“Mystic River”, review
La morte non dimentica
Infanti a giocar per le strade, un rumorin di gomme, una brusca frenata, una vita spezzata.
Un rivolo di sangue purulento, un frastuono nelle tempie, una frattura che durerà a pervader la Bellezza
L’ha massacrata, linciata, stuprata, violata nelle viscere a fetor dell’orco. La macchina, “lentamente”, scompare, un’intermittenza allucinatissima si dissolve in fotogramma della cancrena mistica…
Il Tempo si “trascura”, le stagioni in fretta volano come nubi d’angosce possenti, smunti i destini per un incrocio nel finale d’allarmantissimo “Stop” al dolore.
Da Dennis Lehane, il primo “horror” di Clint Eastwood, il poster è un “grumo” che raggela, sospira e urla di Cinema limpido. Assoluto.
Ombre di “uomini”, sfocati da grigia “denutrizione” nel manto roco d’acqua stagnante. Deperiti, fingono… le facce “tengono”. Il riflesso ci specchia torvi. Siamo ignoti, tutti.
Conserva amico i ricordi che non vuoi, ti fortifican nella fame lungo il viaggio, non perdere la speranze, le immagini dell’oramai non più, un crocevia mortale. Poliziotti, invero criminali travestiti da tutori dell’ordine…
E un’anima si spegne, il rosso boato della Notte l’incupisce nel vischioso confinarla ove i sogni sfuman inquietanti nella parvenza del bestiale growing up.
L’America è questa fra tanti cortei e 4 Luglio festeggianti il (reso)conto della bandierona stesa.
Uno dei tre, a caso, è tutta una questione di fortuna, di eventi, la sciagura s’avventa sul primo che capita, non guarda in faccia, no.
L’altro è diventato poliziotto, guarda un po’ che (co)incidenza. Ha scordato, o s’è sedato nella divisa per non andar in frantumi. Lo rassicura?
L’altro, Jimmy Marcum, un “duro”. Vittima, carnefice, sua figlia vien assassinata nella foresta…
Le hanno succhiato la vita.
E tu, Dave Boyle, sempre chiuso nel guscio, rotto, distrutto, guardi incantato Vampires di Carpenter.
Tu hai patito, sei stato segna(la)to dalla società, e Jimmy sparerà proprio a te, primo “sospettato”.
Non c’è che dire. Una Notte mostruosa.
Un capolavoro. Serpeggia…
(Stefano Falotico)