Periodo horror, periodo lieto, periodo di “liti”, periodo sbagliato di prese per il culo perché forse manca una virgola ma forza, coraggio e volontà Evviva Gian Maria Volonté!
di Stefano Falotico
Ieri, mi recai da mio cugino. È sempre un viaggio che m’allieta e mi riporta con la memoria indietro quando entrambi, felicemente, spensierati e liberi dagl’ingombri della vita quotidiana, oggi(giorno), anche se ieri fu di un’altra più dorata era, siam come molti “in crisi”, non tramontanti nella sera eppure perduti nonostante i sogni noi non abbiam affatto perso in quanto speranti. Indossiamo infatti gli speroni. Classiche scarpe da falliti? No, ti ho beccato in fallo, smonta da cavallo e ti strappo quella che monti, tagliando il tuo uccellino. Ché i nostri invece librino fra la lettura d’un ottimo libro fantasy e il fruscio ondoso dei capelli smossi da tal morso predatorio delle ansie qui nostre odierne in tal modernità putrida e spaventosa, ché fa paura per com’è più orripilante dei film d’orrore d’una volta. Moduliamo i nostri (cap)pel(l)i, già, d’anarchici libertari, vibriamo, ascoltando la radio(attività) nell’etere di tal tremendo entroterra poco umanistico e involgaritosi mostruosa-mente, invero. Non mi tolgo il cappello davanti a nessuno, leccami la cappella. E prega in ginocchio, gnocca.
In tale disarmante attimo di pura ars amandi, esigo il silenzio più irreligioso.
Vi reciterei nuovamente il monologo di Brando d’Apocalypse Now. Ma già lo feci e questa società è una fornace che mi fa specie… “disumana”. Fece…
Assieme a mio cugino, rimembrammo gli antichi fasti del Frankenstein di Branagh, film che lui considera orrendo e invece a me va a genio quanto Kenneth intervistante, vanitosamente, lo stesso De Niro che diresse in modo tanto magistrale d’“agghiacciarmi” per sempre nella bellezza orrorifica più grandiosa come Helena Bonham Carter, immensa, immor(t)ale figa maestosa, la cui vagina mi rapisce di grande glande ed enorme “glassa” da freak–mani di forbice alla Tim Burton più genialmente, appunto, e di “gel” da Fabbrica di cioccolato masturbatorio da leccarmi poi il “dito” in modo sbott(on)ante, mie puttane pallose di tal sistema prostituitosi alle menzognere balle. Chiaro, bellocci? O ve lo devo (in)scrivere grosso a lettere cubitali?
Sono un Johnny Depp versione strange, vi par strano e mostr(uos)o che “me la tiri” di brutto anche se (non) son bello come Johnny? Sì, sono Johnny Handsome col fascino d’un faccino “sfacciato” alla Mickey Rourke eterno e (in)distruttibile da immenso attore a fartelo. È tutta “farina” della mia sacca scrotale, cari lupetti che mangiate ancora il Saccottino…
Gli an(n)i miei passan fra un passato di Ricordi, album(e) sfogliante delle donne con cui di p(l)ett(r)o “strofinavo” il mio sesso come un giradischi lento e lieto nei fondoschiena più musicalmente “ululanti”, ops, volevo ardere e dir urlanti, e il mio movimento di “bacini” pelvici alla Presley Elvis nel rimembrar che anch’io, un tempo, ero “membro” di tal società di mer(de), miei stanchi e finti stinchi da santi falsamente fini.
In verità, me ne son sempre “estratto” prima che potessi partorir mostri come voi. Per alcuni son sfigato, eh già, sono un drop out dalle fighe, per altri, uno che entrò a fottervi. Sfottetemi pure. Ho il mio fascino da figo (i)mutabile e, a suo mo(n)do, penetrante.
Vi sfanculerò.
Sì, alcune mi stavan per far impazzire ed ero lì per “schizzar” da fighetti come voi.
Avendolo (s)c(r)ol(l)ato e di caramello” imbavagliante a lor donne ingozzate, sbavanti e sbevacchiandomelo, non mi “bagnavo” mai, preferendo aprire l’ombrello, pur dandolo piovigginoso e anche te(r)so in tante lo(r)date, in quelle notti malinconiche in cui le abbandonavo dopo che, nel p(i)atto in cui me lo mangiarono, sputarono, “succhiandomelo” sin all’osso. Con tanto di cucchiaio.
Sono ancora inte(g)ro e moralmente forse discutibile ma è sempre meglio (piut)tosto che allevar figli, i quali, una volta cresciuti, lo “svilupperanno” da quaglie, credendosi squali, solo per mettervelo nel culo, mie squagliatissime. Dove pensano di squagliarsela? Fidatevi, io le/i fiutai già e orgogliosamente, tutt’ora “durissimo”, li/e rifiuto. Con tanto proprio di sputo, miei figli di pute. Pane integrale o pene a voi (dis)integrati?
Se di vico questo, infami, è perché sono un “morto di fame” come Eastwood e Van Cleef di Per qualche dollaro in più.
C’era una volta… il West e/o in America?
No, questa è la parabola dell’Indio alla Sergio però sempre Leone.
Recitato da Dio, cioè Volonté.
E sia fatta la sua volontà perché io, suo braccio destro, eppur non Mario Brega, ve la ripropongo qui, seduta stante. E tu, dai, siediti. Altrimenti, in pancia, ti sparo.
C’era una volta un falegname. Pensate che possa fare fortuna un falegname? No?! Be’, invece sì. Questo fece fortuna. Perché un fabbricante di casseforti, un furbacchione, pensò di mascherare una solida cassaforte, facendola sembrare un qualsiasi mobile. E, per questo, il furbacchione chiama il nostro falegname ma, un giorno, il destino lo fa passare per El Paso. Lo fa entrare in quella banca e che ti vede? Uno dei suoi mobili che aveva fabbricato qualche tempo prima. E da quel giorno non riesce più a lavorare perché, nel suo cervelletto, c’è una sola idea che gira, gira… mettere le mani dentro quel mobile. Certo, pensate voi… quel falegname ha avuto una bella fortuna a entrare proprio in quella banca. Invece no… La sua fortuna si è fermata lì perché poi, in prigione, ha incontrato me. Ih ah ah ih, e mi ha raccontato tutto… ah ah ah. Non nella cassaforte… qui dentro, c’è mezzo milione di dollari…
Sì, peccato che non abbia(n) fatto i conti con uno a cui invece tornano…
E che è tornato similmente a Freddy Krueger…, “bruciato” vivo come Sacco e Vanzetti dalla cattiva coscienza di gente stupida e, lor sì, cattiva. Che sacchi di…, e adesso li svuoto/a.
Buonanotte. Chi la fa, l’aspetti. Nightmare…
Questo è il mio periodo interminabilmente stronzo. Dura così da molto. Sarà per questo che sono un duro che non soffre di eiaculazione precoce ma soffre e basta?
Non lo so. Adesso, ho sonno. Lasciatemi (ri)posare senza pace. Evviva la pece e la polvere.
Non ci sono però refusi in questo mio scritto? No, i puntini sulle i li metto agli ometti come te, fuso e pun(i)to. Finiamola con un puntino e una virgoletta? No, ti serviranno molti più punti di cucitura dopo questo altro mio pugno.
Ho fegato, sì. Tu no.
E ora crepa!
Vigliacco!