L’immenso Bruce Springsteen e il suo “Cinema”… da Dead Man Walking a The Wrestler, da Philadelphia a Sean Penn, da me a te, da noi alla poesia, ed è Human Touch

di Stefano Falotico

Bruce Springsteen

di Stefano Falotico

C’è un uomo che stimo. Per cui tifo!

Chi è? Springsteen? No, sono io che, a sua (s)volta, stima Bruce, che poi appoggia Sean Penn, che lo applaude, lo sceglie per alcune sue colonne sonore, il Boss ci sta, poi Sean lo “tradisce” in “variazione” da Into the Wild per Eddie Vedder, Eddie riconosce parte della sua eredità all’uomo autore di “Nebraska”, così come De Niro ammise di aver assistito a un concerto pazzesco, e qualcuno gli puntò il dito di You talkin’ to me, ispirando non solo il suo celeberrimo monologo allo specchio da memorie dal sottosuolo dostoevskijane d’un Paul Schrader “sassofonista”, simi Clarence “Big Man” Clemons, dei malinconici light of (glory) day-s per una New York, New York scoppiettante di “The Rising”, potenti quanto il crollo delle Torri Gemelle, anche se non so se Liza Minnelli ami Bruce o Patti Scialfa usi più la “tromba”. Toro scatenato è firmato da Schrader sceneggiatore, Gershwin da un altro fuoco pirotecnico. Patti chiari! Ah, mi è chiarissima. Era gnocca, faceva sonar le nacchere e tu mangi gli gnocchi perché non puoi amare il vero “Tunnel of Love”.

Sì, sono un uomo tougher than the rest…

E d’ingiustizie, cazzo, ne ho viste tante.

Matthew Poncelet è colpevole. Sì, uno stupratore. Ma la pena di morte è più bastarda del suo “bad boy”. Tim Robbins dirige il suo Le ali della libertà versione amarissima, senza redemption, Clint Eastwood poi lo “ammazza” nel suo “The River”? No, togli l’articolo determinativo e giudica questa tragedia “mistica”, determinata da uno “stupido” alla Jimmy Marcum, che assassina già un dead man walkin’…

Un incubo da Stephen King che scrive un romanzo sì e uno, pensando alla jungleland di questa vita magnifica e sognante ma che spesso è una “cosa preziosa” da IT nella darkness on the edge of town.

E Bruce ricambia, citando il “par” suo che scrive mentre lui è un musicista storyteller.

E, in questa nostra ombra dello scorpione, rimarremo (in) Stand by me o, chiusi a ricc(i)o, una volta sistemata la panza, continueremo solo a prender il prossimo per il culo? Sì, ammazziamolo, tanto poi ci consoleremo con la retorica da faciloni.

Attenti, dalla “contaminazione” delle porcate, sapete cos’è, in fondo(schiena), vivere?

Un lottatore, un wrestler.

Se resiste, dopo il sospiro di sollievo, dopo il quasi infarto di “crepacuore”, miei blood brothers, ce lo faremo… un “bagnetto” da “Girls In Their Summer Clothes?”.

– Senti Stefano, non ho capito quello che hai scritto? Perché non te ne vai a fanculo?

– Perché devo andar lì se voglio piazzartelo là da Van Damme?

– Che c’entra Van Damme?

– Infatti, non c’entra però te le centra, suonato!

– Non puoi, sembri Tom Hanks di Forrest Gump.

– No, preferisco Tom di Philadelphia. Perché se non muore, te lo sfonda. E non sarà dolce come gli omosessuali che (s)fotti, faccia di merda.

– Ehi, perché ti comporti così? Che modi sono questi? Stai al mondo!

– Perché? Perché volevi mettere in un ospedale psichiatrico giudiziario uno che scrive libri e, a differenza di te, non passa i sabati a fare il puttaniere!

Stavolta, hai incontrato chi ti (s)batte, stronzo. Fa male?! Non piangere!

E ascolta buona musica. Hai rotto le palle coi tuoi “giradischi”.

 

 

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