True Detective – Who Goes There
di Stefano Falotico
Reginald Ledoux, indiziato numero uno. Il volto del mostro “assume” un nome? Sì, è già stato accusato di stupro a una dodicenne, non incarcerato per mancanza d’indizi, ma gli agenti federali l’hanno registrato, i suoi lineamenti sono archiviati nel promemoria che rispunta di suo viso dagli zigomi secchi, grosso di corporatura, un bestione tatuato… l’ex marito di Dora Lange, adesso in prigione, viene interrogato dai nostri, lo conosceva benissimo ma, negli ultimi tempi, aveva deciso di non frequentarlo più, perché ne provava paura. I suoi discorsi strani lo spaventavano, al solo ricordare le follie che gli sputava nelle orecchie, all’epoca della loro balorda frequentazione, il suo corpo s’intirizzisce e urla sconvolto, come volesse cancellare dalla sua “vista” un qualcosa che inevitabilmente, profondamente l’ha segnato. Le indagini intanto “affondano”… nel torbido, fra locali di spogliarelliste ammanicate a qualche testimone che potrebbe svelare alcune verità seminali per la risoluzione del caso.
Marty è ai ferri corti con sua moglie, l’amante l’ha ricattato e ha spifferato di come Marty la tradiva con lei. Di suo, Rust riprende a bere, si spacca le meningi nel tener ferme le ferite di “guerra” alla sua anima combattente e sempre confusa, o troppo vedente la realtà nuda, cruda, verissima. Come fitte allo stomaco che, sbudellandolo, gli fan eriger la mente a chiarire tutto, poi a scomporsi ancora, a raggrumare i pezzi andati a(l) male…
Amicizia. Siamo amici, io Rust e tu Marty. Io ti aiuto e chiarisco con tua moglie, vedrai che si ammorbidirà dalla sua dura, intransigente posizione e tornerete assieme. Ma, per beccare Ledoux, mi servi proprio tu.
Dobbiamo infiltrarci in un covo di motociclisti e, con la scusa di una retata, farci dire dal capo della banda ove sta Ledoux.
Ce la possiamo fare?
Sì. Il filo della tensione.