shakespeariane!
Sì, dopo una “vaga” assenza, profumata però di Broadway, ove titanicamente, ingobbito ma non domo, ha fatto risorgere il monumentale, mametiano “Glengarry Glen Ross”, Alfredo James Pacino, all’anagrafe Al e basta, cari succhiacazzi, tornerà a infuocarsi come suo Satana comanda. Questo diavoletto “nano” di statura ma gigante di allure furoreggiante, imprendibile, tensivo di scatti nervosi come uno che può sbattertelo in culo da un momento all’altro su (e giù, a 360 anche di tutto sfincare) monologhi inchiappettanti da primo della classe, e devi solo obbedire da seduto e in suo goduto avertelo sanamente sbattuto. Stando muto, adorante la sua spettacolare grandezza da uno che certo se ne fregava delle sc(u)olette per damerini ove il pensiero primario è leccar le tettine fragolose della scema al terzo b(r)anco. Carpisci, sì io cammino perfino a carponi, caproni, che dai suoi occhi dev’essersela vista brutta mille volte. E, soffrendo come un can bastonato, come immigrato “clandestino”, ex gigolò per farsi pure di buchi, non solo a metter(vi) in ginocchio, Al ha deglutito la merda della vita, il cazzo fritto che può riservare a chi ha sempre creduto a valori alti e principi (ficcate l’accento anche nel Principe di “i” acuta su baritonale gola sfumata in Giannini Giancarlo, doppiatore ben erede di cotanto padre, da non confondere con l’ex centrocampista della Nazionale italiana e romanaccio di amatriciane e puttanesche), rinascendo prodigiosamente a Padrino di panico a Needle Park. Drogato, tossico, romanticissimo, roba che i ragazzi coi cazzetti, e i calzini “firmati” di oggi, posson solo invidiare le donne che annusava da vero lercio, vivaddio, vivace e amante della vita in senso alato, mica un pollo come voi altri, lecchini del direttore e sotto-segretari di qualche troia a farvi pisciare in testa solo per un po’ di tronfie, orgiastiche perversioni. Al vi fotte. Abbaia, bau bau, fa male, sgranocchia colli su portamento svenatosi a dar le perle ai porci. E voi dovete osannarlo, intitolargli strade e piazze, perché egli di tutti quest’attorucoli contemporanei fa pestaggio e pulita piazza. Pulizia etnica d’uno che può permettersi questo e altro. Di entrare da Dunkaccino in un Mc… d’una interzona stronza e ballare con la stella delle ciambelle cremose. Fra negri servi e sciacquette a cui offre la superbia del “Fatemi il baffo” e anche i capelli “arrugginiti”, scarmigliati di pista da ballo su pavimento di Moka al colore caffè del suo parrucchino arruffato e carismatico.
Ed eccoci qui, fascisti, semi-nazisti e tromboni da farci venir du’ palle come tua madre che le vorrebbe finalmente in quell’impotente che t’ha messo, quando gli funzionavano, al mondaccio infame.
La prima “sparata” è Imagine, Al che riceve la lettera da John Lennon. Cazzo, imperdibile, oh, rendiamocene cont(r)o, un inglesino buono a inumidire le sessantottine dei Beatles casa e chiesa, da cui “Yellow Submarine” in caso di troppo umidità (si sa, il sommergibile salvo dalla marea… ah ah) e, dall’altra generazione, eppur di stessa età, quasi, da sopravvissuto, Al, uno che in casa avrà vinili del tricolore che fu(mava).
Poi, The Humbling. Ah, finalmente. Ci voleva un Pacino senile a prendere Greta Gerwig per la figona che è, e insegnarle la “dizione”. Scandendo ogni “scala” su ecco il LA, poi il fall(it)o.
Al diapason, al Diavolo!
Ma il pezzo forte rimane Manglehorn. Questo fabbro sudato, sporco, che recita appunto il ruolo del coglione ma tiene nascosta la sua doppia personalità da mai redento, invero, gran volpone.
Al Pacino, un nome e un cognome, Arte di enorme sapore.
Il resto è tua sorella che vuole il labbro leporino di Joaquin Phoenix e riceverà invece solo la (com)messa storta e dislessica. Da quello non si scampa, vai a sbarcar il lunotto del tuo retrovisore inculato da pienotta.
Guadagnati, scema, il pene e la pagnotta coi co(n)tanti dei cessi da Barbie. E che si radessero con garbo, non usano neanche il dopobarba. Ah ah!
Fidati.
Ed entrerà con lanciafiamme in quest’a(i)u(o)la.
E ricordate: Al scopa e mangia senza carte stagnole.
Care (s)chiappe.