Carmelo Bene, se il mondo
di Stefano Falotico
Molta gente, impertinente, mi chiede perché io son fatto così. Credo che sia la domanda più inopportuna e impudica, volgare, che gli altri, da te, posson “fare” a te stesso. Al pretendere che tu sia non essere in (un) altro, non altrui, forse altrove.
Come un “dialogo fra sordi” tra Carmelo Bene ed Eduardo…
Se il mondo fosse la visione che noi abbiamo e non quella che il mondo ha di noi, saremmo forse più riservati.
Carmelo Bene
Leggo integralmente il mio racconto, “Dracula”, incluso nel p(r)ezzo del mio “Frankenstein”.
Dalla sinossi…
Buttarsi nella lettura di questo romanzo è concedersi un tuffo negli angoli bui dell’animo umano attraverso lo spirito, immutato, di due “mostri” letterari. Un Frankenstein e un Dracula attuali, odierni, come non si sono mai letti. Certo, si corre il rischio di essere riduttivi definendo quest’opera una semplice rivisitazione del romanzo di Mary Shelley: il Frankenstein di Stefano Falotico va ben oltre, ricrea il mito donandogli anima nuova e sentimenti moderni. Giocando con le parole, sfruttando in pieno le potenzialità di un linguaggio ricco di sfaccettature, giostrando le lettere, smuovendo significati, l’autore crea di nuovo il personaggio e la sua storia. Il risultato è un romanzo che ha il ritmo musicale della poesia e una poesia che acquista lo spessore del romanzo; la stessa suggestione accompagna anche il breve racconto che precede Frankenstein, un Dracula che si fa leggere con gli occhi di oggi. Eppure il fascino e lo spessore dei due “eroi” rimane estremamente fedele all’originale. Uno stile innovativo per due miti letterari, un mix che lascia aperte mille porte all’interpretazione, affidando al lettore un ruolo di assoluto protagonismo.
Con questo mio recitar “monologante”, pinocchiesco, che voglio dire?
La mia risposta è non lo so…
Un’altra volta, Carmelo Bene, rispose ad altre impertinenze, “spie” della sua vita, replicando educatamente… vede, l’artista, semmai anche il genio, vuole essere lasciato in pace…
Un’altra “cosa” bellissima che Carmelo disse, e che condivido appieno, è questa…
Gli artisti sono dei “bambini”, perché se fossero “cresciuti”, sarebbero dei “comuni” lavoratori. La loro “paura” è come quella di un bambino che va nella cantina buia, non per vedere il “mostro”, ma per spaventarsi di “nulla”.
È nello spavento che il “bambino”, dunque l’artista, crea. Immagina.
Si chiama fantasia.
E con la fantasia fai quello che vuoi. Quello che voli/a.
Senza fantasia, mi spiace per voi, che siete “forti”, sei/siete soltanto da catene… di monta(ggio).
Questa è di Bene? No, è mia.
Ma credo che, se avessi avuto l’età per incontrare Carmelo, avrebbe avuto un attore disposto a riempire la (s)cena assieme a lui e a Eduardo. Sarebbero mancati altri 5 attori, perché non esiste e non può esistere spettacolo teatrale, per via della “commissione” del cazzo, senza una “compagnia” di almeno 8 persone…
E da solo è molto dura… a meno che non trovi gente che la pensa come te, allorché, congiungendo le forze, metteremo su “Il fantasma del palcoscenico”.
Buonanotte.