True Detective… dell’amicizia e del se… s(t)esso (e)steso
di Stefano Falotico
Ecco, credo che la serie televisiva dell’an(n)o, che m’ha “trucidato” in atroce sua magniloquenza invincibile, sarebbe da osannare finché morte non ci s(e)pari, come dico io, ché oggi mi credo iddio d’onnipotenza e idilliaco delirio, domani invece di poca autostima nel buio profondo che spero non tramuti in satanica rabbia da “mostro” di Carcosa.
Ah, il trauma!
La voragine profonda, la costernazione della vita nella “buonanotte” senza fine, forse da suicidio e fune di gola strozzata in urlo “reciso”.
L’angoscia… la presa… di cosc(i)e(nza).
La “metafisica”…
Sì, alcuni giorni fa (se la farà o deve ancor farsi?), platealmente dichiarai qui e su Facebook la mia “tragedia” imminente, annunciando un suicidio prossimo venturo dopo mie tante sfortune ma la (s)ventura volle invece che ancor sopravvissuto sono.
Eppur non ho sonno, sì, non dormo in quanto troppo incurabilmente nevrotico e di addolorato fe(ga)to d’addome troppo “pe(n)sante” dei borbottii di notte penosa, cioè i gastrici reflussi d’una vita spesso da me nauseata e indigesta.
Ma come sei bella…, donna, e te la… annuso perché dentro di te, crudo, vorrei esserti nudo senza i tuoi tessuti. Intessimi e strofinami a mo’ di garza e sii, d’amplesso, mia ladra gazz(ell)a.
Che fiore all’uccello, oh, scusa, m’è scappato… di troppa frettolosa scopata, che gaffe, che gattino Garfield imbranato, mia gatta e anche cagna, che fianchi, in cui t’entro a gattoni abbaiando e poi, “(a)sceso”, ululandoti, volevo dire che sei all’occhiello.
Afferra al volo l’uccello!
Ed ecco come, po(r)co da amico, non micio ma di minchia t’ammicco senza mancia, slaccia la manica, ecco la morta mano su (am)manic(at)o d’occhiolino, mia che la dai a tutti senza prezzo, mia pezzata prezzemolina, disprezzami pure e in faccia sputami, puta, si piega… ma non si spezza, sono un “duro”, un ardente, ascendente in ariete di “pesce” in oroscopo nella scopata… to die hard e tu da smorirlo morbido, mia mor(ibond)a. Ah, bevici sopra… e offrimi altre bionde a tutta birra. Ah, Rust è b(u)ono in fondo in fondo… è bona pur di purè la sborra, vero? Puah!
A parte gli “schizzi”, non scherziamoci.
Prendete questa “mia” per lo scazzo del momento da cazzone affilato e di staffilata.
Ben di pene infil(z)ata.
Sono come Rust Cohle, a detta di un mio amico.
Che non me lo dà ma ce lo diamo a (vi)cen(d)a di patate, batoste e “botte” in testa.
Abbiamo gli attributi, siam tosti e di testicoli da teste di cazzo! Lui è uno stronzo di merda “pura”, sì, un porco “purissimo” che va sul velluto lis(ci)o come sua moglie odiosa ma da oliare, che io comunque mi son fatto da dietro, prendendola per il culo. Perché lei ha chiesto la causa di (div)o(r)zio e la loro “bellissima”, studiosa però stupida fig(li)a è stata stu(p)rata “bellamente”, è una schifosa famiglia che si lamenta, ma il mio amico, Marty, se ne sbatte… i coglioni, ficcandoli alla d(ot)ata Alexandra Daddario, suggendole i grossi, enormi e irti capezzoli (t)rombanti sul vanitoso (di)vano vanaglorioso nello sventolarglielo scivolante in ventosa peccaminosa, cornificando poi ancor a tutto (an)dare fra le urla della casa nella sua faccia appunto da Alberto Sordi che osserva du’ spaghi, non “taglia la corda”, bensì lo provocano e se li magna al car(tocci)o.
Insomma, due amici per la pelle di “palle” un(i)te.
Eppur son affiatati e si reggon il gioco d’adulti sin al finale commovente. In cui Rust, cioè io, dopo mille peripezie, condivide nel pianto catartico la sua (dis)illusione fuori dall’ospedale, versando lacrime amare assieme a Marty, perché l’amore salverà il mondo!
La vita, sì, è una (s)figa(ta) continua, estenuante.
Eh sì, te l’allunga, ma alla fine rompe il cazzo.
Questo per dire che io credo questo: nella vita, il sentimento più importante è l’amicizia.
L’amore è una stronza(ta) inventata dai “leccaculo” che non san star da soli e han sempre bisogno di qualcuno che prepari loro il “salato” dopo l’acida insalata “dolce”, consolandoli a (di)letto dei loro umori femminili, cangianti e urlanti di strepiti (in)contenibili, litigi da (in)continenti insanguinati come le lenzuola dei panni sporchi e fedifraghi, cornuti, di piatti rotti fra schermaglie da scor(n)ati e pianti a (di)rotto nell’anima inculata da un pezzo della Madonna ché, dopo averlo letto, gridi: “Porco Dio!”.
Tieni, mio amico, questo mio con(s)iglio: “Fottitene!”.