Racconti variegati come Woody Allen o forse come, agli anti(podi), Sly Stallone, comunque sia la vita è poesia per le donne
di Stefano Falotico
Ieri sera, credo d’aver patito uno dei sabati sera più aridi della mia (prei)storia. Insomma, andiamo con calma, ero assonnato, dormicchiai infatti nel pomeriggio, rinvenendo, fra i miei salubri incubi, un emozionale saliscendi di turbinanti emozioni, fra il rivoltante, inteso anche nel senso gastrico dello scombussolarmi, un agitato annacquato da Morfeo e varie ninfee appariscenti e gioviali all’agognarle desideroso d’amarle eppur toccandole solo nell’impalpabilità della fase REM, in cui “qualcosa” dorme ma potrebbe essere solo (in)sensibile polluzione. Volevo appiopparmele! Ma fu una (non) sentita, notturna pippa! Solitudine dello stato amniotico. Enigmatico sciogliersi sbattuto nel cuscino. Al che, svegliandomi di soprassalto, dopo che tal donne, tutte intimamente spoglie a concupirmi ma anche a prendermi per il culo, m’assalirono come messaline sul mio letto a castello, e “vessato” come fossi un erotomane vassallo, scappai in bagno, coscientissimo che neppure una scopai re(g)almente. Lavatomi il viso, post “spruzzatina” “sveltina”, schiumoso pen(s)ai: in qual stato catalettico cascai o fui nel sonno un patetico cascamorto? Va be’, son vivo, anche se ho ancora le palpebre mosce. Mi “disinfettai” dal sogno proibito di quelle donne allattanti, allettantissime, penetranti nell’inconscio, sì, ridestato, ma anche sempre anchilosato in fatue rimembranze, e compresi d’esser, come tutti, un “me(mb)ro” d’una società che sogna da merl(ett)i, stagna e soffre la “fame” della fata. Oh, perché avverso mi è anche il fato? Che esemplare fall(it)o, che modello che potevo essere nonostante i miei mille malesseri ma non posso, appunt(it)o, perché non mi regge il fis(i)co. E mi dissi: meglio sognare oggi che non sognare nella morte. Sì, il dormiveglia fa più sensualità fra le lenzuola.
Al che, “imbracciai” la macchina e volammo lungo le desolate periferie di questa città sull’orlo delle baraonde da weekend coi non morti. Mi fermai a un caffè e ne ordinai tre, li bevvi con far disordinato, quindi m’asciugai le labbra, immaginando che la barista me le sorbisse come un sorbetto su mia incolta barbetta. Mi urlò invece: “Barbone! Voglio anche il resto, altrimenti, laverai il pavimento con le pezze(nti)… mie schiavizzate, cioè le mie figlie. Io sono la padrona di tal locale e obbligo, sfruttandole, le mie figlie a crescere con tali modi “femminili” da donna con le palle. Sì, oggi son delle minorenni schive ma, “educate” a tal “manesco” insegnamento, una mano lava l’altra, vedrai come si faranno incazzate ma non mi rompessero il cazzo, io servo solo i clienti che si fanno i loro, e per di più me li faccio, “rovesciando” loro i bicchieri se mi porgon, sbavanti, della avances di apprezzamenti al mio didietro da bricconi troppo (re)spinti, quindi rompo le lor teste di coccio, bevendo la mia superbia che ha perso la brocca. No, abbasso i maschi brocchi. Povero coglione, berrai solo gli amari ma non disperare, mai dire ma(n)i. Ora, levati di torno, prima che ti scopi a terra! E rammendati, cioè volevo dire rammenta, sono io la demente ma i miei insegnamenti daranno alle mie figlie i loro “crescenti” frutti, la banana dei lor futuri marit(ozz)i che “verranno” da me, “facendoli lievitare” come la crescenza, evitandoli come la peste fra una pasta al pesto e la mia donna impestata. Cresci! Ed esci! Altrimenti, chiamo l’usciere e, non facendoti più entrare, non potrai mai più pensar di penetrarmi. Fottiti! E da me neanche gli scaduti alimenti! Animale!
Incassai, rincasai e mi scassai le palle. Comunque, fra il suo dire e (non) fare, mentre gridava come una ludra, non si accorse di nulla ma le rubai tutta la cassa(ta) e pure la Nutella, leccandomi il furto da siciliano che conosce Amarcord di Fellini, perché io amo le lasagne con la besciamella ma anche la mia “tartaruga” mentre vi fate le pere. Però, capperi, che “uomo”. No, grazie, di mio preferisco l’uovo al tegamino. E ti alzo il medio dito!
La vita si pesante, la vita è un bilanciere. Sollevando, tiriamo su il morale, pensando che domani si alzerà. O nel mezzo, così (s)pompati, ci rimarrà solo un edonismo da pesi morti.
Sì, il parassita fa più sexy. Tutte le infermiere vogliono me(n)dicarlo.