“Invictus”, recensione
Fuga per la vittoria!
No, non è il film di John Huston, per inciso il miglior film sportivo “impegnato” di sempre.
Il Sudafrica è in lagrime, ore storiche da cardiopalma. Nelson Mandela è in fin di vita, la sua vita “appesa” a una flebo respira in tutti i cuori del Sudafrica. E del Mondo.
Eco di potenza planetaria, una grande anima sta morendo e con Lui anche il grande sogno?
Ma chi è Nelson Mandela? Perché tutto questo clamore? Avverto sensitivamente uno scricchiolio breakable, e le mie vene si slabbrano, s’aggrovigliano e si dilapidano viscerali, tumefatte in accecanti tuffi nella memoria. Alle origini del mito, ancestrali leggende metafisiche s’impossessano di me, schiavo anch’io d’un accorato pianto.
La sua storia, unica, insolita, bigger than life. Tutti la conoscono, perlomeno se, oltre ad aver raggranellato qualche grammo di frivolo divertimento stolto da vite sconce e stropicciate, han anche sfogliato qualche “fascicolo informativo”, inerente un “qualcuno” che ha provato, con ostinazione e “masochismo”, a cambiare le regole “mache”, la discriminazione razziale, il sempre oscurantista e vigente sistema classista. Le cacce agli “stregoni” neri, alla supremazia per l’egemone “diritto” di chi, dal vertice, comanda la suggestione per schiavizzare quelli che non hanno la pelle “ariana”.
Fin da giovane, combatte la sua “persa” guerra, Don Chisciotte non è matto, sono i mulini a vento che gli bofonchiano “striscianti” l’apartheid dell’ottuso “sventolare” blasfemo ma “vincente” perché detengono il “martello” della “legge”. Punitrice, caudina.
Viene arrestato per il suo moto rivoluzionario, una detenzione da mettere i brividi. Il lottatore giusto “abbattuto” dall’ignoranza vetusta e disarmante.
“Fiera” a ferire chi ha il coraggio di “trasgredire” a ringhiare e immolarsi Santo dei “poveri cristi”.
E così, dal cilindro poliedrico e craterico delle mie memorie, i miei neuroni “sorteggiano” un film di Clint Eastwood che sonnecchiò dimenticato e ora bardato d’assoluta gloria.
No, non mi piacque Invictus. Alla sua visione, mi parve un Clint didascalico, “educativo”, agiografico da biopic romanzato e appunto insopportabilmente celebrativo. Retorico, programmatico, “normale”.
Clint sceglie una sceneggiatura di Anthony Peckham, a sua volta tratta dalla novella “Ama il tuo nemico” di John Carlin, per mettere su un “programma elettorale” sulla “sacralità” della ribellione a monumento di una figura carismatica? No, non va bene Clint. Va bene la moral guidance ma elevarti a paladino contro lo spietato razzismo è troppo.
Clint che dà a Morgan Freeman il ruolo di tutta una carriera. Per “simmetrie” di fisionomica fra Nelson e il somigliante Freeman?
Un favore da buoni amici? Da leali scambiarsi gli onori?
Però, “sforbicio” più in profondità, provando ad indagare oltre la superficie di quel mio personale, banale giudizio estemporaneo.
Medito, “risfilo” le immagini”, ascolto i dialoghi in empatico permearmene. Mi appare un fantasma, Morgan Freeman, la commovente, disumana prigionia da ali della libertà, l’impossibilità della speranza e degli orgogli minacciati.
Le inquadrature al ralenti della partita finale, la platea “elettronica”, moltiplicata elettronicamente da uno spicchio di comparse dilatate poi a grande schermo, “invisibile” trucco quasi cristologico e miracoloso.
Poi, il sorriso di Mandela, ancora alla moviola, enfasi che scivola in dissolvenza.
Amarezza o profumo di epiche ebbrezze?
Sovra-impressione. Un grande film.
Ma domani forse tutto sarà come sempre.
Cioè, sbagliato. Il Mondo.
Il mio giudizio non cambia. Purtroppo, non cambiano neanche gli arroganti. E le guerre solo per il colore. Per la bandiera sciovinista. Per un inno patriottico da secessionisti pentiti.
Prima spaccano, poi piangono da coccodrilli.
No, ti paro il rigore nazista, e qui sono il film di John Huston.
Adesso, che fai? Ti strappi i capelli per la vergogna?
Sì, quando Morgan/Nelson sente la folla trionfante, non dice niente ma è primo piano eloquente.
Chi ha orecchie per intendere, intenda, chi ha occhi ancora da ciechi, stia zitto e usi la museruola prima di pronunciarsi a perpetrare altri abomini.
Questa è viva voce! Sangue dorato di anime!
(Stefano Falotico)